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Autore: Night_    26/06/2014    1 recensioni
Takeshi era un guerriero. Un distruttore senza patria e senza scrupoli. Quelle sillabe... quel nome le apparve a dimensioni piccole piccole nella sua testa, fra tantissimi altri scritti più grandi, in modo quasi ingombrante.
Eppure, anche se era così minuscolo, era il primo che i suoi occhi della mente leggevano all'istante – brillava.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Chissà, forse sì, forse no. O magari non interessa a nessuno saperlo, basta che vada tutto per il verso giusto, no?

Takeshi.


 

 

 


 


 

Coincidenze, caso, a random!


 

 

 


 

 


 

Era contenta. Sì, poteva dirsi contenta e soddisfatta; ma non del tutto.
Su una scala da uno a dieci, la sua soddisfazione arrivava a otto. Qualcuno avrebbe detto che era avida, che non si accontentava. Ma... questo non risolveva un piccolo problema: non aveva chiarito un bel niente con quei due. Non aveva spiegato ai due cosa fosse lei, cosa era venuta a fare in quella scuola. E di certo non poteva trattenere Sayumi a casa sua, né voleva – comunque.
Se doveva essere onesta, aveva ancora da smaltire lo shock del trovarsi – da un momento all'altro – quel vampiro. Quella persona. Chissà da quanto tempo era in città e lei non lo sapeva. Chissà.
«A proposito», disse Yuki, davanti all'ingresso, mentre teneva lo sguardo fisso su Sayumi che si allontanava. Dopo averle rifilato mille raccomandazione, in perfetto stile madre rompi scatole, l'aveva mandata a casa. Con un gran sospiro. «Hai un posto dove stare?».
Il vampiro, appoggiato a braccia conserte allo stipite del portone, aveva uno strano sorriso d'un lato. Poi rivolse lentamente lo sguardo sull'albina.
«Essendo arrivato stamani... non proprio. Stavo pensando di andare al Consiglio», rispose, sotto lo sguardo colmo di disapprovazione dell'amica – dunque era lì da pochissimo... «Che c'è, hai paura che provino ad uccidermi?». Il sorriso si fece più sghembo, mentre scioglieva le braccia per allungare una mano verso il viso di Yuki. Quest'ultima chiuse gli occhi e... ah, no. Scacciò la mano con la propria e si girò, per dirigersi alle scale.
«Non ci riuscirebbero, neanche in dieci. Pensavo solo che dovresti prendere una stanza già affidata a qualcuno», ribatté, di spalle. «D'altronde, la tua famiglia non fa parte del Consiglio».
E di questo, lei ne era palesemente felice. Tetsuya sollevò le palpebre, leggermente, per lanciare un'intensa occhiata alla mezzosangue che già saliva le scale, incurante, insofferente. Come sempre.
«Odi così tanto, quelli là?». Un filo di voce. Un filo di voce che arrivò come una coltellata al fianco di Yuki che, ciononostante, non si fermò.
«Già. Li voglio morti quanto loro vogliono morta me».



 


 



 

***


 

 

 

 

 

