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Autore: Alvin Miller    30/06/2014    0 recensioni
A pochi mesi dall'incoronazione a Principessa di Twilight Sparkle, una legione di mostruose creature giganti emerse dal nulla minacciando di ridurre l'intero regno di Equestria a una nuvola di polvere.
Il primo attacco colpì Manehattan. Il secondo puntò a Baltimare. Il terzo insidiò Las Pegasus.
Quando anche Canterlot fu presa di mira, capirono che gli Elementi dell'Armonia non erano più sufficienti.
Per combattere i mostri chiesero aiuto a Bibski Doss, un ribelle inventore sopravvissuto al primo attacco, che creò dei mostri a sua volta.
La battaglia per il destino del regno è cominciata!
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Princess Celestia, Twilight Sparkle, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7: Ritorno a casa


Sulla balconata l’atmosfera era calma e rilassante, e i suoni dell’impero sotto di lei le sussurravano mormorii distanti. Intonazioni di un’esistenza che cercava di convivere con lo spettro di una minaccia incombente.

La sera era fredda e folate invernali soffiavano sulla sua criniera facendo danzare le sfumature viola-magenta come un velo sinuoso. Eppure, nonostante brividi di gelo le rizzavano il pelo, Twilight era troppo assorta nei suoi pensieri per patire l’artica temperatura del Nord.

Aveva bisogno di un attimo di solitudine per riflettere sugli sviluppi degli ultimi giorni, su Bibski Doss e sulla sua proposta per la guerra contro i Kaiju, ma anche sul bizzarro comportamento di Princess Celestia nei suoi riguardi.

Non l’aveva mai vista così recalcitrante di fronte ad altri pony, nemmeno nelle situazioni più tese.

In qualunque contesto si trovasse, aveva sempre dimostrato di saper ascoltare i suoi sudditi e di conseguenza valutare con calma le loro proposte, ma quel giorno… quel giorno era incerta, e Twilight non era in grado di decidere se fosse meglio indagare, oppure accettare gli eventi così come le erano apparsi e lasciare che si sbrogliassero da soli.

Senza contare la questione delle macchine di Doss; potevano funzionare? Erano davvero la risposta alla guerra? O erano solo la proiezione contorta di un pony dall’ego sproporzionato che cercava di dimostrare qualcosa?

Per quanto Bibski si fosse prestato fedele alla cattiva reputazione che lo circondava, non potevano dubitare che nel suo lavoro aveva del talento e che in passato era stato in grado di dimostrarlo in più di un’occasione.

“Di certo sapeva il fatto suo.” Convenne Twilight, come se avesse appena concluso una discussione con se stessa.

Espulse intensamente un getto di fiato dai polmoni, concentrandosi solo per un momento sulla nuvola di condensa che si formò di fronte, per poi dissolversi subito dopo, in seguito alzò gli zoccoli sul corrimano e guardò la vita notturna scorrere sotto di lei.

I lampioni delle strade si riflettevano sui palazzi di cristallo, dando quasi l’illusione che brillassero di luce propria, e le punte dei pinnacoli e delle guglie irradiavano scintille brillanti, bagliori che come piccoli guardiani sovrastavano le vette dell’Impero vegliano sui suoi misteri millenari.

Una voce inaspettata, ma dolce e familiare, che quasi sembrò accarezzarla col suo suono, la sorprese alle sue spalle. «Twilight?»

Si voltò trovandosi di fronte il pony cui sapeva che quella voce meravigliosa apparteneva. «Flash… c-ciao.» Salutò timidamente, voltandosi verso la volta della città per nascondere il rossore delle sue guance.

La Guardia Reale le andò vicino, adagiando sulla parete la lancia che si era portato dietro. «Credevo che fossi con le tue amiche. Che ci fai qui fuori da sola?» Un soffio di vento s’intromise tra i due, facendo tremare di brividi lo stallone da dentro la sua corazza. «Con questo freddo, poi.» Commentò di conseguenza.

«Io… » sospirò affranta «stavo solo pensando.»

Lui la guardò con occhi dolci e premurosi. «È per quello che è successo oggi alla sala del trono?»

«Anche, sì… ma… non lo so.» Provò l’impulso di gridare, ma lo tenne confinato nel profondo del suo cuore, invece si sfogò colpendo con una zoccolata il corrimano. «È tutto così strano ultimamente! Tre anni fa studiavo la magia dell’amicizia convinta che sarei stata l’allieva di Celestia per sempre. Ora invece… ora… sono una Principessa con in zoccolo la sicurezza dell’intera Equestria! E poi… e poi ci sono i Kaiju… »

Si voltò, e lo stallone vide che i suoi occhi stavano diventando lucidi. «Da dove vengono, Flash? Cosa sono? Cosa vogliono da noi?! Ho cercato risposte in tutte le biblioteche di Equestria, ho studiato ogni tomo sul Tartaro che sono riuscita a trovare, ho persino chiesto aiuto alla mia amica Fluttershy, che di queste cose ne sa più di tutti… e non abbiamo trovato NIENTE!»

L’impulso fu troppo improvviso per lei, si gettò tra le sue braccia e lasciò che le lacrime scorressero sul suo manto. Flash Sentry la cinse con una zampa, e lasciò che le emozioni fluissero fuori da lei.

«S-scusami… » disse poco dopo, scostandosi delicatamente «non so che cosa mi sia preso… »

«Va tutto bene.» La tranquillizzò con un sorriso.

Twilight tornò a osservare il vuoto al di là del balcone.

«Forse sono io che dovrei chiederti scusa.» Disse la Guardia Reale unendosi a lei. «Non conosco le risposte alle domande che ti stai ponendo. In fondo… eheh… sono solo una modesta Guardia Imperiale. Ma sono convinto che ogni domanda prima o poi troverà una risposta. Dovremo solo aspettare e lasciare che gli eventi plasmino il nostro futuro.»

«Molto profondo per una “modesta” Guardia Imperiale.» Scherzò lei, ritrovando il sorriso.

«Ho anch’io i miei piccoli segreti.» Le strizzò l’occhio.

Lei gli si avvicinò ancora di più, tanto da potersi appoggiare sulla sua spalla. «Non te l’ho mai detto ma… mi ricordi tanto una persona.»

«Ah sì? E dimmi Principessa. È una lei o un lui?»

Twilight trovò faticoso rispondergli. Una piccola parte di lei prese a picchiarsi la fronte per l’enorme sbaglio appena commesso.

«Puoi dirmelo, non sono uno che se la prende.»

L’alicorno si fece forza. «Era un ragazzo… in effetti.»

«Interessante. Ed era un tipo in gamba?»

«Oh sì…» “quanto te” avrebbe voluto aggiungere, ma le parole furono ostacolate da una parete d’imbarazzo «mi ha aiutata a tirarmi fuori da una situazione davvero… brutta. Non ce l’avrei mai fatta senza di lui.»

Lo stallone in armatura d’oro rimase in silenzio, lasciando che Twilight si appoggiasse ancora su di lui, malgrado non si sentisse per nulla tranquilla. L’aria inoltre si era fatta più gelida, ora che il flusso delle emozioni si era placato, e ciò non favorì la sua condizione. Tremava come una foglia e sicuramente Flash lo stava percependo.

D’un tratto si divise da lei, esponendo ora anche il resto del suo corpo al freddo pungente della sera.

«Scusami, ma adesso devo riprendere la mia ronda serale. Oggi tuo fratello ha un diavolo per criniera, se mi vedesse oziare sarebbe anche capace di degradarmi ad alzabandiera.»

Era il genere di risposta che Twilight non avrebbe voluto sentire. La ponyficazione dei suoi timori.

«Flash, aspetta… » non voleva che si congedassero così.

Era stata una stupida. Una parola di troppo venuta fuori con il pony sbagliato, che ora stava compromettendo tutto il bello che c’era nel loro rapporto. Non avrebbe mai dovuto parlargli di quell’umano.

«Conosco un locale a qualche isolato da qui… non è niente di che, ma fanno dei milk-shake al latte di soia davvero ottimi!»

Twilight corrugò le sopracciglia, colta totalmente alla sprovvista. «M-mi stai invitando a uscire?»

«Ho il cambio della guardia tra un’ora, poi sono libero. Così potrai raccontarmi ancora di quel ragazzo che ti avrebbe tolto dagli impicci… s-sempre se ti va.» Le fece un occhiolino, mordendosi timidamente il labbro. Un gesto che le ricordò il Flash umano.

Aveva ragione a pensarlo: erano davvero due gocce d’acqua.

«Io… » esitò, ma non per l’incertezza, quanto per non esplodere in una scenata di folle felicità “a la Pinkie Pie” «certo che mi va!» Riuscì a contenersi entro la soglia della compostezza.

«Grande! Allora… ehm… io adesso è meglio che vada… altrimenti tuo fratello mi rispedirà dritto, dritto tra i cadetti dell’accademia!»

Risero entrambi e rumorosamente, incuranti che qualcuno potesse sentirli.

Il pegaso imbracciò la lancia e si apprestò a varcare la soglia dell’entrata. «Ti aspetto nell’atrio tra un’ora esatta, ok?»

«Ci sarò, contaci!» Annuì la Principessa dell’Armonia, guardandolo poi prendere il via nel corridoio dopo essersi salutati.

Rimasta di nuovo sola, improvvisamente si accorse di essere felice. Felice come non le accadeva da giorni.

L’invito di Flash era stato provvidenziale e tempestivo. Un break rilassante prima del ritorno a casa, nell’attesa del prossimo attacco, o aspettando sviluppi sulla faccenda degli… “come li aveva chiamati Doss? Cacciatori? Jaeger?” si chiese tra sé e sé.

Si affacciò di nuovo dal corrimano per osservare la città, ma sebbene il freddo stesse diventando sempre più pungente, il calore che il contatto con Flash le aveva procurato sembrò essersi insinuato sotto la sua pelle, scaldandole il petto e le guance.

Una musica soffice e romantica iniziò a intonarsi nella sua testa e d’improvviso s’accorse di aver voglia di cantare. Le parole presero forma nella sua voce e stavano percorrendo la sua gola pronte a uscire, quando…

«Salve!»

«AAAHH!!» Qualcosa le apparve dal nulla materializzandosi a pochi centimetri dal suo naso. Twilight si lasciò scappare un urlo e cadde all’indietro, sbattendo la testa sul pavimento di cristallo con un tonfo sordo.

Frastornata, si mise seduta massaggiandosi la botta.

Oltre la balconata, giunto probabilmente da uno dei piani sottostanti, Bibski Doss stava svolazzando serenamente sostenuto dalle ali dell’Equalizzatore, che era tornato in funzione. «Oh, scusa! Ti sei fatta male Principessa?»

Lei lo fissò provando, una volta tanto, il desiderio di procurare del VERO dolore fisico a qualcuno.

