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Autore: Shetani Bonaparte    28/06/2014    1 recensioni
Ecco una storiella creata da me, ove narro a modo mio le origini dell'Uomo Snello e del perché faccia ciò che fa. Origini un po' inventate, magare nemmeno belle, ma io amo questa mia storia.
(Dal testo) "Girò il viso, un giovane in manette lo vide"
Genere: Dark, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Slender man
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Visto che i capitoli sono piuttosto corposi e lunghi, ho deciso di suddividerli in “parti” così da postare più frequentemente e perché possiate leggere più comodamente.
Un bacione,
Shetani

 

FOLLOWS – parte prima: Interferenze, video visualizzabile, Daniele. Pezzo mancante


Sveglia alle 09.00 del mattino.
Matt si vestì comodamente in tuta da ginnastica, scese in cucina a fare colazione.
Era vero, la galera ti cambia, infatti ora Matt era un buon uomo, religioso e generoso, un santo.
La televisione col volume al minimo, le ultime notizie dal resto del mondo, lo schermo si riempì per un attimo di interferenze, era la prima volta eppure la televisione non aveva neanche mezzo annetto; ricordò che proprio dei disturbi simili lo avevano obbligato più e più volte, in quei cinque anni, a cambiare la televisione.
Il gatto Matisse tentò di convincerlo per l’ennesima volta che i cereali gli piacevano, anche se non li aveva mai nemmeno degnati di un assaggino. Se lo tolse dalle ginocchia, lo mise a terra carezzandolo e godendosi le sue fusa; mise via il latte e a lavare la ciotola, gettò il pacchetto di cereali finito.
Sospirò nel silenzio di quella sua piccola casetta in legno, color azzurro pastello con i banconi e le persiane bianchi, lì, vicino ad un ruscelletto e ad un bosco alquanto carino.
Si stiracchiò, andò in bagno e si lavò la faccia.
Era un bell’uomo, dopotutto, con un viso gentile e i capelli color del grano lunghi fino alle orecchie con la riga al centro, un pizzetto e una leggerissima barba del medesimo colore dei capelli, gli occhi scuri e il fisico snello, nella norma.
Indossò delle scarpe da ginnastica, andò a passeggiare accanto al fiume ascoltando i Beatles alla radio sull’MP3. Si fece sempre più vicino al bosco; dovette togliersi gli auricolari: interferenze.
Probabilmente un temporale era vicino, anche se non si vedeva.
Si sedette su una roccia, respirando l’aria frizzantina e osservando il cielo grigiastro tipico di una mattinata in comune di Altissimo, nel Veneto. Rimase seduto solo qualche istante, poi, sentendosi stranamente a disagio, decise di riprendere la passeggiata. Seguì la strada e scese in via Fochesati. In quel periodo dell’anno, quella manciata di case era quasi deserto quindi, a passo spedito, scese per i campi, salutando qualche cane locale, seguendo il sentiero si inoltrò in un piccolo bosco ricolmo di felci e pioppi e pensò bene di visitare la casa in rovina che si trovava dagli Albieri.
Qualche ora dopo era tornato a casa e, seduto alla scrivania, visualizzò le proprie notifiche su Facebook; sua sorella Carly lo aveva taggato su alcune foto in cui scriveva che “la mamma voleva che le avessi anche tu”.
Le visualizzò, erano tre foto di quando, cinque anni prima, era uscito dal carcere dopo soli dodici anni grazie alla buona condotta, al fatto che era stato condizionato dal suo capo tramite minacce e che non era totalmente colpa sua se quella casa era andata a fuoco, era notte e c’era una piccola fuga di gas, lui e gli altri dovevano creare un incendio innocuo ma… e quella donna… e quel bambino e… e… e…
Smise di pensarci, il rimorso era troppo forte.
La terza foto attirò la sua attenzione: era in macchina, sul posto del passeggero, fuori dal finestrino vi era il bosco. Non sapeva perché ma… ricordò di essersi sentito osservato, in quei momenti; eppure nella foto non v’era nulla di strano.
Sorrise: probabilmente era stato il fatto che non ci era più abituato, alla vita fuori dalla prigione. Oh, e anche che sua sorella era l’unica sua famigliare che non lo ripudiava.
Un messaggio in chat da sua sorella.
-Ciao fratellone! <3
-Ehy, Carly. Come sta la mia sorellina preferita?
-Sono la tua unica sorella
-Allora?
-Bene, tu?
-Idem 
-Ti sono arrivate le tre foto e il video?
-Erano solo le tre foto
-Avrò errato nell’inviarlo, ora te lo mando, poi devo staccare, ciao!
-Ciao
Il video gli arrivò, lo salvò sul desktop del pc assieme alle foto, uscì dal social network e provò ad aprirlo. Niente, il video non andava. Probabilmente Carly lo aveva inviato in un formato non compatibile con il suo sistema, gli avrebbe chiesto di riprovare quella sera.
Spense il pc dopo aver passato un’ora e mezza a giocare a “I wanna be the boy”, quel giochetto glielo aveva consigliato sua nipote Jane, la figlia di Carly, dicendo che persino un certo youtubers… Favij, per la precisione, si era arreso dopo il terzo o quarto livello. Non per vantarsi ma… lui era arrivato al quinto dopo solo un totale di due ore di gioco.
Sospirò, annoiato, tentò di finire il cubo di Rubik ma fallì, come faceva da sei mesi, lesse qualche volumetto di Dylan Dog, riposò qualche ora.
In seguito, decise di riguardare le foto, specialmente la terza. Non sapeva come mai, sapeva solo che doveva farlo.
La aprì e, zoomando, osservò attentamente ciò che c’era fuori dal finestrino accanto a lui. Un bosco. C’era solo un dannatissimo bosco, un normale, comune, semplicissimo bosco. Bosco a destra e a manca.
Un bosco.
E allora perché… perché lo inquietava tanto? Perché?
Forse perché la casa che aveva incendiato, uccidendo anche una donna e un bambino e forse un uomo del quale v’era solo l’impronta del cadavere, era ubicata in un bosco? Forse perché… perché quella piccola macchia bianca tra la vegetazione in quella foto poteva non essere un semplice riflesso?
Diamine… Matt doveva smettere di pensarci… erano anni – diciassette, per la precisione – che era divenuto paranoico a quel modo, non sempre, sia chiaro, ma a volte credeva che qualcuno lo seguisse, un qualcuno che aveva visto ma del quale non riusciva a visualizzare il viso. E se ci provava… gli doleva la testa come se qualcuno gli piantasse un chiodo nel cervello.
Guardò fuori dalla finestra, vide il bosco vicino alla sua abitazione.
Vide una macchia bianca, simile a quella della foto, su di un ramo; fremette di terrore ma poi la macchia volò via. Un fottuto pennuto.