«Buongiorno!».
Il fatto che Sayumi fosse arrivata in classe in tempo presagiva problemi. E non stava scherzando, l'albina, né esagerando nel guardare la sua amica con un espressione di terrore e preoccupazione.
Da quando era arrivata lì, le volte che Sayumi era stata puntuale le aveva contate sulla punta delle dita: tre, forse quattro. Ma questo diventava privo di importanza quando, quei giorni, succedeva.
Se non era troppo in orario, allora, l'universo si limitava a rifilare alla città una pioggia violenta che batteva con una forza alquanto sinistra, arrivando perfino a danneggiare qualche parabrezza o a bucare gli ombrelli. Sì, era inconcepibile.
Se invece era dieci minuti in anticipo... beh, grazie a Dio, non era ancora successo. Fino a quel giorno.
«Cosa. Diavolo. Ci. Fai. Qui!», paralizzata, la fissò allungò, mentre l'altra sbuffava esasperata. Lasciò la cartella – poco gentilmente – sul banco dell'albina, incrociando le braccia al petto.
«La vuoi piantare o no, con questa storia?», brontolò, contrariata. «Come potrebbe mai essere colpa mia! Si chiama caso. O coincidenze. In ogni caso, comincia con la c».
Yuki alzò un sopracciglio, alzandosi e afferrando la valigetta dell'amica per il manico. «Senti, ad una stupidaggine come il caso, io non c-- … iniziano con la c... e non dirmelo, anche questa è una coincidenza».
Yumi fece un enorme sorriso, da orecchio a orecchio, compiaciuta. Annuì, ripetutamente. «Esatto! Vedi, cominci a parlare la mia lingua!».
«Quale, quella dei trogloditi?», e con un sorriso di sfida, si allontanò dal banco con la valigetta dell'amica tenuta dal manico con il gomito verso l'alto, la cartella che sbatteva contro la scapola destra.
«Ehi! Non sei molto carina, sai?». Per tutta risposta, l'altra la seguì con lo sguardo puntato addosso, evitando per puro miracolo – o caso – gli spigoli dei banchi. Quando le fu alle spalle, Yuki si voltò di scatto, dopo aver lasciato la valigetta sul banco dell'umana.
«Oggi vorrei parlarvi», disse, improvvisamente seria, la fronte corrucciata.
Sayumi piegò leggermente la testa indietro, per poter guardare bene in faccia l'albina. D'altronde, la sua altezza era di solo 166 cm che, in confronto ai 173 cm della mezzosangue... la facevano apparire leggermente gnoma.
«A me e... quel ragazzo di cui parlavi?». Era contenta che Yuki avesse visto con i propri occhi – e sentito con le proprie orecchie – che quel vampiro l'aveva costretta. Altrimenti, seppur completamente nel pallone, si sarebbe presentata. Sicuramente. Yuki annuì, celere. «Sì, e dobbiamo pure darci una mossa».
«E... perché?», chiese Sayumi, piegando la testa di lato.
«Beh... mettiamola così. Prima vi chiarisco la situazione, prima posso... ». allontanarvi, pensò, abbassando leggermente la testa in avanti, con un velo sugli occhi.
Ormai aveva deciso. Anzi, non c'era niente da decidere: gli umani non devono intromettersi.
O finire coinvolti. L'albina sorrise appena. «... farvi passare la domande di testa».
Sayumi batté le palpebre, tenendo lo sguardo accorato negli occhi dell'amica, cercando qualcosa che la tradisse. E invece niente, la sua maschera da bambola di porcellana era infrangibile. Non sembrava neanche una maschera. Infine, spostò lo sguardo di lato, vaga. «Bene. Allora parliamo sul terrazzo alla fine delle lezioni».
Yuki sarebbe pure rimasta lì, davanti al banco dell'amica, a ricambiare lo sguardo ricevuto poco prima, se solo il prof. Okamoto non fosse entrato in classe proprio in quel momento. Sotto il braccio, aveva il registro e con la mano destra portava la solita valigetta da lavoro dei tipici professori. Peccato che lui non fosse proprio tipico.
«In piedi», ordinò la voce del capoclasse, una volta che tutti furono ai loro posti. «Saluto. Seduti». Come robot, eseguirono, per poi lasciarsi cadere chi stravaccati, chi composti. C'era persino qualcuno che già cominciava a chiedere di andare in bagno, nonostante fosse solo la prima ora.
«Allora», cominciò Okamoto, poggiando le mani sulla scrivania. Aveva un bel sorriso sulle labbra, sembrava proprio di buon umore. «Come sapete, tra non molto ci sarà la gita--... beh, in realtà, è un modo di dire. Ho appena saputo la data precisa».
Ah, già! La gita. Yuki si trattenne dal portare una mano alla fronte, desiderando ardentemente essere un mollusco. Così non avrebbe dovuto sorbirsi Yumi che la pregava di andarci – il ché era ovvio. L'anno scorso – sfortunatamente, non conoscendo le usanze delle scuole, Yuki non sapeva neanche dell'esistenza delle gite – se l'era scampata, essendo arrivata a metà dell'anno scolastico... stavolta non aveva scampo.
«Quest'anno, la gita scolastica si terrà – udite, udite – il diciannove maggio!», annunciò, tutto fiero. Gli alunni non fecero una piega, di fronte alla data, attendendo piuttosto dove si sarebbe svolta.
E l'uomo doveva averlo intuito, perché aggiunse – dopo un colpo di tosse: «... al mare».
Al mare?, pensò l'albina. Un coro di voci soddisfatte si levò così all'improvviso che il professore sobbalzò, abbozzando un sorriso sollevato.
Al mare? Al mare? AL MARE?, il corso dei pensieri della mezzosangue erano così intensi da distrarla completamente, da farle dimenticare tutto il resto. Compreso il resto del discorso dell'uomo.
«Un'ultima cosa, saremo in compagnia di una classe, come sempre», continuò Okamoto, accingendosi ad aprire il registro. «la 2-C. Penso che la conosciate. Si fa chiamare “classe in fondo”».