«Non era retorico, dico sul serio. Ti sei fatta del male?»

Twilight non aveva alcuna intenzione di rispondergli… ma di urlare a pieni polmoni? Quello sì: «CHE COSA CI FAI TU QUI?!?»

«Pensavo lo sapessi.» Rispose serenamente. «Princess Cadance ci ha cordialmente invitato a restare per la notte. Come rifiutare una così amorevole proposta di pace?»

«Non intendevo questo, io… OOH LASCIA PERDERE!!»

«Twilight, va tutto bene?!» A parlare fu Flash, che riapparve come un razzo alla soglia dell’ingresso.

Osservò il pony di terra con la bizzarra bardatura volante adagiarsi a terra, richiudendo ordinatamente le ali e raddrizzandosi il casco. «TU?!» Gli tuonò contro puntandogli la lancia.

«Ehi, ehi. Riposo soldato, ha fatto tutto da sola!» Si affrettò a dire il piccolo stallone.

Il pegaso aiutò la giovane principessa a rialzarsi. «Ti ha fatto qualcosa?!» Le chiese sussurrandole all’orecchio.

«No. È tutto a posto, sto bene. Mi sono solo spaventata.»

«Vuoi che te ne liberi? Basta poco!» Le propose squadrando con ostilità il terzo incomodo.

«Non è necessario, è che non me lo aspettavo.»

Twilight lo rassicurò, chiedendogli di tornare alla sua ronda, e nel frattempo rinnovò il suo entusiasmo per l’invito a uscire insieme. Prima però avrebbe dovuto sistemare la faccenda con Doss.

La Guardia Reale non era sicura di lasciare la Principessa alle sgradevoli compagnie di quel pony, ma in quelle vesti era ancora un suo suddito, pertanto dovette ubbidire, anche se controvoglia, alla sua volontà.

Prima di andarsene, elargì la più cupa delle sue espressioni al nuovo arrivato, che di risposta ricambiò con uno strafottente ghigno.

Rimasti da soli, Twilight si diresse verso la parte opposta del balcone, il più lontano possibile da lui. «Che cosa vuoi, Doss?» Chiese aspramente.

«Oh, niente. Stavo solo godendo di un breve volo con le mie piccole e pucciose ali di metallo» si librò verso di lei atterrando in equilibrio sul corrimano «è davvero tremendo non poter volare per tre giorni di fila! Stare con gli zoccoli a terra, in perenne lotta con la gravità tiranna che ci spinge sempre più giù, sempre più giù.»

«Bene. Mi fa piacere saperlo e sono contenta per te» si allontanò di nuovo, trottando dall’altra parte «ora per favore, lasciami in pace!»

Bibski fu rapido a raggiungerla. «Proprio non capisco come facciano i pony di terra a resistere. Insomma: niente ali per viaggiare liberi nei cieli di Equestria, niente magia per compiere le cose più basilari… »

«Doss, per favore… PER.FAVORE! Vieni al punto!» Esasperata, si appoggiò al corrimano, affondando la faccia negli zoccoli.

«Se proprio insisti: sono qui in cerca di risposte, Twilight.»

L’alicorno alzò la testa. «Risposte?! Su cosa?»

«Non è evidente?» Indicò con un breve cenno l’attrezzatura sul suo dorso.

Twilight sbuffo un’ampia nuvola di condensa. «Ti ho già detto cosa ne penso di quel tuo aggeggio!»

«Sì, ti sei già espressa. Ma io voglio capire il perché! È perché mi fa sembrare un alicorno? O forse è perché l’ho costruito contro il volere delle tue Mentori?»

«Che t’importa di quello che penso?» Borbottò «Tanto quello che ti dicono entra da un orecchio ed esce dall’altro!»

Il pony di terra si sedette in posizione scomposta sul corrimano, tenendo spalancate le ali per bilanciarsi e non cadere.

«Oh, io presto sempre molta attenzione a ciò gli altri pony mi dicono, solo che spesso decido di non dargli retta.»

«Molto comodo fare così!»

Bibski sospirò. «Sì, lo confesso. Non è il modo migliore per farmi delle amicizie, ma è proprio questo il punto: Celestia e Luna mi danno la caccia da anni, tuo fratello si è visto sfoltire metà del suo esercito nel corso di un pomeriggio, ma tu?»

«Io cosa?» Domandò interdetta e disturbata.

«Oggi hai detto che l’Equalizzatore non fa di me un alicorno…»

«Ma è naturale!!» Scattò la giumenta. «Non bastano un corno e delle ali per fare di una pony una Principessa! È il risultato di anni di studi e d’impegno, di sacrifici, di lezioni! E’ la promessa di essere leale e onesta con i propri sudditi. Ascoltare i loro bisogni e venire incontro alle loro richieste!»

Al termine del discorso, vide che Bibski stava scoppiando in una risata isterica. Perse l’equilibrio e riuscì solo all’ultimo momento a stabilizzarsi e rimettersi con gli zoccoli sul terrazzo.

«Che c’è di così divertente?!?» Il corno le cominciò a pizzicare. Provò l’impulso ardente di colpirlo con un colpo magico dirompente e tappargli così una volta per tutte quella boccaccia impertinente.

«Eheh… chiedo perdono Principessa, ma hai… ehehe… hai appena elencato tutte le caratteristiche delle tue amiche Custodi! Ahahah!!»

“Ora basta…” alla fine il colpo che tenne in canna partì, bucando il pavimento di fronte a Bibski.

Il pony di terra si ritrasse spaventato e smise subito di ridere. «Wohh! Qualcuno è permalosetto questa sera?»

«Mi dici qual è il tuo problema?!?»

«Il mio problema ha due nomi: Celestia e Luna. O meglio, il modo in cui hanno alimentato le false voci sull’Equalizzatore!» Era tornato serio. «Vedi Twilight, a me di essere un alicorno non me n’è mai fregato niente, come essere un pegaso, un unicorno o qualsiasi altra cosa con ali e corna che dir si voglia. Io sono nato pony di terra e francamente non mi è andata poi così male fino a qualche anno fa. L’Equalizzatore, così come tu lo stai vedendo, è solo un prototipo. Chiamiamolo una specie di “campione espositivo” di ciò che avevo in mente di fare da qui a qualche anno. In realtà avevo in programma modelli privi di ali, o anche adibiti solamente al volo. Per secoli la tua cara Celestia è andata a insegnarci che razza e cutie mark debbano condizionare la vita di ciascuno di noi. Se sei un pony di terra devi arare i campi, se sei un pegaso devi pulire i cieli e regolare il clima di Equestria. E mentre tutti questi si dannano come dei muli da soma per svolgere i loro compiti con le loro sole forze, alicorni e unicorni se ne vanno in giro pavoneggiando che la magia è la cosa più bella del mondo!»

Twilight concluse che quel discorso non aveva né capo né coda. «Non è così che funziona! I pony, unicorni, pegasi o di terra che siano, devono seguire la strada che il destino ha scelto per loro, e devono essere felici per questo!»

«Beh, certo. È facile parlare quando il tuo destino è quello di diventare la nuova Principessa di Equestria, ma come la mettiamo con tutti gli altri? Parlo dei pony di terra troppo gracili per lavorare, o degli unicorni la cui magia pecca a svilupparsi, per non parlare dei pegasi con ali atrofiche incapaci di volare che non proveranno mai il piacere insito nella loro razza di librarsi in aria! Dimmi Twilight, è giusto confinare le loro vite alla sorte che il destino, come tu lo chiami, ha scelto per loro?»

Qualcosa in lei cominciò a incrinarsi. «Beh, no. Ma… »

«Eppure sembra che le tue Principesse non l’avessero capito. Temevano che volessi spodestarle o chissà cos’altro!»

«Sbagli!» Tornò alla ribalta. «Loro te l’avrebbero lasciato fare se solo tu avessi collaborato!»

Bibski Doss fece un leggero sbuffo di rassegnazione, come se in parte sapesse di aver avuto torto. «Era un rischio che non volevo correre.»

Twilight scosse la testa, disapprovandolo completamente.

«Devi capire che c’era in ballo il futuro dell’intera specie dei pony! L’Equalizzatore avrebbe cambiato tutto… TUTTO! La nostra economia, la nostra ripartizione sociale, le abitudini quotidiane! Non potevo rischiare che svanisse in una nuvola di polvere!

«E hai pensato bene di agire di tuo zoccolo!» Lo ammonì la giumenta indaco.

«Ho semplicemente deciso di ultimarlo e di collaudarlo per conto mio! Volevo dimostrare alle Principesse che poteva funzionare, e ci sarei anche riuscito se soltanto non fossero spuntati dal nulla i Kaiju!»

«Così facendo ti sei tirato la zappa sugli zoccoli da solo!»

«Col senno di poi credo tu abbia ragione, ma lascia che ti chieda una cosa, Twilight.» Si avvicinò, ponendosi faccia a faccia con lei. «In tutti questi anni ti sei mai chiesta come mai abbia scelto te? Che cosa vuole da te in realtà?»

«I-io… » esitò per un momento, riflettendo «m-mi ha insegnato che cosa significa avere degli amici… mi ha insegnato ad essere responsabile e altruista… il valore dell’impegno, e… »

«E non pensi che sia ingiusto nei confronti delle tue amiche che sia stata proprio tu la predestinata al ruolo che ora vesti?»

«N-non è così semplice… Princess Celestia ha cercato… »

«Invece io trovo che la questione sia dannatamente semplice, Sparkle!» Twilight indietreggiò, ma più tentava di allontanarsi più la presenza di Bibski si faceva opprimente e minacciosa.

«Anche le tue amiche hanno affrontato le tue stesse difficoltà! Hanno vissuto esperienze assimilabili alle tue, condividendo con te le tue stesse battaglie e soffrendo i tuoi stessi dolori!» I suoi occhi di smeraldo sembrarono accendersi di un fulgore intenso e ardente nel quale l’alicorno finì per perdersi, completamente ghermita dal suo sguardo. «Eppure loro non hanno avuto un bel paio di accessori supplementari com’è accaduto a te, né hanno avuto una cerimonia d’incoronazione! E nessuna tromba ha suonato per elogiare il loro arrivo all’ingresso nella sala del trono! Questo come lo giustifichi?!»

Twilight Sparkle sentì scendere sul suo manto alcune lacrime, che come gocce di rugiada salate le bagnarono le guance ricordandole il freddo di quella notte invernale. «Non lo so… io non so perché mi abbia scelta… h-ho sempre pensato che volesse insegnarmi la magia dell’amicizia perché è questo che incarna il mio Elemento… » si asciugò le lacrime e singhiozzò «non ho nemmeno un reame mio da governare… non so nemmeno come si faccia… eppure tutti continuano ad appellarsi a me come “Principessa”!»

