Libri > Cronache del mondo emerso
Segui la storia  |       
Autore: GGMiriel28    30/06/2014    1 recensioni
Le sue mani corsero istintivamente verso la profonda cicatrice che gli solcava la schiena: il marchio che gli avrebbe ricordato in eterno cosa significasse morire. Ricordò le ore di agonia silenziosa, gli inutili sforzi dei suoi compagni, la consapevolezza che aveva preso sempre più vigore mentre il suo corpo scivolava verso un torpore tormentato.
Laio non era più quello di prima: quella notte eterna lo aveva visto nascere una seconda volta.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Laio, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Laio  si risvegliò con un forte respiro improvviso. Non appena i suoi occhi si abituarono all’oscurità si rese conto di essere nel luogo in cui era morto; aveva ancora poggiate sul petto la sua spada e una ciocca di capelli blu: “Nihal..”.
Si sentiva terribilmente pesante e muovere il proprio corpo dopo tanto tempo non gli sembrò così semplice; non lo sentiva più suo come una volta, si era dimenticato di se stesso come entità corporea. Scostò lentamente l’arma da sé, stracciò un pezzo di stoffa dalla sua casacca e vi avvolse delicatamente la ciocca blu, deponendola nella bisaccia che aveva ancora poggiata accanto al suo viso. Si alzò per la prima volta dopo quelle che gli parvero ore e restò fermo guardandosi le mani: era incredulo,“Come posso essere di nuovo su questa terra?Che sia stata lei?!”. Tentò di ripensare alla formula della ragazza, ai suoi gesti con il talismano in mano.
<<"Mi ha riportato in vita.. ">> La sua voce uscì roca, flebile e snaturata; non riusciva a ricordare da quanto tempo fosse morto, da quanto il suo corpo fosse rimasto lì. A giudicare dalla ruggine sulla sua spada, ne era passato di tempo; a giudicare dallo stato in cui pareva il suo corpo, sembrava non fosse passato che un giorno. Non vi era alcun segno di decomposizione, se non fosse stato per l’aria pesante che aleggiava intorno a lui. Impugnò la spada e si mise a scavare per riaprire quella che era stata l’entrata della tana. La fronte era imperlata di sudore, ansimava sotto lo sforzo, ma cominciava finalmente a sentirsi di nuovo padrone delle proprie azioni.
Lo strato di terra era piuttosto spesso e ci volle del tempo prima che il ragazzo riuscisse a rivedere di nuovo la foresta in cui aveva combattuto per l’ultima volta, nella Terra della Notte.
Quando uscì e dell’aria pura si immise nei suoi polmoni, si rese conto del fetore che proveniva da quel buco in cui aveva giaciuto per mesi: era l'odore del suo sangue rappreso, rimasto impresso sulle foglie secche che ne adornavano l’interno.
Alzatosi in piedi, si impegnò per ridare tono ai suoi muscoli; vagò per qualche tempo in cerca di un’occupazione imprecisata. Non sentiva alcun bisogno fisiologico, né fame né sete: era mosso da uno strano vuoto interiore, che lo portava ad avanzare nel fitto degli alberi scuri. Dopo circa un’ora di cammino nella quiete più assoluta del bosco, giunse ad un luogo che gli parve di ricordare. Nella terra della notte esistevano due monti, Calsifer e Argentea che avevano creato in milioni di anni delle piccole polle d’acqua collegate fra loro; il primo portava in superficie acque calde, l’altro acque fredde. Pewar ne aveva parlato a Laio molte volte, quando era ancora un bambino. Malgrado l’indiscutibile degrado a cui stava ormai andando incontro, la Terra della Notte conservava ancora qualche risorsa naturale: le acque che sgorgavano dalle più remote profondità della terra, rimaste sole nella cura degli ultimi alberi. Probabilmente quella che si trovò davanti era una di quelle polle: lo avrebbe definito un piccolo lago riparato da una fitta coltre di giunchi, alimentato da una sorgente sopraelevata; l’acqua sgorgava da una fenditura nella roccia, zampillando nel suo gettarsi all’interno dello specchio d’acqua. Laio ricordò di essersi fermato in quel luogo assieme a Vrasta, prima che raggiungessero Nihal e Sennar. Il gorgoglio della fonte risvegliò in lui la sete, ma anche un disperato bisogno di lavarsi.
