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Autore: smolderhalderlover_98    26/06/2014    3 recensioni
Questa Fan Fiction nasce dal desiderio di vedere finalmente Oliver e Felicity insieme. La mia storia prende molto spunto da ciò che realmente accade nel film, perchè voglio che tutto sia il più realistico possibile; per esempio, pur essendo una fan fiction Olicity, ci saranno anche episodi tra Oliver e Laurel.
Il racconto inizia in medias res, dal momento in cui Oliver mostra a Felicity la sua vera identità.
Nota* Nella mia storia, sino a quel momento Oliver non è mai stato e non ha mai baciato Laurel.
Mi farebbe piacere ricevere consigli, recensioni e critiche, in modo da poter migliorare la storia.
Mi scuso per eventuali errori di ortografia.
E' la mia prima fan ficiton, perciò,
buona lettura, spero vi piaccia.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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18. TOCCA E FUGGI
Felicity
Mi risveglio di soprassalto, sbattendo su un muro alla mia destra. Sento qualcosa che non va nel mio stomaco, e sento la mia testa ondeggiare pericolosamente. Come mi sono addormentata? Come sono arrivata qui? C’è una sola risposta logica: mi hanno addormentata in qualche modo, forse drogata. Interrogo il mio corpo. Sento un dolore acuto nella parte sinistra della nuca. Forse mi hanno colpito talmente forte da farmi svenire. Una punta di panico mi stringe l’addome. Quanto tempo è passato? Per capirlo, ho bisogno di capire dove sono. Ma è buio. So a malapena di essere sdraiata su un materasso troppo piccolo per me, appoggiato al muro dove ho sbattuto appena svegliata. Il dolore nuovo e pulsante si aggiunge a quello già bruciante alla nuca. Strizzo più volte gli occhi per cercare di adeguarmi e abituarmi al buio. Per cercare di vedere qualcosa. C’è qualcos’altro che attira la mia attenzione. Sento di dondolare, ecco spiegato cosa non va nel mio stomaco. Un suono curioso attira la mia attenzione. Sembra uno di quegli irritanti pendoli che segnalano la tua entrata in negozio, solo con un ritmo regolare e cadenzato. Inizio a intravedere un sottile filo di luce che mi indica la presenza di una stretta finestra. Senza nemmeno pensarci, mi alzo per andare ad aprirla, inciampando per terra: il mio corpo non risponde come dovrebbe: segno che sono stata addormentata per molte ore, oppure che sono stata effettivamente drogata. Reggendomi al muro, apro la finestra cercando di fare meno rumore possibile e un fascio di luce entra nella piccola stanza, ferendomi le pupille. Senza riflettere penso che ci sia qualcosa che non va nei miei occhi ancora estranei alla luce: il terreno emette strane scintille e continua a muoversi. Strizzo un’altra volta le palpebre e il panorama di fronte a me diventa improvvisamente chiaro. Una vasta distesa d’acqua spiega il dondolio continuo e quello che a quanto pare è mal di mare, che mi mette in subbuglio lo stomaco e mi stringe la gola.
Un senso di inquietudine mi mozza il respiro. Sono in mare aperto? E se lo sono, come faccio ad andarmene? Come fa Oliver ad arrivare?
Poi vedo delle alte ombre sull’acqua. Ombre di palazzi. Sono in un porto, quindi? Il rumore che sentivo prima si fa più forte, man mano che i miei sensi si abituano, e me lo conferma. Sento il mio respiro accelerarsi e mi impongo di calmarmi.
Fortunatamente ho ancora i miei vestiti addosso, una cosa che, pensandoci, non avevo sperato. Le mie dita sfiorano il francobollo attaccato all’interno della tasca e mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo.
Alla luce fioca del sole, vedo la maniglia di una porta. Senza pensare alle conseguenze mi ci fiondo. Non è bloccata: posso uscire tranquillamente. Ma appena apro la porta mi scontro con qualcuno.
Quella benda sul viso mi è decisamente troppo familiare.
“Andiamo da qualche parte?” fa la sua voce roca.


