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Autore: Therainsmelody    27/06/2014    1 recensioni
Abby ha problemi con il padre che la tratta come una serva;
Cara vive una vita agiata ma è insoddisfatta di se;
Nicholas ha un terribile e oscuro passato;
Lucas non fa che preoccuparsi per gli altri;
Ethan cerca solo di salvare il fratello dalla loro disastrosa famiglia
e Alan di scoprire il segreto che suo padre gli tiene celato da anni.
Sarà una lettera a dare inizio a quella che verrà ricordata come
la più grande rivelazione di segreti a cui la piccola cittadina di Wahoo abbia mai assistito,
ma la verità arriva sempre con un prezzo.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 – Non avessi visto il sole

Had I not seen the sun
I could have borne the shade
 
Pov Cara
 
Abby aveva appena litigato con Nicholas e io avevo permesso ad Alan di andarle a parlare.
Concentrati Cara! Dove diavolo hai la testa?
Il problema era proprio quello, non riuscivo più a concentrarmi su niente. La mia mente era divisa tra la preoccupazione per tutta la storia raccontata da Chris e una sconcertante serie di pensieri che invece riguardavano quell’idiota di Ethan McKaine.
Iniziavo a credere che non fosse poi tanto cretino come mi era sempre parso in questi anni.
No, no, no, no , no!
Non ne sarebbe uscito nulla di buono.
Continuai a camminare lasciandomi alle spalle la scuola e cercando di fare lo stesso con i miei problemi.
A circa metà strada però furono loro a venire da me.
Ethan era appoggiato alla recinzione che delimitava il giardino privato di una casa e stava fumando. A giudicare dai mozziconi di sigaretta sparsi sul cemento ai suoi piedi era lì da parecchio.
Oppure aveva un serio problema di dipendenza.
Con un rapido movimento della testa scostati una ciocca bionda dalla spalla facendola ricadere sulla schiena, alzai di poco il mento con fare sdegnoso e pretesi di non averlo mai incrociato.
Mia madre ne sarebbe stata fiera.
Ethan invece non lo apprezzò per niente.
Si scostò dal muro gettando a terra l’ennesimo mozzicone e mi si avvicinò. Cercai di allungare il passo, cosa non facile con i tacchi che stavo indossando.
Perché non ho tenuto le scarpe da ginnastica con cui mi sono allenata oggi?
Dopo qualche secondo sentii la sua mano che mi afferrava all’altezza del gomito e mi faceva girare su me stessa. Aprii la bocca per protestare ma quel movimento improvviso unito alla pendenza della strada su cui stavo camminando e l’altezza dei miei tacchi mi fecero perdere l’equilibrio e senza che me ne rendessi conto io e Ethan ci ritrovammo distesi a terra.
O meglio: lui era a terra e io gli ero caduta sopra.
Vista da fuori era una scena che poteva essere interpretata in qualsiasi modo tranne che in una caduta accidentale.
<< Lo so che sono comodo ma non è che ti sposteresti? Non sei così leggera come credi. >> Le sue mani erano ancora sui miei fianchi dove si erano spostate per cercare di sorreggermi quando gli ero precipitata addosso e io ero ancora aggrappata alla sua maglietta come un cucciolo di koala alla sua mamma.
<< Guarda che il mio peso è perfetto! >> lo dissi staccandomi dal suo petto e appoggiando le mani ai lati della sua testa così da poterlo guardare dritto negli occhi. Mi aspettavo di vederlo arrabbiato invece stava sorridendo e le sue mani erano ancora fermamente appoggiate ai miei fianchi.
Ringraziai mentalmente per il fatto che non ci fosse nessuno ad assistere alla scena, non lo avrei sopportato.
<< Smettila! >> Il sorriso non accennava a spegnersi.
<< Di fare cosa? >> Mi stava prendendo in giro, non c’era altra spiegazione.
<< Di fare quello che stai facendo! >>
<< Intendi stare sdraiato a terra perché tu mi sei caduta addosso e non vuoi spostarti? Lo farei volentieri. >> Mi stava fissando e la sua bocca sembrava non avere intenzione di tornare seria.
<< Ti vedo interessata alle mie labbra, non è che per caso vuoi baciarmi? >> Ok, sinceramente non ero pronta a quella battuta. Non avevo la minima idea di come replicare. Rimasi immobile, tentai un paio di volte di dire qualcosa ma le parole sembravano morirmi in gola senza riuscire ad uscire.
Ethan spostò una mano sull’asfalto e la usò come leva per rialzarci entrambi.
Un’altra cosa che mi prese alla sprovvista.
Mi aggrappai a lui, la testa appoggiata nell’incavo del suo collo e cacciai un piccolo urlo.
Quando mi scostai eravamo seduti, lui mi stringeva a sé esattamente come prima e io gli cingevo il collo con le braccia.
Da quando lo conoscevo la distanza tra noi non era mai stata poca come in quel momento.
Lui avvicinò le labbra al mio orecchio così tanto che potevo sentire il suo respiro sulla pelle.
<< Puoi farlo. >> Sussurrò.
Un brivido mi percorse la schiena. Deglutii.
Lui tornò a fissarmi ma questa volta il suo sguardo passava dai miei occhi alla mie labbra e viceversa. Stava sorridendo di nuovo.
Il suo viso era sempre più vicino al mio.
<< Sempre che tu voglia. >> Aggiunse.
Una parte di me avrebbe voluto chiudere gli occhi e lasciarsi andare, l’altra voleva solo andarsene di lì. Possibile che volessi davvero baciare Ethan McKaine? Sembrava così facile, così giusto.
Tra noi era ormai rimasto solo lo spazio di un respiro.
Appoggiai le mani sul suo petto e lo spinsi nuovamente a terra. Lui parve sorpreso della mia reazione.
<< Davvero credevi che ti avrei baciato? Ma fammi il favore! >> Mi rialzai pulendomi dalla polvere e dai sassolini che erano rimasti attaccati ai miei vestiti. Lui si appoggiò sui gomiti, gli occhi azzurri che sembravano quasi ardere per la rabbia ma lo stesso sorriso di prima a illuminargli il viso.
<< Io lo so che avresti voluto farlo Cara, e lo saprà anche il resto della scuola. >>
Mi voltai e rincominciai a camminare.
 

