« Guarda,
guarda…, allora è vero che certi cadetti
valgono meno dello sterco di topo.
»
Gray sentì un formicolio dietro la nuca,
all’altezza del
collo, e una voragine aprirsi in mezzo al cuore.
La sua voce.
Non ebbe neppure la forza di pensare.
Troppo vicino.
Strinse i pugni, e dovette fare appello a tutto il suo
orgoglio per poter recitare la parte del ragazzo stizzito e poter
sfoggiare uno
sguardo brusco che in quel momento non sentiva suo.
Scaraventò in un angolo remoto il suo turbamento, e si
ricompose in un’espressione altera.
Non gli avrebbe permesso di leggergli dentro, non a lui.
Si girò.
« Avanti
non autocommiserati in questo modo, è
vero che fai schifo, ma ammetterlo così ad alta voce non ti
fa bene. »
ribatté
assumendo un aria spavalda.
Era
più alto di come lo ricordava, più robusto.
« Non sei
neanche in grado di replicare come si
deve, io ho detto cadetti, ovvero l’ultima ruota del carro. »
« Ma
sei stupido? »
domandò Gray
confuso.
Il suo interlocutore ghignò divertito, ed afferrò
fra indice
e pollice il tessuto della sua divisa, sopra il petto,
nell’area in cui vi era
ricamato il distintivo, e glielo espose beffardo.
« Mi
chiedo a cosa potrà essere utile
un orbo nella schiera d’attacco…» sospirò maligno.
Gray si succhiò
l’interno della guancia, senza
staccare gli occhi dal distintivo, mentre qualcosa dentro di lui
iniziò a
bruciare.
« E da quando?
»
« Il
mese scorso ho fatto richiesta e mi hanno
preso. Pensa un po’, ho ricevuto le coordinate della mia
squadriglia ed è
proprio vicino alla tua. Non sei contento?. Così
potrò prenderti a calci in
culo tutto le volte che vorrai.
»
E bruciava come solo il rimpianto può fare.
« Sei
davvero ridicolo a vantarti così.
» sentenziò
mostrandosi
annoiato « Io
potrei essere un Caporale migliore di te, e lo sai anche tu. »
« Già,
peccato non lo sei eh?.
» lo canzonò l’altro.
Il ghigno sul suo viso divenne decisamente più marcato.
Ora stava guardando un uomo.
Ed era un uomo che forse non conosceva.
No.
Non guardarmi in
quel modo.
L’altro
interruppe per un attimo il contatto visivo, ed
esternò una breve risata prima ricominciare a parlare.
« Avanti
Gray, l’invidia è una brutta bestia…»
Ma Gray non rispose.
Io
e te eravamo
come fratelli, quindi non guardarmi in quel modo.
« Non sapevo
nemmeno che ti fossi arruolato. » disse
con una tonalità più amara di quanto avesse
voluto.
« Beh se è per questo nemmeno io. » E come a specchio, anche la
voce di Lyon
divenne più cupa.
Eppure sapeva che il sorriso sprezzante dipinto sul volto di
Lyon serviva solo a soffocare
la stessa
e reale sensazione di vuoto che premeva dentro lui.
Non si ricordava neanche da quando avevano smesso di
parlare.
« Comportati
bene con me, che con uno schiocco di dita posso anche
toglierti quella specie sbobba che ti rifilano per pasto. »
Il perché era al contrario lampante, era vivo davanti ai
suoi occhi, e lo sovrastava tronfio con un aurea per lui difficile da
sopportare, la vista di colui che un tempo era il suo migliore amico
era in
grado di portargli alla mente ricordi che lo mangiavano dentro.
« Ci
vediamo. »
concluse Lyon
con un soffio dandogli le spalle e allontanandosi dal posto.
Gray
rimase muto e immobile a fissare la schiena impolverata
di un uomo che era così simile a lui, che sentiva suo,
eppure che non
riconosceva, che non voleva riconoscere.
Non gli importava di muoversi, aveva perfino dimenticato
come si faceva a camminare, non gli importava di respirare, voleva solo
annegare un po’ in quel mare di rimpianti che da tempo non lo
bagnava.
Per un attimo ebbe l’assurdo impulso di correre dietro al
suo amico, e di provare a picchiarlo, o abbracciarlo, che poi era la
stessa
cosa.
Ci manca solo che
divento frocio.
