Note
della traduttrice:
Si è fatto un po’ attendere
causa altre traduzioni, ma alla fine eccoci al capitolo conclusivo
della
storia. Grazie per l’attesa paziente, per le splendide
recensioni e per aver seguito
questo racconto. Pur non avendo una trama avventurosa o complicata
l’ho sempre
apprezzato per come tratta i sentimenti di John, e devo dire che
l’autrice in
questo ultimo capitolo non delude ^_^ spero che possa coinvolgervi come
ha
fatto con me, ma nel frattempo buona lettura <3 se notate errori
o avete
suggerimenti sulla traduzione, non esitate a farmi sapere!
Grazie
di nuovo e alla prossima
traduzione!
Ellipse
CAPITOLO 4
Sherlock
ha lo stesso sapore che John
ricorda – di fumo, e di qualcosa di dolorosamente, vagamente
dolce. C’è una
punta acre in fondo, come del gusto amaro del catrame e del 70% di
cioccolata
fondente che Sherlock ama mangiucchiarsi nel bel mezzo della notte.
John
sente qualcosa pizzicargli dietro
alle palpebre.
Sherlock
gli toglie il blazer, i palmi
delle mani che salgono ad avvolgergli il viso, i pollici che
accarezzano una,
due volte la superficie delle guance di John. La schiena di John sbatte
contro
il muro – riesce a sentire i ghirigori in rilievo della loro
carta da parati
anche attraverso la camicia e il maglione mentre Sherlock si preme
contro di
lui, la bocca che si muove contro quella di John con una
familiarità
devastante.
John
si sente come se stesse annegando.
Solleva le mani e le affonda nei capelli di Sherlock, le dita che si
intrecciano nella morbidezza dei suoi riccioli. Quella sensazione
– la travolgente vertigine dell’avere di nuovo
Sherlock così vicino – lo fa
gemere, un suono profondo soffocato contro la bocca di Sherlock mentre
prende
quel ridicolo labbro inferiore fra i denti, succhiandolo al ritmo sordo
del
proprio battito. È tenero e morbido come ricorda, e John ci
fa scivolare sopra
la lingua, sfiorandolo, accarezzandolo e mordicchiandolo fino a che
Sherlock
non geme, lasciandosi andare con tutto il proprio
peso contro John come se le
ginocchia non lo reggessero più. John avverte
un’ondata di calore risalirgli
dall’addome quando Sherlock si preme contro di lui,
insinuando una coscia fra
quelle di John, mentre ansimano l’uno contro
l’altro, respiri spezzati e
intervallati da lingue, morsi, strofinii, quasi strappando la carta da
parati
mentre vi si spingono contro per la forza del loro bacio.
Gesù
Cristo Santissimo.
“Fermo.”
John
si scansa, usando la propria presa
sulla testa di Sherlock per tenerlo immobile. Ha la bocca inumidita;
non riesce a
prendere abbastanza aria. Sente Sherlock piegare la testa, strofinare
la fronte
contro la sua guancia. “Sherlock – fermo.”
Gli
occhi di Sherlock – pupille dilatate
circondate da quell’indimenticabile verde-azzurro, stupendo e
misterioso come
il lato nascosto della luna – fanno sobbalzare il cuore di
John.
“Le
persone…” John deglutisce per mandar
giù il nodo che ha in gola, il sapore di Sherlock sulla
propria lingua “Le
persone sono fragili, Sherlock. Devi stare attento con loro, con i loro
sentimenti.” Fa scivolare una mano lungo la nuca di Sherlock,
avvolgendo la curva
lunga e sinuosa del suo collo. “Non puoi fare questo ad
Irene.”
Sherlock
chiude gli occhi. “John-“
“No.
Lasciamelo dire – solo una volta,
Sherlock.” La seta della vestaglia di Sherlock si spiegazza
fra le sue dita
mentre John sospira, un lungo respiro vacillante che si dissolve in un
qualcosa
che assomiglia a una risata. “Io- in un qualche modo
l’ho sempre saputo, in
fondo, sai? Che un giorno avresti deciso che ne avevi abbastanza.