«Lascia che ti dica una cosa, Twilight: non è tutto oro quello che risplende sulla sua corona. La tua cara Celestia, che difendi con tanto ardore, è Custode di segreti che probabilmente nessuno vorrebbe conoscere. Chiedile di parlarti della Guerra del Vello Oscuro per esempio. Sono certo che non faceva parte del tuo programma di studi.»

La Principessa dell’Armonia s’interrogò su quel nome consapevole di non averne mai sentito parlare. Eppure, qualcosa le suggerì che in qualche modo era legato alle risorse per la costruzione degli Jaeger di cui aveva accennato Bibski nella sala del trono.

«E pensare che in tutta questa faccenda IO figuro come quello “cattivo”!» Disse lo stallone voltandosi. «IO… che miravo solo a rendere migliore la vita dei pony di Equestria!» Trottò verso il corrimano, le ali di metallo spalancate e pronte per spiccare il volo.

«Dove stai andando?» Chiese la giumenta.

«Me ne torno nella mia stanza, prima che a Bright venga in mente di radere al suolo metà della torre per trovarmi.» Voltò il capo solo di poco, parlandole con la coda dell’occhio. «Ah, un’ultima cosa, Principessa: Celestia ormai è troppo debole per reggere sulle sue spalle le sorti del regno. Teme i cambiamenti perché teme di non poterli controllare. È per questa ragione che da secoli la nostra civiltà non si è più evoluta dal punto di vista industriale, ed è per la stessa ragione – ne sono convinto – che ha impedito la produzione in massa dell’Equalizzatore. Ti ha scelto come Principessa perché ti ha reputato l’unica in grado di prendere il suo posto come sua erede futura quando lei sarà troppo stanca per proseguire.» L’Equalizzatore emise dei deboli sbuffi elettronici e sollevò dal balcone il corpo del pony dal manto d’oro.

«Sfortunatamente però, i tempi in cui viviamo non tollerano debolezze; i Kaiju sono una minaccia reale che non possiamo permetterci di sottovalutare. Se qualcuno vicino a lei non glielo farà capire, presto assisteremo alla caduta del suo regno molto prima del previsto. Rifletti su quanto ti ho detto, Sparkle, e fai la scelta giusta per il bene di tutti noi. Ti auguro una piacevole serata.»

«Bibski, aspetta!» Corse per fermarlo, ma lui si era già tuffato oltre il corrimano, svanendo nella notte dell’Impero di Cristallo.

Twilight non seppe dirsi per quanto tempo rimase ferma a osservare quel vuoto, tremante, tormentata e sul punto di rimettersi a piangere. Provò fino alla fine a resistere al bisogno di farlo, ma alla fine cedette. Era troppo per lei, troppi dubbi, troppe incertezze. Non voleva credere a una sola parola di ciò che quel pony le aveva detto, ma allo stesso tempo un germe indefinito cercava di convincerla del contrario, come se una lastra smerigliata si fosse appena infranta di fronte a lei rivelandole un panorama completamente inedito e mostruoso.

Celestia aveva dei segreti? La realtà era davvero come Bibski aveva cercato di figurarle? Oppure il cuore di quel pony era così nero e ricolmo di rancori da spingerlo a voler distruggere le sue convinzioni più care?

Studiò la Luna che regnava alta nella notte e non poté fare a meno di chiedersi se la sorella minore di Princess Celestia fosse informata dei medesimi fatti.

Poi un pensiero pocanzi disperso le fece tornar in mente l’appuntamento con Flash. Non sapeva quanto tempo fosse passato dal loro ultimo incontro, ma malgrado tutto, non voleva perdersi quell’uscita per nessuna ragione al mondo.

Ripresasi dalla crisi di pianto e con le estremità intorpidite dal gelo, imboccò il corridoio e si affrettò a scendere all’atrio principale, dove sapeva che il suo pegaso l’avrebbe aspettata.


Bibski volò fino alla finestra della sua stanza, da dove in precedenza era anche uscito.

Per sua fortuna la trovò aperta e quando vi entrò fu accolto da un tiepido calore che l’aria dell’esterno non aveva ancora soffocato del tutto.

Usò la “magia” del casco per chiudere l’anta e cominciò a sfilarsi di dosso l’Equalizzatore con la delicatezza che si attribuirebbe alla cura di un puledrino, riponendolo poi ben ordinato all’interno di un armadio di legno glitterato di cristalli.

La camera per gli ospiti che Princess Cadance aveva concesso loro era un discreto stanzino di venti metri quadrati con all’interno non più del necessario per garantire il comfort dei suoi pensionanti: un letto a castello, un armadio e un paio di cassettiere con sopra uno specchio rettangolare decorato ai bordi. Quattro colonne di quarzo scolpito con sopra appoggiati dei vasi di fiori decoravano i quattro angoli della stanza. Pacchiane a detta di Bibski, come tutto il resto del castello.

Udì un picchiettio di zoccoli provenire dalla stanza del bagno interno e quando la porta si spalancò apparve di fronte a lui Brightgate, con il manto e la criniera fradici di acqua: era appena uscito dalla doccia.

«Oh porco alicorno, mettiti un accappatoio almeno!» Imprecò il pony di terra coprendosi gli occhi con la zampa.

L’unicorno alto lo squadrò indifferente.

«Dove sei stato?» Chiese mentre con la levitazione reggeva un asciugamano e si asciugava la chioma.

Bibski si tuffò a pesce sul materasso inferiore del letto a castello. «Mah, niente di che. Un po’ di qui, un po’ di lì. Mostravo ai padroni di casa quanto fosse figo volare senza avere delle ali proprie.»

Un’aura magica lo sollevò e lo adagiò sul pavimento.

«Quello è il mio posto se permetti.» Asserì il pony grigio-cenere senza tanti complimenti, dirigendosi verso lo specchio.

«E perché mai?!»

Un grande pettine di cristallo trasparente e un phon azzurro vennero estratti da un cassetto e s’innalzarono sulla criniera di Bright. «Se preferisci dormo io di sopra, ma poi non ti lamentare se durante la notte ti dovessi sprofondarti addosso con tutto il materasso.»

Silenzio.

«Beh, ripensandoci il letto di sopra si addice di più al mio genio.» Asserì Bibski, forzando entusiasmo.

L’unicorno curvò il labbro in un sottile ghigno, mentre il pettine e il phon gli lisciavano le fronde seguendo l’impostazione della sua abituale acconciatura. «Allora, vuoi dirmi dove sei stato?» Chiese appoggiando l’asciugacriniera e continuando a pettinarsi.

Bibski roteò gli occhi fingendosi distratto. «Non trovi anche tu che sia buffo che ci sia un letto a castello dentro a un castello

«Bibski… » esortò insistendo.

«E va bene… diciamo che sono andato a scambiare due chiacchiere con una certa Principessa dell’Armonia di nostra conoscenza… »

Si udì nella stanza il forte rumore di qualcosa che si strappava.

Un violento sussulto aveva portato via una grossa ciocca di capelli corvini dalla chioma dell’unicorno alto, che ora penzolavano dai denti del pettine.

Bright si voltò verso di lui increspando le labbra all’ingiù.

Per evitare il rimprovero, il pony di terra si arrampicò sul piano superiore del letto a castello, da dove non poteva essere raggiunto dallo sguardo fulminante dell’amico.

Lo stallone grigio-cenere prese la saggia decisione di lasciar correre.

«Che idea ti sei fatto?» Chiese poco dopo, tornando a curarsi della criniera.

«Mah… » esclamò Bibski sdraiato di schiena «Celestia si è riconfermata la debole vigliacca che ben ricordavo.»

«Vacci piano, non sappiamo se ci stanno ascoltando. Ricorda che fino a ieri eravamo dei ricercati.»

Bibski sbuffò indolente. «Che sentano allora! Non è un crimine dire la verità a Equestria!»

Si voltò verso la sponda sinistra del letto, perdendosi per alcuni secondi in seno ai suoi pensieri. «Twilight Sparkle invece sembra diversa.»

D’improvviso il pettine smise di lavorare e fu appoggiato sulla cassettiera, Bright si avvicinò al letto.

L’inventore si mise seduto, incontrando gli occhi dell’amico «Ha la testa ancora troppo confusa dall’indottrinamento che i Reali le hanno fatto, ma sa benissimo che la situazione è grave… Bright, qualunque cosa abbia in mente Celestia… fallirà.»

«Non credi di essere semplicemente troppo prevenuto nei suoi riguardi?»

«Normalmente lo sarei, ma questa volta è diverso. Ho come la sensazione che presto… molto presto… avverrà qualcosa di orribile da qualche parte nel regno. Dobbiamo convincere le Principesse a collaborare con noi, o ci giocheremo la nostra unica speranza di sopravvivenza!»

Bright abbassò la testa, trovandosi a osservare i suoi zoccoli sul pavimento. Gli stessi con i quali aveva combattuto quella stessa mattina, come molte altre battaglie prima di allora.

Erano trascorsi decenni da quando lui e suo fratello avevano conosciuto Bibski Doss. Erano piccoli, e da allora molte cose erano cambiate. E anche ora che il pony di terra aveva ventisette anni e loro andavano per i trenta, le loro strade continuavano a distendersi in parallelo, come se l’universo stesso avesse deciso di tenerli uniti per tutta l’esistenza.

In tanti anni l’unicorno alto aveva imparato a conoscere ogni sfaccettatura di Bibski, e sebbene il suo tratto imprevedibile gli regalava ancora delle sorprese, la natura seria che di rado manifestava era indice che qualcosa di grave stava veramente per accadere.

I Kaiju non erano i tipici avversari che occasionalmente minacciavano la pace di Equestria. Erano creature da incubo, la cui sfuggente aura di mistero impediva ai pony di scoprire di più sulle loro origini.

Da quando erano stati rivelati i piani di Bibski, l’unicorno non faceva che domandarsi se delle macchine giganti potessero davvero competere contro un nemico di tale portata, come se l’esito della guerra dipendesse dalla gigantografia di un mero gioco per puledrini.

Bibski ci credeva, al punto da aver investito gli ultimi anni della sua vita nell’allestimento del progetto.

«Ora non pensiamoci.» disse infine, conscio che le risposte non sarebbero giunte nel corso di quella notte. «Domattina al risveglio decideremo come comportarci.»

In verità sapeva a cosa dovevano puntare: Twilight Sparkle.

Come aveva detto l’amico, era l’unica che poteva smuovere le acque tra i Reali.

Si accomodò sul suo materasso, ansioso di siglare la fine di quella lunga giornata, ma prima di coricarsi e socchiudere le palpebre rimaneva ancora una questione da risolvere… «Vatti a fare una doccia!» Ordinò al pony di terra che stava simulando di russare.