Pensò, e approfittandosi di quella personale e fugace ironia
si voltò e con passo svelto iniziò a camminare
lontano, il più lontano
possibile.
Era
sera inoltrata, l’ora di cena era passata da un pezzo, e
ad ogni soldato era stata affidata una nuova base militare in cui
pernottare.
Gray sedeva sopra un tavolo poco distante dal suo edificio,
i piedi ben poggiati su una panca, a fumare la sua terza sigaretta
all’aria
aperta.
Il fumo lo distraeva, lo aiutava a non pensare, a non
torturarsi.
« Oi. »
Deviò lo sguardo verso chi aveva reclamato la sua
attenzione, e fece un cenno col capo in segno di saluto.
Natsu si avvicinò e si sedette sulla panca accanto a lui,
distendendo i gomiti sul tavolo.
«Si
sta bene eh.
» disse volgendo gli
occhi al cielo stellato.
«Già.»
convenne Gray guardandosi gli scarponi.
Rimasero in silenzio.
Natsu tirò su con il naso un paio di volte, Gray
tossì.
Portandosi la sigaretta alla bocca incurvò leggermente la
schiena, e si soffermò a guardare l’amico con aria
incerta, sentiva come se ci
fosse qualcosa di strano in lui, ma lasciò cadere in fretta
questa sensazione e
sbuffando il fumo orientò il suo sguardo da un'altra parte.
« Senti
un po’, stavo pensando a una cosa.»
disse infine a
bruciapelo.
Gray rimase in ascolto.
« Sai pensavo…
Che per colpa dei giornali e
delle radio noi soldati non abbiamo più il segreto militare
che per tanto tempo
ci ha caratterizzati, ormai i cittadini sanno di un nuovo scontro prima
di noi
praticamente.» ultimò
con un sorriso sghembo.
Gray intuì ciò che poco fa non era riuscito ad
afferrare, e
sforzandosi di non guardarlo si mise a sua volta a scrutare il cielo
per
rispetto nei suoi confronti. Natsu era imbarazzato.
« E
quindi niente, pensavo…prima o poi lo
sapranno comunque, quindi glielo diciamo?. Che stiamo entrando in
guerra,
glielo diciamo? »
Temporeggiò brevemente facendo ruotare il suo sguardo da una
stella all’altra, inciampando sui suoi pensieri, incapace di
essere razionale,
di prevedere le conseguenze delle sue scelte.
Avrebbe fatto i conti una volta tornato a casa, sempre se
sarebbe tornato.
« No. »
~
E poi boh, ti rimetti a
scrivere una cosa lasciata lì da tempo.
Mi è ripresa voglia,
tantissimo, ma in realtà ho voglia di scrivere storie mie,
non incentrate su Fairy
Tail, però a continuare questo capitolo mi ci sono ritrovata
senza neanche
accorgermene.
Se vi piace ditemelo, e non
me ne frega delle recensioni chilometriche perché tanto
capita anche a me che
non so mai cosa dire, un “carina continua” per me
basta.
Che poi ho lasciato indietro
un sacco di storie che volevo leggere, ma aprire qui mi ricordava che
dovevo
continuare le mie, mi faceva salire l’urto perché
non trovavo l’ispirazione e
allora chiudevo.
Ovviamente ringrazio
chiunque voglia iniziare o continuare a leggere. *inchino*.
Volevo
dire solo un’ultima
cosa che ho capito solo iscrivendomi qui: pensavo di essere molto
più brava.
Mi
ricordo che davo della
povera idiota alla mia professoressa di italiano quando nei temi non mi
dava
mai più di 7 e mezzo. Mi dicevo che non riusciva a capire il
mio genio, e
invece rifilava sempre lo stesso voto alla mia compagna di classe che
per
carità, le volevo e le voglio bene, ma secondo il mio non
modesto parere a
scrivere era una merdina.
Poi
mi sono cimentata qui, e
i pensieri non sono mai come li formulo nella mia testa, i periodi sono
troppo
lunghi, e le sensazioni troppo dettagliate, ma mai abbastanza per
comunicare
quello che voglio dire.
Arrivo
qui, e una volta
postato guardo ciò che ho scritto con occhio obbiettivo, e
non è mai, e dico
mai quello che mi aspetto da me.
È
una cosa abbastanza ovvia,
eppure l’ho realizzata solo entrando in questo sito:
scrivere, e dico scrivere
bene, è difficile.