Oliver.
“Oliver, si sono fermati” dice Dig.
Questo basta a distrarmi e a farmi arrivare il bastone di metallo di Sara dritto sullo zigomo.
Con un cenno dico a Sara di far silenzio e di non preoccuparsi.
Anche Barry si allontana dal telefono di Felicity senza pensarci.
“Si sono fermati anche sei ore fa, ma poi hanno ripreso a muoversi dopo un quarto d’ora”. La voce di Barry è sempre più tesa con il passare delle ore. E ne sono passate trentacinque esatte, da quando abbiamo visto Felicity l’ultima volta, che si autoconsegnava a un pazzo che forse una volta si poteva spacciare per mio padre, con un siero micidiale in corpo e che ha sparato una persona esattamente dietro di lei, uccidendolo solo perché gli andava.
In queste trentacinque ore Barry si è fatto sempre più pallido e irritabile. Né io né lui abbiamo chiuso occhio, cosa che può essere normale per me ma non per lui. Chissà, forse prova veramente qualcosa di forte per lei. Per Felicity. Forse può essere la persona che fa per lei. Chiudo gli occhi e mi costringo a non pensarci.
“Sono fermi da un’ora” ci informa Dig, portandomi via dai miei pensieri.
“Dove sono?” interviene Sara.
“Sono al porto di Central City”
Barry aggrotta le sopracciglia. “Intendi dire che è su una barca?”
Dig annuisce.
“Se dovessero partire, per noi sarebbe molto più difficile tracciarli e raggiungerli” dico sconvolto.  “Non possiamo perderla in mare aperto” tuona di fronte a me Barry. I suoi occhi sgranati probabilmente rappresentano al meglio come mi sento io.
Mi premo le mani sulla fronte. “Dobbiamo agire adesso.”
“Abbiamo bisogno di un piano un po’ più complesso se Felicity si trova su una barca” si limita a commentare Sara.
Diggle scuote la testa. “No, dobbiamo agire subito.”
“Se quello è il posto di Slade dobbiamo distruggerlo. E dobbiamo esserci tutti” dico esasperato.
“Ci saremo tutti” annuisce Barry.
“Ma non abbiamo tempo!” ribatto. “Quella barca potrebbe partire in qualsiasi minuto”
“E’ piuttosto grande per sparire da un secondo all’altro” ci comunica Dig.
“Ma comunque tra dieci minuti potrebbe non esserci più!” osservo, con la voce sempre più alta.
“E’ una possibilità” annuisce Sara.
“E allora posso andare io! Arriverei in 10 minuti. Potrei prendere Felicity e tornare!” esclama Barry esausto.
Sara lo guarda un po’ storto. “C’è bisogno di tutti e quattro per distruggere la nave.”
“Ma se non ci dovesse essere tempo? Cosa facciamo, lasciamo Felicity nelle grinfie di Slade?” chiede il ragazzino, esasperato. Ha ragione.
Ma è un occasione che non possiamo perdere. Ci dev’essere un altro modo.
“Barry, potresti andare e aspettare noi, nascosto, nel porto. Se vedessi che succede qualcosa di troppo, entri e prendi Felicity. Sennò ci aspetti” dico alla fine.
Ricevo un bel po’ di occhiatacce. Ma quando chiedo di proporre qualcosa di più logico nessuno risponde.
“In ogni caso, non possiamo lasciar andare il ragazzino da solo” commenta Sara.
Probabilmente Barry si è offeso a sentirsi chiamare ragazzino. “Ho la vostra età” ribatte stizzito. “Comunque potrei prenderti in braccio. Sei la più leggera e sei anche piuttosto letale, mi hanno detto.”
Sara ci pensa un attimo. “Per me va bene” annuisce. Poi si rivolge a me e Dig. “Voi quanto ci mettete?”
Lancio a Dig uno sguardo divertito. Lui ha un’idea piuttosto completa del mio garage. “Non più di mezz’ora” risponde, al posto mio.
Non faccio in tempo a dire “Andate” che Barry afferra Sara per un braccio e tutti e due scompaiono in un’immensa scia rosso fuoco.
Inarco le sopracciglia. “Figo”, mi fa eco Dig.
“Prendi le bombe plug&play” ordino.
“Aspetta, Oliver!” mi chiama Dig. Sembra turbato. Poi fa un sorriso d’intesa. “Prendi la Aston Martin”
La risata appena accennata che mi provoca mi distrae dal nervoso, dalla paura, dal terrore per qualunque cosa possa accadere a Felicity. Mi da’ la concentrazione di cui ho bisogno.