«Ohh, ma devo proprio Mamma?!»

«Sei stato rinchiuso in quelle segrete per tre giorni, col cavolo che ti faccio dormire nella mia stessa stanza se non ti dai una sistemata!»

«E che vuoi fare, farmi dormire sul divano

«No, ma posso sempre aprire la finestra e farti fare un volo fuori dalla stanza… senza Equalizzatore! Decidi tu.»

Ancora silenzio.

«D’accordo… però lo shampoo non me lo faccio!»


Qualche ora dopo.

Pinkie Pie si svegliò nel bel mezzo della notte, non sapendo dove si trovasse.

Si guardò intorno, inquieta.

Era all’aperto. Riconosceva un reticolo di strade in pietra che si diramavano tra alti edifici in quella che appariva come una città a lei familiare.

Le immagini erano sfocate e il buio copriva il poco che poteva distinguere.

Come c’era finita lì?

Provò a parlare, chiedendo a gran voce se ci fosse qualcuno, e fu certa che le sue labbra si mossero a labiale ma nessun suono si propagò nell’ambiente, come se non vi fosse ossigeno a disperderli.

In effetti, non era nemmeno convinta di star respirando, eppure si sentiva fisicamente bene, nonostante il suo cuore batteva all’impazzata come il becco di un picchio affamato sulla corteccia.

Percorse il viale che suppose fosse quello principale, muovendo la testa in cerca di un punto di riferimento che le fosse familiare. Un volto, un odore, un suono, ma per un po’ non accadde nulla, come se i suoi sensi fossero intorpiditi e incapaci di elaborare le informazioni che captava dall’ambiente.

Improvvisamente dal nulla si materializzarono delle forme equine, sfumate e anonime come gli edifici che li circondavano, che iniziarono a correre verso di lei.

Spaventata da quella visione, non ebbe la forza di fare altro se non bloccarsi sul posto e lasciare che la carica la investisse.

Le figure invece le passarono oltre, alcune schivandola, altre attraversandola come spiriti eterei.

Seguì con lo sguardo la fuga di quegli esseri di forma instabile, quando un ruggito violento e lacerante sembrò dilaniare il tessuto stesso della realtà.

Si girò verso la provenienza di quel suono atroce e si trovò a fissare ciò che la sua mente non avrebbe mai voluto rappresentare: una figura gigantesca, inconsistente, ma mostruosa e indescrivibile, che distruggeva al suo passaggio ogni cosa attraversasse il suo Sentiero.

Per Pinkie fu come vivere sulla sua pelle l’esperienza del primo attacco.

I palazzi crollavano, vittime dell’immane potenza del Kaiju.

Le figure equine ai suoi piedi morivano, schiacciate dalle macerie.

Pozze di sangue ampie e dense si formavano sotto gli enormi cumuli di cemento e pietra.

La giumenta dal manto rosa, che nella sua esistenza quotidiana non conosceva altra realtà al di fuori dell’allegria, di fronte a un tale spettacolo si sentì come se la sua stessa capacità di raziocinio fosse stata completamente annientata.

Nulla poté per impedire a quei pony incorporei di cadere sotto la violenza del mostro, e nulla poté anche quando la mastodontica zampa della bestia si sollevò su di lei intenzionata a seppellirla…


La Custode della Gioia si sollevò dal suo letto urlando come un’ossessa, vittima di uno dei sogni più terrificanti della sua vita.

I residui di ciò che aveva sognato sfumarono nell’arco di pochi istanti, lasciando dietro di essi solo una coltre di confusione onirica.

L’unica cosa che riuscì a ricordare era il sangue. Sangue e macerie; macerie e cadaveri. Qualcosa di orribile che giungeva prima dall’alto per poi calare, schiacciando lei e tutti gli altri indifesi pony che le stavano intorno.

«Pinkie Pie, che succede?! Che ti prende?!?»

Rarity, che condivideva con lei la stanza, balzò di soprassalto.

Si sfilò di fretta il copri-occhi che indossava per dormire e accese subito l’abasciur sul comodino accanto, non preoccupandosi di sistemarsi i bigodini che per il brusco risveglio si erano smossi dalla loro posizione.

L’amica non aveva smesso di gridare neanche per un secondo.

Ben presto arrivarono anche le altre, attratte dai lamenti della pony in rosa, e tutte insieme, eccetto l’assente Spike, si radunarono intorno alle due.

«Pinkie… ti prego, smettila!» Rarity scuoteva l’amica, che piangeva come una fontana.

«Era solo un sogno. E’ tutto finito!» Cercò di calmarla Applejack.

Fluttershy lottava contro se stessa per non farsi coinvolgere dall’irrazionale disperazione che aveva travolto la più gioviale del gruppo.

«Twilight, in nome di Celestia, fai qualcosa! Aiutala!» Invocò Rainbow Dash.

«Forse ho un’idea, spostatevi!» l’alicorno avanzò verso il capezzale del letto, attivando il corno per una magia che avrebbe fatto al caso loro.

Sopra la testa della sofferente Pinkie Pie si materializzò dall’etere un piccolo acchiappasogni con tre fili di perline pendenti da sotto, che culminavano all’estremità con tre piume d’aquila.

Quando esse si abbassarono, toccandola sulla fronte, la pony si ammutolì tutto d’un tratto.

I suoi occhi si spostarono verso l’alto, esponendo i pallidi bulbi.

Alcuni spasmi le attraversarono il corpo e dalla sua bocca eruppero alcuni versi strozzati.

«Oh cielo! Che cosa le prende, Twi?! Che le sta succedendo?!?»

«È tutto sotto controllo Rarity, fidati di me! Esci subito dal letto e allontanatevi tutte verso gli angoli della stanza, SBRIGATEVI!»

Ubbidirono in muto terrore, ma rassicurate dalla padronanza di nervi della loro amica Principessa.

Dopo una breve successione di spasmi e gemiti soffocati, guardarono tutte con i manti imperlati di sudore una piccola nube bordeaux scuro fuoriuscire dagli occhi di Pinkie e andare a concentrarsi nel reticolo concentrico dell’acchiappasogni, dove si condensò in una sfera compatta semisolida.

Twilight a quel punto sprigionò la seconda parte dell’incantesimo, una magia simile al colpo dirompente, ma dall’effetto specifico per lo scopo, che andò a colpire l’oggetto e con esso l’incubo, deflagrandoli con un suono di vetri rotti.

Pinkie Pie ricadde sul suo cuscino, dove sprofondò in un quieto sonno senza sogni.

«C-che cos’era… quello?» Chiese Flutershy, con la bocca che le tremava dalla paura.

Twilight si voltò sospirando sollevata. «Un incanto acchiappasogni. Estrae gli incubi impressi negli occhi di chi sogna e li distrugge con la magia.»

«S-starà bene?» Domandò invece Rarity, ancora scossa dal brusco risveglio.

«Di solito l’incanto non è così traumatico. Deve aver avuto un incubo veramente brutto! Ma per domani starà meglio. Per fortuna il peggio è passato.»

«Ne sei sicura, zuccherino?»

Le pony si volsero sorprese verso la cowgirl.

«In teoria sì. L’incanto ha assorbito tutto. Si sveglierà sapendo di aver avuto un brutto sogno, e lì finirà.»

«Hmm…» mormorò di risposta, dubbiosa.

«Cosa c’è che non va, AJ? Non ti fidi della nostra amica?»

«Non è questo, Dash. È che conosco Pinkie Pie da un sacco di tempo.»

«E quindi? Non sei mica la sola se è per quello!»

«Ma io la conosco da molto più tempo di tutte voi messe insieme, e so che ad Equestria ci sono due cose in cui non la batte nessuno: preparare feste e… prevedere gli eventi futuri.»

Twilight valutò attentamente le parole dell’amica. «Credi che abbia sognato il prossimo attacco?»

«Non ne sono sicura» sbuffò abbattuta «ma se è vero che le basta un brivido alle zampe per anticipare un evento terribile, non voglio immaginare che cosa abbia visto in quel sogno…»


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La mattina seguente.

Il risveglio nell’Impero di Cristallo aveva lasciato dell’incubo di quella notte solo un brutto ricordo, ormai tenue e dimenticato, e ora Pinkie Pie rideva e saltellava in compagnia delle sue cinque amiche come se nulla fosse successo.

«E quindi… non ti ricordi più niente?» Le chiese Applejack, delusa perché di quella storia avrebbe voluto saperne di più.

«Niente di niente assolutissimamentissimo!» Confermò, smorzandole ogni speranza. «Però, ora che ci penso…»

Le cinque amiche si fermarono di colpo e la fissarono col fiato sospeso.

«Stavo correndo in una foresta che sembrava la Everfree Forest… »

«Sìì… ?» Echeggiarono in gruppo.

«C’era qualcosa che mi stava inseguendo… »

«… aha… ??»

«… e ad un certo punto, non ricordo bene… credo di essere finita in un posto… »

«Dove???»

«Uhm… AH SÌ!! Era una casa fatta di dolci e marzapane! Prima ho mangiato la porta a forma di biscotto, poi ho bevuto la cioccolata dai rubinetti, poi il fuoco sul camino che era di zucchero filato, poi… » si azzittì e cominciò a pescare dai ricordi un dettaglio che le sfuggiva, ma che era certa fosse importante.

Le sue amiche si strinsero a lei, covando la speranza che a quel punto rivelasse qualcosa di utile.

«GIUSTO!!» Batté gli zoccoli in segno vittorioso.  «Alla fine ho scoperto che quello che mi stava inseguendo era un lupo del legno fatto di dolci!! Mi sono mangiata pure lui!!»

Svennero a terra, cadendo l’una sull’altra.

Quando si rialzarono, Twilight si picchiò una zampa sulla fronte. «Pinkie, sei davvero incorreggibile!»

«Già, e non mi hai nemmeno invitato! Anch’io voglio un sogno di marzapane!» Se ne uscì Spike, ricevendo un’occhiata di biasimo dalle altre giumente.

«Che c’è?» Chiese, non capendo quale fosse la sua colpa.

«Non ti ci mettere anche tu!» Lo ammonì l’amica alicorno!

Ripresero ad avanzare, uscendo dal corridoio principale della torre di cristallo.

Era arrivato il momento di rientrare a Ponyville, dove le famiglie e le loro case le attendevano per fare ritorno alla routine quotidiana di tutti i giorni.

Fuori dal castello, superato il Cuore di Cristallo posto a guardia dell’Impero, si diressero al piazzale di fronte, dove due carrozze simili a quella che le aveva condotte lì dalla stazione, attendevano il loro arrivo per riportarle a Canterlot.

Princess Luna e Princess Celestia erano già sul posto e discutevano di qualcosa con Cadance, mentre i pegasi cocchieri attendevano il loro segnale per partire. Ma non fu a loro che l’attenzione delle sei Custodi ricadde, bensì su qualcosa parcheggiato alcuni metri più in là.

