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Autore: Sad Angel    21/08/2008    3 recensioni
Ho pensato a quale potesse essere l'incubo più grande di Tom e, realizzandolo, di descrivere ciò che, secondo me, avrebbe potuto provare. Ovviamente non si tratta di nulla di violento. Solo molto triste.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ein Alptraum: mien Leben ohne dich

Halloooo! Das ist das letzte Kapitel!!! Buona lettura e grazie mille per avermi seguito anche in questa storia…Spero che anche voi, alla fine, penserete che, nonostante tutto sia valsa la pena!!! A presto, spero!

Per Sbadata93: Hallo, Regan! Siamo di nuovo all’ultimo capitolo di una ficcy! Me triste! Anche Bill e Tom mi guardano un po’ dispiaciuti… (Tom: Che ne dici di una ff sulle mirabolanti avventure dell’uomo più pratico del mondo? Bill: Stai parlando di me, vero? Tom:…Sii serio, fratello…chi è che sa cucinare, lavare i panni, ti medica quando ti fai male, praticamente ogni giorno?!? Bill: SI!!!! Scrivi di Gustav!!!! Me: Basta voi due!!! Non ho ancora finito questa ufficialmente e già ricominciate?!? E poi voglio idee costruttive, non semplici suggerimenti!!! Bill e Tom tacciono un secondo. Bill: Pensa pensa…) Uff! Ok, torniamo a noi! Voglio ringraziarti ancora! Grazie per il tuo sostegno irriducibile! Spero di non deluderti! Ci sentiamo, ok? Kuss! Dein Billou^^! Ps. Ovviamente salutami chi sai tu!

Per Hermyone: Hallo!!! Sono davvero felice che questa mia ff ti sia piaciuta, almeno fin’ora! Spero di non deludere le tue aspettative nemmeno con quest’ultimo capitolo! Per quanto riguarda le idee di Tom…Non so che dire…Cioè, alla fine io scrivo solo ciò che percepisco…Resta sempre e solo la mia opinione! Comunque grazie del bellissimo complimento! Mi ha fatto davvero piacere^^! Per concludere…Grazie perché mi Lovvi!!! Ahahah! Mi hai fatto venire in mente la mia Natalie che me lo dice sempre^^! A presto allora^^! E grazie a te!

 

Ein Alptraum: mien Leben ohne dich

vier

 

Toc toc.

Un leggero bussare alla porta.

Seduto sul letto di Bill, le gambe incrociate, alzai il capo, senza rispondere. Mia madre attese un secondo poi, non ottenendo risposta, aprì la porta lentamente. Un piccolo spiraglio di luce entrò nella stanza immersa nel buio. Mia mamma mi gettò un’occhiata preoccupata. Io, immobile, il viso rigido, ricambiai il suo sguardo.

“Ha chiamato Andreas…” iniziò, poi si interruppe, in attesa di una mia reazione.

Continuando a fissarla, rimasi immobile, in perfetto silenzio.

Tom…” ricominciò poco dopo “…hai sentito quello che ho detto?!?

Deglutii, nessuna voglia di rispondere, consapevole che, dell’umore in cui ero, non sarei stato gentile. Con nessuno.

Tom!” continuò lei “Vuoi deciderti a dire qualcosa?”

Continuai a fissarla in silenzio, il volto che si irrigidiva sempre di più.

Volevo che se ne andasse. Volevo che mi lasciasse riflettere, attaccarmi al sorriso di mio fratello, presente nei miei ricordi. Sapevo che non mi sarei arreso, davanti a nulla. Non potevo accettare di perdere una parte di me, qual’era il mio gemello.

Tom…” disse ancora.

Chusi gli occhi, espirando, desiderando che se ne andasse, che non mi obbligasse ad essere ciò che, senza Bill, a poco a poco, stavo diventando. Insensibile. Indifferente.

Si mosse. Riaprii gli occhi, guardandola mentre si avvicinava. Si sedette sul mio letto, proprio di fronte a me.

“Parliamo un po’, ok?” iniziò, cercando di sorridermi.

Osservandola, con uno sguardo che non riuscivo a levarmi dal volto, continuai a tacere.

“Perché ti comporti così, Tomi?” interloquì “Che cos’hai? E’ successo qualcosa?”

Continuai a tacere, mentre lei continuava a parlare.

E forse per via del divorzio?” domandò poi, la voce rotta dal pianto. Nonostante la poca luce, notai che i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime.