Felicity
Slade chiude delicatamente la porta dietro di sé, come se non volesse essere sentito da nessuno. Sposta il suo sguardo perennemente a metà tra il divertito e il minaccioso, da me, alla finestra aperta.
“Vedo che ti sei già goduta il panorama” commenta.
Cerco di stare al gioco. “E io che mi sono immaginata un’immensa villa con quattro guardie a ogni angolo o punto buio” dico sarcastica.
“Bè, direi che potresti conoscermi meglio, con il tempo”
Adesso non riesco più a fare la sarcastica. Non fingo nemmeno più di sentirmi a mio agio. Mi giro verso la finestra e una scintilla rossa mi arriva alla vista. Dopo un piccolissimo attimo di esultanza svanisce. Probabilmente era solo un miraggio provocato dall’ansia.
“Mi avete drogata?” cambio discorso.
“Diciamo solo che non c’era bisogno che tu sapessi il percorso per arrivare sino a qui.”
Scuoto la testa. “Qui? Dov’è qui?” chiedo, cautamente. Non posso rischiare di fare domande troppo esplicitamente, o troppo sfacciata. Chissà come potrebbe reagire. Per un po’ prima di oggi ho pensato di avere a che fare con un uomo normale, ma invece mi rendo conto che non c’è niente di lontanamente sano in lui. Ulteriore motivo per non ucciderlo, per dargli la cura.
Mi sorride. Ed è strano, perché in genere le persone che sorridono sembrano più felici, più belle, più buone. E in lui è tutto al contrario.
“Non c’è bisogno che te ne preoccupi. Tra un’ ora non saremo più qui”
C’è qualcosa che mi fa rabbrividire nel modo in cui lo dice.
Sollevo un sopracciglio. “E dove saremo, tra un’ora?”
“Bè, in mare aperto presumo. Per… non so, dove vorresti andare. Saremo in continuo movimento. Non saremo mai fermi.”
“Perché?” tutte le mie parole ormai assomigliano a rantoli. Se questa barca, o nave, o qualunque cosa sia, dovesse partire, non potranno mai trovarmi. Dovrò stare tutta la vita con Slade, cercando di scappare, e alla fine mi rassegnerò, perché so di cosa è capace, mi minaccerà, con i mie cari, con Oliver…
“Perché ho intenzione di vedere Oliver Queen cercarti per tutta la sua vita, facendogli trovare ogni tanto foto di te che subisci torture, video con la tua voce che implora, qualunque cosa, ma mai spegnendogli la speranza che tu sia ancora viva, da qualche parte nel mondo” dice, dalla sua voce sembra che mi stia raccontando la lista della spesa. Cerco di non far notare che ho bisogno di asciugare le mani nei pantaloni. “E poi, quando saranno passati anni e anni di profonda, completa disperazione, ti troverà.”
Sollevo il suo sguardo, cercando una traccia di bontà del suo sguardo, di pietà dopo il modo in cui ha concluso la frase.
“…Troverà il tuo corpo. E io sarò lì a vedere il suo sguardo perdersi quando capirà che mentre lui sprecava la sua vita a cercare una persona che non avrebbe mai potuto avere, tu stavi subendo le peggiori tor....”
Vai via, VATTENE!” grido disperata. “VATTENE!”
Il suo sguardo non sembra turbato. Si guarda il telefono. “Bè, in ogni caso mi chiamavano in sala comando”.
Chiude la porta come se nulla fosse.