L’ammasso di lamiere e metallo di cui lo Skybreaker era composto contrastavano con la lucente architettura degli edifici, come una macchia di fango su un vestito nuziale.

Si avvicinarono spinte dalla curiosità, in parte attratte e in parte intimorite (Fluttershy) dall’aspetto “alieno” di quel bizzarro mezzo di trasporto.

Due pony erano indaffarati in qualche compito non chiaro sul fianco destro, dietro la grande ala del velivolo.

Riconobbero Bibski con indosso l’Equalizzatore e un microfono auricolare sul lato del viso, ma non l’altro unicorno.

Non era Brightgate e nemmeno un pony di Cristallo. Era un grosso stallone dal manto ocra e dalla criniera rosso vermiglio, il cui cutie mark rappresentava una chiave inglese e un martello incrociati, con al centro una stella a cinque punte azzurro-chiara.

«Oh, salve ragazze. Avete trascorso bene la nottata?» Chiese Doss cercando di mostrarsi accomodante e gioviale, ma apparendo come al suo solito cinico e seccante.

«Quindi… questo sarebbe il vostro mezzo?» Chiese Applejack pungente, reputandolo grezzo persino per i suoi standard campagnoli.

«Già, non è una bellezza? Vi presento lo Skybreaker!» Picchiò sulla fusoliera che rispose con un clangore metallico. «Lega di acciaio e alluminio per centoquaranta miglia orarie di velocità a piena potenza! È l’orgoglio di Papà!» Poi si mise ad accarezzarlo, come se si trattasse di un cucciolo in cerca di attenzioni.

Applejack fece alle amiche un gesto, ruotando lo zoccolo intorno alla sua tempia: “il tipo ha qualche rotella fuori posto.”

«Io lo trovo mitico!» Commentò entusiasta Spike, da sopra la groppa di Twilight!

«Puoi dirlo forte!» Si associò Bibski.

«Mah! A me non convince per niente!» Disse Rainbow Dash incrociando le zampe in volo. «Non sarà mai veloce quanto le forti ali di un pegaso in forma come me!»

«Può darsi, ma tu non hai una portata di carico di dieci tonnellate come lui.»

L’altro unicorno, che fino a quel momento non si era distaccato dal suo compito, si fece avanti per parlare. «Credo di aver capito il problema.»

«Ma non mi dire.» L’inventore si avvicinò e insieme guardarono un groviglio di componenti e cablaggi dalla paratia aperta, dalla quale era stata estratta una sorta di grossa tanica di un metro di ampiezza per mezzo di larghezza, divisa in due compartimenti a se stanti da una più sottile piastra metallica centrale che correva su tutta la sua lunghezza.

«È come pensavo.» Disse lo stallone ocra indicando la bocca della cella energetica. «Il freddo ha congelato la miscela nella camera di emulsione e ha intasato tutta la trasmissione. Le ho dato una ripulita, ma temo che dovrete comunque cambiarla.»

«Sai com’è, all’inizio non avevo preventivato una pensione fuori programma nell’Impero di Cristallo.» Con la levitazione del casco avvicinò a sé il microfono e chiese a Brightgate, all’altro capo, di portar fuori una nuova cella energetica.

L’altro stallone invece si avvicinò alle sei Custodi. «Temo di non essermi ancora presentato.» S’inchinò. «Io sono Wrench, Iron Stud per gli amici, ma non dategli troppa importanza. È solo un nomignolo.»

Le giumente degli Elementi ricambiarono con cordialità il saluto.

«Vacci piano con loro, Wrench. Non è in questa vita che troverai l’anima gemella.» Lo prese in giro Bibski alle sue spalle.

«Non fateci caso. Mi odia solamente perché sa che un giorno prenderò il suo posto nell’organizzazione.» Bisbigliò alle loro orecchie, suscitando un lieve venticello di risate.

«Nei tuoi sogni, amico. Nei tuoi sogni.»

Nel frattempo Bright era uscito del retro dello Skybreaker e portava con sé una nuova cella di ricambio per quella che dovevano sostituire. Si annunciò al gruppo con un discreto cenno.

Wrench prese in carico la cella e la adagiò col suo corno nello scompartimento, mentre l’unicorno grigio-cenere rientrava nella cabina di pilotaggio.

Lui e Bibski poi si scambiarono altri discorsi con l’auricolare, mentre il terzo stallone finiva di collegare la nuova riserva di carburante.

«Funziona! L’alimentazione c’è!» Comunicò infine Bright, uscendo.

La paratia fu chiusa.

Wrench si pulì la fronte dal sudore e dalla fuliggine. «Fiù, e anche questa è andata. Cosa faresti senza di me, Bibski?»

Sobbalzò quando si sentì toccare la spalla da Bright. «Non dargli il tempo di risponderti. Vieni, che ti rimandiamo al campo.»

Bright e suo fratello Blu, dal quartier generale, dialogarono tra loro per mezzo della telepatia, quindi si organizzarono per aprire il Ponte.

Le Custodi si fecero da parte, rimanendo sinceramente ammaliate alla vista del portale che si aprì di fronte all’unicorno alto.

Twilight, in particolare, si domandò come avessero imparato a farlo.

Nei lunghi anni dei suoi studi aveva letto d’innumerevoli magie che consentivano il trasferimento di materia da un punto all’altro del tempo e dello spazio; addirittura ripensò allo specchio stregato che aveva condotto lei e Spike nella dimensione umana, ma il caso in questione era differente: un portale dimensionale “portatile” che poteva essere aperto a piacimento e che non richiedeva particolari sforzi per reggerlo.

Chissà se prima o poi avrebbe potuto chiedergli di insegnarglielo?

«Beh ragazze, è stato un piacere conoscervi. Spero di rincontrarvi uno di questi giorni.» Salutò con amichevole tono Wrench.

«Nei tuoi sogni!» Echeggiò da dietro l’inventore.

Lo stallone ocra ruotò gli occhi e congedò le sei pony con un elegante baciazoccoli, oltrepassando poi il portale dei gemelli.

Rarity sospirò. «Perché non avete eletto uno come lui leader del vostro gruppo?!»

Bibski si avvicinò in volo ghignando. «Perché lui non è me.»

Non poteva immaginare che cosa stava per accadergli: Pinkie Pie gli balzò addosso, e data la sua minimale taglia, fu facile gettarlo a terra. «Posso provarlo? Posso provarlo? Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti preeegooo!!» Alludeva all’Equalizzatore.

«QUALCUNO ME LA LEVI DI DOSSOOOO!!» Gridò, ma erano tutte troppo impegnate a ridere per venire in suo soccorso.

Fu Bright a intervenire, scostandola delicatamente con una semplice magia di telecinesi. «Purtroppo non è possibile, Pinkie Pie. È stato costruito su misura per Bibski.»

«Ergo, se lo indossassi ti distruggerebbe in un istante le vertebre dorsali!» Spiegò sadicamente, rialzandosi.

Nel frattempo nessuno notò l’avvicinarsi di Shining Armor. «Va tutto bene qui?» Chiese sospettoso e imperiale.

«Naturalmente. Skybreaker operativo e pronto alla partenza! Al contrario dei vostri poveri soldatini domati, che schiavizzate con quelle assurde carrozze volanti!»

«Non ti rispondo nemmeno.» Nitrì il Capitano delle Guardie.

«A proposito.» Aggiunse l’inventore. «Molto gentili a smontarci il sismografo e a caricarcelo nella stiva, così da costringerci a ripararlo prima di fare ritorno nella landa ghiacciata!»

«Ringrazia Princess Cadance per questo, io avevo proposto di gettare tutto nella spazzatura.»

Bibski non poté astenersi dal controbattere di nuovo, ma a quel punto nessuno stava più facendo caso a lui, nemmeno Bright.

Shining Armor comunicò alle sei Custodi che la carrozza per Ponyville era pronta e che era giunto il momento di partire.

Si avviarono al suo seguito, ma non Twilight che chiese loro di aspettare ancora per qualche minuto.

Restò nelle vicinanze dello Skybreaker e si mise a osservare gli ultimi preparativi della partenza.

Bibski era rientrato nella cabina di pilotaggio, mentre Bright indugiava all’esterno.

L’alicorno si avvicinò per cercare di capirci qualcosa.

D’improvviso un forte rombo d’accensione si propagò dai motori del velivolo e le eliche cominciarono a roteare via via sempre più veloci smuovendo un gran quantitativo di aria gelata contro i loro manti.

Altri pony di cristallo si radunarono intorno alla scena per osservare da debita distanza.

Il rumore si quietò di poco quando la velocità delle rotazioni si stabilizzò, ma non si silenziò mai del tutto, continuando a vibrare dentro le loro orecchie.

Twilight si stupì di quanto quel mezzo fosse chiassoso, benché per più di un anno nessuno era mai stato capace di localizzarli. Di quali espedienti si erano mai serviti per sfuggire a così tanti occhi?

«Allora, Twilight? Hai poi riflettuto sul nostro discorso di ieri?»

L’alicorno sussultò. Distratta dai suoi ragionamenti, non aveva notato l’avvicinarsi del piccolo pony col cutie mark lampadina.

Le eliche erano state temporaneamente spente, sebbene si potesse ancora udire un sommesso suono di macchinari in funzione.

«Non… non è una cosa facile… » rispose a bassa voce, per non farsi udire dal resto del gruppo più in là. «Mi stai chiedendo di dubitare di una persona che praticamente mi ha cresciuto come una seconda madre!» In verità a tutto pensava fuorché alla loro discussione sul balcone. La serata con Flash, per quanto modesta che fu, le aveva rimosso dalla testa tutti i pensieri nefasti che aveva accumulato nel corso della lite, e non le andava di rimettere zoccolo sull’argomento. Non subito almeno.

Bibski grugnì. «”Campa cavallo che l’erba cresce”.» E rientrò infastidito nella cabina di pilotaggio.

Twilight sbuffò esaurita.

«Ma come fate a sopportarlo?» Chiese all’unicorno alto, che aveva seguito in disparte.

«Lo ammetto, certe volte sa essere una vera spina nel fianco… » rispose con intenti ironici, ma facendosi subito grave  «però ha un pregio invidiabile: non sbaglia MAI! Se è davvero convinto che i Kaiju si faranno presto più aggressivi, dobbiamo dargli ascolto.»

Presa nuovamente dallo sconforto, Twilight strofinò lo zoccolo sul lustro pavimento. «Lo so… anch’io la penso così in effetti, ma… cielo, fino a ieri vi credevo dei pericolosi criminali, e ora mi state chiedendo di andare contro tutto quello cui credo per dare retta a uno come… lui!» La frecciata fu inevitabile.