Era passata una settimana, sua sorella gli aveva inviato nuovamente il video un paio di volte e con svariati formati ma il pc non lo apriva.
Ora Matteo si trovava ad Alvese, in una piccola e polverosa biblioteca.
“Salve, signor Giusti” venne salutato dal bibliotecario appena varcò la soglia.
“Salve, Alfred” ricambiò.
Vide un manifesto, nella bacheca accanto alla scrivania del vecchio canuto e raggrinzito; vi era la foto di un bambino e una scritta - ‘Avete visto Daniele? Chiamate se avete informazioni’ - e un numero telefonico.
“Che è successo?”
“Una disgrazia, signor Giusti, una disgrazia! Conoscevo Daniele, è figlio della signora Sandri. Un bravo ragazzo, amava Pablo Neruda e la storia dell’arte. Trattava i libri come se fossero oro. Era prudente e un santo. Un dì stava venendo in biblioteca. Poi la signora Sandri ha detto che lo ha visto strano, sembrava perso, capito? Aveva gli occhi stralunati. Lo ha visto da lontano, sa, lei stava comprando della frutta, e lo ha visto correre verso il bosco. Pensavo avesse visto il loro cane che a volte scappa, mi ha detto la signora. Insomma, il ragazzino corre verso il bosco, rimane lì impalato a guardare non si sa che cosa e poi… sparisce!”
“Si sa nient’altro?”
“Sì… la signora Sandri corse subito là, appena Daniele si era fermato, ha detto che c’era un uomo con lui. Un uomo in giacca e cravatta piuttosto alto”
“Quando è successo?”
“Bah… circa una settimana fa”
“Brutta storia, Alf. La polizia ha fatto qualcosa, almeno?”
“Non ha potuto fare molto: di quell’uomo e del ragazzino non c’era nessuna traccia. Nemmeno un’impronta nel fango o un rametto spezzato. Nemmeno i cani hanno trovato qualcosa”
“Uff… Parlando… parlando d’altro… quel libro di Stephen King ti è arrivato?”
“Sì, signor Giusti!” esclamò il vecchietto sventolando i bianchi e buffi baffoni, lieto di cambiar argomento.
“Bene, lo prenderò tra poco, vado a vedere se trovo qualcos’altro”
Matt, detto ciò, si diresse verso la corsia dedita alle storie horror, facendo velocemente scorrere lo sguardo su decine e decine di titoli, famosi e non. A mani vuote, tornò da Alfred, ritirò il libro e uscì dalla biblioteca.
“Povero ragazzo” mormorò intanto il vecchio bibliotecario, “speriamo che queste sparizioni non continuino…”

Lo vide. Oh, se lo vide. Anzi, lo percepì.
Lui era l’ultimo. L’ultimo della lista, il pezzo mancante. Poi l’uomo che lo aveva rimandato via dal tunnel gli avrebbe fatto ritrovare suo figlio.
Suo figlio… a volte gli pareva di averlo ritrovato.
Percepiva un bimbo o un ragazzino… poco importava se maschio o femmina… ma erano tutte illusioni, erano sempre le persone sbagliate.
Erano anni che lo seguiva, il pezzo mancante. Ora lo aveva visto, percepito.
E lo aveva seguito…

  
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