Pov Nicholas
 
Appena arrivato a casa mi ero gettato sul letto, la testa sprofondata nel cuscino, ed ero rimasto in quella posizione per le due ore successive.
Ero così triste e così arrabbiato da non riuscire nemmeno a piangere.
Toc-toc
<< Voglio restare solo, Gemma. >>
Sentii il cigolio della porta che veniva aperta.
Voltai la testa in quella direzione e vidi la bionda chioma riccioluta di zia Gemma fare capolino all’interno della mia stanza.
<< Cosa c’è che non va? A me puoi dirlo Nick. >>
C’è che sono un idiota!
<< Cosa ti fa credere che ci sia qualcosa che non va? >> Gemma entrò e si sedette in fondo al letto; inclinò leggermente la testa a destra e rimase ferma a guardarmi con quei suoi occhi verdi da cucciolo.
<< Il silenzio. >>
<< Cosa? >>
<< Il silenzio. >> Ripeté. Non riuscivo a capire di cosa stesse parlando e probabilmente lei lo intuì perché dopo un attimo aggiunse:
<< Non hai acceso la musica. È una cosa che fai sempre. >> Restammo a fissarci senza dire niente per un altro po’.
<< Ho litigato con Abby. >> Vidi il suo sguardo incupirsi.
<< I Sullivan non vanno mai bene per noi Lewis. >> Sussurrò.
<< Abby non è John! >> Sbottai io arrabbiato. Anche se avevo litigato con lei non volevo che zia Gemma o qualcun altro parlasse male di lei. Gemma si passò le mani sulle braccia come se all’improvviso fosse stata attraversata da un brivido freddo e distolse lo sguardo.
<< Ma è pur sempre sua figlia >> Si alzò e s’incamminò verso il corridoio, prima di uscire dalla mia stanza si voltò un’ultima volta e concluse la frase:
<< E loro hanno sempre qualcuno di più importante da amare. >> Sprofondai nuovamente la testa nel cuscino e solo il rumore della porta che si chiudeva mi confermò che zia Gemma se n’era andata.
 