Bright si mostrò comprensivo, annuendole con un cenno. «Puoi darmi un momento per favore?»

Si allontanò verso il retro dello Skybreaker, per fare poi ritorno un minuto più tardi con qualcosa che levitava accanto alla sua testa: era un foglio di carta ordinatamente ripiegato.

«È vero Twilight, non possiamo costringerti ad aiutarci per forza. Ma se per caso cambiassi idea…» glielo porse.

Aprendolo, la Principessa dell’Armonia vide quella che sembrava una mappa, scarabocchiata in fretta, ma abbastanza comprensibile.

«Raggiungi questo posto. È lì che ci troviamo. Sul retro ho anche scritto una formula… » la voltò per lei. Era un incantesimo per inviare messaggi attraverso il Fuoco Magico. Lo stesso usato da Spike.

«Falla leggere a Princess Celestia, in questo modo potremo scambiarci lettere in caso di bisogno. Le riceverò io personalmente.»

«Bright! Qui mi si sta gelando il “cutie mark”! Datti una mossa!» Si lamentò il pony di terra dalla cabina.

«Sì un attimo, arrivo subito!»

Tornò a rivolgersi a Twilight.

«Non posso prometterti niente… » disse addolorata l’alicorno.

«Lo so.» Annuì mesto. «Ma detto tra noi, spero che non ce ne sarà il bisogno.»

Sorrise, e lei fece lo stesso.

«Ci dispiace per tutti i problemi che vi abbiamo causato. Spero che il nostro prossimo incontro sia meno turbolento di questo.»

Bright si congedò da lei porgendole un servile inchino, che tuttavia non bastò ad appianare l’impressionante divario di altezza che c’era tra i due.

Poco dopo ognuno si trovò in viaggio sul proprio mezzo di trasporto, chi sullo Skybreaker, chi sulle proprie carrozze (Celestia e Luna in un cocchio più piccolo, le Custodi in un altro) .

Durante il viaggio qualcuna chiese a Twilight del foglietto e di ciò che si erano detti lei e Bright prima del volo, ma eluse le loro domande senza preoccuparsi delle occhiate di sospetto che riceveva in risposta.

Prima di parlarne con le sue amiche, doveva rifletterci attentamente e scambiare un paio di parole con Princess Celestia.

Era arrivato il momento di scoprire una volta per tutte quale fosse il suo piano.


Dopo due ore di viaggio, riuscivano finalmente a vedere i grandi bastioni d’avorio di Canterlot stagliarsi nello scenario.

Le carrozze, che avevano volato insieme fino all’arrivo, virarono dolcemente verso destra, seguendo una rotta aerea che le tenesse a debita distanza dagli altri trasporti in volo.

Più in basso, in uno spazio assegnato allo spostamento dei civili, qualche pegaso fluttuava nell’aria incurante di ciò che avveniva sopra di lui.

Rainbow Dash si sentì finalmente sollevata per la fine del viaggio e spalancò le ali per stiracchiarsi i muscoli e arieggiare un po’ il piumaggio.

Per quanto comode e confortevoli fossero le carrozze del trasporto Reale, odiava muoversi in quel modo. Non si capacitava del perché una come lei, col suo fisico robusto, dovesse ricorrere a certi mezzi di trasporto quando invece da sola avrebbe potuto raggiungere qualunque località in metà del tempo. Ma si rendeva conto che con molta probabilità ciò avrebbe rischiato di farle attribuire la nomea di “asociale sbruffona”, che per una Custode dell’Elemento della Lealtà era il peggiore degli accenti.

Si appoggiò al bordo della carrozza senza far caso ai discorsi delle sue amiche e si trattenne dall’impulso di balzar fuori per concludere il viaggio da sé.

«Ehi, guardate laggiù!»

Si ritrovò accanto la zampa di Spike, che indicava con puerile stupore l’esercito di pegasi e grifoni che percorrevano i cammini di guardia delle mura della città.

«Per tutti i campi incolti! La Principessa ci sta dando sotto con gli spiegamenti!» Commentò Applejack con uno zoccolo impegnato a impedire che il cappello le volasse via.

«È il programma Muraglia dell’Armonia.» Espose Twilight. «Ho sentito che stanno inviando truppe di stazionamento intorno a tutte le città in vista del prossimo attacco.»

«Spero tanto che bastino… » farfugliò Fluttershy, che invece di trovare sollievo nell’organizzazione delle Principesse, cominciò a tremare visibilmente per la prospettiva di avere a che fare ancora una volta con i Kaiju.

La cowgirl le disse qualcosa per tranquillizzarla e Rainbow Dash era sul punto di unirsi alla conversazione, quando qualcosa sulle mura attirò la sua attenzione, o per meglio dire… qualcuno. Qualcuno che non vedeva da anni e che di certo non si aspettava di ritrovare in quel luogo e in quel momento.

«Ragazze, io scendo qui se non vi spiace!» Disse di getto, lanciandosi fuori dalla carrozza.

«Dash, dove stai andando?» Chiese Twilight.

«Devo controllare una cosa, aspettatemi in stazione! Sarò lì in un lampo!» E volò via con la stessa fretta di prima, lasciandole basite e gementi.


Atterrò in un ampio piazzale cementato, dove diversi cadetti pegasi con indosso le divise dei Wonderblots erano impegnati nei più disparati esercizi di allenamento, severamente tenuti sotto controllo dal Capitano Spitfire, in veste di Sergente Istruttrice. Non vi era invece presenza degli altri due membri anziani, Soarin e Fleetfoot, forse impegnati con altre unità o inviati in altre metropoli.

Al suo passaggio le due giumente incrociarono i loro sguardi.

La pegaso dalla criniera di fuoco le mostrò un cipiglio rancido, ancora memore dei guai provocati da Dash qualche tempo prima (e di cui quel Bibski Doss sembrava in qualche modo al corrente), ma non si rivolsero frasi di alcun tipo.

Dash cercò di far finta di niente e salì una grande scalinata di pietra, superando alcune Guardie Reali e una coppia di grifoni che si fermarono a guardarla con un misto di ammirazione e sorpresa per il fatto di trovarsi di fronte ad una delle eroine di Equestria.

Giunse infine in cima al cammino di guardia, dove file di militari unicorni allineati lungo i merletti si esercitavano nell’incantesimo dello scudo magico che avrebbero sollevato il giorno della prossima battaglia, supervisionati a loro volta da Guardie Cittadine di grado maggiore.

Era davvero sorprendente il livello di organizzazione che il programma Muraglia aveva raggiunto nel corso di quei mesi. Non era più solo uno schieramento di unicorni volti a creare barriere protettive intorno alle mura, si trattava di un vero e proprio esercito multirazziale, sapientemente ripartito al fine di tenere occupati i Kaiju in attesa dell’attivazione degli Elementi dell’Armonia.

Rainbow Dash aveva assistito a qualcosa del genere nel corso della battaglia del Terzo Attacco, quando l’azione combinata di pegasi e unicorni militari aveva garantito la salvezza di Las Pegasus, e sembrava che l’esito di allora avesse pesantemente influito sulle recenti strategie di guerra, al punto da eleggere la Muraglia dell’Armonia la procedura standard per la difesa delle città negli scontri futuri.

Senza contare che ora disponevano anche del supporto delle forze grifoni.

Continuò ad avanzare per altri cento metri, arrivando nei pressi di una torre di osservazione sulla cui cima altri Wonderbolts erano atterrati dopo quella che sembrava una specie di prova di velocità (che lei avrebbe terminato ad occhi chiusi in metà del tempo, non si astenne dal considerare). Un'altra scalinata, simile a quella precedente, portava a un sottolivello all’aperto sul cui spiazzo un’unità di grifoni aveva allestito una sorta di poligono di tiro. Dash vide degli spessi bersagli ricavati da ceppi d’albero appoggiati su robusti piedistalli a ridosso della parete bianco avorio, e più in là delle casse in legno di due metri cubi ciascuna che gruppi di unicorni e grifoni stavano caricando in due pile distinte.

Una fila di soldati dal becco aquilino e dal corpo di leone, con indosso uniformi grigio-scure da reclute ascoltavano in posizione sull’attenti le parole della loro istruttrice, colei che Dash aveva creduto di aver visto da dentro la carrozza.

«… quindi ricordate: nessun’azione in solitaria! Niente eroismi di bassa lega! Per quanto vi crediate forti e veloci, in un confronto diretto con un Kaiju sareste solo foraggio fermentato, vecchio di settimane!» La voce era la sua e con essa anche le “dolci” parole con le quali si appellava alle reclute: Gilda Grizelda, la sua vecchia amica.

L’atteggiamento invece sembrava differente; non era più la strafottente bulletta gelosa d’attenzioni dei tempi della scuola di volo. Ora la sua rabbia repressa la sfogava addosso ai suoi cadetti, e a giudicare dalle pose fisse e dagli sguardi inamovibili che avevano assunto di fronte a lei, sembrava tagliata per quell’incarico.

Indossava una pesante armatura corazzata nera con dei simboli rossi dipinti sulle spalline. Ideogrammi antichi con cui spesso i combattenti decoravano le loro armature per esporre i loro meriti in campo, come se rappresentassero una forma tribale di cutie mark dei grifoni.

Il taglio del piumaggio sulla testa era lo stesso di sempre, ciò che invece aveva di diverso era un piccolo sfregio cicatrizzato che le rigava la guancia destra. Forse la conseguenza di una colluttazione con un altro grifone.

«“Distrarre e fuggire”, sfigati! Questo è il vostro motto! Non dimenticatelo e forse vivrete abbastanza a lungo per godervi le facce dei pony che brindano sulla vostra vittoria!» Navigò con lo sguardo sui volti dei cadetti, puntando il dito artigliato su un giovane maschio dalla pelliccia giallo paglierino. «Tu. Nome e Reggimento, pivello!»

«Signora, Cadetto Rogue Fulvus! Secondo Reggimento, Signora!» Rispose il giovane con fiero portamento e possente voce.

«Abbassa le piume, Junior! Questa è l’Aviazione dei Grifoni di Cloudsdale, non il Gran Galà dei Pavoni!»

Guardando la scena da distante, a Dash venne voglia di sorridere. Era senz’altro la vecchia Gilda di sempre, con qualche grado in più ma la stessa antipatia di sempre.

«Cosa si fa se un Kaiju punta alla Muraglia dell’Armonia?» Chiese la Sergente Istruttrice.

«Signora, ingaggiare manovra di volo SkyArrow fino alla completa attenzione del nemico!»

«E in che cosa consiste?»

«Volo in formazione a punta di freccia con l’attrezzatura lancia-dardi da combattimento aria-aria! Fuoco sequenziale sul bersaglio e virata verso il basso partendo dal caposquadra. Assicurarsi dell’esito dell’ingaggio e ritorno in formazione per nuova azione!»