L’immersione nelle acque fredde della sorgente sembrò ricondurlo verso sé stesso. Attraversato dai rivoli d’acqua, lasciò che questi purificassero il suo corpo: le sue dita ripercorsero tutte le cicatrici e le ustioni della tortura, quasi con l’illusione che sarebbero sparite al solo passaggio dell’acqua. Sapeva che era tutto inutile, che la sua parte di fanciullo era morta nelle prigioni. Uscito dall’acqua si distese fra i giunchi, aspettando che la brezza fredda lo asciugasse; le sue mani corsero istintivamente verso la profonda cicatrice che gli solcava la schiena: il marchio che gli avrebbe ricordato in eterno cosa significasse morire. Ricordò le ore di agonia silenziosa, gli inutili sforzi dei suoi compagni, la consapevolezza che aveva preso sempre più vigore mentre il suo corpo scivolava verso un torpore tormentato. Tutti coloro che lo avevano odiato, amato, con cui aveva condiviso ogni momento della sua vita lo credevano morto; l’unica a conoscenza del suo probabile risveglio era Nihal. 
Laio non era più quello di prima: quella notte eterna lo aveva visto nascere una seconda volta.Per adesso non avrebbe fatto assolutamente niente: oltretutto, con la fine della guerra, uno scudiero non avrebbe certo trovato facilmente di che vivere.
 
Non sembravano esserci né casupole né villaggi nei dintorni, Laio doveva essere capitato in una zona deserta dove, a fargli compagnia, c’era solo il bosco; fu solo dopo qualche giorno di cammino che riuscì ad intravedere i primi segni dell’uomo. Si ritrovò a passeggiare in un villaggio deserto ricoperto da muschio e polvere: la maggior parte delle case era stata sprangata a dovere, come se i suoi abitanti si fossero dati a un esodo di massa; il confine dei campi lascianti incolti era appena riconoscibile. La sua mano non osava abbandonare la spada: per quanto silenzioso, aveva notato che la porta di qualche abitazione era stata forzata ed usata come rifugio. Accertatosi di essere solo, fece lo stesso: quella in cui era entrato doveva essere stata la capanna di un guardiacaccia; era composta da un unico ambiente e conteneva un letto spartano, un piccolo tavolo ed una madia che doveva aver racchiuso i suoi pochi averi. Trovò del filo adatto per fare trappole, una borraccia di cuoio cerato ed un vecchio arco piuttosto malconcio, nascosti fra il pagliericcio del tetto. Per qualche tempo abitò lì procurandosi di che vivere grazie a quelle poche cose che aveva rinvenuto. Era abbastanza sicuro accendere un fuoco all’interno della casupola: essendo le finestre sprangate, una volta che anche la porta fosse stata chiusa, non permetteva il filtraggio di alcuna luce.   
Usando la capanna come base, si occupò dell’esplorazione della foresta con lo scopo di trovare un qualche insediamento umano: “Non sono poi molto adatto alla solitudine”.
Il primo segnale che ebbe fu il ritrovamento di alcuni roditori rimasti catturati in una trappola da caccia; si appostò nei loro dintorni ad intervalli regolari, sperando che qualcuno si facesse vivo, ma al suo ritorno non trovò né i roditori né delle tracce che potessero aiutarlo. Riprese l’esplorazione dell’area attorno alla quale aveva trovato la trappola, fino a che il profilo di una roccia immensa si stagliò innanzi a sé. Era ampia circa una trentina di braccia, scura come la pece e si trovava addossata ad un altro rilievo montuoso; gli ricordava il covo dei briganti che lo avevano rapito, quando era partito con Nihal per affrontare suo padre nella Terra dell’acqua. Decise di avvicinarglisi silenziosamente: la sua superficie era butterata e, più in alto, piena zeppa di strani cunicoli: alcuni sembravano naturali ma su altri Laio parve dubbioso. Si arrampicò per vederne uno da vicino: si trovava sul lato ovest ed era quasi perfettamente circolare; ai suoi lati c’erano segni di scalpo. “È largo abbastanza da farmici entrare”.