Il giorno seguente fu uno dei più lunghi e impegnativi della mia vita.
Feci di tutto per evitare Abby, anche se non volevo ammetterlo le parole di zia Gemma erano diventate un chiodo fisso e non mi avevano fatto chiudere occhio per tutta la notte.
Loro hanno sempre qualcuno di più importante da amare.
Nel mio caso si trattava di Alan, senza alcun dubbio.
Cosa ci trovasse in lui poi era un mistero. Ai miei occhi era un ragazzo banale, uno come tanti, del tipo che puoi incrociare per strada tutti i giorni senza mai notarlo veramente.
Solo in quel momento riuscii ad arrivare alla conclusione che stavo cercando da più di venti ore: Alan era esattamente come me. Certo i miei occhi verdi erano più belli ma a parte questo io e lui eravamo molto simili fisicamente e nel modo di relazionarci agli altri. Tra l’altro il suo carattere si avvicinava a quello di Abby in un modo che non avrei mai potuto eguagliare, nemmeno sforzandomi al massimo.
Mi ci era voluta quasi una giornata di riflessione per arrivare alla conclusione che Alan e Abby erano la coppia perfetta.
Avevo il morale a terra e il cuore a pezzi.
La campanella suonò e mi resi conto di non aver ascoltato una parola per tutta l’ora di storia.
Raccolsi le mie cose e mi trascinai fuori dall’aula pronto a svignarmela nel caso qualcuno dei miei amici avesse provato a parlarmi.
Attraversai il cortile senza incontrare nessuno. Una volta fuori tirai un sospiro di sollievo, volevo solo tornarmene a casa e deprimermi un altro po’ con i miei ragionamenti.
Lucas evidentemente la pensava diversamente.
Mi si parò davanti all’improvviso bloccandomi la strada.
<< Che vuoi Lucas? >>
<< Dovresti parlare con Abby. È tutto il giorno che la eviti. >>
<< Non la sto evitando! >> Sapevamo entrambi che stavo palesemente mentendo e Lucas decise di sbattermi in faccia l’evidenza. Non era il tipo da lunghi giri di parole.
<< Stamattina quando siamo passati eri già uscito; non hai mangiato con noi in pausa; non ti sei seduto con lei a biologia come fai di solito e non ti sei fermato dopo scuola. Noi ci fermiamo sempre dopo scuola. >> Non lo stava dicendo con cattiveria ma mi fece comunque sentire in colpa.
<< Ok, la sto evitando! >> Ammisi.
<< È solo che ho bisogno di un po’ di tempo. >> Lucas mi guardò di traverso, perplesso.
<< Tempo per cosa? >> Chiese. Non ero sicuro di volerne parlare con lui.
<< Per riflettere. >> Cercavo invano di prendere tempo; odiavo dover parlare di quello che provavo con altra gente, i miei sentimenti riguardavano solo me.
<< Riflettere su cosa? >> Replicò lui. La sua voce era sempre calma, non aveva intenzione di mettermi fretta, voleva solo capire.
Sospirai.
<< Su me e Abby, su quello che c’è tra di noi. >> Un leggero sorriso increspò le labbra di Lucas.
<< Oh, capisco. >> Tentò di soffocare una risata senza però riuscirci.
<< Che c’è da ridere? >> Sbottai io, irritato da quel suo atteggiamento.
<< Niente. È solo che voi due siete così buffi. >> Non riuscivo a capire dove voleva andare a parare e lui parve cogliere la mia confusione.
<< Voi due vi amate da così tanto eppure continuate a fare una gran fatica a capirlo. Ci avete messo tre anni la prima volta, non fateci aspettare così tanto anche questa. >> Lucas mi superò tornando verso il cortile.
Il discorso era finito.
Rimasi immobile qualche secondo poi rincominciai a camminare verso casa.

 
Pov Abby
 
Nicholas mi aveva evitata per tutto il giorno, Lucas era scomparso chissà dove e così mi ero ritrovata seduta alla nostra panchina con Cara che evidentemente aveva altro per la testa.
<< Va tutto bene? >> Era un po’ di giorni che si comportava così e stavo iniziando a preoccuparmi. A questo si aggiungeva il fatto che nell’ultimo periodo non parlavamo più molto. Avevo la netta  impressione che io e la mia migliore amica ci stessimo allontanando.
Solo che io non lo volevo.
<< Sì, sto bene. Tu? >>
<< Sto bene anch’io. >> Restammo un po’ in silenzio così che le nostre bugie potessero risuonare meglio.
<< Non è vero che sto bene. >> Ammisi dopo un attimo.
<< E non stai bene neanche tu, solo che tu sai cosa mi fa stare male io invece non so cosa fa stare male te. >> La sentii sospirare.
<< Credo di essermi presa una cotta. >> Lo disse con un tono così demoralizzato che mi sentii in dovere di tirarle su il morale.
<< Spero non si tratti di un altro ragazzo gay. >> Un piccolo sorriso fece capolino sulle sue labbra.
<< No, forse questa volta è anche peggio. >> Inarcai le sopraciglia, perplessa: cosa poteva esserci di peggio che innamorarsi del proprio migliore amico gay?
<< Chi è? >> Cara distolse lo sguardo, non l’avevo mai vista così abbattuta.
E per un ragazzo poi!
<< Ecco … lui è … >> Proprio in quel momento vidi i suoi occhi scattare verso l’entrata. Mi voltai giusto in tempo per vedere Lucas che la varcava camminando verso di noi.
In quell’istante seppi che la conversazione era finita.
Salvata dalla sua ex cotta.
<<  Ciao ragazze! >> Lucas sembrava l’unico del gruppo ad aver conservato il buon umore, non che avessi dubbi in proposito.
Mi alzai.
<< Devo andare a casa. Mio padre è piuttosto irritato ultimamente, non voglio fare tardi. >> Lucas prese il mio posto sulla panchina sogghignando.
<< Io mi preoccuperei di più se uno di questi giorni saltasse fuori che John può essere anche felice oltre che irritato. >> Sorrisi leggermente.
<< Ci vediamo domani. >> Quando Cara e Lucas risposero mi ero già voltata e mi dirigevo verso il vecchio cimitero.
 