Voglio dire-”
John deglutisce di nuovo, scostandosi dal muro, la testa che segue la
curva del
profilo dell’altro fino a che non sta premendo ogni parola
contro la gola di
Sherlock, dove c’è il suo battito, rapidissimo.
“Sono assolutamente ordinario.
Perché qualcuno – qualcuno di brillante
come te dovrebbe stare con John Watson? È
– è semplicemente assurdo.”
Con
gentilezza, John preme un bacio a labbra
chiuse sulla fossetta della clavicola di Sherlock. “Io ti
amavo – così
tanto. Stavamo benissimo insieme. Io non-” si schiarisce la
voce, passando un
pollice sulla guancia di Sherlock. “Non ti incolpo.”
“John”
La voce di Sherlock è roca, come se
gli fosse stata strappata a forza dalla gola. “John,
sta’ zitto.”
“Dico
davve-”
“No.”
Le unghie di Sherlock affondano nei bicipiti di John. Si aggrappa a lui
come se
si stesse reggendo a una corda di salvataggio. “Ti sbagli
– ti… sbagli in
maniera imperdonabile. Come puoi anche solo pensare – io non sto con Irene. Non ci sono mai
stato.”
John
scuote la testa. “Non c’è bisogno che
tu-”
“Ascoltami,
John.” Sherlock scivola a
terra, fino a trovarsi in ginocchio. Afferra i fianchi di John,
seppellendo il
viso nella sua pancia. “Ti prego, ti
prego, John. Ti prego
ascoltami.”
I
respiri di Sherlock – caldi, umidi
sbuffi d’aria intermittenti – increspano la
superficie del maglione di John con
la loro forza.
“Irene…
la sua è una famiglia di
proprietari terrieri. Sono tipi tradizionalisti; conservatori. Lei non
otterrà
la sua parte di soldi fino al suo prossimo compleanno. Suo padre fino
ad allora
può ancora cambiare i termini di quel che le spetta, e lei
non può fare un solo passo falso.”
Sherlock
deglutisce; John riesce a sentire
la sua gola fare su e giù mentre le sue dita rafforzano la
presa, stringendosi
con foga al maglione di John. “Il padre di Irene…
lui non approverebbe mai se
sapesse che lei è lesbica. Irene ha dovuto essere molto
cauta, nelle sue
relazioni. Lei – lei mi invidiava, per il fatto che io
potessi…” La sua voce si
spezza “Che io potessi stare con te… e che la mia
famiglia – i miei genitori, e
anche Mycroft – non avessero nulla da ridire a riguardo. La
sua famiglia non
voleva capire che lei era diversa.”
John
si abbassa lentamente, facendo
scivolare il proprio corpo nello stretto cerchio delle braccia di
Sherlock,
fino a che non si trova di nuovo alla sua stessa altezza. John lo
accarezza
sotto le guance, non osando battere le ciglia mentre gli occhi
cerchiati di
rosso di Sherlock affondano nei suoi.
“Irene
diceva che suo padre era diventato
sospettoso. La sua ragazza – Kate – non erano state
abbastanza attente. C’erano
delle voci… gli amici dei suoi genitori hanno dei figli
lì a Cambridge – è
un’enorme discarica di pettegolezzi. Irene aveva bisogno di
qualcosa di
credibile per negarle. Lei sa – sa cosa mi piace. Sfide,
esperimenti. Mi ha
detto che avremmo potuto fingere di essere una coppia in pubblico; che
poteva
essere un nuovo esperimento, uno per verificare se le persone mi
avrebbero
creduto il suo ragazzo, per un mese. Abbastanza perché le
voci su lei e Kate non circolassero più.”
“Lei
ha detto-” John china la testa,
facendo scontrare le loro fronti, ansando le parole successive nella
bocca di
Sherlock. “Ha insinuato… di star venendo a letto
con te.”
Sherlock
fa un verso debole, spezzato.
“A
lei – piace fare dei giochetti. Ha un
crudele senso dell’umorismo. A parte te, le persone a cui
piaccio ce lo hanno
spesso. Mi stava stuzzicando. Io non riuscivo-” Sherlock
chiude gli occhi. “Non
riuscivo a smetterla di parlare di te.”
“Oh,
Dio, Sherlock.”
