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Autore: Lumos and Nox    26/06/2014    2 recensioni
Un piccolo cambiamento: Belle e Tremotino non si sono semplicemente baciati quella sera.
A causa di ciò, esattamente nove mesi dalla sua cacciata dal Castello Oscuro, Belle partorisce una bambina, Etol.
Tredici anni dopo, Belle è ormai scomparsa alla ricerca di un'avventura e Etol è una ragazzina sola, che oltre ad aver perso la madre non conosce l'identità del padre. A causa dei debiti e delle tasse (e forse anche per lo zampino di una Regina a noi già nota) si ritrova a dover vendere dei fiammiferi per sopravvivere, viaggiando di villaggio in villaggio.
Ma si sa, le bufere di neve (specie quelle provocate dalla magia) sono sempre in agguato, come anche un certo Oscuro Signore nel proprio castello..
NOT MARY-SUE!
[Edit del luglio 2015: storia interrotta, probabilmente per sempre]
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo tre

Flower's Borough


Il cielo si stava ormai scurendo quando la giovane forestiera, un cappuccio calato sulla testa e uno strano corvo appollaiato sul braccio, entrò nell'osteria a lato della strada.
Etol si avvicinò, nascondendo al meglio la sua vecchia timidezza, al bancone e ordinò una porzione di zuppa e un bicchiere di birra leggera.
Si sedette vicino all'entrata, in modo da poter fuggire nel caso gli altri clienti fossero stati un po’ troppo brilli o se il costo fosse stato troppo caro. Non aveva bisogno di altri debiti.
Aveva imparato molto durante quelle sette settimane di viaggio, molto più di quanto avesse mai potuto imparare dai racconti di sua madre o dai pochi libri che le aveva lasciato – e che Shenna aveva ovviamente venduto. Aveva sviluppato una maggiore cautela, unita ad un suo speciale istinto che la aiutava a capire quasi subito di chi potersi fidare.
Stava anche migliorando l'equilibrio: era da quella mattina che non inciampava su ostacoli inesistenti. Ancora un po’ e forse sarebbe riuscita ad evitare anche quelli esistenti.
Il suo viaggio era quasi giunto al termine, come d'altronde anche parte dei debiti accumulati a Flower's Borough. Rifornendo un intero gruppo di nani, nove giorni prima, era riuscita anche a saldare metà del debito riguardante Carros.
I suoi fiammiferi per fortuna avevano avuto un discreto successo in tutti i villaggi visitati e si erano rivelati anche utili come arma, da fuoco, appunto: quando a Silly Land un uomo aveva provato a rapinarla, lei aveva provato una paura pazzesca, ma in qualche modo era riuscita a recuperare un briciolo di controllo e a riuscire a fuggire con i suoi fiammiferi e Carros dopo aver dato fuoco alla barba del ladro.
Era bello vedere come dopotutto la magia non fosse così male. Insomma, era grazie a lei che lavorava e si proteggeva.
Evidentemente Shenna e i suoi amici non la conoscevano così bene come lei. Come poteva una cosa così meravigliosa essere pericolosa?
Era riuscita ad inviare a Madame Shenna gran parte dei soldi, togliendo quelli necessari al cibo e alla nuova mappa – quella vecchia l'aveva persa camminando, e ovviamente cadendo, in un fiume. Ricordava ancora lo sguardo esasperato di Carros, che la squadrava anche in quel momento accucciato sulla tavola.
Gli accarezzò la testa, proprio mentre una donna grassoccia con due enormi trecce bionde le serviva la cena.
«Ecco qui, tesoro» disse con fare materno.
Sembrava il genere di persona che Etol avrebbe voluto come madre.
«Grazie» mormorò appoggiando davanti all'ostessa cinque monete di rame.
«Vorresti fermarti anche la notte? Abbiamo camere davvero confortevoli!»
Etol si mordicchiò le labbra. «D-dipende. Quanto dista Rose's Glance?»