Si calò lentamente facendosi scivolare sulle pareti a carponi; era abbastanza semplice, quindi non impiegò molto tempo per arrivare alla sua fine. Terminava con una robusta grata da cui era abbastanza visibile ciò che custodiva la roccia. Come aveva immaginato, l’interno era cavo ed abitato. C’era una grande sala debolmente illuminata in cui dormivano alcuni uomini bendati e un gruppetto di cinque ragazze: tutte le giovani avevano i capelli estremamente chiari, tenuti raccolti in una lunga treccia e indossavano vesti da sacerdotessa; tutte tranne una.
Aveva la pelle un po’ più scura delle altre e i suoi capelli castano scuro erano sciolti a coprirle il viso, mentre riposava nel sonno. Portava una veste insolita agli occhi del ragazzo: una specie di tunica aperta fin quasi all’ombelico e che poi continuava fino alle caviglie, restringendosi  mano a mano che scendeva, provvista di maniche risvoltate fino al gomito. Sotto di essa la giovane portava un paio di pantaloni stretti in vita da una cintura che s’intravedeva appena da sotto il tessuto che la copriva. Questi erano infilati svogliatamente in degli stivali coperti di fregi simili a ramificazioni e radici d’ albero. Il seno era coperto da una fascia di cuoio, mentre al collo portava un medaglione decorato. Laio arrossì prima di distogliere lo sguardo, ritrovandosi ad osservare il bastone posto accanto a lei: era lungo più o meno tre braccia e decorato da due piume appartenenti ad un qualche uccello.
Quella giovane misteriosa stava dormendo con tre ragazze, mentre un’altra stava preparando una mistura di erbe medicinali per uno dei feriti: appena spalmò il tutto sulla ferita infetta, l’uomo in questione gemette dal dolore. Questa allora si spostò immediatamente verso il giaciglio delle altre e scosse la ragazza dai capelli scuri, bisbigliandole qualcosa all’orecchio. Con grande lucidità quella si mise carponi e seguì l’altra sino al ferito, accucciandosi accanto a lui. Immerse un dito nella miscela, lo osservò con occhio esperto, saggiandone consistenza ed odore; intanto spiegava alla ragazza, che chiamò Manra, gli errori che aveva commesso. Adesso Laio poteva scorgere i suoi occhi: erano castani come i capelli ma un poco più chiari, mentre la sua voce appariva sicura e gentile.
<< "Il tuo errore non è stato così grave: hai soltanto mescolato male. Devi farlo in senso orario, non a caso, altrimenti i germogli di Sanras non riescono ad amalgamarsi bene col resto e il loro effetto urticante si fa sentire. Preparalo da capo e segui le mie indicazioni; vedrai che il risultato sarà ottimo" >>.
Detto questo fece per rialzarsi ma, a metà dell’ impresa, si bloccò ricadendo giù; non sembrò badarci tanto, si dette un forte slancio verso l’alto aiutandosi col bastone e si issò di nuovo in piedi.
Inaspettatamente, da un’apertura nella roccia appena illuminata che Laio non era riuscito a scorgere, entrò un vecchio con una grande cicatrice sull’occhio destro: << "Mala, sembra che il nostro impianto di areazione sia intoppato. A differenza degli altri ambienti, di là non si riesce a respirare. Puoi aprire il portello?" >>.
La ragazza dai capelli scuri si girò di scatto e fece un breve inchino rivolto all’uomo. “Dunque, è Mala il suo nome”, Laio era incapace di distogliere gli occhi.