 



 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Era ancora turbata, quando le lezioni finalmente finirono. Sayumi le ripeté così tante volte di non preoccuparsi, che alla fine l'umana stessa iniziava a trovare strana la frase “non preoccuparti”.
Ma davvero, non doveva preoccuparsi! Cosa poteva mai essere, andare in gita – al mare –
con la classe di quello stalker mania-- poi però le venne in mente che lì c'era anche Kazuki, meglio conosciuto – beh, solo Yuki lo conosceva così – come Faccia di Plastica. Ah, ma che bello. Saltellava dal desiderio di andare lì.
«Intanto», disse Sayumi, mentre camminavano, lente e “tranquille”, verso la classe di Takeshi. «L'idea del mare mi sembra davvero originale. E poi non siamo mai andate al mare insieme!». Oh, beh, almeno lei era felice. Così felice che saltellava e piroettava – sì, lei saltellava davvero.
A breve, probabilmente, Yuki le avrebbe lanciato uno stivale in testa.
«Ma al mare possiamo andarci quando vogliamo, noi due», brontolò, alzando gli occhi al cielo, alquanto disperata. «Con quel branco di mentecatti non ci tengo. Men che meno, con quegli altri!». E ovviamente, si riferiva alla classe dove si stavano dirigendo.
Dove erano appena giunte.
«Chiam—hm... ». La mezzosangue stava già per pronunciare la frase “Chiamalo tu, ti prego”, quando ricordò che Sayumi non sapeva l'aspetto di quello lì. La diretta interessata la guardava con un sopracciglio arcuato, le labbra contratte e lo sguardo interrogativo.
«Niente, lascia stare», disse Yuki. «Quando vengo da queste parti tendo a diventare scema».
E quindi si appoggiò allo stipite della porta scorrevole per sporgere la testa e cercarlo con lo sguardo. Come sempre, non c'era – beh, c'erano pochissimi studenti, visto che ormai erano finite le lezioni.
Possibile che tutte le volte che lo cercava non c'era mai? Sembrava quasi che lo facesse apposta. Certo, se così fosse stato, lei non si sarebbe limitata a qualche battutina glaciale.
Oh, no.
Avrebbe condiviso con lui i suoi hobby – come sgozzare teste, perché no.

