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Autore: Big Foot    26/06/2014    2 recensioni
Alberto è un ragazzo giovane, una matricola all'università; è autoironico da sempre e adora prendersi in giro, ma nonostante questo è felice della sua vita, regolare e per niente avventurosa, monotona nelle sue abitudini, ma proprio per questo priva di fastidiose sorprese inaspettate. Questa è la storia di come la sua vita (o la mia vita, sta a voi sceglierlo) cambi di colpo e di come, inaspettatamente e suo malgrado, si riempia di avventure.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-16-
Tornai a casa di Elena e lei si accorse che ero alterato, si avvicino e mi strinse forte, ma in modo dolce;
“È andata male?”
“Estremamente male,” risposi io, “ma ora voglio solo sdraiarmi con te sul divano e rilassarmi un po'..."
“Ehm, vedi... C'è un piccolo problema.”
La guardai con una delle mie espressioni interrogative migliori, ma lei evitava di guardarmi e sembrava piuttosto imbarazzata, così le chiesi quale fosse il problema.
“Beh diciamo che c'è un ospite che ha preso possesso del divano.”
"Esco per risolvere una questione spinosa e ti sei già trovata il ruotino di scorta?!"
"No, stupido è solo..."
"Meow"
Mi girai lentamente verso il soggiorno e sulla soglia della stanza vidi un enorme Maine Coon tigrato che mi guardava con due occhioni verdi.
"Ma è..."
"È solo Archimede, il gatto della vicina."
"Veramente sembra più un puma visto quanto è grosso, però sembra tenero... Archimede? Vieni qua, micio!"
Un quarto d'ora e parecchie urla dopo mi ritrovai con una quantità inimmaginabile di graffi sulle braccia e con quella peste di felino che mi soffiava contro da sopra l'armadio, e fu così che feci la sua conoscenza.
Elena mi prese dal braccio, causando altre urla da parte mia e mi portò in bagno per disinfettare le mie cicatrici di guerra; poi mi spiegò come interagire con quella belva:
"Guarda, basta una leva," disse prendendo un librone cartonato e un contenitore cilindrico, "lui si diverte così."
"Cioè, mi stai dicendo che abbiamo in casa un gatto, che più che un gatto sembra una tigre, a cui piace giocare con le leve e i piani inclinati e che per questo si chiama Archimede?"
"Beh sì, immagino sia per questo, sì. "
"Ossignur, è peggio dei supplì al telefono..."
Giocammo quindi con il gatto per un po', ovviamente a debita distanza, poi all'improvviso Elena lo prese di peso e lo confinò in camera da letto, poi si girò verso di me e con tono suadente disse: "Vado a farmi una doccia e tu vieni con me."
"Non avrei rifiutato per tutto l'oro del mondo, cara..."
Andammo in bagno e tra un bacio decisamente piccante e un altro, ci togliemmo i vestiti e stavamo per entrare nella doccia, quando Elena si bloccò e mi chiese se avessi spostato le sue cose in bagno.
"Beh sì, ma giusto qualcosa. Non ci stava la mia di roba sennò..."
Si girò verso di me, infuriata, "Ma cazzarola, era troppo difficile chiedere dove potevi metterla?! Avremmo trovato un modo senza che tu mi mettessi sottosopra la toilette!"
"Intanto modera i toni, primo. Secondo sì, non eri a casa quando ho svuotato quello scatolone e terzo si chiama bagno, non toilette!"
"Il mio cesso lo chiamo come mi pare, porca troia, e potevi chiamarmi, cazzo! O aspettarmi!"
Sbuffai, "Senti, possiamo sempre trovare un altro posto per metterla adesso..."
"Ah beh, ma io l'ho già trovato il posto, caro!"
"E sarebbe..?"
"Su per il tuo flaccido culo di merda! E adesso fuori, me la faccio da sola la doccia!" E, detto questo, mi buttò fuori dal bagno, pardon, dalla toilette.
Mi rivestii e andai da Archimede per provare a giocare un po', quindi per prima cosa provai ad accarezzarlo un po' e, con mia sorpresa, iniziò persino a fare le fusa mentre si strofinava tra le mie gambe.
