Thresh, la roccia degli Hunger Games.
Una roccia che all’apparenza sembrava difficile da distruggere, ma che in realtà era solo un sassolino.
A Thresh piaceva il suo Distretto, nonostante le condizioni umili in cui si trovava.
Lui ha sempre vissuto nel Distretto 11: non era permesso agli abitanti di Panem di lasciare il proprio Distretto.
Nonostante questo divieto, ogni anno ventiquattro bambini lasciavano la propria casa con poche, se non inesistenti, probabilità di ritorno.
Per questo, quando il giorno della Mietitura venne costretto a lasciare il proprio “nido”, giurò a se stesso che sarebbe tornato.
Da un giorno all’altro si trovò in un’arena, a lottare per la propria sopravvivenza.
Aveva delle buone possibilità: sapeva procurarsi il cibo e, vista la sua statura, sarebbe sopravvissuto a qualche lotta.
Ma queste buone possibilità, evidentemente, non erano sufficienti.

Thresh amava la pioggia.
Non sapeva spiegarsi neanche lui il perché.
La pioggia sarebbe dovuta essere qualcosa di brutto.
Ma per lui non era così. La pioggia, per lui, era bellissima.
Aveva un fascino tutto suo.
Forse l’adorava perché rifletteva un po’ quello che aveva dentro.
Una tempesta costante, che non cessava neanche per far spazio ad un piccolo raggio di sole.
Lui era quel bambino strano, rifiutato da tutti i suoi coetanei, solo per paura.
“Paura di cosa?” si chiedeva il piccolo Thresh.
Forse perché era molto alto per un bambino della sua età, quindi lo vedevano diverso.
Ma non aveva senso. Niente aveva senso in quel paese.

Qualche giorno dopo il Festino, Cato riuscì a trovare il nascondiglio di Thresh.
Thresh si aspettava il suo arrivo, quindi quando Cato attaccò lui era pronto.
Dopo minuti di combattimento, che erano sembrate ore, Cato riuscì a tagliargli la gola.
Thresh sapeva perché Cato era andato a cercare proprio lui.
Voleva vendicare la ragazza del suo Distretto, Clove. Era evidente.
Man mano che le forze lo abbandonavano, capì di non aver mai avuto neanche una possibilità di vincere.
Iniziò a piovere, e si sentì meglio.
Stava morendo con la pioggia, con il suo “Io” naturale.
Così morì Thresh, in compagnia di se stesso.
L’ultima cosa che vide fu la pioggia che si mescolava al suo stesso sangue. Quel sangue che continuava a riversarsi a terra, dalla ferita sulla gola.
Poi il Buio.