«Beh?», la incalzò Yumi, piegando la schiena per dare un'occhiata. «Hai detto che era un tipo qualsiasi ma carino, giusto? Io non vedo nessuno qui di carino. A parte quello con l'orecchino».
Orecchino? A proposito, Tak-- Katugawa li avrà, i buchi?, pensò l'albina, stranamente curiosa, mentre seguiva lo sguardo dell'amica che la indirizzò verso Kazuki. Aggrottò la fronte. Il caso.
E chissà per quale oscuro motivo, ma Kazuki si girò proprio a guardare la porta, allagando le labbra in un enorme sorriso a trentadue denti. Yuki si allontanò dallo stipite della porta, lentamente. «... direi che non è qui». Sayumi non si mosse, invece, continuando a guardare fisso quel ragazzo. «Yuki-chan, sembra che stia venendo da questa parte. Alla faccia, che sorriso! Ora gli si intorpidisce la mandibola!».
Yuki valutò l'ipotesi di scavare una fossa e infilarci la testa, cosicché possa finalmente recuperare la calma, la postura elegante di un tempo. «Akawa-san!». Ma niente. Ormai, non poteva più sfuggire ai suoi doveri. Era proprio arrivato al fianco di Sayumi, la mano sollevata per salutarla.
«Uccidetemi!».
«Come?».
«Niente. Ma perché il -san?». Yuki si passò una mano sulla fronte, guardando di lato. «Insomma, abbiamo la stessa età. Anche se sembri più piccolo».
«Che brutta cosa da dire, Akawa-sa-- Akawa», borbottò Kazuki, storcendo le labbra in una smorfia tenera. Sayumi incrociò le braccia al petto, portando l'indice e il pollice al mento, pensierosa.
«Yuki-chan», disse. «Mi presenti?».
«Sì, certo». E sorvolò sul fatto che, fino a due giorni prima, Sayumi non fosse affatto il tipo di persona che conversa tranquillamente col sesso opposto. «Kazuki, Sayumi Ichinomiya. Yumi, Kazuki».
«”Yumi”?», ripeté lentamente il ragazzo, guardando l'umana dai capelli rosa. Quest'ultima fece un leggero cenno col capo, . «Yumi!», confermò, sorridente. «E' un soprannome che ho ricevuto proprio da Yuki-chan. Diceva che il mio nome era troppo lungo da pronunciare... ».
«Ma hai tolto solo due sillabe», osservò Kazuki, spostando ora lo sguardo su Yuki. Lei scosse la testa, le mani sui fianchi, un espressione talmente convinta da risultare divertente.
«No, no», disse. «Voi non avete capito l'essenza dei nomi con quattro sillabe! … e un solo kanji*».
«Quindi... “neve”, giusto?», chiese Kazuki, inclinando il capo di lato. Poi sorrise, con calore. Il ché era strano, considerando che lui non aveva proprio espressioni facciali... che il pugno dell'albina gli avesse aggiustato i muscoli facciali?
«Mi piace scoprire i significati dei nomi, è divertente», aggiunse. «Poi mi viene da chiedermi a cosa stessero pensando i genitori in quel momento».
A cosa stessero pensando... non so se voglio saperlo, pensò Yuki, aggrottando lievemente la fronte.
«Che hobby originale», commentò Sayumi, ormai le braccia dietro la schiena già da un po'.
«Yumi, stai ripetendo fin troppo spesso quella parola», disse Yuki. E, prima che la conversazione finisse per diventare infinita, girò la testa verso Kazuki.
«Senti», cominciò, gonfiando leggermente le guance, indispettita – chiedendosi se fosse il caso di essere così diretta. Mah, alla fin fine, a breve Sayumi l'avrebbe saputo, quindi... «Sto cercando Katugawa. Sì, stavolta sì. Ma ho visto che in classe non c'è, quindi per caso è già... ?».
«... tornato a casa? No, non penso», batté le palpebre. «Altrimenti lo saprei».
Sorvolando anche su questo, continuò lei, che mi fa tanto spione stalker, – non mi sorprenderei se andassero d'accordo – dove sarà, allora? Almeno sappiamo che è a scuola.
Lenta e, tutto sommato, placida, volse gli occhi sull'amica – e, oh, giustamente era stupita. Molto, stupita. Diciamo che era a metà fra lo stupore e l'imbarazzo cronico.
Giorni prima aveva fornito informazioni su Takeshi Katugawa alla sua migliore amica e, meraviglie delle meraviglie, adesso scopriva che era lui la persona a cui doveva un favore? E va a capire che cosa aveva fatto di così eclatante, quel ragazzo! La fronte un poco aggrottata e il visino roseo più vivido, borbottò: «... e non ti ha detto dove è andato?».
«Forse è andato in bagno», rispose il ragazzo, stringendosi nelle spalle. Sayumi si accigliò, perché di certo non sarebbe andata vicino ai bagni dei maschi. Già era tanto se ci parlava – pur riluttante – figurarsi passare davanti ai loro bagni.
«Bene, grazie per l'utilità delle informazioni», cantilenò Yuki, dopo essersi ripresa dai suoi pensieri. Kazuki accennò un altro sorriso, socchiudendo le palpebre. «Ah. Magari potresti attaccargli una cimice addosso, visto che lo cerc--». Sarà stata l'occhiata della mezzosangue oppure l'istinto di sopravvivenza, ma qualcosa gli intimò di fermarsi e lui lo fece. Lo fece più in fretta che poté.
«Eh? Che?», balbettò Sayumi, guardando prima uno poi l'altra. «Non ho capito un accidenti!».
«Ah, niente di importante», Yuki mosse una mano come per scacciare quell'argomento. «umorismo di pessimo gusto».
Eppure Yumi avrebbe voluto capire perché le gote della mezzosangue le sembravano più colorate, più rosa, più vive. Forse si sbagliava, chi lo sapeva. Eppure quel colorito le stava bene.
«Non avrai la febbre».