"Certo che sei proprio un gatto diabolico tu, eh? Prima stavi quasi per ammazzarmi."
Lui smise di fare le fusa, mi guardò per qualche secondo e poi andò ad infilarsi in una scatola di cartone che era là vicino; quindi sì, neanche il gatto voleva avere a che fare con me.  Ricominciai a sistemare la mia roba nell'armadio della camera da letto, di spazio vuoto ce n'era a sufficienza quindi non mi preoccupai eccessivamente, finché Elena non entrò in camera:
"Senti, mi spiace di aver reagito in quel modo prima, è che... Aspetta, stai mettendo la tua roba nel mio armadio?"
"Ehm sì, qualcosa non va?"
"Certo che sì, quello spazio mi serve! Ma porca troia, non hai imparato niente da quello che è successo prima?! Mi rimangio le scuse e ti prendo anche a pedate se tra cinque minuti tutti i tuoi cazzo di vestiti non sono nell'armadio che c'è in corridoio! Cazzarola, sei proprio impossibile!"
Mentre la mia amorevole ragazza usciva dalla stanza incazzata io sospirai e iniziai a spostare i miei vestiti nell'altro armadio poi, dopo una decina di minuti, lei tornò da me di corsa, abbracciandomi e chiedendomi scusa, in lacrime.
"Sono una stupida, è più forte di me... Vedi, io ho questa mania di dover mettere le cose in un certo modo e nessuno deve spostarmele... E quando succede non rispondo più delle mie azioni..."
"Ti capisco, Ele... Io ho lo stesso problema..."
"Davvero?"
"Certo! Pensa che, l'altro giorno, avevo comprato una manciata di azioni di una società su internet che sembrava andare bene, peccato che dopo neanche mezza giornata aveva perso talmente tanti punti che valevano meno di una bottiglietta di sabbia nel Sahara!"
Mi fissò proprio come aveva fatto il gatto, poi iniziò ad imprecare e a picchiarmi con una delle ciabatte che aveva ai piedi; io provai a difendermi dicendo che la battuta non era neanche al livello di quella in cui una gallina va in tribunale per deporre, ma non sembrò migliorare la situazione. Quindi provai con un'altra tattica:
"Guarda, il modo migliore per risolvere questa situazione è fare un bel viaggetto... Siamo entrambi molto stressati temo, e ho già in mente un'ottima meta!"
"Un viaggio?.. Beh in effetti al momento sono ancora disoccupata, quindi non ho problemi con le ferie. Mentre tu hai le vacanze di natale a breve, no?"
"Esatto, giusto un paio di settimane, ma sì, le ho."
"E che meta avresti scelto?"
"Eeeh indovina."
"Londra? Berlino? Amsterdam?"
"No, no e no. Pensa al sole, al caldo e a taaaaaaaante situazioni imbarazzanti."
"Aspetta, tu mi stai dicendo che... Oh no."
"Oh si, andiamo in Sicilia, baby!"
A quel punto lei iniziò con le solite pippe mentali da donna, per esempio "come ci andiamo", "devo ancora fare le valigie" e la migliore in assoluto: "devo depilarmi le gambe e rifarmi le sopracciglia". Le dissi di non preoccuparsi e che ci avrei pensato io. "Fai le valigie per entrambi, non preoccuparti di limiti di peso, schiaffaci dentro tutto quello che ci potrebbe servire, costumi da bagno compresi che giù da me fa caldo. E non dimentichiamoci di quella furia scatenata che ci ha affibbiato la vicina."
Poi fuggii da casa telefono alla mano e non appena potei chiamai Marco e gli chiesi un favore enorme che vi svelerò più tardi; "Ma certo," rispose lui, " vi passo a prendere tra... Un'oretta e mezza?"
"Vada per un'ora e mezza, grazie Maestro. E non ti ringrazierò mai abbastanza."
"Portami due chili di paste di mandorla e saremo quasi pari. Ci si vede dopo!"