La donna spostò il peso da un piede all'altro. «All'incirca cinque ore, ma può essere pericoloso di questi tempi: non ci sono briganti da queste parti, ma l'inverno ormai è alle porte e si congela là fuori di notte»
«N-non vi preoccupate, il freddo non è un problema» disse Etol con un principio di sorriso. Non lo era mai stato durante il viaggio. I fiammiferi davano molto calore e con il passare del tempo era riuscita a capire in che modo posizionarli per ottenere una specie di stufa semovente.
L'oste aggrottò le sopracciglia e si mise le mani sui fianchi, quasi stesse per farle una tipica ramanzina.
«Ne sei sicura, bambina?»
Etol annuì velocemente, aspettando ansiosa che la donna tornasse un po' perplessa al bancone.
Finì di mangiare, fece un cenno all'oste che la fissava ancora accigliata – aveva rischiato di cadere ben due volte, sentendosi quello sguardo puntato sulla schiena – e uscì nel cuore della notte.
Il cielo si confondeva facilmente con gli sterminati prati, grigi alla luce della luna, che ricoprivano tutta la vallata, di tanto in tanto interrotta da qualche boschetto.
Etol non si era ancora abituata al viaggiare di notte e il suo primo impulso fu quello di rinfilarsi subito dentro l'osteria per accettare la proposta dell'oste.
Si mordicchiò ancora le labbra.
Dopotutto, la aspettavano solo cinque ore di cammino. Sarebbe arrivata finalmente a Rose's Glance e in meno che non si dica, il giorno dopo sarebbe già ripartita per tornare a casa, da Kay e Gerda.
Prima sarebbe tornata, prima avrebbe scoperto la fine di sua madre e se ne sarebbe andata con i suoi amici.
Era l'ultimo ostacolo, dannazione! E l'unico, vero pericolo era il freddo, che tanto lei poteva facilmente sopportare.
Per niente rinfrancata da quei pensieri, Etol iniziò a procedere a zig-zag, con Carros che aveva ben deciso di addormentarsi sul suo braccio e una fiaccola di fiammiferi che aveva prontamente acceso appena uscita.
Per un po' camminò senza nemmeno rendersene conto, accompagnata dal frinire di qualche cicala ancora viva e dal raschiare dei suoi passi sul selciato.
All'improvviso, circa dopo un'ora di cammino – quando aveva cominciato a rassicurarsi – il freddo iniziò a farsi più pungente.
Se prima il vento sembrava quasi non esserci, ora formò vere e proprie correnti, quasi innaturali, che facevano tremolare la sua torcia. Si strinse nel mantello, mordendosi le labbra e cercando di reprimere l'impulso di tornare indietro con altri pensieri. Non doveva badarci.
Fu ancora più difficile quando per poco non inciampò dalla sorpresa, notando che al vento si erano aggiunti dei timidi fiocchi di neve.
Perfetto.
La prima nevicata della stagione.
Etol era troppo impegnata a tentare di seguire il sentiero per chiedersi come fosse possibile un fenomeno del genere appena a fine autunno e con così poco preavviso.
La torcia minacciava di spegnersi, sbuffando di tanto in tanto.
Il fruscio del vento crebbe fino a diventare un vero e proprio ululato. I fiocchi aumentarono sempre più, ingrandendosi e offuscandole la vista e il paesaggio. Formavano piccoli turbini nell'aria, facendo strillare acuto Carros, terrorizzato e completamente in preda al panico.
Come lei.
Riusciva a malapena ad avanzare, gli occhi lucidi dal freddo, da un freddo così pungente che le parve quasi che la pelle delle sue mani stesse diventando blu.
Le penetrava nelle ossa, indolenzendole i muscoli e facendola inciampare e cadere continuamente. Ingoiava la neve, mentre i vestiti, fradici per le cadute e il sudore, le si attaccavano alla pelle.
Non riusciva più a capire dove si trovasse, quale fosse realmente il davanti o il dietro, il cielo ormai bianco e la terra identica.