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Yuki aveva accennato a Sayumi della persona che doveva conoscere e a cui – addirittura – doveva un favore, un favore anche piuttosto grande. E lei si era un po' spaventata di fronte a questo, perché non aveva mai ripagato nessuno, perché non si era mai servita di favori.
Ma il vero problema... era che l'amica le aveva solo fatto qualche breve e disinteressato accenno e solo adesso, per caso, aveva scoperto il nome e cognome.
Una persona nota nella scuola, ma di cui lei non sapeva né l'aspetto, né la voce, né i suoi modi di fare; se era una persona con la quale era facile parlare, se doveva fare attenzione a qualcosa in particolare. Niente di niente. Però non sapeva se Yuki conosceva tutte queste cose, quindi, non ci aveva fatto caso. E basta.
Ed era a causa di questo che Sayumi si mosse.
«Togliti---», con una velocità, una forza, un'abilità che lasciò a bocca aperta tutti, afferrò il polso del nuovo arrivato per rovesciarlo a terra, le gambe divaricate per sollevarne il peso.
«Yumi, aspet--», esclamò l'albina, purtroppo in ritardo.
Va bene, arrivare alle spalle di quest'ultima e abbracciarla alle spalle, avvolgendole il collo con l'avambraccio destro e la vita con quello sinistro non era stata un'ideaona... ma così che sembrava un pervertito. «Lui è... !». La voce di Yuki fu spezzata dai passi di Kazuki che si apprestava, sorpreso, a raggiungere il ragazzo steso a terra.
«Aaaah, Katugawa, stai bene?!».
Katugawa?, pensò Sayumi, le mani che si aprivano e richiudevano rapidamente, gli occhi strabuzzati.
«Accidenti, cosa ti è preso?», esclamò la mezzosangue, lanciandole occhiate.
«Scusa ma... quello è... Katugawa Takeshi?», balbettò Yumi, il viso in fiamme, le braccia che tornavano vicino al proprio corpo, ora a stringersi il busto. Oddio, cos'aveva fatto!
Il ragazzo – Takeshi, poverino – si era messo seduto con una gamba stesa e un ginocchio alto, mentre scuoteva più volte la testa. E dire che gli doveva un favore...
«Tutto apposto? Dammi il braccio, ti aiuto», disse Kazuki, piegandosi verso di lui per porgergli la spalla. Takeshi, per tutta risposta, si alzò da solo in piedi, sotto lo sguardo di tutti e tre. Sembrava ancora intontito dalla botta e in effetti, di solito, non si viene sollevati in quel modo e gettati a terra come una cartaccia. Ora aveva una mano sulla schiena, mentre la raddrizzava sollevando le spalle e stringendosi in esse.
«S-scusami», la voce di Sayumi, normalmente raggiante e squillante, arrivò flebile e persino Yuki ebbe problemi a sentirla.
E finalmente, Takeshi si girò verso di loro.
«Ma che hanno le ragazze d'oggigiorno? Me le ricordavo dolci e morbide», borbottò. L'umana strizzò le palpebre, piegando le schiena. «Il fatto è che.. è che sei.. sei arrivato all'improvviso, e Yuki-chan non si fa sfiorare da nessuno quindi.. quindi--».
«Ah-ah, ne so qualcosa. Dopo questo, voglio un gelato». Sayumi sorrise tra sé e sé, mentre tornava a schiena dritta e sollevava lo sguardo su Takeshi.
Beh. “Tipo carino” non rendeva l'idea. Il fisico alto, all'apparenza sembrava anche abbastanza resistente e formato, – sennò starebbe ancora a crogiolarsi nel dolore – le spalle larghe, le maniche della camicia scolastica tirate fino ai gomiti a mostrare gli stessi avambracci di prima – ovviamente. E il viso. Un contrasto fra lineamenti dolci e spigolosi, che non facevano ben capire se sembrasse della sua età o se apparisse più grande. Quei capelli che cadevano dolcemente sugli occhi nocciola--.
«Che strani capelli», commentò. Allungò una mano verso la testa rosa dell'umana – abbassando la testa per riuscire a specchiarsi nei laghi al posto degli occhi – prendendo gentilmente una ciocca sulla fronte. «Non mi sembrano tinti. Sono... naturali?».
«Ehi», lo fulminò Yuki, prendendo per le spalle Sayumi – in tinta col fiocco rosso al petto.
«I miei sono tinti!», esclamò Kazuki, sbracciandosi. La ragazza mormorò un «Davvero?», incuriosito.
«Che c'è? Gelosa?», cantilenò Takeshi, incrociando le braccia al petto, un sorrisetto sulle labbra piene.
«A proposito, Yuki-chan... hai un concetto strano della bellezza... ». Anche se Tetsuya, quel vampiro, era davvero bello. Ma c'era qualcosa di strano nel suo aspetto: sembrava quasi finto. Di plastica, per citare qualcuno. Sayumi non sapeva dire con certezza cosa fosse, ma aveva l'impressione che poteva essere il sorriso misterioso.
«Casomai», ribatté la mezzosangue, lasciando Sayumi – e ignorando sia lei che Kazuki – per fare un passo in avanti in direzione del ragazzo. Le palpebre appena socchiuse e un espressione di sfida. «sei tu quello geloso. Sennò, non avresti fatto quello che hai fatto».
«Sì, è vero. Sono geloso», e lo disse con una schiettezza, una sincerità tale da fare retrocedere del passo appena raggiunto l'albina. Con la stessa occhiata di quest'ultima poi, faceva un certo effetto.
«Oh, cavoli», commentò Sayumi, mentre Kazuki faceva un cenno con la testa, assorto. Era così preso dalla scena che non si accorse subito della vibrazione del cellulare nella tasca dal pantalone. «Ah, dannazione. Ichinomiya», e lei si girò, riluttante – poteva perdersi di tutto in quei pochi secondi. «Io devo sbrigarmi ad andare a casa... salutami questi due. Bye bye».
Sayumi rise brevemente, annuendo. «Bye bye!», rispose, tenendolo con lo sguardo fin quando non ebbe svoltato l'angolo.
E poté tornare, tutta emozionata, al suo drama tv**.