Tornai da Elena e la aiutai con i bagagli che finirono per essere due enormi trolley e due zaini stracolmi. Avevamo appena finito quando citofonò Marco e scendemmo e ci trovammo davanti lui e... Un'altra macchina! Era una Twingo del '93 color verde pisello con la tappezzeria blu e rossa, con quei fari e l'antennona che ti ispirano subito simpatia. "Ti ho portato il bolide, trattamelo bene, che sennò mia zia prima uccide me e poi uccide te."
Elena girò intorno alla macchina e disse "Ci andiamo a Caselle con questa, vero?"
"No, acqua", feci io.
"Allora a Porta Nuova?"
"Oceano. Vasto, freddo e sconfinato."
"Ma allora... Cioè, tu mi stai dicendo che... Oh no. No. No, mi rifiuto."
"E invece ti tocca! Adoro i viaggi on the road! Stereo a palla, pisciatine negli autogrill, chilometri e chilometri da macinare con le ruote, aaaah un sogno..."
Nel frattempo Marco tra una risata e l'altra aveva sistemato i bagagli, ci salutò, ci ricordò delle paste di mandorla e mi chiese di chiamarlo quando arrivavo, poi entrammo in macchina e partimmo. Andammo prima a fare il pieno e poi corsi a scatenare i miei cinquanta cavallini francesi in autostrada, mentre Elena mi teneva il muso.
"Dai, cosa c'è che non va?"
"C'è che potevi almeno chiedermelo."
"Non ti piacciono i viaggi in macchina?"
"Non mi piace che alla stratosferica velocità di 130 all'ora ci metteremo più di dieci ore! Dieci, cazzo!"
"Se continui a lamentarti metto i cd Vasco Rossi. Tutti."
"Non oseresti," mi disse con uno sguardo truce.
"Quanto ci scommetti?"
"Va bene, va bene, basta che metti Liga..."
E così "con Radio Clash da casello a casello" c'era ancora bumba per noi e il nostro viaggio era iniziato, tra le luci dei lampioni, i guardrail, i cavalcavia e un nastro d'asfalto che per me, sin da bambino, significava casa.
-17-
"Svegliati scema, stiamo per prendere il traghetto."
"Nnnnooo daiii... Non mi va di svegliarmi, cazzo... Lasciami dormire."
Io alzai al massimo il volume dello stereo e, dopo, parecchie urla, riuscii a farla svegliare per bene.
"Non si può stare in macchina durante la traversata, sennò ti avrei lasciata dormire. E poi io guido da ore e non mi sto lamentando."
Lei mi lanciò uno sguardo truce, "Ci credo, saresti capace di guidare questa carretta per degli anni, completamente no stop."
"Vabbè, sorvoliamo che è meglio. Guarda, sta arrivando il traghetto!"
Lei fece una faccia sconvolta e mi chiese se la società che possedeva il traghetto si chiamava davvero "Caronte".
"Beh," risposi io, "in Sicilia fa abbastanza caldo in quasi ogni periodo dell'anno. Ad Agosto ti si scioglie l'asfalto sotto le ciabatte."
Salimmo sul traghetto e poi prendemmo le scale per andare sulla "terrazza panoramica" per goderci l'alba in santa pace. Il mare era piatto come una tavola e il sole saliva lentamente, illuminando piano piccole barche cariche di pescatori e di pescato, il porto e la Sicilia, le cui coste si vedevano benissimo in quella limpida mattinata.
"Che dici, dovremmo chiamare i miei?"
Lei strabuzzò gli occhi e mi guardò con una faccia sconvolta. "Non l'hai ancora fatto? Sul serio? Vuoi piombare a casa dei tuoi senza neanche accennarglielo?!"
"Ehm, sì?"
"Ma perché cazzo sto con te, ricordamelo!!"
"Sono... Molto simpatico?"
E mentre lei mi rincorreva per picchiarmi con la borsa per tutto il traghetto completammo la traversata, tornammo in macchina e volammo nell'ultimo tratto di autostrada, lavori permettendo.
Eravamo per l'appunto in coda a causa di un cantiere ("La Salerno-Reggio Calabria: l'unica autostrada dove puoi i trovare i cartelli -Autostrada tra 5 km-") quando ci guardammo negli occhi folgorati dallo stesso pensiero: "Il gatto!!"
