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Autore: Ciajka    28/06/2014    2 recensioni
AU dove i personaggi di Sherlock sono uniti alla mitologia nordica.
John è un umano. Sherlock è un Dio.
Sono entrambi uniti da un patto infrangibile. La vita di John ora è completamente nelle mani della spietata divinità.
O, almeno, questo era il piano iniziale di Sherlock.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati tre giorni.

Tre lunghi giorni da quando il Dio misterioso donò a John il suo arto in cambio della sua anima, tre giorni da quando John ricominciò nuovamente a vivere.

Tre giorni che John passò con circospezione, aspettandosi l'inquietante figura del Dio nascosta in ogni vicolo, in ogni angolo oscuro della casa o direttamente nei suoi incubi.

Le parole di Michael continuavano a frullargli dentro la testa: “Potrebbe renderti suo schiavo e farti fare cose orribili.”

Eppure non un'apparizione, non una parola, non un cenno da parte da quello strano Dio senza nome.

Forse stava aspettando il momento propizio prima di fargli visita.

Non potrai mai morire per mano di altri al di fuori di me. E, per questo, mi sarai per sempre fedele.”

Cosa voleva intendere? Quali erano i suoi progetti per lui? O non c'è nulla di cui preoccuparsi?

Ovviamente a queste domande non era giunta nessuna risposta.

 

 

John si stava avviando verso la caserma con l'intenzione di offrire nuovamente i suoi servigi all'esercito. Aveva sentito che degli invasori provenienti da sud, da oltre il mare, erano bramosi di invadere più terre possibili. Non poteva certamente starsene a casa a poltrire, con questa minaccia alle porte.

Inaspettatamente la sua attenzione si focalizzò su un litigio proveniente dal banco del venditore di ortaggi.

“Voglio i miei soldi!” stava urlando il venditore.

“Non ti devo nulla!” rispose il suo interlocutore, con fare seccato.

A John sembrava di aver già sentito quel tipo di voce baritonale ma, siccome chi parlava gli dava le spalle, non riusciva a focalizzare di chi fosse.

“Queste sono le mie rape, pezzo di merda! Non puoi prenderle come se fossero tue!”

“Sì che le sono, insulso mortale! Credi che quello che hai sia tuo?!”

A John venne un colpo. Non poteva essere. Eppure...

“Certo che lo è!! Che discorsi del cazzo fai! Sgancia i soldi, ladruncolo dei miei co...”

“Cosa sta succedendo qui?” si intromise John con tono duro, anche se in realtà il cuore gli batteva a mille.

“Questo ladro non vuole pagare la mia merce!” urlò il rubicondo venditore.

Il ladro sbuffò con superiorità a quelle parole, mormorando un “Sì, la tua.” con tono derisorio.

“Ti spacco la faccia a pugni!” esplose il derubato, alzando un pugno in aria.

John fermò l'uomo nello sferrare il colpo mettendosi nella sua direzione.

“State calmi. Calmi!”

Poi disse, sempre rivolgendosi al venditore: “Pago io per lui. Lo conosco.”

Vedendo la faccia imbufalita dell'uomo derubato pensò di giustificarlo: “Non è in sé, probabilmente ha bevuto troppo e straparla.”

“Spero proprio che sia così!” esclamò in tutta risposta egli, afferrando con avidità i denari di John.

Quando il biondo si girò in direzione della figura con il lungo mantello nero, questa se n'era già andata, lasciandolo solo.

“Bastardo.” si lasciò sfuggire John.

Per fortuna lo individuò immediatamente: stava camminando tranquillamente in mezzo alla via principale, lanciando per aria una rapa e riprendendola in mano con fare annoiato.

Lo raggiunse a grandi passi affrettati, cercando di richiamare la sua attenzione: “Hey tu! Aspetta! Almeno un grazie sareb-”

A quelle parole, egli si girò immediatamente nella sua direzione e con tono sorpreso gli domandò: “Ringraziarti? Per cosa?”

John poté finalmente vedere il volto del Dio, non più celato dal cappuccio.