«Sei bravo con le nozioni accademiche, Tuorlo D’oca» Lo schernì avvicinandosi al suo becco «ma sei altrettanto abile a volare?»

Una piccola goccia di sudore cadde sulle impermeabili piume del cadetto Fulvus, mentre deglutiva nervosamente. «Signora, i miei artigli e le mie ali sono al servizio dell’Aviazione dei Grifoni!» Si ricompose.

«Oh, non ne dubito, ma dimentichi una cosa… » con una potente zampata pestò l’arto anteriore del giovane, che oltre al dolore fisico dovette subire l’imposizione psicologica di non cedere alla fitta che in quel momento scorreva su tutte le sue falangi. «“Signora” va sia all’inizio che alla fine.» Gli sussurrò a un orecchio.

«S-signora… ai suoi ordini… Signora.»

Gilda ritornò alla sua posizione iniziale, con l’atteggiamento fiero ed esemplare di chi aveva riversato litri di sangue e sudore per giungere lì dove stava lei. «Lo ripeto di nuovo per i duri di comprendonio: nessuna azione insensata! I vostri superiori hanno ben altro per la testa che preoccuparsi di avvisare le vostre famiglie che i loro sconsiderati passerotti c’hanno lasciato le penne in battaglia! Collaborate con i vostri compagni, eseguite gli ordini del vostro caposquadra e non tornate se non da vincitori!» Si scricchiolò le spalle, provocando un acuto suono di ossa che poté avvertire persino la pegaso arcobaleno da distante.  «Ora levatevi dalle palle, ma guai a voi se osate rompete le righe finché non sarete fuori dalla mia portata!»

I cadetti grifoni marciarono con passo sincronizzato accanto a Rainbow Dash, salendo per le scale del cammino di guardia.

Malgrado l’atteggiamento che Gilda aveva scaricato sui giovani aviatori, nei loro volti appuntiti non vide alcuna frustrazione, ma il rispetto di una truppa devota al suo abile leader.

La Sergente Istruttrice si era voltata dall’altra parte e si era messa a ispezionare le casse che stavano scaricando qualche metro più in là, senza fare caso alla nuova arrivata che la stava osservando da diversi minuti, mentre nel fianco del piazzale adibito al poligono, cadetti di un altro Reggimento si stavano esercitando con le prove di tiro, indifferenti a qualsiasi cosa fosse al di fuori del loro bersaglio.

Rainbow Dash si sentì un po’ in soggezione al pensiero di mostrarsi a quella nuova Gilda, ma si fece coraggio e andò da lei.

«”Junior Speedster è la nostra vita. Pronti a volare, la paura è sparita…”» intonò lentamente, ricordarsi le parole del loro motto scolastico.

Udendola, la grifone corazzata strabuzzò gli occhi e appoggiò sulla cassa i fogli d’inventario che teneva tra le zampe «”Junior Speedster è il nostro baluardo… resta sempre il nostro traguardo”.» Solo allora si girò.

«Ne è passato di tempo, eh vecchia mia?»

«Dashie, sei l’ultima pegaso che mi aspettavo di vedere oggi.» Commentò composta, ma sinceramente sorpresa.

Si batterono a vicenda i palmi delle zampe, proseguendo con un brohoof: il loro vecchio saluto.

«E lo vieni a dire a me?! Dove ti eri cacciata? Non ti vedo da… beh, dalla festa di Pinkie Pie!»

«Pff, è una storia noiosa.» Sospirò la grifona iniziando a raccontare. «Dopo quei fatti, quando – diciamo – abbiamo smesso di vederci… mi era venuto il sospetto che forse avevo un po’ esagerato a trattar male la tua amica. Così ho deciso di darmi una regolata. Mi sono arruolata nel Sesto Reggimento Aviatori pensando che fosse la cosa più nobile da fare. Una cosa tira l’altra e, beh… » indicò se stessa con la zampa.

«Sergente Istruttrice… »

«E sono sempre fantastica!» Scoccò un occhiolino. «Ma alla fine è un lavoro come un altro. Per lo meno non ho dovuto stravolgere troppo il mio modo di essere!»

«Già, è proprio cosa di tutti i giorni trovarsi a capo di un esercito di grifoni!» Scherzò con sarcasmo la pegaso.

«Ma sentitela Rainbow Dash! L’eroina di Equestria che per lavoro indossa l’Elemento della Lealtà e come hobby va a caccia di Kaiju!» Le diede un colpetto sulla spalla con il gomito corazzato, facendola gemere.

«Touchè.» Cedette lei.

«Eheh! Vieni, voglio farti conoscere le mie nuove amiche.»

La portò accanto a sé, aprendo una della grandi casse impilate.

«Sono le nuove bardature da combattimento lancia-dardi?» Chiese la pegaso, sentendosi salire l’entusiasmo nei muscoli.

«Fresche di giornata! Le hanno appena fatte venire da Griffonstone.» Spiegò, mentre ne estraeva una dall’imbottitura.

Era formata da più parti che andavano montate sul corpo dei grifoni: un cassone dorsale in ferro battuto che fungeva da fondina per i dardi, capace di contenerne fino a sei a seconda della taglia dell’aviatore, un fusto simile al teniere delle balestre classiche sul fianco sinistro e un meccanismo di pressione sul destro che, con una leva manuale posta accanto al braccio caricava e tendeva automaticamente la potente molla di rilascio del colpo.

Un grilletto accanto alla mano sinistra, attaccato su un supporto simile a quello della leva, permetteva invece al soldato che la indossava di fare fuoco sul bersaglio.

«Non saranno efficaci quanto i vostri cari Elementi dell’Armonia» ammise la Sergente «ma fanno il loro sporco dovere.»

In quel momento uno dei grifoni sulle postazioni del poligono fece fuoco con la propria bardatura e un grosso giavellotto di legno con la punta acuminata in acciaio si conficcò dritto al centro del suo bersaglio, trapassando lo spesso tronco da parte a parte.

Rainbow Dash fischiò sbalordita. «Tienimene una da parte quando arriveranno le prossime spedizioni!»

«Spiacente Dashie, ma non ne fanno della taglia dei pony!» Rispose sogghignando malignamente.

«Oow!»

Gilda si avvicinò al grifone nella postazione per comunicargli qualcosa.

In un primo momento sembrò complimentarsi con lui per la mira, ma subito ribaltò il tono di voce, asserendo che aveva impiegato troppo tempo per agganciare il bersaglio. Il giovane cadetto dovette accollarsi il rimprovero senza battere ciglio.

Poi fece ritorno dalla pegaso.

«A proposito, ho sentito che sei entrata nei Wonderbolts, congratulazioni!»

«Non proprio. Il corso è stato sospeso dopo i primi attacchi. Sono ricominciati solo da poco.» Precisò, un po’ intristita.

«Oh… quindi sei qui in veste civile? Lo sai che volendo ho l’autorità per farti cacciare?»

«Non ci provare!»

Risero entrambe di gusto, scordandosi per un momento dei gradi e di tutta la situazione.

Era bello rivedere dopo così tanto tempo un’amica e scoprire di avere ancora degli ottimi rapporti con lei. Entrambe si erano dimenticate del passato e ora, nel presente, desiderarono solamente recuperare un po’ del tempo perduto insieme.

Gilda era un’ufficiale e Dash aveva come garante Princess Celestia. Questo dava loro la possibilità di spostarsi liberamente lungo i campi d’addestramento, senza preoccuparsi di dare troppo nell’occhio.

Camminarono e chiacchierarono a lungo.


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Le carrozze atterrarono in un ampio balcone sospeso tra due torri del castello.

Custodi e Principesse scesero dai mezzi che poi ripartirono per l’Impero di Cristallo.

Durante il viaggio, Twilight aveva meditato a lungo ed era giunta alla conclusione che doveva far luce sulla faccenda con Celestia.

La Principessa del Sole era inquieta. La sua natura solare contrastava con i cupi pensieri di quelle ore, impedendole di nascondere ai sudditi il suo reale stato d’animo.

Prima che potesse parlarle, ella svanì nell’entrata del corridoio della torre frontale, lasciandosi alle spalle la sorella Luna e le sei giumente, che altro non potevano fare che guardarsi tra loro interdette.

«Ma che le è preso?» Chiese Applejack.

«Sembra triste per qualcosa… » suggerì Fluttershy.

Princess Luna sospirò, come se sapesse il perché, ma non volesse dirlo.

In altre circostanze Twilight avrebbe evitato di forzare lo zoccolo, attendendo un’occasione più serena per farsi avanti, ma non ora, non con una posta tanto alta in gioco.

«Andrò dentro a parlarle.» Informò le altre, pronta a farsi valere se qualcuno avesse tentato di dissuaderla.

«Dobbiamo accompagnarti, cara?» Si offrì invece l’amica Rarity.

«No, questa volta preferisco vedermela da me. Non odiatemi.»

Avvertì la morsa di due potenti braccia avvolgerla con forza.

«Noi odiarti?! Noi non ti odieremo mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai!! Come puoi pensarlo?!»

«Eheh, va bene Pinkie, ma ora lasciami, per favore.»

Si liberò dalla sua stretta e si scontrò con lo sguardo di Luna, che la osservava in un modo che non seppe come definire.  «Non cercare di fermarmi.» La avvisò risoluta.

«Non ne ho alcuna intenzione.» Rispose avida di parole. Aveva semplicemente deciso di non schierarsi dalla parte di nessuno, lasciando alla Mentore e all’Ex-Allieva l’onere di chiarirsi a vicenda.

«Ti aspetteremo alla stazione, zuccherino. Va bene?»

«D’accordo.» Annuì. «Riunitevi con Dash appena la vedete. Spero di non metterci troppo.»

Stabilito il programma, le loro strade si divisero.


Galoppò a più non posso attraverso gli eleganti interni del castello, coprendo con ampie falcate la distanza che la separava dalla sua Maestra.

«Principessa, aspettami!»

L’alicorno del sole si fermò sotto il fascio di luce di un’ampia vetrata, che le mise in risalto gli accessori d’oro. «Twilight? C’è qualcosa che ti preoccupa?» Chiese, indossando una maschera di finta sorpresa.

«Ho bisogno di parlarti!»

Dei lievi movimenti oculari dell’alicorno bianco scandirono quel momento di attesa. Twilight se ne accorse.

«A che proposito?»

«Riguardo alla faccenda di Bibski Doss e… » esitò, incerta se intavolare quella discussione «… sul piano a lungo termine per combattere i Kaiju… io credo che dovremo almeno considerare la loro opzione!»

