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Autore: cisqua92    30/06/2014    1 recensioni
Dopo un po’, mi accorsi che non stavo più cercando di capire cosa si dicevano, ma stavo osservando lei. Mi rapì lo sguardo. Guardarla tirare pugni contro quel povero sacco, gridando di tanto in tanto, muoversi intorno ad esso… non so… la trovai affascinante ed elegante a suo modo. Anzi, no. Meglio ancora: elegantemente feroce, come una tigre. Si. È l’animale che meglio la descrive in questo preciso istante.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAP.13 RACCONTO ____    Come immaginai, restai con Leah per tutto il giorno (stavolta ricordandomi di avvertire mia madre). Il medico che operò Nicholas, lo stesso che vidi insieme a lei il giorno del pedinamento, uscì dalla sala verso le 14 avvisandola che l’operazione era andata bene e che, per il momento, non c’era da preoccuparsi. Da allora, Leah rimase al capezzale del fratello, in terapia intensiva, senza mai allontanarsi troppo da lui. Rimasi anch’io, facendomi debitamente da parte e rimanendo seduto in un angolo della stanza. In quel frangente, rimasi per un po’ a fissare lo schermo del display del mio telefono alla ricerca di una risposta da inviare a Lysandro. Già, perché, poco dopo essere andato via, mi inviò un messaggio (come abbia fatto ad avere il mio numero resta un mistero) il quale diceva:
“Sono Lysandro. Non l’ho fatto per te. Decidi tu cosa fare, ma sappi che se dovesse soffrire per colpa tua, non sarà solo Castiel ad affrontarti.”
Non sapevo cosa rispondere, così non lo feci. Rimisi il telefono in tasca e mi soffermai su Nicholas. Ancora sotto l’effetto dell’anestesia, dormiva tranquillo con la sorella che gli teneva la mano. Aveva cavi ed elettrodi sparsi ovunque sotto la fasciatura al petto, al braccio aveva una flebo ed era attaccato, coi dei tubicini alle narici, ad una bombola dell’ossigeno. Il respiro e il battito erano regolari e questo mi sollevava l’umore. Ma vedere un bambino attaccato a tutte quelle macchine, non era per niente bello. Sospirando, spostai lo sguardo su Leah. Appena rivide il fratello, nonostante tutti quei tubi e cavi, riacquistò colorito e sorrise sollevata. Da allora, se ne stava lì seduta a guardarlo e ad accarezzargli dolcemente i capelli. Guardai l’orologio che segnava le 18. Ero rimasto lì seduto per quattro ore e le gambe reclamavano una camminata. Quindi mi alzai e, dopo aver avvisato Leah, uscì per una passeggiata. Ne approfittai per rielaborare ciò che la ragazza mi disse qualche ora prima.
 
- … sai, penso che sia giunto il momento di rispondere alla tua seconda domanda. -
La guardai. Immagino la fatica che possa fare nel parlarmi della sua situazione. Ma mi ero promesso che l’avrei sostenuta. Così, mi preparai per farlo.
Fece un respiro profondo e riprese a parlare.
- Devi sapere che Nick soffre di una malattia congenita al cuore, il quale lo porta ad avere degli attacchi cardiaci anche violenti. Come quello di due anni fa e di oggi. Fin da piccolissimo, ha sempre fatto avanti e indietro dagli ospedali, cambiando molto spesso cure e peggiorando di anno in anno. Finchè, quando lui aveva tre anni, mia madre lo portò dal dottor Jersy, il medico che lo ha operato oggi. Il dottore le disse che per questo tipo di malattia, l’unica cosa che può salvarlo è un’operazione estremamente delicata… ed estremamente costosa. Da quel momento, i miei misero da parte dei soldi in attesa che Nick raggiungesse l’età giusta per affrontare un simile intervento, ovvero i tredici anni. -
Il suo tono di voce era piuttosto calmo, il che mi sorprese abbastanza. Ma tradiva il suo disagio torturandosi le mani. Capì il perché immediatamente dopo.
- Devi sapere, che i nostri genitori sono morti in un incidente d’auto quattro anni fa. Dovevano accompagnarmi ad una festa di compleanno e, quel giorno, pioveva molto… non ricordo come, sta di fatto che loro morirono sul colpo… mentre a me, di quel giorno, resta solo questa cicatrice. - E si indicò la cicatrice sul volto. Aveva un’espressione molto triste.
- Leah, lo sai, che non è colpa tua… vero? -
- Mpf… certo che lo so. Non mi sono mai data la colpa per questo. Però, io ero lì… e sarei potuta morire… e Nick sarebbe rimasto da solo… -
Fece una pausa, nella quale tornò a guardare la porta della sala. La guardai anch’io, senza insistere per farla continuare. Riprese lei pochi istanti dopo.
- Fummo affidati alla nonna paterna, l’unica nostra parente, nella casa dove abitiamo tutt’ora. Era una donna buona, ma molto anziana e ci lasciò anche lei due anni dopo. Sul testamento scrisse che lasciava la casa e ogni suo bene a me e a Nicholas. Così facendo, raggiungemmo un quarto dei soldi necessari per l’operazione anche riuscendo a vendere l’auto della nonna e qualche oggetto di valore. Subito dopo, venni assunta al minimarket e iniziai il liceo. Lì conobbi te, Castiel, poi Lysandro che mi offrì di far parte della loro band. Poco dopo, conobbi il signor Max che si offrì di aiutarmi negli studi e come allenatore di boxe. -
Fece un’altra pausa. Ora il quadro mi era decisamente più chiaro. Tutto quello che faceva, tutti gli sforzi, erano per suo fratello. Per la sua operazione. Mi sentivo un verme per tutte le cose che ho detto su di lei fino a poco tempo prima.
- Quanto ti manca per raggiungere la quota necessaria per l’operazione? -
- Un paio di stipendi. Se tutto va bene, a marzo finirà il suo calvario e io potrò dedicarmi meglio agli studi. -
- Come se ne avessi bisogno. Sei un genio! -
Rise. Che bella che è quando ride.
- Ho intenzione di continuare a studiare. Mi piacerebbe laurearmi in Scienze Motorie e diventare Personal Trainer. -
- Si… ti ci vedo benissimo. Mi alleneresti, in quel caso? -
Rise ancora. - Eccome. C’è parecchio da lavorare! -
Questa non me l’aspettavo… cadde il silenzio e rimanemmo così per lungo tempo. Finchè non la sentì trattenere un singhiozzo. Misi un braccio intorno alle sue spalle e la strinsi a me poggiando la guancia sulla sua testa.
- Non voglio che lui muoia… -
- Lo so. Neanch’io lo voglio. -
Pianse ancora.
 