Nelle storie che gli avevano raccontato sin da quando era piccino, gli Dei erano descritti come omoni grossi e forti, con lunghe barbe e lineamenti massicci. Rimase quindi sorpreso nel vedere che l'individuo di fronte a sé non possedeva affatto una dura faccia da combattente o un'espressione spietata. Davanti a lui c'era invece un viso sì spigoloso, ma allo stesso tempo attraente. Le morbide labbra addolcivano i marcati zigomi, mentre i gelidi occhi color ghiaccio erano in contrasto con il nero pece dei suoi capelli.

“Per averti parato il culo. Se non ti avessi pagato quelle rape, ora avresti un bell'occhio nero.”

Il moro rimase leggermente spiazzato per il modo con cui l'umano si stava rivolgendo a lui, come se non avesse alcun timore delle conseguenze per il suo mancato rispetto. Per un Dio che odiava gli umani per i loro modi servili e lamentosi, questa eccezione lo divertiva.

“Non sarebbe successo.” sbottò come risposta.

“Non ne sarei tanto sicuro. Quell'uomo là” e indicò il venditore che li stava ancora osservando da lontano “non ci penserebbe due volte prima di massacrare di botte un ladro. Te lo dico perché è già accaduto in passato.”

L'alta figura dai riccioli corvini fece una smorfia di falsa preoccupazione, per poi ribattere: “Non mi avrebbe fatto nulla. Stavo solo prendendo quello che mi è di diritto.”

John fece un'espressione incredula, mentre cominciò a dire con voce quasi isterica: “Cosa?! Ha faticato per avere quella merce, è giusto dare un compenso a lui e alla sua famiglia che lavorano la terra per sfamare il paese!”

Ma il viso senza espressione del suo interlocutore gli fece concludere l'argomentazione con un: “Va bene, lasciamo perdere. Per ora.

John aggiunse, con tono più roco: “Per un Dio questa mentalità deve essere completamente fuori dal proprio comprendonio.”

Il moro rispose con un'espressione di sufficienza.

John continuò: “Sei tu quello che mi ha ridato il braccio, vero?”

“Oh, e tu sei John Watson! Non ti avevo nemmeno riconosciuto!” esclamò con tono falso e piatto.

Il biondo gli scoccò un'occhiata di rimprovero, anche se cercò di nasconderlo.

“Sarà per il fatto che ora indossi abiti puliti e non hai più quella barba incolta da mendicante.” continuò il moro con fare sprezzante e dileggiante “Mi piacciono i mortali ben rasati.”

John si trattenne nello sferrargli un pugno dritto sul naso e invece gli chiese: “Perché sei qui?”

Lui alzò le spalle in modo annoiato.

“Non puoi tornare ad Asgard invece di startene qui a fare nulla?” chiese seccato John.

La risposta giunse con qualche secondo di riflessione: “Diciamo che ora come ora sono impossibilitato nel tornare ad Asgard.”

“Ah!” esclamò John, incrociando le braccia “Quindi ti hanno cacciato da lì.”

“Momentaneamente.”

“E fammi indovinare, non hai più i poteri da Dio.” constatò John, con un tono malizioso.

“Cosa te lo fa pensare?” chiese imperiosamente il moro.

“Altrimenti non staresti qui a parlare con me e non avresti rubato del cibo prima.”

L'evasiva alzata di sopracciglia dell'altro fece sorridere il biondo.

Poi guardò la rapa che l'ex Dio teneva ancora in mano.

“Delle rape, poi. Perché delle rape? Ci sono tante altre cose più... buone delle rape.” continuò.

Per la prima volta, il moro dagli occhi azzurri rispose con una nota di indecisione: “Mi sembravano... più... uhm... sostanziose delle altre cose.”

John scosse la testa.

“Come pensi di mangiarle? Crude?”

“No? Non si fa?”

A John venne l'istinto di scoppiare a ridere, però cercò di trattenersi. Non avrebbe mai pensato che quel Dio non sapeva nemmeno come si mangiassero le rape.

“Seguimi a casa mia. Ti farò vedere come si mangiano le rape da queste parti.”

 

 

 

Si era risvegliato in mezzo ad un bosco.

