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Autore: damyxd    27/06/2014    5 recensioni
"Chiudo per un attimo gli occhi e vengo inevitabilmente catapultato nei ricordi: le mie lacrime scendere; il suono del mio pianoforte farsi interprete del mio animo; il vibrato delle corde al dolce tocco delle mia dita, il mio tempo sprecato ad inseguire scioccamente lei, i litigi con Lara e Rosy, perfino l'abbraccio di Lele."
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 5

  Inutile dire che mia madre è super-mega-iper incavolata e mio padre non scherza. Vengo privato del mio cellulare e non mi è permesso parlare con nessuno al telefono di casa. Mi viene subito in mente Diana. Poi anche Marco.
  Perciò il giorno seguente non riesco a trattenere un abbraccio duraturo con Diana. Ho intenzione di dichiararmi, credo di avere tutte le carte in regola per potermi fidanzare con lei. Voglio baciarla e poi dirle che la amo e che voglio mettermi con lei. Ma qualcosa mi blocca. Ho il mal di pancia per la paura di fallire. Ma mentre valuto se è effettivamente il caso di fare la mia mossa, lei mi dice: - Oh, Lorenzo, sei un ottimo amico, sento già che potrò confidarti tutto!
  Sono sconvolto. Non sono per niente felice. Mi ha friendzonato. Quindi mi vede solo come un amico. Improvvisamente perdo tutte le speranze. Chiedendo il parere dei miei compagni, ottengo ciò che mi aspettavo: i maschi concordano tutti con me; le femmine lo considerano un buon segno.  Io rimango convinto della mia idea.
  Avendo rinunciato con Diana, decido di tornare da Maria alla ricreazione. Lei è visibilmente felice di vedermi, però mi chiede: - Come mai qui? Ti sei lasciato con Diana?
- Ma noi non siamo mai stati fidanzati – rispondo. Un attimo di silenzio, poi aggiungo: - Comunque a me piaci tu, non lei. – e così mi sono dichiarato senza troppi problemi. Maria sorride e si morde il labbro inferiore. È come se stesse aspettando che io lo dicessi.
 - Come sei dolce! - ammette. Tutto qui? Mi aspettavo qualcosa di più. Ecco perché mi avvicino a lei e la bacio. Sulle labbra. Non sulla guancia. Lei è folgorata, inizialmente sembra schifata e sconvolta, poi mi guarda come per dire “E basta?” e mi bacia di nuovo. È il mio primo bacio. Per fortuna né Lara né Lele mi hanno visto perché non ho intenzione di raccontarglielo. È meglio che non lo sappia nessuno. Certo è poco facile, perché siamo a scuola e ci sono tanti ragazzi qui con noi, ma per fortuna non sono né della mia classe, né di quella di Maria. Suona la campana che indica la fine della ricreazione e rientriamo tutti. Mentre rientro in classe noto però Santo. È molto vicino a qualcuno. È una ragazza. Capisco che lui la sta baciando.
  Aspetto che finiscano di pomiciare per potergli dire qualcosa, del genere “Ehi, sciupafemmine!” Poi finiscono e vedo bene la ragazza. Vedo i suoi occhiali, il suo apparecchio il suo sorriso psicopatico: è Alice! Le parte un urlo di sgomento. Poi Santo chiede: -Ah, vi conoscete?
  Io, sconvolto, non dico niente, soltanto li guardo scioccato. Poi mi parte una grassa risatina di entusiasmo e frenesia per la voglia che ho di correre dai miei compagni a raccontargli tutto. Scappo via a parlarne con Lara. Anche Lele partecipa alla discussione. Colgo nello sguardo di Lele una scintilla di gelosia e fastidio. Non la ama ovviamente ma è geloso.
  Nel pomeriggio si svolge il saggio dei pianoforti. Partecipo portando un preludio di Bach ed il solito valzer di Chopin. Chissà perché, ma per la prima volta in vita mia piango in pubblico. Sto suonando, sto improvvisamente chiudendo gli occhi e sento partire gocce di commozione dagli occhi, le sento scendere fino alle guance e poi precipitare nel vuoto, il pavimento sotto di me. La mia lacrimata mi procura un caloroso e sonoro applauso, avendo contribuito alla bellezza del mio brano. Ma temo che gli altri possano pensare che lo faccia apposta per avere successo, perciò mi asciugo le lacrime, faccio un inchino e scendo dal palco.
  Alla fine del saggio vado dietro il cortile della scuola per stare un po’ da solo. Sento una voce provenire dal nulla: - Hey, complimenti!
- Chi è? – chiedo spaesato. Non ricevo nessuna risposta. Mi giro intorno, poi do uno sguardo sopra di me e vedo Lele.
- Cosa fai sul tetto? – chiedo preoccupato. Lui mi fa cenno con la mano di raggiungerlo. Io mi guardo intorno chiedendomi come salire.
-  Ti svelo un segreto. – dice lui. Dal tetto apre una botola e vi entra. Riesce da un buco nel muro del cortile. Incredulo domando: - Da quando c’è quel buco?
- Da sempre. Ma si camuffa con tutte queste piante selvatiche. – risponde Lele. Entriamo in questo buco tra una cascata d’edera e ciuffi d’erbaccia alti più di me, che proseguono lungo il perimetro del cortile. Accediamo ad uno stanzone vuoto e buio. Penetra uno spiffero di luce dalla botola.
