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Autore: Lady Atena    27/06/2014    3 recensioni
Ispirata a “Mente divisa” di PurpleStarDream.
Captain America è stato un indiscusso eroe americano, capace di affrontare ogni nemico e sventare ogni minaccia. Steven Rogers soffre di stress post-traumatico, di visioni tanto sconvolgenti e tanto frequenti da far presagire una schizofrenia imminente; che le cure di Bucky e Natasha non riescono a fermare.
E poi c'è Tony, occhiali da sole e sogghigno beffardo, che nel suo essere irreale è l'unico appiglio che Steve riesce a stringere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Scudi troppo spessi.'
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Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Steve si mise lo scudo sulle spalle e si leccò le labbra rosee. Abbassò il capo e la ciocca biondo cenere gli oscillò davanti alla fronte.
“Starò bene” mugolò.
“Solo ieri hai avuto l'ultimo attacco. Non dovresti andare a lavoro oggi” borbottò Bucky.
“Tanto non ci saresti comunque. Devi andare a farti controllare dai dottori oggi” gli ricordò Steve. 
Bucky si pulì le mani su una pezzuola e sbuffò.
“È solo la manutenzione per il braccio allo S.H.I.E.L.D” brontolò.
Ticchettò il piede per terra guardando Steve voltarsi e aprire la porta.
“Guarda che se poi ti senti male, cucini e butti la spazzatura per un mese tu” lo minacciò.
Steve sorrise ed uscì.
“Sì, big brother” mormorò. 
Si chiuse la porta alle spalle e scese le scale di ferro. Raggiunse la strada e la percorse, passando accanto a un cassonetto della spazzatura. Si mise una mano nella tasca della tuta, tirando fuori un accendino e una sigaretta. Accese la sigaretta, se la mise in bocca e rimise l'accendino in tasca. Salì sul marciapiede e avanzò. Evitò una donna, schivò un idrante e proseguì accanto a delle vetrine olografiche. Il petto muscoloso gli si alzava e abbassava irregolare, sentiva il sapore di tabacco bruciargli la gola e le narici. Alzò il capo ed espirò. Le tempie gli facevano male e avvertiva delle fitte al petto.

Bucky sgranò gli occhi e precipitò nel vuoto. Steve allungò il braccio verso il vuoto sporgendosi con tutto il corpo. Lo vide allontanarsi, piegò il capo e singhiozzò.

Steve inspirò rumorosamente la sigaretta. Fece lo slaloom tra una trentina di uomini e donne in giacca e cravatta evitando le loro ventiquattrore di pelle. Rabbrividì sentendo i clacson e digrignò i denti udendo delle urle in sottofondo, i rombi delle macchine gli risuonavano nelle orecchie facendogliele fischiare.

“Sorpresa!” gridò Teschio Rosso. 
Uscì da una vetrina. Ghignò e allargò le braccia.
“L'Hydra è ovunque, ha vinto” sibilò. 
Gli zigomi sporgevano sulla pelle color amaranto, le iridi blu scure gli brillarono. 


Steve si appoggiò a un muro sotto un lampione spento e tossì. Lasciò cadere la sigaretta e la pestò sotto lo scarponcino rosso.
“Guarda mamma, Capitan America!”. 
Sentì gridare la voce di un bambino. Si rizzò e tirò fuori il cellulare dalla tasca. Premette due volte il pulsante con il simbolo di un cellulare verde e si portò l'apparecchio all'orecchio. 
“Hi Nat. Sono Cap, sono alla sedicesima. Mi vieni a prendere?” domandò.
“Steven?” domandò la voce di Natasha.
Si sentirono dei brusii in sottofondo, vi fu un gemito soffocato e una serie di tonfi.
“Sto lavorando. Puoi aspettarmi al bar all'angolo?” chiese.
“Sì” biascicò Steve. 
Chiuse la telefonata e abbassò il capo. Un cane gli passò vicino, allungò una mano verso il corpo dell'animale, che ringhiò e scappò via. Steve sospirò.

“Bucky!” gridò. 
Guardò il pezzo del treno staccarsi, vide il migliore amico precipitare.
“Tutti dipenderanno da te. Se qualcuno muore sarà colpa tua” sussurrò Howard. 
Sorrise e versò il contenuto ambrato del bicchiere in terra. 
“È colpa tua! Quanti hai fatto morire nelle trincee?! Dovevi vincere la guerra!” strillò Peggy.
“Ecco perché lei ha sposato me” sussurrò Jack.
Ridacchiò e alzò il fucile.