Visto che eravamo fermi in coda scendemmo dalla macchina di corsa per prendere il micio e il suo trasportino, ma, invece del gatto, trovammo una palla di pelo, artigli e furia.
"'Ccidenti, lo odio 'sto gatto! Mi chiedo ancora perché tu abbia detto di sì alla vicina!"
"Perché la vicina è quella che ogni tanto mi cucina il polpettone con la pancetta, ecco perché!!"
"Al diavolo tu e il polpettone. Fila in macchina che ci stiamo muovendo. E porta quella bestia davanti."
Alla fine arrivammo a Giarre, dove i miei genitori avevano la loro casa. Parcheggiai la macchina, scrissi a Marco che era andato tutto bene e che il bolide era intero, poi presi il disastro peloso e aprii il portone con le mie chiavi. Salimmo al terzo piano e, quando aprii la porta dell'appartamento sentimmo dei gemiti provenire dal salone. Mi avvicinai con cautela, mentre Elena restava due o tre passi dietro di me, quando all'improvviso...
"Mamma! Papà! Cosa cazzo state facendo?!"
Loro si tirarono addosso il lenzuolo che copriva il divano in velluto e mi guardarono come se fossi un fantasma. Poi videro Elena e diventarono rossi come due peperoni arrosto.
"Razza d'idiota, te l'avevo detto io di chiamare."
Dopo qualche altro secondo di silenzio imbarazzante feci le presentazioni, mollai il gatto vicino al divano e dissi che scendevamo a prendere le valige. Mentre scendevamo sentii mia madre dire "Ma cavolo, c'è un macello in questa casa, che figura! Fammi prendere l'aspirapolvere!"
Io e Elena ridemmo, finalmente senza quella tensione che ci sentivamo entrambi addosso da qualche tempo e mentre imitavo i miei genitori nei loro comportamenti più disparati ce li trovammo improvvisamente davanti. "Allora," disse mia madre, "Ci accompagnate a fare la spesa? Così ci conosciamo un po'."
"Va bene ma', però devo liberare la bestia prima."
"Amore di mamma, non mi sembra il caso... Siete appena arrivati e già devi chiuderti in bagno?"
"Parlavo del gatto, mamma," le risposi in tono gelido. Non appena fu libero Archimede si andò subito a spaparanzare sul mio letto, soffiando non appena qualcuno osava avvicinarsi troppo. Eh sì, per essere un gatto aveva un carattere da leone.
Mentre eravamo in macchina mio padre ci chiese il perché di questa visita inaspettata: "Insomma, non che ci dispiaccia, sopratutto ora che tuo fratello è in vacanza in Inghilterra, però pensavamo rimanessi a Torino ancora un po'."
"Beh, diciamo che mi.. Ci serviva una sferzata di novità, giusto?"
"Diciamo di sì," disse Elena, "e poi, ammettiamolo: noi avremo anche le piscine, ma il mare qua è favoloso."
"Beh, non è male," disse mia madre, "ma devi sapere che quando andammo in Sardegna, per il viaggio di nozze ovviamente, c'era...." e si lanciò in una storia che raccontava sempre. Mia madre purtroppo non lo ammetterà mai, ma credo sia gelosa fino al midollo. Ovviamente, essendo Scorpione come il sottoscritto, non mi darebbe mai, e dico veramente mai, questa soddisfazione. Neanche se la pagassi. Così ogni tanto litighiamo, scherzando, su questa cosa, mentre mio padre alza gli occhi al cielo e sopporta, non volendo dare ragione né all'uno, né all'altra. Il caldo sole siciliano, la mancanza di cibo nello stomaco e, sopratutto, la carenza di sonno fecero sì che mi addormentassi in macchina come un bambino troppo cresciuto e, quando mi risvegliai eravamo di nuovo sotto casa e, incredibilmente, mia madre e Elena chiacchieravano e ridevano senza sosta!
Mio padre mi prese da parte e mi disse "Ormai è andata, figlio. Si son trovate e d'ora in avanti sarà come vivere con tua madre."
Alzai gli occhi al cielo e risposi: "Grazie papà, tra questa cosa e la scena indecente che ci avete propinato oggi credo di non saper decidere quale delle due metterà la parola fine sulla mia vita sessuale."
  
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