- Quella è la botola, purtroppo è guasta e rimane un po’ aperta. – annuncia Lele. Così si spiega l’umido e l’acqua sul pavimento dello stanzone. Sotto la botola si eleva una scala. La percorriamo ed arriviamo al tetto del teatro in cui avevo suonato qualche minuto prima.
   Il paesaggio è qualcosa di meraviglioso. Al cielo arancione pallido spuntato da qualche nuvoletta, si contrappone la sagoma della mia città. Vedo il mare vicino all’Etna e, da lì perfino la mia casa. Stiamo seduti ad ammirare tutto questo.
- Bello, vero? – fa Lele. Mi strappa un sorriso a trentadue denti. Poi continua: - Da qui si vede tutto, ma nessuno può vederci.
Il suo sguardo malizioso smorza il mio bel sorriso. Poi si avvicina a me. I nostri nasi si stanno toccando. Quando le sue labbra si avvicinano alle mie io indietreggio muovendo il sedere, ma sento che sto cadendo. Rimango appeso lì, con soltanto i piedi sul tetto, la testa, le gambe ed il busto di fuori. Sto per cadere e allora strillo: - Ti prego aiutami! – l’altezza è abbastanza pericolosa. Ma sento toccarmi i piedi e penso: “Grazie al cielo”. Ma non mi sta veramente salvando. Mi tira dalle gambe e mi tiene bloccato. Non posso muovermi per le sue forti mani a bloccarmi. Appoggia le mani sulla mia cintura e me la sbottona.
  - No! – gli urlo! Ma mi sfila via anche i pantaloni
- No! – ribadisco. Ormai sono già in mutande e sento di non poter più fare niente. Ma riesco subito ad approfittare di un suo momento di “debolezza” per tirargli un calcio senza sapere dove arriva. Comunque devo avergli fatto veramente male perché si scansa, gli esce una bestemmia. Mi alzo completamente rimbambito per il sangue salito alla testa. Ma mi rendo conto di avere ancora le mutande. “Per  un pelo!” penso. Mi rivesto in fretta e furia e scappo via lasciando lì accasciato a terra con le parti basse avvolte tra le sue mani. Devo averglielo tirato sui testicoli, il calcio. Sono ancora una volta orgoglioso di me.
  Racconto tutto a Lara il giorno dopo. Mi sembra molto strano, ma stavolta Lara mi crede.
- Ti credo, ti credo eccome! - mi conferma. Credo di aver capito che anche con lei Lele ha fatto cose che non avrebbe dovuto fare. La mia aria interrogativa spinge Lara ha spiegarsi. Dopo avermi raccontato tutto non esito ad annunciare: - Ha fatto lo stesso con me!
- Sì, ed è per questo che l’ho lasciato. – ribatte. Ora capisco tante di quelle cose…
Il giorno dopo la sospensione al conservatorio finisce, appena in tempo per gli esami di pianoforte. Santis mi aspetta nella solita aula. È più odiosa che mai. Provo i miei brani insieme a Clara ed Elisabetta. Cerca in tutti i modi di scoraggiarci dicendo che non sappiamo suonare. Ma io non mi perdo d’animo perché me ne infischio di cosa dice lei. Per me non è nessuno e sono sempre più desideroso di dirglielo in faccia. Durante la prova d’esame la prof è particolarmente arrabbiata con Clara e sostiene che, se non riuscirà a suonare bene, dovrà fare l’esame a settembre. Alla fine Santis prende la sua decisione: Clara non farà esami con me ed Elisabetta. Quando esce dall’aula per prepararsi per gli esami, i nostri esami, approfittiamo dell’occasione per sfogare il nostro odio nei suoi confronti. Ma in particolare è Clara a sfotterla con tanto odio profondo.
  A mia sorpresa l’esame si ha in una stanza squallida, dove il pianoforte ha una sonorità orribile. Oltre che da Santis, la “commissione” è composta soltanto da un uomo. Non l’ho mai visto prima, ma sembra molto amico della mia odiosa insegnante e quindi disposto a schierarsi contro di me, dato l’odio e la rivalità impliciti tra me e Santis.
  Finiti gli esami vado in bagno e, mentre sto facendo pipì, qualcuno bussa. Io rispondo subito: “Occupato”, ma vedo la porta aprirsi di scatto ed entrare un ragazzo. Inizialmente non lo identifico, ma mi bastano pochi istanti per capire di chi si tratta: è Marco.
  Io urlo d’istinto: -  È occupato! – con tutta la rabbia possibile, ma prima di capire  che è Marco. Dopo averlo capito rientro i genitali, titubante. Lui, paonazzo per l’imbarazzo, si scusa ed esce.
Quando esco dal bagno ci scambiamo un’occhiata colma di vergogna. Lui si gratta la testa non avendo niente da dire. Io balbetto: - Ehm.. allora ci vediamo…
Un attimo di silenzio, abbasso lo sguardo e, quando lo rialzo, vedo i suoi occhi incrociarsi ai miei. Mi avvicino a lui e lo bacio sulle labbra. 
   
 
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