La ammiravo molto. È una ragazza estremamente forte e non solo dal punto di vista fisico. Superare la morte dei suoi genitori, avvenuta davanti ai suoi occhi, caricarsi il peso di mantenere sé e il fratello da sola, dopo la morte della nonna, e contemporaneamente mettere da parte i soldi per l’operazione. Chiunque sarebbe crollato… io in primis, non so come avrei reagito a tutto questo. Ma lei ha avuto la forza di resistere a tutto questo. Però, ora, era giunta al limite. Si, perché anche lei ne ha uno, come chiunque altro. E questo mi fece riflettere.
Forse… il suo “patto” era un modo per avermi vicino a sé in ogni situazione. Ma perché proprio io? Un perfetto sconosciuto, un rivale che l’ha odiata fino a poco fa. Perché non Lysandro o Castiel? Li conosce da più tempo. Eppure ora, con lei, c’ero io. Ha voluto me a sostenerla, anche se non me l’ha chiesto direttamente. Quante domande… eppure ero convinto che, una volta che fossi venuto a conoscenza del suo segreto, tutto mi sarebbe stato più chiaro. A quanto pare mi sbagliavo.
Alzai lo sguardo al cielo. A furia di pensare, non mi ero reso conto che ero uscito nel cortile dell’ospedale. Chissà da quanto tempo sono lì fuori? Rabbrividì. Dato che era novembre, l’aria non è propriamente calda ed io ero uscito senza la giacca. Molto furbo. Rientrai subito e tornai da Leah e da Nicholas ma, non con molta sorpresa, la trovai addormentata con la testa appoggiata sul materasso di fianco al fratello. Sorrisi. L’ansia l’aveva provata molto e doveva essere parecchio stanca. Recuperai la sua giacca e gliela misi sulle spalle… e ammirai il suo viso addormentato. La sua espressione era rilassata, tranquilla, la sua bocca socchiusa e il respiro pesante. Mi resi conto, in quel momento, che il sentimento che provavo per lei era cresciuto, in queste ore. La ammiravo davvero molto, non smetterò mai di dirlo. È una ragazza favolosa. Bella, forte e coraggiosa. Sorrisi ancora e l’accarezzai piano. La sua pelle era fresca e più liscia di quello che credevo. Lei non si mosse, era profondamente addormentata. Un pensiero mi balenò nella mente e mi fece arrossire. No dai… non potevo farlo… non era il momento adatto! Però… non resistetti. Percorsi delicatamente le sue labbra con un dito, da un’estremità all’altra, avanti e indietro per non so quante volte alla ricerca del coraggio per farlo. Poi mi fermai. Mi chinai verso di lei e mi fermai ad un soffio dalle sue labbra. Chiudendo gli occhi, respirai il suo profumo per qualche secondo… per poi baciarla. Un bacio a stampo. Rapido. Mi allontanai subito, recuperai la mia giacca e tornai a casa.
 
Note: Lo so, lo so… mi state odiando. Sia per la brevità, sia per come ho concluso il capitolo. Lo so e mi dispiace! Ma non ho trovato alcun modo per allungarlo un po’ e non volevo forzare il finale… anche perché adoro mettere suspance <3 alla prossima! Ciao ciao!!
   
 
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