Le ultime cose che ricordava erano il suo riflesso nell'acqua mistica, le sue iridi che mutavano di colore e la consapevolezza di essere diventato mortale.

Sherlock si massaggiò le tempie prima di alzarsi in piedi.

Non aveva idea di dove si trovava e, per la prima volta in vita sua, di che cosa fare.

Guardò per terra e si accorse che la fiala contenente l'anima di John Watson giaceva accanto ai suoi piedi.

“Sherlock.” si sentì chiamare da una voce femminile da dietro alle sue spalle, mentre si chinava a raccogliere la fiala.

Con estrema calma mise l'oggetto in una tasca interna del mantello e con lentezza infinità si girò verso la donna.

Essa aveva i lunghi capelli castani raccolti in una treccia che morbidamente scendeva sulla spalla sinistra. I suoi occhi, di un bianco splendente, lo guardavano con preoccupazione e dolcezza.

Con tono canzonatorio la elogiò: “Oh ma chi si vede! La grande Dea Eir è apparsa al mio cospetto! Con i suoi poteri miracolosi forse potrà aiutarmi!” ma subito aggiunse senza nessuna emozione: “Ciao Molly.

La Dea non si offese minimamente per l'utilizzo di quel nomignolo invece del suo nome Mallaidh. Ormai con Sherlock ne aveva fatto un'abitudine.

“Sherlock, ti prego.” lo richiamò con voce quasi spezzata “Non dovrei nemmeno essere qui.”

“È stato Mycroft non è vero?” la interruppe senza tante cerimonie.

Le sottili labbra della donna tentennarono prima di dire tutto ad un fiato: “Ha ammonito a tutti persino di rivolgerti la parola! Ti scongiuro Sherlock! Se lo preghi e prometti di comportarti come un Dio per il resto dell'eternità, potrà toglierti la punizione!”

Sherlock si mise a ridere con asprezza.

“Pregare mio fratello? Non ci penso neanche!”

“Cosa farai allora? Rimarrai umano? Morirai!” esclamò con preoccupazione Mallaidh.

“No, non rimarrò umano. Toglierò la maledizione per conto mio.” constatò con convinzione Sherlock.

“Ma è impossibile!”

“Allora morirò nel cercare di farlo.”

La Dea chiamata Eir lo guardò con immensa tristezza.

“Fa come credi Sherlock. Ma se cambi idea, Mycroft sarà lieto di accoglierti!”

“Addio, Molly.” la ignorò Sherlock, avviandosi verso l'oscurità del bosco e lasciando dietro di sé la Dea.

“Addio, Sherlock.” mormorò con un sospiro lei.

 

 

 

I ricordi di Sherlock sfumarono quando John posò con un tonfo il piatto di zuppa alle rape davanti a lui.

“Non sono un grande cuoco, quindi spero che sia venuto fuori qualcosa di commestibile.” disse John, sedendosi di fianco all'ospite.

Il moro guardò con diffidenza quella brodaglia. Smosse un poco la superficie con un cucchiaio per tastare la sua consistenza.

John nel frattempo aveva già ingurgitato due generose cucchiaiate.

“Quindi ora sei umano come me.” attaccò bottone il guaritore.

“Già. Ma non per molto.” rispose evasivo il moro.

John lo guardò di sottecchi.

“Come pensi di fare?”

Rimase in silenzio. Non sapeva affatto come fare.

Prese coraggio e assaggiò la zuppa. Il boccone rimase all'interno della bocca per una decina di secondi prima di decidere di proseguire il suo viaggio verso l'esofago.

“Ti piace?” domandò John, con una punta d'ansia.

Come risposta ricevette un grugnito.

Eppure la pancia gridava per essere riempita, quindi Sherlock decise di riprovare a buttare giù un altro sorso.

John prese questa azione come un complimento e sorrise soddisfatto.

“Ora puoi dirmi come ti chiami.” lo incitò John, curioso di sapere il nome del Dio.

“No.”

“No?”

“Mi sembra di averti detto che nessun mortale saprà mai il mio nome.”