Faceva fatica a respirare, sentiva la gola ostruirsi per la neve e il freddo, costringendola a tossire. Si scoprì a vomitare ogni tanto parte della zuppa, ai cui conati si aggiungeva il suo respiro affannoso che le rimbombava nelle orecchie, accrescendo la paura.
Sarebbe morta lì, in quella tempesta, se lo sentiva. Sarebbe morta fra la neve, senza pagare i debiti, senza rivedere Kay, Gerda, sua madre o scoprire chi era sua padre.
Il cuore le scoppiava dal terrore, Carros penzolava dal suo braccio, quasi morto dal freddo.
Arrancò ancora un poco, la neve che ormai le arrivava al ginocchio. Il sentiero era scomparso da tempo e i fiocchi continuavano a cadere, ancora – se era possibile – più fitti. Le sue mani erano completamente intirizzite dal gelo e vide, con poca sorpresa ma con crescente orrore, la torcia esalare il suo ultimo bagliore prima di spegnersi e caderle dalle mani con un tonfo che si perse nel frastuono del vento.
Etol piangeva disperata, ingoiando i singhiozzi per non inghiottire fiocchi di neve. Era impossibile riuscire a fermarsi senza un riparo in quella tempesta, impossibile provare a costruire qualcosa di "stabile" con i fiammiferi.
Andò avanti alla cieca, le gambe sempre più pesanti e il freddo – oh, il freddo! – sempre più pressante. Non aveva mai provato un gelo così… forte, inesorabile.
Sarebbe morta, sarebbe morta lì!
Disperata, afferrò uno dei suoi fiammiferi dalla borsa e lo accese.
La sua fiammata, accecante e calda come un piccolo sole, sembrò quasi creare una bolla nella tempesta, attutendo il vento e il freddo.
Tra il bianco della neve, le sembrò di scorgere qualcosa proiettato dalla fiamma: un contorno scuro appena accennato che presto delineò una grande stufa di ghisa, completa di pomi e di sportelletto d'ottone.
Intontita, Etol provò, scivolando appena, a protendersi per riscaldarsi, ma la fiamma, che fino ad allora aveva bruciato senza nessuna interferenza con il tempo, si spense all'improvviso.
La stufa sparì e Etol si ritrovò di nuovo nel fragore della tormenta, con un pezzettino di legno magico bruciato stretto tra le mani.
Non capiva che cosa stesse succedendo, ma non le importava. 
Inciampando, ne accese un secondo.
Bruciando, il fiammifero sembrò creare, dai turbini del vento, un'intera tavola apparecchiata. Sulla tovaglia candida si trovava un'enorme oca arrosto, farcita di prugne e mele, con un profumo intenso e simile a quello che ogni tanto si sentiva passando davanti alla casa di Gudfinn. Aveva sentito dire che il suo sapore era talmente buono da sembrare cibo divino.
Etol fece un passo avanti, ma venne preceduta dall'oca, che saltò fuori dal suo piatto di porcellana e ruzzolò giù dal tavolo sul pavimento. Caracollò verso di lei, fermandosi a pochi passi, come se stesse aspettando solamente di essere mangiata.
Forse quella visione avrebbe fatto venire un infarto al povero Carros – e di certo anche a Madame Shenna – ma la testa di Etol, nonostante la paura, sembrava decisa a non dare peso a nessuna stranezza, se includeva la sua salvezza. Si diresse decisa verso l'oca, ma in quel momento il fiammifero si spense.
Davanti ai suoi occhi non c'era nient'altro che, di nuovo, la neve.
Ne accese subito un altro, le dita che tremolavano quasi più dei suoi denti.
Come per incanto si ritrovò seduta ai piedi di un enorme abete: appesi ai suoi rami, al posto delle pigne o di qualche nido, lo decoravano centinaia di libri che sembravano fissarla come in attesa che lei li afferrasse. La aspettavano per portarla tra le loro pagine sicure, con avventure che terminavano sempre e solo con il Bene vincente. Etol tese di nuovo le mani, ma il fiammifero si spense; tutti i libri salirono in alto sventolando le loro pagine biancastre, confondendosi con le stelle.