John
non può farne a meno – lo bacia agli
angoli delle palpebre, portando via coi baci le tracce umide che si
sono
raccolte sulle ciglia dell'altro in piccole gocce disperate che migrano
lentamente lungo la meravigliosa topografia del volto di Sherlock.
“Perché
non me l’hai detto?
Perché- perché non mi dici mai
queste cose…?”
Sherlock
seppellisce il volto contro la
guancia di John. “Ti prego, John.” Le loro gambe
sono intrecciate in maniera
inestricabile, e John smania per avvicinarsi di più, per
respirare ogni
particella di Sherlock. “Ti prego, perdonami… per
tutto il dolore che ti ho
causato.”
John
sussurra le proprie parole fra i
capelli di Sherlock. “Ti sei comportato… da grande
stronzo, lo sai.” Gli
punteggia la fronte di baci, dando piccoli colpetti alla punta del suo
naso.
“Ho
bisogno di te. Sono – perso senza di
te.” Sherlock afferra le spalle di John, le lunghe dita che
si rifiutano di
lasciarlo andare. “Ho persino cominciato a seguirti. Ti ho
seguito ovunque. Tu
non hai mai osservato. Non riuscivo – non riuscivo a capire
se tu fossi ancora
arrabbiato con me. Fino a quella notte al Tesco.”
John
ride, i respiri che si scontrano con
la linea aguzza della mascella di Sherlock, facendolo rabbrividire.
“Mi
sono chiesto cosa tu stessi facendo in
un Tesco a Camden, quando vivi a Baker Street.”
John
lascia dei lenti baci lungo il collo
di Sherlock, leccando la sporgenza gloriosa della sua clavicola,
scendendo lungo il
suo petto per far scorrere con forza e giocosità la lingua
contro i capezzoli
di Sherlock che si stanno indurendo. Sherlock geme, gettando la testa
all’indietro in un arco istintivo e voluttuoso, lasciando che
le proprie gambe
si aprano così che John possa sistemarsi più
comodamente fra le sue ginocchia
sollevate.
“Sei
la persona più… straordinaria che io
abbia ma conosciuto” ansima John, gli occhi fissi in quelli
di Sherlock, che
sono diventati di un azzurro puro e limpido “Ma se lo faremo,
se staremo insieme” John
pizzica i capezzoli di Sherlock con le dita, facendoli arrossare
rispetto al loro rosa scuro, lambendone prima uno con la lingua, poi
anche l’altro, fino a che
Sherlock non lancia un gemito – un lungo singulto senza
fiato, con le mani che
corrono senza tregua fra i corti capelli di John “Dovrai
promettermi una cosa.
Non puoi andartene in giro a baciare altre persone, Sherlock. Non ci
sto. Mi
fa-” John si trascina su per il corpo di Sherlock, facendo
scivolare la lingua
nella sua bocca “Assolutamente…
completamente… impazzire”
“John.”
John
non si stancherà mai di sentire
Sherlock pronunciare il suo nome.
“Promettimelo,
genio. Promettilo, e ti
perdonerò.”
John
tira Sherlock più a sé, fino a che i
loro petti non sono a un soffio l’uno dall’altro.
Sherlock strattona con
impazienza l’orlo del maglione di John, con le pupille
dilatate, la bocca
inturgidita dai baci. Ha un aspetto – devastante.
È irrevocabilmente,
inesorabilmente di John, illuminato
da dietro dal fuoco del camino, con la pelle chiara arrossata e
luccicante –
come il desiderio più bello e profondo del cuore di
John, steso lì
per lui, al riparo nelle stanze sicure di Baker Street.
La
bocca di Sherlock si solleva in un
angolo, arricciandosi in un piccolo sorriso terribilmente familiare
–
quello che solo a John è concesso vedere.
“Lo
prometto… se tu mi prometti di essere
di nuovo il mio John Watson.”
John
ride, una risata che gli risale dal
centro del petto e che si dissolve in risatine incontrollate, e
mordicchia il
suo punto preferito – l’oltraggioso arco del labbro
superiore di Sherlock –
fino a che Sherlock non sta ansimando.
“Sei
un idiota.”
Gli
occhi di Sherlock stanno brillando.
“Sono
sempre stato il tuo John Watson.”
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