Il biondo sbuffò contrariato, ma non volle insistere.

Quindi gli chiese: “Allora la mia anima sta bene?”

“Immacolata.” sbottò tra un boccone e l'altro. Ora si era abituato al gusto del cibo e doveva dire che non era così male.

Essendo un Dio non era mai stato obbligato a mangiare per vivere. Non era mai stato amante dei pasti, come invece lo era la maggioranza degli Dei. Il suo ultimo ricordo di aver provato a mandare giù per la gola qualcosa risaliva circa ad un centinaio di anni prima. Ma ora che era umano doveva convivere con l'idea di cibarsi, ogni tanto. Che seccatura.

“Vedo che hai iniziato nuovamente a curare le persone. Ne hai salvato uno dall'avvelenamento, di recente.” disse Sherlock con tono neutrale, appena finì l'ultima goccia di zuppa.

“Lo sai perché mi hai spiato quando eri ancora un Dio?” chiese John, tetro.

“No. L'ultima volta che ti ho osservato ti stavi ubriacando in una bettola.” rispose “L'ho capito per le erbe che hai acquistato di recente. Su quei scaffali posso distinguere con precisione della lavanda e della camomilla per la pulizia delle ferite, se non sbaglio dentro a quei vasetti vedo dell'iperico. L'ultima volta che sono stato qui quello scaffale era completamente vuoto. Inoltre tra le tue unghie vedo dell'argilla, che se non sono in torto voi mortali la usate per fare degli impacchi che assorbono le sostanze tossiche.”

John si guardò le unghie, poi spostò il suo sguardo sbalordito nuovamente verso l'ospite.

“Quindi in questi giorni hai curato una persona a rischio di avvelenamento. Con successo, spero.” concluse Sherlock, come se stesse parlando del tempo.

“Sì, il figlio della vicina. Ma questo è...” si bloccò, non trovando alcun termine adatto per completare la frase.

“Demoniaco?” lo aiutò l'altro, sorridendo in modo sghembo.

“Strabiliante! Semplicemente strabiliante!” gli parlò sopra John.

Sherlock lo guardò con la bocca spalancata: “Cosa?”

“Fantastico, davvero! Con una sola occhiata hai potuto capire tutto questo!” esclamò sorridendo il biondo.

“Beh, da sempre faccio attenzione ai particolari.” cercò di giustificarsi Sherlock “Eppure nessuno mi aveva detto così.”

“Davvero? E cosa ti dicono di solito?”

“Che sembro un essere infernale.”

John ridacchiò sommessamente prima di dire: “Assolutamente no!”

Sherlock accennò ad un vero sorriso lusingato.

“Quindi tu saresti una specie di Dio della deduzione?” continuò il biondo, con occhi curiosi.

Sherlock non si era mai posto il problema di sapere di che virtù era il protettore, quindi rimase completamente spiazzato da quella nomina improvvisa.

“Sì, qualcosa di simile...” rispose con un tono piuttosto basso.

“Ora capisco perché non mi vuoi dire il tuo nome!” rise John “Come Dio della deduzione, devo dedurlo!”

“Sai una cosa?” continuò John più seriamente, vedendo che la figura davanti a sé non accennava a muovere muscolo “Andremo dal druido del villaggio, lui sicuramente saprà cosa fare per aiutarti.”


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Nota: Mi scuso per aver pubblicato con tutto questo ritardo, ma lo stage in cantiere che sto facendo mi sta risucchiando tutto il tempo ( e le forze ) che ho... Quindi dovrete avere un po' di pazienza per il prossimo capitolo... Spero di non metterci un'eternità, comunque! 
Per farmi perdonare, ho aggiunto un disegno all'inizio del primo capitolo a mo' di copertina! (Fatto da me, quindi non aspettatevi chissà che arte... però ci ho messo impegno, insomma! u_u )

Approfitto di questo spazio per ringraziare tutti quelli che hanno letto fino a qui la storia, a chi l'ha recensita (vi adoro, non sono abituata a recensioni così belle!) a chi l'ha preferita/ricordata/seguita.

Al prossimo capitolo! 

 

  
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