Fece appena in tempo a vederle, che la neve si appropriò con forza del cielo.
Tremando tanto da rischiare di cadere, sfregò contro la sua scatola un altro fiammifero, che rischiarò tutt'intorno addirittura più degli altri. E in quella luce quasi abbagliante si abbozzarono alcune strane costruzioni, che con fatica Etol riuscì a identificare come torri. Abbassando lo sguardo, si rese conto che confluivano in un unico, enorme, castello.
Non aveva mai visto nulla di così imponente, nemmeno nei suoi "viaggi".
Cercò di osservare ogni cosa il più velocemente possibile, temendo che il fiammifero si spegnesse.
Fu così che notò la piccola figura vestita d'azzurro che la salutava dal portone del castello.
Etol la riconobbe anche da quella distanza. Le sembrava quasi di riuscire a scorgere i suoi lunghi capelli castani e il suo sorriso gioioso.
Era sua madre.
Belle.
«Madre!» gridò, tanto forte da farsi male alla gola. Era lì, era lì, era lì. Ma sarebbe potuta scomparire presto. «Aiutami! Lo so che appena il fiammifero si spegne, tu sparisci!»
Doveva restare con lei, non poteva lasciarla di nuovo, non poteva!
Afferrò in fretta dalla borsa un'intera scatola di fiammiferi e le diede fuoco.
Sua madre manteneva la sua aria dolce e radiosa e le faceva segno di avvicinarsi.
Etol, come animata da una nuova forza, corse da lei, sbandando.
Non lasciarmi, non lasciarmi!
La risata cristallina di sua madre le risuonava nelle orecchie.
Fu sostituita da un suo urlo di dolore quando, appena arrivata davanti a lei, sua madre sparì in uno sbuffo di fumo.
Etol si gettò a terra, mentre la bufera ritornava.
L'aveva avuta davanti, davanti ai suoi occhi, e si muoveva, sorrideva e la chiamava accanto a lei. Ma ora era sparita, se n’era andata ancora e il dolore del freddo la stava squarciando viva, la lacerava. La riempiva di illusioni.
Lacrime bollenti le rigavano le guance, offuscandole ancora di più la vista mentre faticava a respirare per via di nuovi singulti.
Sarebbe morta lì, quel dolore non… non era sopportabile.
Si accasciò meglio a terra, aspettando che la neve la ricoprisse e per poco non seppellì il volto nella neve… quando la sua mano urtò qualcosa, venendo attraversata da una fitta di dolore.
Etol voltò la testa così velocemente da farsi male al collo. Dietro di lei, confuso dal buio della notte, si stagliava ancora l'alto castello.
Si trascinò davanti al portone e, con le sue ultime forze e il cuore in gola, bussò.
Per poco non cadde per la paura quando le porte, che davano su un piccolo cortile interno, si spalancarono da sole. Fece due passetti in avanti, esitando, ma il vento e la neve della tempesta sembravano spingerla all'interno. Con il fiato mozzo, arrivò a metà cortile, dove l’attendeva un altro portone.
Prima che potesse bussare, si aprì, invitandola a proseguire.
Mordicchiandosi le labbra fino a sanguinare e barcollando per la stanchezza e l’incredulità, entrò, trovandosi davanti ad un grande salone, che non avrebbe potuto immaginare nemmeno nei suoi viaggi.
  Saltava subito all’occhio un lungo tavolo, che precedeva una credenza sontuosa e ricca di oggetti di ogni genere. In fondo a destra si trovava uno splendido arcolaio, con una ruota grande come il pentolone che aveva avuto una volta Shenna a Flower's Borough. Le enormi finestre, alte fino al soffitto, erano coperte da alcune tende, da cui però filtrava lo stesso il candore della neve.
La stanza era in completa penombra, illuminata soltanto da un elaborato candelabro sopra la tavola.