Abbassai lo sguardo, fissando il pavimento. Anche se ci avessi provato, non sarei riuscito ad essere gentile. Anche se mi dispiaceva per lei e non volevo farla soffrire, il vuoto dentro di me era troppo enorme, per permettermi di mostrarmi gentile, compassionevole. Se avessi parlato, se avessi tentato di consolarla, rassicurarla, sapevo che sarei stato io a crollare. Sarei crollato, senza alcuna possibilità di riprendermi. Non c’era Bill. Non c’era mio fratello, colui che capiva, senza bisogno che dessi un nome ai miei sentimenti. Non c’era Bill, la persona per cui mi ero sempre sforzato di essere forte, che dovevo proteggere. L’unica persona che non mi faceva sentire un debole, quando tentennavo. Io ero quello che ero, perché lui era ciò che era. Senza di lui, non ero io. Ero solo un ragazzo che, nonostante la gran voglia di piangere, non poteva permettersi di farlo. Nessuno sarebbe stato in grado di consolarmi ed io, distrutto emotivamente, forse mi sarei rassegnato, mi sarei arreso. Avrei smesso di cercarlo, cedendo alle tenebre di questa vita. E non potevo permettermelo.

Mi alzai, all’improvviso. Lei mi fissò esterrefatta, senza capire. Uscii dalla stanza, avvicinandomi alla porta d’ingresso. Mia madre mi corse dietro.

Tom! Dove vai?” domandò.

Non ebbi bisogno di voltarmi a guardarla, per sapere che stava piangendo. Lo capii da come tremava la sua voce. Deglutii, una stretta al cuore, incapace di parlare.

Tom!” chiamò ancora lei, senza muoversi. Mi voltai ad osservarla. Accanto al vano della porta di camera mia, mi guardava, preoccupata. La scrutai negli occhi.

“Vado a prendere un po’ d’aria. Torno presto”

Anche se tentai di non utilizzare un tono di voce troppo duro, mi resi subito conto che, come avevo immaginato poc’anzi, al momento per me era davvero impossibile essere gentile.

Mia madre continuò a fissarmi, senza parlare. Paura. Ciò che percepii provenire da lei. Improvvisamente, seppi che non avrebbe fatto nulla per fermarmi, troppo spaventata all’idea che potessi non tornare. Ringraziandola mentalmente, incapace al momento di esprimere alcun tipo di sentimento, mi voltai, aprendo la porta di casa, richiudendola piano.

Danke, Mami…, pensai ancora, mentre mi allontanavo.

Se avesse tentato di fermarmi, sarebbe accaduto davvero ciò che temeva. Non sarei più tornato. Lasciandomi andare invece non aveva accelerato la mia caduta. Almeno per il momento, ero salvo…, pensai, allontanandomi sotto la pioggia battente.

 

Quando rientrai in casa quella sera, era praticamente notte. Di mia mamma, nemmeno l’ombra. Espirai, più tranquillo. A quanto pareva lo stesso istinto di poco prima, le aveva suggerito che era meglio non fare nulla, se non voleva aggravare le cose. Per l’ennesima volta, le fui grato, pur consapevole che ora era perfettamente conscia di non poter aiutarmi. Con un peso in più, mi misi il pigiama poi, dopo aver disfatto di nuovo il mio letto, strappando via la coperta, mi sdraiai su quello di Bill. Raggomitolandomi, sospirai, cercando di dimenticare quanto la solitudine fosse in grado di corrodere l’animo umano.

 

 

 “AAAAAAAAAAAH!”

Un urlo, in piena notte. Svegliandomi di soprassalto, sgranai gli occhi, cercando di abituarmi al buio della stanza. Un secondo più tardi, qualcuno mi fu addosso, gettandosi sul mio letto.

Tomiiiiii…”

Deglutii, poi, senza più riuscire a controllarmi, iniziai a piangere, in silenzio. La mia schiena, invasa dai brividi per l’emozione forte ed improvvisa.

“Tomi…” ricominciò la voce assonnata di mio fratello “Perché piangi, Tom?” domandò subito dopo, osservandomi in volto, nonostante il buio.

“Niente, Bill, niente…” risposi subito io, felice, anche se ancora un po’ incredulo.

Allungai la mano, accendendo la luce.

Neeein!” mugugnò subito mio fratello, accecato.

Bill, seduto sul mio letto, si portò le mani sul viso, poi, a poco a poco, le scostò. Lo guardai, i capelli scompigliati. Era proprio come me lo ricordavo…, pensai, realizzando un secondo dopo che, anche se mi erano parsi giorni, in realtà non era trascorsa nemmeno una notte. Gli sorrisi, asciugandomi le ultime lacrime.