 

 

 

 

Kanji: allora, sì. Penso che sappiate tutti cosa siano i kanji, hm-- la frase di Yuki è per dire che il suo nome si scrive con un solo ideogramma, ossia... “neve”. E se non erro, anche “coraggio”. Il ché, più avanti, sarà collegato alla sua personalità.

** Drama tv: i drama tv – meglio conosciuti come... drama e basta – sono le serie tv giapponesi, coreane, cinesi, taiwannesi e poi buh, anche filippine penso. Alla fine, sono come le serie tv americane o ita-- niente, americane.



NOTA DELL'AUTRICE:
Bonsoir, mesdames et messieurs! Rendiamo grazie a google translate! (?)
… sì scusate, ma davvero non mi ricordo niente di francese okay-- (???) vabbeh, passiamo alle faccende importanti. Sono già due-tre capitoli che non metto una nota dove sclerare e praticamente è perché sono occupata a scrivere gli altri capitoli – così non aspettate decenni – o a... rendermi conto che devo studiare per il debito. SI' GIA'. 
Quindi probabilmente questa settimana e la prossima sarò occupata a studiare, e blabla... beh, almeno il pomeriggio. La fine di tutto questo è per dirvi che troverò tempo di scrivere la sera verso le dieci – che manco più sarà sera ma okay – quindi BOH. MAH. 
Bien, basta così! 


Night, ovviamente, con affetto. ♥

 

  
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