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Autore: camvibe    26/06/2014    3 recensioni
Dimenticatevi tutto quello che succede nella seconda e nella terza stagione, nessun Capitan Uncino e nessun Robin Hood, solo Regina e la mia personale versione di quello che avrebbe potuto e dovuto essere il suo lento e molto umano percorso di redenzione dopo che la maledizione viene spezzata. Un percorso che inizia per recuperare l'amore di Henry e che poi si intreccia e non può più prescindere da Emma.
Queste due insieme profumano di inevitabilità ed è giusto e doverso quantomeno provare a rendere giustizia a due bellissimi personaggi. Soprattuto visto come li stanno lentamente rovinando e snaturalizzando in questo periodo coloro che li hanno creati ed ideati.
Se gli scrittori non ci riescono o non vogliono, beh allora proviamoci noi.
Enjoy.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le labbra di Regina si modellarono a formare una piccola “o”, che sarebbe stata persino comica addosso a lei, sempre così controllata e seria - se non fosse stato per l'intrinseca drammaticità del momento.

Emma seppe di aver finalmente catturato la sua attenzione. Non ci fu nemmeno bisogno che le chiedesse, perché la bionda subito si lanciò in una spiegazione che sarebbe arrivata anche molto prima, se non fosse stato per quello strano abbraccio e la solita testardaggine di Regina, oltre alla sua snervante ossessione per l’avere sempre l’ultima parola.
 

“I primi giorni dopo il nostro compromesso” iniziò Emma, e subito sentì l’altra sbuffare per la scelta del termine, ma non si lasciò intimidire, "erano tutti un po’ dubbiosi. Sono riuscita a convincerli ad accettare le condizioni solo perché tutti pensavano che saresti stata tu ad attaccare per prima, a rompere la tregua. Non ti credevano capace di attendere. Leroy ha addirittura messo su un sistema di scommesse clandestine … i più ottimisti ti davano tre, quattro giorni. Dovevi sentire come ne parlavano….come se fossi una bomba pronta ad esplodere. Anche Henry ha scommesso su di te, sai?”. 

Proprio quell’ultimo commento portò Regina ad interromperla, di nuovo. Stavano andando così bene…

 
“Signorina Swan, ha permesso che scommettesse? Sta insegnando a mio figlio l’arte del gioco d’azzardo?".

Emma stroncò la polemica sul nascere.

“Ovviamente non ha chiesto il permesso, ha fatto tutto da solo – più o meno. Di nascosto. Con l’aiuto di Archie, che gli ha prestato tre dollari. Sai meglio di me che quando si mette una cosa in testa sa essere particolarmente…”.

“Cocciuto” terminò la frase Regina, con un misto di affetto e tenera preoccupazione.

“Esatto. In ogni caso…dopo sette giorni e nessuna regina cattiva all’orizzonte, tutti quelli che avevano scommesso avevano già perso. In gara ad un certo punto è rimasto solo Henry…”.

“Quanti giorni ha…?” esordì Regina, incerta, le guance lievemente tinte di un rossore poco caratteristico.

“Quanto tempo ti ha dato?”.

Regina annuì piano, forse non fidandosi della sua voce. Si stava sforzando di mantenere un contegno che le scivolava via come il sapone tra le mani.

“Mai, Regina. Ha scommesso sul fatto che mai avresti attaccato per prima”.

“Io…io non…”. La bruna prese a mordicchiarsi il labbro.Era quasi doloroso da guardare, quel suo atteggiamento cosí umano; lei che cercava di trattenersi, ma la sua figura regale che si scioglieva piano piano sul divano, come rimpicciolendosi.

“Dovevi vedere la faccia di Leroy”, tentò di sdrammatizzare Emma. Quella commozione imbarazzata infastidiva entrambe, nessuna delle due sapeva come gestirla: era troppo silenziosa, troppo sincera, un territorio per loro inesplorato.

“Quando Henry si è presentato per riscuotere il premio, si è rifiutato di consegnargli i soldi, usando qualche scusa sul fatto che era minorenne. E no, Regina, ovviamente non gli avrei mai permesso di tenerli”, la precedette, “Comunque non penso nemmeno che Leroy li avesse più…li avrà spesi tutti in birra, come suo solito”.

Regina emise un rumore strano a metà tra un risolino nervoso e un singhiozzo.

“Mi hanno fatta infuriare”. Affermò allora Emma, dal nulla, appoggiando i gomiti sulle ginocchia avvolte nei jeans, così stretti da sembrare appiccicati, le mani a sostenere il mento. “Come se la tua mancanza di reazione, la tua buona condotta, fosse una cosa negativa, e non una novità di cui gioire. Volevano che li attaccasi, perché sarebbe stata una giustificazione abbastanza nobile da permettere loro di fare la stessa cosa sentendosi nel giusto. Queste ultime due settimane sono state pesanti, è stato come avere costantemente a che fare con un gruppo di quindicenni guerrafondai. E più i giorni passavano, più si spazientivano. Leroy e Whale hanno iniziato a provocarli, così tre giorni fa si sono diretti verso casa tua. Erano circa una trentina. Fortunatamente, i miei genitori hanno avuto il buon senso di restarsene a casa. Io non ne sapevo niente, hanno fatto tutto in segreto, giocando sul fatto che loro sono molti di più. Io, Henry e Archie non avevamo abbastanza occhi né energie per controllarli costantemente. Sarebbero arrivati a prenderti, se solo Henry non avesse…sì, insomma, se non fosse stato per Henry”.