Steve proseguì lungo la strada, svoltò a sinistra.
“Ha avuto ragione Sharon a piantarmi, sono pazzo” mugolò.
Raggiunse un tavolino di metallo davanti a una porta a vetri sotto una tenda gialla e blu. Si sedette e mise le mani sui fianchi. Osservò l'unico cliente tirarsi su gli occhiali da sole, le rughe spiccavano sul volto incavato. Si allontanò passando dietro la sua sedia, Steve lo seguì con lo sguardo. Un uomo dalla pelle abbronzata avanzò, le maniche della condottiera nera lasciavano scoperte le scapole. Si sedette davanti a lui, sorrise sfilandosi gli occhiali da sole con le lenti viola.
“Posso?” domandò.
Steven alzò le spalle e negò con il capo.
“Basta che offri una birra” mugolò.
L'uomo ridacchiò, aderì con le spalle robuste alla sedia allargando le gambe fasciate dai jeans stretti. Una cameriera si fermò davanti a Steve, si tolse una ciocca di capelli biondi da davanti al volto e sorrise.
“Cosa prende?” chiese.
“Due birre” rispose Steve. 
Alzò lo sguardo e sorrise, le guance incavate gli divennero rosee. La cameriera aggrottò le sopracciglia, strinse le labbra e annuì rizzandosi.
“Le porto subito” rispose brusca.
Si allontanò passando tra i tavoli, l'uomo davanti a Steve agganciò gli occhiali da sole alla maglia.
“Ti ha preso per un alcolizzato” disse.
Steve chiuse gli occhi.
“E non mi ha visto quasi annegare da solo nella vasca da bagno questa mattina” bisbigliò.
L'uomo scosse la mano in aria socchiudendo le iridi castano scuro, arricciò il naso facendo ondeggiare il pizzetto definito e roteò gli occhi.
“Non vedo cosa ci sia di strano. Chiunque annegherebbe nella vasca dopo quasi un mese d'insonnia” si lamentò.
Steve si massaggiò il cuore e strinse gli occhi.

Lo scienziato gli indicò il petto coperto dalla maglia larga. 
“Tu hai qualcosa di diverso proprio lì” sussurrò.


Steve si rizzò di scatto e osservò l'uomo.

Il cadavere dello scienziato giaceva a terra. Gli occhiali gli ricadevano storti sul viso.

Roger riabbassò il capo e sospirò sedendosi nuovamente. L'uomo si alzò, lo raggiunse e gli sfiorò la mano.
“Se ti allontani non funziona tanto bene” sussurrò dolcemente.
Si sentì il rombo di una moto, Natasha saltò giù dalla vettura e tolse il casco facendo ondeggiare i boccoli rossi. 
“Steven!” gridò.
Gli corse incontro, osservò la cameriera uscire dal bar con in mano due birre e scosse il capo indicandole l'interno con il mento. Tornò a guardare il soldato, gli strinse le mani.
“Stai bene?”.
Steve guardò l'altro, arrossì e ritirò le mani. Strisciò indietro il sedile di metallo.
“Sì, mi ha fatto compagnia lui” sussurrò. 
Appoggiando una mano sulla spalla dell'altro. Natasha guardò il soldato toccare il vuoto, si morse il labbro e spostò il peso da un piede all'altro.
“Steven” chiamò, con tono tremante. 
Indietreggiò, sospirò.
“Siamo solo io e te, Steven” disse, dolcemente.
Steve deglutì a vuoto. Sentì il corpo freddo dell'altro uomo sotto la mano. Gli toccò un paio di volte il petto, gli sfilò gli occhiali facendoli cadere a terra. Si alzò di scatto facendo finire sul marciapiede la sedia di metallo con un tintinnio, indietreggiando.
“Nath, sono peggiorate” mugolò.
L"uomo sbuffò, si chinò raccogliendo gli occhiali e li strinse voltandosi, inarcò un sopracciglio.
“Questa sarebbe un'offesa nei miei confronti?” chiese, con tono lamentoso.
Natasha avanzò, passò attraverso l'uomo e poggiò la mano sul gomito di Steve.
“Vuoi che ti porti dalla dottoressa?” chiese.
Steve la abbracciò, le gambe gli tremavano. Nascose il viso nell'incavo del collo di lei.
“Portami a casa, sorellona” implorò.
Natasha annuì, lo sostenne portandolo fino alla moto e lo fece salire. Si mise davanti, avvolse le braccia di Steve attorno alla sua vita sottile e diede gas.
“Tieni duro, fratellino” mormorò.
Tony lo guardò, sbuffò e incrociò le braccia. Si chinò verso l'orecchio di Steve.
“Sta volta vengo a piedi, ma la prossima la fai venire in macchina; o sarà problematico!” si lamentò.
Steve sentì le orecchie bruciare e le guance gli divennero rosso fuoco, come le labbra.
< Almeno questa allucinazione è divertente e non mi fa del male > pensò.
  
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