Alan mi aspettava davanti al cancello in ferro battuto. Un tempo probabilmente era stato bello, con tutti i suoi intrecci elaborati e i fiori che spuntavano sulla cima ma ora era solo un vecchio cancello arrugginito alla cui base crescevano edera e muschio. La prima cosa che notai fu la custodia ai piedi di Alan, sembrava quella di una chitarra.
Mi avvicinai.
Non una chitarra, troppo piccola.
Un violino.
<< Ciao Abby. >> I suoi occhi ambrati parevano luccicare, sembravano due piccole stelle.
Le mie stelle personali.
<< Ciao Alan. >> Osservai di nuovo la custodia e lui notandolo l’aprì.
Avevo ragione sul violino.
<< Sai suonarlo? >> Solitamente i ragazzi suonavano strumenti come la chitarra, il basso o la batteria. Non conoscevo nessuno che sapesse suonare il violino.
<< No, lo porto in giro solo per fare colpo sulle ragazze. >> Le sue labbra si distesero in un lieve sorriso. Era ovvio che non stava facendo sul serio.
<< Quindi … l’hai portato solo per far colpo su di me? >> Se voleva scherzare io ci stavo.
<< In parte. Veramente un paio di giorni fa ho vomitato su una tomba, pensavo di scusarmi suonandole una canzone. >> Rimasi senza parole per un secondo.
<< Hai vomitato su una tomba? >> Ero sconcertata. Come caspita aveva fatto?
Scoppiammo a ridere entrambi e andammo avanti per due minuti interi prima di riuscire a fermarci.
<< Allora non lo sapevo ma … si tratta della tomba di tua madre. >> Nel dirlo era tornato improvvisamente serio.
Smisi di sorridere.
<< Per questo ti ho chiesto di vederci qui. Avevo intenzione di dirtelo dopo aver parlato della faccenda riguardante Chris e Alexis. >> Volse lo sguardo a terra prima di tornare a concentrarsi su di me.
<< Seguimi. >>
Non dissi nulla, seguii Alan in silenzio fino alla tomba di mia madre.
Alexis Sullivan nata Campbell
Alan appoggio il violino sulla spalla e cominciò a suonare.
Era una melodia dolce ma molto triste.
Mi faceva pensare alle lacrime, quelle che mia madre doveva aver versato nel lasciare il suo grande amore per vivere con quel mostro che era mio padre. Era stata costretta a sposarlo, a vivere con lui, ad andarci a letto insieme. Probabilmente era stata costretta anche ad avere me.
Mia madre doveva avermi odiata.
Chiusi gli occhi.
Una lacrima solitaria scelse quel momento per scivolare silenziosa lungo la mia guancia e terminare la sua corsa sul suolo dove giaceva la donna che, suo malgrado, mi aveva messa al mondo.
La musica finì.
Riaprii gli occhi.
Alan mi stava fissando, rimise il violino nella custodia e mi si avvicinò.
<< Non piangere Abby. Lei ti amava, ne sono sicuro. >> Mi prese il viso tra le mani e con il pollice asciugò quel che restava della lacrima accarezzandomi dolcemente.
<< Ricordi quello che ha detto mio padre? Che lei vedeva il buono in tutti? L’ha visto anche in John e, anche se non lo amava come Chris, a modo suo a cercato di aiutarlo. Alexis gli ha dato tutto l’amore che era in grado di riservagli. Tua madre era una persona dal cuore buono e una donna molto coraggiosa. >> Lo abbracciai.
Nessuno aveva mai capito i miei sentimenti in quel modo, con quella profondità.
Nessuno aveva mai trovato le parole giuste per consolarmi.
<< Penso ci sia ancora qualcosa che tuo padre non vuole dirci. >> Eravamo ancora stretti nell’abbraccio e nessuno dei due sembrava voler lasciare l’altro.
<< Ci sono tante cose che Chris non mi dice. È una persona difficile ma a modo suo è un buon genitore. Sono sicuro che a tempo debito riusciremo a scoprire la verità. >> Restammo stretti l’uno all’altro ancora un po’. Sentivo le sue braccia forti e sicure che mi avvolgevano e venni travolta da una sensazione di pace e serenità che non avevo mai provato.
<< Perché a scuola mi fissavi sempre? >> Avevo intenzione di chiederglielo già da tempo ma nel mentre il mio mondo era finito sottosopra e la domanda mi era completamente uscita di testa.