Oliver.
“Come diavolo fate a essere già qui?” ci chiede incredulo Barry. Mi limito a mostrargli il mio portachiavi. Barry spalanca la bocca, e Dig gli da’ una grossa pacca sulla spalla, che avrebbe potuto capovolgere una persona normale. “Non è il momento” diciamo quasi in coro io e Sara.
“Dig, è questa la barca?” chiedo incredulo.
“Bè, sì” risponde, alzando lo sguardo sull’enorme nave spoglia che oscura buona metà del piccolo porto di Central City.
“Felicity è ancora là dentro?” chiede Sara, andando verso un argomento più consono.
Barry si fruga le tasche per qualche secondo prima di trovare il telefono di Felicity, stranamente ancora intatto.
“Sì” annuisce. “Dovrebbe essere nel piano più basso, nella prima ala a destra.”
Dig consegna a Sara e Barry le bombe plug&play. A Barry na da almeno una decina, da spargere in un area più vasta che quella assegnata a me, per esempio. Mi sto stringendo la faretra quando Barry ci ferma. “Aspettate!”
Mi volto, e sta guardando lo schermo del telefono di Felicity, spaventato. Dannazione. “Felicity si sta muovendo”.  
“Le schermate termiche indicano che è da sola. Slade è dall’altra parte della nave, in sala comando. Ci sono pochi uomini” ci informa Diggle, con lo sguardo fisso sul tablet.
Sta tentando di scappare… “Speriamo che non faccia casini prima che la troviamo” dico sconsolato. “Muoviamoci”, ordino agli altri
Però sono il primo che si mette a correre.
 


Felicity
Non riesco più a reggermi in piedi, e cado nel letto. Sento i miei occhi che bruciano, e un nodo in gola non mi permette di respirare. Sto male al solo pensiero di non aver visto Oliver per 35 ore consecutive. Cosa dev’essere non vederlo mai più in tutta la vita? Al solo farmi questa domanda delle fitte feroci partono dal petto per irradiarsi in ogni angolo del mio corpo. Vorrei gridare ma riesco a malapena a far arrivare l’ossigeno ai polmoni. Disperata, mi porto le gambe al petto e mi avvolgo con le mie stesse braccia, cercando di calmarmi.
Non è ancora finita, mi dico. C’è ancora tempo. Ma se non dovesse arrivare nessuno? E se non dovessero fare in tempo? Non posso sempre dipendere dagli altri per la mia salvezza. Non posso permettere a cose stupide come il tempismo, di farmi passare una vita d’inferno. Devo cercare di salvarmi da sola. Cercando di fare più silenzio possibile, giro la maniglia improvvisata della porta. Il corridoio di fronte a me è vuoto, grigio e pieno di altre porte. Ho bisogno di entrare in una stanza, e osservare il panorama da un altro punto di vista. Non posso avvicinarmi alla sala comando, devo andare nell’altra direzione. Furtivamente, un passo silenzioso dopo l’altro vado dall’altra parte del corridoio. Sento il mio battito cardiaco a mille e ho paura che anche gli uomini qua vicino possano sentirlo, da quanto è forte. Sento le mie giunture scricchiolare a ogni passo nonostante mi stia sforzando di essere silenziosa. Cerco di ripetermi che è solo una mia impressione, che nessuno mi sentirà. Apro la porta. Tiro un sospiro di sollievo quando la trovo vuota, e quando vedo la finestra che dà sulla città. Molto probabilmente sono a Central City.
Ordino a me stessa di tornare nel corridoio e continuare in quella direzione, ma sono quasi impietrita. Muoviti, Felicity mi ordino. Ti scopriranno.
Il mio cuore si ferma per un secondo quando dalla porta socchiusa intravedo del movimento. Una guardia forse? Mi appiattisco al muro, cercando di nascondermi alla vista di chiunque stia passando. Cerco anche di non respirare, non si sa mai. Continuo comunque ad aver paura che qualcuno possa sentire il mio battito. Quando sono abbastanza sicura che nessuno sia più nei dintorni, mi azzardo a mettere un piede, poi l’altro, fuori dalla porta. Sono scoperta, ma sono abbastanza certa di essere al sicuro.
Quando all’improvviso sento un braccio stringermi forte al fianco e vengo sbalzata al muro, perdendo il fiato che avevo trattenuto.
A questo punto più niente mi impedisce di gridare e lasciar andar fuori tutto il mio terrore, tranne una mano che mi tappa la bocca.



Non penso di aver reso al meglio questo capitolo, ma comunque, eccolo qui!
Buona lettura, e fatemi sapere cosa ne pensate, ricordate che critiche e commenti mi aiutano a scrivere meglio.
Inoltre volevo dire un grosso Grazie a tutte le persone che seguono la mia storia. Un bacio, al prossimo capitolo:) :*





 
   
 
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