«C-c'è n-nessuno?» chiese Etol a voce alta. Era ancora molto intontita dalla stanchezza e dalla meraviglia, con la vista quasi del tutto offuscata ma con il cuore che quasi le scoppiava dalla paura.
Si era salvata, non sarebbe morta lì fuori. Era salva.
Ma per quanto tempo? E se il proprietario del castello fosse stato simile al Barone?
O anche peggio? Se magari fosse stato un Orco (ne aveva sentito parlare, delle antiche guerre contro di loro), che l'avrebbe divorata?
Iniziò a respirare affannosamente, lacrime di paura che minacciavano di solcarle il viso, e si stava dirigendo verso la porta per ritornare indietro, quando udì un fruscio di abiti.
«Chi è là?» strillò, rischiando di inciampare.
Le sembrò quasi di udire una risata acuta e stridente nella penombra alla sua destra. Etol corse sbandando vicino al candelabro, per essere come protetta dalla sua luce.
Per un attimo i fruscii sembrarono essere scomparsi, sostituiti dal suo respiro affannoso.
Qualsiasi cosa fosse, pareva essersene andato. Etol trasse un respiro profondo. Probabilmente era stato un topo o un qualche genere di animale, nulla di cui preoccuparsi: ora poteva uscire e stare nel cortile, sperando che la tempesta si fosse placata, e…
«Per quale motivo una ragazzina si aggira di notte, da sola, nelle mie proprietà?»
Etol sobbalzò, soffocando un grido.
Fece vagare velocemente lo sguardo per la stanza, girando in una buffa piroetta. Tremava da capo a piedi, e non solo per il freddo.
La sala sembrava vuota, ma era sicura che la fosse provenuta da dietro di lei.
«V-vi p-prego, signore! V-vi p-prego, non f-fatemi d-del m-male!» supplicò, quasi aggrappandosi al candelabro.
La voce ridacchiò di nuovo, dandole i brividi. «Il tutto dipende dal motivo della tua visita, cara. Chi sei e che cosa ci fai qui?»
«M-mi c-chiamo E-Etol» balbettò lei, guardando verso sinistra, dove le pareva si trovasse la voce. «I-io v-vendo f-fiammiferi, m-ma m-mi s-sono i-imbattuta i-in u-na b-bufera!»
«Si direbbe un evento insolito in questa stagione… Quanti anni hai, cara?»
«T-tredici…» barbugliò, senza capire molto la necessità di sapere la sua età.
«E che cosa potresti offrirmi in cambio di una mia eventuale ospitalità?»
«I-in c-cambio?»
«Ovviamente non pretenderai di avere il mio aiuto senza nulla in cambio. Tutto ha un prezzo»
Etol si mordicchiò le labbra. Come aveva potuto anche solo pensare di poter chiedere e ottenere ospitalità così facilmente? Il sollievo di non aver trovato un Orco, ma solo una voce molto inquietante, probabilmente le stava annebbiando il cervello.
«I-io ho s-solo i m-miei f-fiammiferi…» si interruppe per mostrarli alla voce, accorgendosi con orrore di aver perso la borsa. Resistendo all’impulso di piangere disperata, con un groppo alla gola, continuò. «H-ho u-un c-corvo fa-tato, C-Carros». Diede una veloce occhiata al suo braccio e si lasciò scappare un singulto di pianto.
Anche Carros era sparito, morto nella tempesta.
«Sembra che tu abbia perso tutto nella tempesta, cara»
«P-potrei l-lavorare per voi!» tentò disperatamente Etol. «S-so l-leggere, o pos-so farvi da d-domestica!»
La voce si fece d'un tratto dura come una roccia. «Non accetto più governanti»
Etol si accasciò a terra, le mani giunte in direzione della voce. Stava facendo a pezzi la sua dignità, ma non le importava: non poteva tornare lì nella tempesta! Anche se quel castello era cupo e inquietante come il suo proprietario, lei non sarebbe sopravvissuta lì fuori!
Non voleva morire!