“Cosa c’entra Henry in tutto questo?” esclamò Regina, che sembrava avere un interruttore interno programmato a scattare tutte le volte che sentiva pronunciare il nome di suo figlio.

Poi, successe una cosa strana. Emma potè quasi percepire il velo nero che le scese sugli occhi. Il principio di un dubbio, irrazionale, pressante: Regina aveva paura ad esprimerlo, perché temeva la risposta, ma allo stesso tempo voleva sapere, doveva sapere…

“Lui…Henry…era uno di loro?”. Sussurrò, il tono piatto di chi aspetta la notizia di una sconfitta. Questa volta non riuscì ad impedire alla sua voce di spezzarsi pronunciando il nome di suo figlio ad alta voce. Anche solo formulare la possibilità che lui volesse…
Poteva sentire come l'inizio di una crepa aprirsi subito sopra al collo e scendere, attraversandole il petto, con la precisione di un bisturi sulla carne. L'inizio di una delusione squarciante.

“No, no, assolutamente no Regina, ma non hai sentito quello che ti ho appena raccontato?” si affrettò a dire Emma, in un turbinio di mani che gesticolavano nervose, quasi a sostenere la verità che le parole dicevano. Fu come lanciare una fune a Regina, sul punto di cadere in un nerissimo abisso mentale da cui c'era il rischio che non sarebbe più uscita. Quell'abisso, il tradimento di un figlio. 

“Il contrario. Lui li ha fermati. Non chiedermi come ha fatto a sapere che si stavano muovendo e dove erano diretti. È spuntato dal nulla. Si è messo in mezzo alla strada e…dovevi sentirlo, gliene ha dette di tutti i colori. Io sono arrivata proprio perchè faceva un baccano incredibile. È passato dal tentare di farli ragionare, all’inveire loro contro con i suoi piccoli pugni stretti stretti e la faccia rossa e irrorata di capillari, al piangere incontrollatamente. Non so quale dei tre tentativi li abbia convinti, ma la folla alla fine si è ritirata. Con la tacita promessa di ritornare".

“Lui ha…davvero…”.

Era la terza volta quella sera che Regina rimaneva senza parole. Emma non sapeva se esserne soddisfatta o preoccupata. Era, in un certo senso, rinfrescante vederla faticare così tanto a formulare una frase di senso coerente. Regina che balbettava era meno invincibile. Ma strideva talmente tanto con la persona che Emma aveva in in quei mesi conosciuto, che allo stesso tempo era come sentire il rumore spiacevole che fa a volte il gesso sulla lavagna.

“Ti ha difeso, sì. Cosa credevi?” le disse, inconscimente sporgendosi un poco verso di lei. “Dovevi vederlo, Regina: sembrava un piccolo Gandhi”. Emma si schiarì la voce e poi si lanciò in una fedele imitazione di suo figlio. 
"Fermatevi immediatamete! La violenza non è la soluzione. Siete dei personaggi delle favole, maledizione, avete dimenticato di tutte le seconde possibilità che vi hanno concesso? Non pensate che mia madre me meriti una?”.

Ha addirittura rinfacciato a Ruby che, malgardo si fosse -testuali parole- mangiata il suo fidanzato, nessuno era andata a prenderla armato di forconi. E quando ci avevano provato, qualcuno l'aveva difesa. Qualcuno aveva creduto in lei”.

Emma fu sollevata nel vedere le labbra della bruna piegarsi all’insù impercettibilmente. 

Fu un sussurro, ma Emma colse benissimo quello che Regina disse dopo.

"Mi manca".

Quasi contestualmente a questa ammissione, Regina inspirò profondamente, quasi a volersi riprendere ossigeno e parole. Ma ormai il danno era fatto.

Emma si schiarí la voce in un gesto nervoso: tutta quella sincerità le faceva girare la testa e rischiava di farle perdere il filo del discorso. Si sentiva un pesce fuor d'acqua: sapeva come gestire una Regina urlante e manipolatrice, ma una sincera? Non aveva idea di come prenderla. 

Un pesce rosso confuso, chiuse la bocca due volte nel tentativo fallito di ribattere a ciò che la bruna si era fatta sfuggire sorprendendo Emma come se stessa.

Il silenzio si fece quasi insopportabile, tanto che Regina si alzò di scattò e si voltò. Solo quando senti la piccola anta di legno aprirsi, Emma registrò che l'obiettivo finale di Regina era l'armadietto degli alcolici. Si versò una buona dose di scotch in un ticchettio vitreo di bicchieri, unico suono a rompere quel silenzio assordante. Poi, la schiena ancora girata, mormorò "Vuole qualcosa da bere, signorina Swan?", con tono stranamente morbido.
"No, grazie, non è necessaro".
Regina si girò, dopo aver preso due sorsate generose di quel liquido ambrato. Emma non fu sorpresa dal fatto che non avesse scelto il suo famoso sidro di mele: dal tremolio incessante delle sue mani capiva che Regina aveva bisogno di qualcosa di più forte.
   
 
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