<< "Subito, Saggio Mole" >>.
Al sentire quelle parole, la faccia dell’ uomo si corrugò:<< "Sai che non voglio che tu mi dia del saggio, tanto meno che ti inchini davanti a me. Da quando sei arrivata ci sei sempre stata di grande aiuto. Piuttosto sbrigati, o qualcuno dovrà uscire e sai che di questi tempi non è sicuro: anche se sappiamo che il Tiranno è ormai caduto, di briganti e bestie ce ne sono ancora in abbondanza" >>.
<< "Faccio in un attimo" >>.
All’improvviso la ragazza si diresse verso Laio. “Non mi dire che sta venendo verso di me?!”
Non fece in tempo neanche a provare a risalire il cunicolo che la grata si aprì e, perdendo la presa contro le pareti, cadde addosso a Mala facendola sbattere contro il pavimento.
<<"Ehi!">>.
Laio  tentò di rialzarsi, ma si sentiva terribilmente intorpidito e la caviglia gli faceva male. Ormai era troppo tardi: sentì il flebile respiro della giovane sul proprio naso ed un forte dolore all’addome; poi l’assalì il buio.
Si risvegliò in un’altra stanza: era più piccola di quella che aveva visto prima, attraverso la grata. Il soffitto basso la faceva sembrare una piccola cella. Alzando un poco la testa potè notare i suoi pochi averi ammucchiati in un angolo: lo avevano spogliato della spada e della borraccia, adesso era del tutto disarmato. Intorno a lui c’erano soltanto uomini, a parte Mala, che lo stava fissando con uno sguardo di fuoco. Poco distante da lei c’era il vecchio Mole, seduto su un giaciglio di giunchi, unico adornamento dell’ambiente.
Un uomo giovane e di stazza possente dai capelli biondi e gli occhi scuri, quasi neri, sollevò Laio di scatto, facendolo gemere dal dolore. Lo posò ai piedi dell’anziano signore con più delicatezza e, ghignando divertito verso la ragazza, disse: << "Gli hai proprio fatto male; geme ancora, poverino" >>.
La giovane sembrò prendersela: << "Spiritoso" >>.
Si avvicinò al ragazzo scostando i presenti e gli puntellò lo sguardo addosso: << "Spiegami cosa ci facevi nel nostro condotto" >> disse in modo brusco, scandendo bene ogni parola.
Laio sembrava quasi confuso dai suoi modi. Apparivano rudi, maschili, in netto contrasto con il suo delicato aspetto fisico.
 << "Ero lo scudiero di un cavaliere delle terre libere: il mio nome è Laio. Dopo la sconfitta del Tiranno mi sono congedato dal mio incarico e sono tornato nella mia terra natale" >>.
<< "Questo non risponde alla mia domanda" >> fece notare Mala.
<< "Lascialo continuare.." >> sghignazzò ancora il tipo biondo.
<<  "Avanzavo in cerca di un villaggio dove stanziare per un po’, ma non ne ho trovati se non di abbandonati. Poi ho notato alcune trappole e, dopo, questa strana roccia: ne ho viste di simili, abitate dai banditi. Per questo ho deciso di provare ad entrare" >>. All’incirca la sua storia era quella, era stato anche troppo sincero.
Mala era decisa a rispondere ma questa volta fu Mole a prendere la parola, fermandola con un gesto: << "Ragazzo, avvicinati" >>.
Detto questo si alzò in piedi e, facendo leggermente alzare il capo a Laio, posò le antiche mani sulla sua fronte e prese a formulare un’incomprensibile nenia.
Dapprima il giovane non si accorse di niente; poi, sentì la sua mente aprirsi come un libro al volere del vecchio. Malgrado ogni tentativo di oscurare il suo passato, una strana forza lo lasciò scivolare nell’oblio, abbandonandolo all’incantesimo.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Cronache del mondo emerso / Vai alla pagina dell'autore: GGMiriel28