«V-vi p-prego, S-Signore, v-vi p-prego» singhiozzò. «N-non voglio morire, v-vi supplico! Farò q-qualsiasi cosa che d-desiderate, m-ma vi prego! L-lì fuori… q-quella bufera è s-strana, t-terrificante, mi u-ucciderebbe!»
La voce si addolcì, sembrando quasi comprensiva. «Fortunatamente per te, non credo di aver superato certe soglie della crudeltà umana»
Etol alzò lo sguardo strabiliata, trovandosi a fissare il vuoto della sala.
  «Sono certo che domani troveremo un adeguato accordo» terminò, comparendo finalmente davanti a lei.
Era un uomo. O comunque ne aveva l'aspetto.
Capelli crespi color stoppa, quasi sparati per aria, gli incorniciavano il viso dalla pelle strana, come… macchiata. Gli occhi erano enormi e scuri e illuminati dalla luce fioca del candelabro sembravano quasi folli, un po’ come il suo sorriso, dai denti sporchi e appuntiti.
Emanava un’aria di potere simile a quella della Regina, ma allo stesso tempo diversa, più… consapevole.
Sicuramente possedeva un animo molto diverso da Sua Maestà, dato che l'aveva accolta. Le aveva salvato la vita.
Ed Etol, nonostante stesse ancora tremando per la paura, si ritrovò ad alzarsi barcollando e a ringraziare con voce rotta quella specie di castellano, che sembrò come colto alla sprovvista.
Si riprese velocemente con un lieve ghigno. «Vedremo se domani sarai ancora di questo parere, cara» disse prima di condurla in un dedalo di corridoi fino ad arrivare di fronte ad una camera dove avrebbe potuto riposarsi.
«Spero che la stanza sia di tuo gradimento, cara. Non ho nessuna intenzione di condurti ad un’altra»dichiarò iniziando ad andarsene mentre lei apriva incerta la porta della camera.
«A-aspettate!» lo richiamò lei, sporgendosi dalla porta.
  Il Castellano si voltò.
«P-perdonate se v-vi disturbo d-di nuovo, ma n-non m-mi avete d-detto il v-vostro nome»
L'uomo aggrottò le sopracciglia. Poi aprì le braccia in uno strano gesto teatrale. «Credevo che la mia fama fosse molto più grande: Tremotino, al tuo servizio, cara» disse con una sorta di inchino esagerato.
Etol abbozzò anche lei una riverenza, anche se timida, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso.
«G-grazie della vostra c-carità» disse poi, guadagnandosi uno sguardo alquanto corrucciato. Forse Tremotino non era abituato ad essere ringraziato?
«Buonanotte, cara…» mormorò il Castellano, avviandosi per tornare indietro.
«I-io non s-saprò mai c-come ringraziarvi a-abbastanza» aggiunse infine un po’ imbarazzata, per poi chiudere la porta.
Non si accorse perciò che Tremotino si era voltato nuovamente a fissarla, colto dall'improvvisa idea di come Etol avrebbe dovuto rendere onore al loro accordo.



N.d.A
Ebbene, eccomi qui pronta per essere linciata dopo aver pubblicato l'ennesimo capitolo della nostra storia. Spero sul serio che vi piaccia, perché se la storia non funziona o se Etol è una grande Mary Sue o se *elenca molti altri vari e validi motivi*, cancellerò subito l'obbrobrio.
  Che altro dire..il candelabro utilizzato da Etol è un richiamo a Lumiére del cartone Disney, in quanto come nel cartone lui "protegge" Belle, qui nella fanfiction protegge la figlia Etol. Si, lo so, non ha molto senso. Però mi sembrava una cosa carina e faceva pure luce *viene presa a pomodorate*
Ringrazio come sempre la mia dear beta, BlackLestrange4ever, che mi sta molto supportando nella stesura sella storia :)
Spero che il nostro Oscuro Signore non sia stato OOC, nel caso, mandatelo pure a uccidermi.
Baci
Nox  
  
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