<< Pensavo ci fossi arrivata, una ragazza intelligente come te non dovrebbe avere problemi a trovare la risposta. >>
Oddio! Dimmi che non è quello che penso!
Visto che restavo in silenzio Alan si scostò quel tanto che bastava per potermi guardare senza però lasciarmi andare.
Io non volevo che mi lasciasse andare.
<< Io ti amo Abby. >> Ero quasi certa che il mio cuore avesse perso un battito. Nessun ragazzo mi aveva mai filata in diciassette anni e ora, nel giro di due mesi ne erano saltati fuori ben due!
Di nuovo rimasi in silenzio, il cervello nella confusione più totale.
Alan sorrise. Sembrava così rilassato, non aveva certo l’aria di uno che stava aspettando la risposta ad un “ti amo”.
Avvicinò il viso al mio e sussurrò dolcemente:
<< Non importa se ora non mi ami. Quello che so è che riuscirò a farti cambiare idea e un giorno sarai tu a dirlo a me, non perché ti sentirai obbligata ma perché lo vorrai. >> Alan abbassò lo sguardo sulle mie labbra. Avrei lasciato che mi baciasse?
Mi sentivo le guancie in fiamme e avevo rinunciato a qualsiasi tipo di ragionamento, non ne ero più in grado.
Era rimasto solo qualche millimetro a separarci.
Chiusi gli occhi.
Le nostre bocche si unirono.
Un brivido di piacere mi percorse da capo a piedi e mi strinsi di più a lui.
Baciare Alan era così bello, così semplice.
Lui mi spinse contro il muro che delimitava il cimitero continuando a baciarmi con urgenza come se da un momento all’altro io potessi cambiare idea.
Era così?
Infondo avrei potuto rifugiarmi nei suoi abbracci e nei suoi baci per sempre, dimenticare il mondo e tutti i problemi che mi aveva portato. Era facile bearsi dell’amore di un’altra persona soprattutto di Alan perché sapevo che avrebbe continuato ad amarmi incondizionatamente qualsiasi cosa fosse successa.
Sì era facile ma era giusto?
Io non lo amavo e sapevo, nel profondo, che non sarei mai riuscita a ricambiare il suo amore. Non nello stesso modo almeno.
Io amavo Nicholas e non era giusto tradirlo così solo per uno stupido litigio.
Alan mi amava e non era giusto illuderlo quando sapevo di non poterlo amare a mia volta.
D’un tratto tutta quella pace e quella tranquillità che mi avevano pervaso scomparvero e io mi sentii debole e stupida, uno schifo.
Ero diventata tutto ciò che odiavo: una traditrice; una sfruttatrice e una bugiarda.
Smisi di baciarlo.
Quando mi guardò un velo di tristezza coprì lo splendore dei suoi occhi, anche lui aveva capito a quali conclusioni ero arrivata. Anzi le aveva già comprese mentre mi spingeva contro il muro.
Mi sciolse dal suo abbraccio e io iniziai a correre, senza mai voltarmi. Superai il cancello e continuai a correre fino a non avere più fiato. Allora mi accasciai a terra e cominciai a piangere.


Spazio Autrice

Rieccomi! Situazioni difficili alle porte; tutti che tentano di baciare tutti; l'unico poveretto che non viene considerato ma neanche per sbaglio è Lucas. Abbiate pazienza arriverà anche il suo momento.
Come sempre aspetto le vostre recensioni (giusto per sapere che ne pensate e se vi fa schifo scrivetemelo pure, la mia reazione è sempre la stessa: "Oddio! Oddio! Una recensioneeeee!" a cui segue un balletto in tondo per la mia stanza. )
Ultima cosa, poi vi lascio.
La frase di questo capitolo è presa da una poesia di Emily (quantolaamo!) Dickinson:

" Had I not seen the Sun
I could have borne the shade
But Light a newer Wilderness
My Wilderness has made"

Vi metto la traduzione anche se probabilmente è chiara a tutti:

" Non avessi mai visto il Sole
avrei sopportato l'ombra
ma la luce ha aggiunto al mio deserto
una desolazione inaudita."

Con questo vi saluto!

Al prossimo capitolo :D


 
   
 
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