“Hai avuto un incubo?” domandò lui, guardandomi ancora un po’ preoccupato.

“Lo chiedi perché tu ne hai avuto uno?”

Bill annuì, poi incrociando le gambe, sistemandosi meglio sul mio letto, allargò le braccia, iniziando a raccontare “Tu non immagini nemmeno la paura che mi sono preso!” iniziò, mentre io lo  fissavo, consapevole che anche lui non poteva immaginare la paura che avevo avuto io, durante il mio interminabile incubo. “Dei ragni giganti, Tom!” esclamò, tremando ancora al solo pensiero, continuando a spiegare “Ragni giganti ovunque…Si avvicinavano…Volevano mangiarmi!” concluse, gli occhi pieni di terrore.

“Non accadrà” lo rassicurai subito io, sentendomi di nuovo me stesso.

“Come fai ad esserne così sicuro?” continuò lui, non del tutto convinto.

“Beh, se ci tieni così tanto ad essere mangiato…” risposi io, scherzando.

Nein!” ribadì lui, un secondo dopo, allibito.

Alla sua espressione, risi. Il petto ora era leggero, nessuna inquietudine che potesse opprimermi il respiro. Bill mi sorrise, prima di tornare a chiedere “Stai meglio, ora?”

“Si…e tu?”

Mio fratello tremò ancora, per un secondo, probabilmente ripensando ai ragni “Non sono ancora del tutto convinto del fatto che non mi mangeranno…” concluse, prima di saltare giù dal mio letto.

Lo osservai avvicinarsi al suo. Lo spinse più vicino al mio, poi si risdraiò.

“Spengo?” domandai.

“Uhm…” mugugnò lui, non molto convinto.

Mi voltai a guardarlo, sorridendogli “Tranquillo, Bill, non esistono ragni giganti in Germania…” lo rassicurai ancora, allungando la mano verso l’interruttore.

“Buono a sapersi…” disse lui, sorridendomi.

Click.

La stanza ricadde di nuovo nel buio. “Però ci sono molti ragni di dimensioni ridotte…” lo stuzzicai.

Mio fratello, nel suo letto, sbuffò “Sei sempre il solito insensibile, Tom!” mi ribeccò subito.

Fissai il soffitto, sorridendo, perfettamente consapevole che Bill non lo pensava realmente.

Ripensai al sogno, a come la mancanza di mio fratello mi stesse davvero facendo diventare insensibile. Quel mio essere insensibile, era l’unico modo di sopravivere senza di lui…, mi dissi, tristemente, consapevole che, quando una persona diveniva indifferente a tutto, smetteva anche di vivere. Sospirai. Grazie a Dio, era solo un incubo…, mi dissi, ripromettendomi di dimenticarlo il prima possibile.

Bill..” chiamai poco dopo.

Ja?” rispose subito lui.

“Stai ancora pensando ai ragni?” domandai.

Mio fratello scattò nel letto, come se qualcosa lo avesse toccato “Uffi, Tom! Piantala di farmi pensare ai ragni! Se no non riuscirò più a dormire!” si lamentò.

Ricadde il silenzio.

Bill…Mi dici qual è la cosa che ti fa più paura?”

Mio fratello si voltò verso di me, per osservare la mia reazione alle sue parole “La mia paura più grande è deluderti e rischiare di perderti…” confessò candidamente.

Deglutii, ripensando ancora al sogno.

E la tua?” domandò lui, un secondo dopo.

“La più grande?” iniziai con voce scherzosa “Che l’evoluzione della specie porti le maggiorate all’estinzione!” risposi convinto.

Bill rise, fissandomi in volto “Sei sempre il solito, Tom!”

Sorrisi “Anche tu, Bill…”

“E’ questo il bello, no?!?” concluse mio fratello, raggomitolandosi meglio sotto alla coperta.

Annuii “Gute nacht, kleiner bruder…”

Bill sbadigliò, poi rispose, la voce assonnata “Nacht, grosser bruder!”

Tornò il silenzio. Incapace di riaddormentarmi subito, ancora un po’ sconvolto dal sogno, osservai il soffitto. Bill, nel letto accanto, dormiva sereno. Mi voltai verso di lui. Aveva avvicinato il letto, come faceva sempre dopo aver avuto un incubo, come se volesse essere sicuro che io gli fossi vicino. Sorrisi, pensando che, anche se io non lo mostravo così palesemente, anche per me la sua presenza era davvero importante.

Non per niente, io e lui eravamo fratelli…, mi dissi, sorridendo, scivolando lentamente in un sonno senza incubi.

 

 

Das Ende.

  
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