Celestia sospirò affranta. «Twilight… » uscì dal raggio solare, avvicinandosi alla sua adorata allieva. «Quello che ha fatto il sindaco di Manehattan a Bibski Doss e alla sua organizzazione è stato davvero imperdonabile, e mi assicurerò che vengano presi provvedimenti seri, ma Doss è un pony avventato, lo è praticamente da sempre. Non comprende che Canterlot non può sostenere i progetti che lui vorrebbe attuare. È fuori della nostra portata.»

Twilight mugugnò poco convinta, per la prima volta nella sua vita aveva davvero la sensazione che Celestia le stesse mentendo «No… non è questa la vera ragione! Quando ha parlato delle risorse che gli servivano tu hai reagito in modo strano, come se sapessi qualcosa che gli altri non sanno! Perché non mi dici come stanno le cose?!… » d’un tratto si ammutolì, ricordandosi di un nome che le aveva suggerito Doss «… Che cos’è il Vello Oscuro?!»

Le sopracciglia di Celestia s’inarcarono in modo quasi innaturale. «Dove hai sentito… » interruppe a metà la frase. Non aveva senso chiederlo, la risposta era ovvia.

La giovane alicorno dell’Armonia attendeva di fronte a lei con labbra serrate.

Un delicato velo di lacrime che brillavano nei suoi occhi.

L’atteggiamento di qualcuno pronto a tutto pur di conseguire il suo obiettivo.

Avrebbe anche potuto sgominare da sola un intero sciame di Changeling, se avessero attaccato Canterlot in quel preciso momento.

Messa alle strette, la Principessa del Sole fu investita da un turbine di pareri contrastanti, che le intimavano di aprirsi con la sua allieva ma allo stesso tempo di mantenere il segreto che si era autoimposta.

«Vieni con me.» Disse infine, abbassando su di lei lo sguardo e dando retta alle sagge voci che le suggerivano di rivelarle la verità.


Percorsero in silenzio i corridoi che le separavano dalla sala del trono.

Nella tranquillità di quella stanza, una volta allontanate le Guardie Reali, avrebbero potuto parlare senza preoccuparsi di una potenziale fuga di notizie.

Celestia aveva investito tempo e risorse nel corso dei secoli per assicurarsi che quel segreto rimanesse celato, e il semplice fatto che un pony come Bibski Doss ne fosse a conoscenza implicava che si era lasciata sfuggire qualche dettaglio. Qualcosa che negli oltre mille anni del suo reame non aveva considerato.

Furono interrotte dall’apparizione di una strana creatura che marciava nel bel mezzo del corridoio, completamente indifferente alla loro presenza.

Nessuna delle due aveva mai visto una cosa del genere prima di allora.

Era alta poco più di un metro e mezzo, e sembrava fatta quasi interamente di legno, con un corpo sinuoso e sottile e una testa a punta metallica, che si muoveva in posizione bipede su due gambette mingherline.

La guardarono confuse e allarmate, mentre questa si avvicinava mostrandosi apparentemente pacifica. Anzi, arrivò addirittura a prostrarsi al loro cospetto quando fu a pochi passi.

Da vicino la studiarono con maggior attenzione e capirono che si trattava di una… lancia. Una come quelle comunemente in dotazione alle Guardie Reali, con la sola differenza che questa era viva e si muoveva!

Oltre alle gambe aveva anche un paio di gracili braccia ma nessun volto, e indossava l’armatura tipica delle Guardie Reali, con l’elmo dorato dalla cui cima però non affiorava alcun cimiero.

Sulla mano destra impugnava uno scettro, oppure una qualche sorta di martello. L’impugnatura sembrava di pietra bianca, con una testa di unicorno sull’estremità superiore, contrita in un’espressione spaventata.

Mentre Twilight non sapeva cosa fare, Celestia ci mise poco a capire cosa fosse e lanciò un incantesimo che ricoprì sia la strana creatura che la sua arma.

In breve, dopo un lampo che accecò la giovane alicorno dell’Armonia, l’essere aveva cambiato aspetto, ed era tornato alla forma di un unicorno della pattuglia Reale a guardia del castello.

«Sia ringraziato il cielo, per fortuna siete tornate!» Si affrettò a dire il soldato, inchinandosi riconoscente ai loro zoccoli.

«Cos’è accaduto?»

«Mia sovrana, Lui è qui! Si è impossessato del trono e non fa che ripetere che da oggi è lui il capo!»

“Chi mai può essere?” Si chiese Twilight. Era forse un nuovo nemico bramoso di conquista? Qualcuno correlato agli attacchi dei Kaiju? Avrebbero dovuto affrontarlo?

Non dovette attendere molto per saperlo. Poco dopo, all’ingresso della sala del trono, lo avrebbe scoperto di persona.

Era seduto con ben poca regalità su una porzione volteggiante del trono di Celestia, con indosso una grande mantella rosso cremisi e una corona tempestata di diamanti, e con la sua solita verve sul volto, che divenne ancor più pronunciata quando vide le due alicorno varcare il portone della sala.

Il suo nome eruppe dalla voce di Twilight con tutto il fiato che aveva in corpo. «DISCORD?!?»


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Località sconosciuta.

Lo skybreaker scese con precisione in mezzo alla radura convertita a pista d’atterraggio, smuovendo cumuli di foglie e ramoscelli secchi dal sottobosco.

Un gracile unicorno maschio, più alto di Bibski Doss ma comunque minuto per la sua razza, manto rosso, criniera grigio chiaro e una puntina da disegno come cutie mark, attendeva in disparte che i portelloni del velivolo si aprissero.

Quando l’unicorno alto saltò giù, fu accolto da questo con fare spaurito ed esitante. «B-ben t-t-tornati… »

«Ciao Hatpin, va tutto bene?» Lo salutò amichevolmente Brightgate.

«Sì, g-grazie. Gli a-altri s-sono dent-t-ro. Vi stanno a-aspettando.»

«Ottimo, meglio sbrigarsi allora.»

Apparve Bibski, che si era rintanato nella stiva solo per recuperare una nuova cella di ricambio per l’Equalizzatore. «Hai saputo la novità? Da oggi non siamo più ricercati!»

Il timido Hatpin sussultò visibilmente, come colto da uno spavento. «N-non devo n-n-nascond-dere lo S-sk… »

«No, non più.» Lo fermò Bright. «Per lo meno… finché Bibski non farà incazzare qualche altra autorità!»

«Ha-ha, simpatia vattene via!» Rispose alla frecciata, dirigendosi con impazienza all’entrata del campo base.

«Bambini, Papà è tornato!» Annunciò ai pony dell’edificio, fervente dal piacere di poter poggiare gli zoccoli nel luogo che per lui era praticamente una “casa”.

Tutti i presenti interruppero le loro mansioni e si voltarono per accoglierli. Sapevano del loro ritorno, tuttavia era confortante vederli di nuovo lì e lontani dai guai.

Bibski e Bright camminarono lungo il locale, constatando con piacere che i ragazzi avevano saputo mantenere attiva la baracca anche senza di loro.

Il pegaso color sabbia e dalla criniera verde smeraldo che rispondeva al nome di Sand Ball era in un angolo e si stava occupando di alcune riparazioni su della ferraglia malconcia.

Wrench era poco più in là, discuteva con un altro pegaso privo di un’ala a cui si unì Hatpin, che in loro presenza si liberò della sua pesante balbuzie e divenne parte attiva nel trio.

Mentre trottava, Bibski elargiva saluti a ognuno di loro, condendoli con qualche battuta che spesso mirava a schernire l’interlocutore di turno, ma che nessuno prendeva mai sul personale, abituati com’erano alla sua personalità provocatoria.

Passò accanto a un pony di terra sulla cinquantina, manto crema e criniera caffè, con baffi poco curati e berretto sportivo azzurro. Il suo nome era Bitterness e aveva una cassetta degli attrezzi come simbolo di bellezza.

«Celestia si danni!» Imprecò rumorosamente il Baffo con voce roca, facendo il verso al pony dal manto d’oro. «E io che speravo di essermi liberato di te!»

«Io invece covavo la speranza che ti fosse venuto un infarto. Uno di quelli lenti, sai? Quelli che ti senti scorrere lungo la zampa e che ti tolgono il fiato!»

Malgrado l’aspro botta e risposta, i due si scambiarono un’amichevole stretta di zoccolo.

«Dunque sentiamo, com’è trascorrere mezza settimana nel sontuoso regno di cristallo?» Chiese Bitterness, ornandolo con una punta di sarcasmo.

«L’esperienza più tragica della mia vita!» Rispose all’inizio. Poi si corresse. «Le prigioni però non erano male!»

«Spero tu abbia fatto attenzione alla saponetta!»

«Non ce n’era bisogno: Bright lo tenevano in un’altra cella!»

L’unicorno alto si era appena rincontrato con il gemello, quando i due pony di terra esplosero in una baraonda di risate. Poi Bibski andò vicino ai due stangoni. «Blu, ma che piacere rivederti! Che mi racconti di bello?»

Deepblue Whirl, preso in controzoccolo, si accigliò vistosamente.

«Rilassati pescione, stavo solo scherzando!» Gli tirò una burlesca zoccolata sul ginocchio e si allontanò, riprendendo il giro.

- Ben tornati… - Disse telepaticamente l’unicorno dagli occhi blu.

«Tu almeno non c’hai trascorso tre giorni chiuso in gabbia.» Rispose a voce il fratello.


Nella sala di controllo due pony, una giovane giumenta di terra e un tranquillo stallone unicorno, stavano lavorando di fronte a una fila di rozzi terminali – residuati dell’ormai defunta Reborn Technologies – ai dati che avevano raccolto nelle recenti rilevazioni dei sismografi.

Lei si chiamava Sound Aura, portava i capelli legati in due trecce cui si alternavano l’azzurro e il grigio metallico della sua criniera, e aveva un candido manto bianco latte che esponeva sul fianco il cutie mark di due bicchieri di carta legati a un sottile filo di lana, ricordo di quando aveva scoperto la sua passione per le radio e per qualsiasi forma di trasmissione vocale a distanza. Non per niente era l’operatrice responsabile delle telecomunicazioni all’interno della squadra, che insieme al collega Caps Lock, facevano da tramiti durante le operazioni sul campo di Bibski Doss.

Caps, manto cobalto scuro e criniera lillà, come molti altri nella Reborn Technologies era rimasto ferito durante il Primo Attacco a Manehattan e aveva perso il corno che poi non era più stato in grado di farsi ricrescere nel modo corretto.

Non più in grado di utilizzare molti incantesimi elementari, era rimasto nella squadra per seguire quella che da sempre era stata la sua vocazione, e che solo con Bibski aveva potuto sfruttare appieno! Era infatti il loro tecnico informatico ed esperto smanettone (non per nulla il suo simbolo era una tastiera), abilità che nell’Equestria contemporanea non permetteva molti sbocchi professionali.

Incapace di levitare fino alla bocca una semplice bevanda in bottiglia, era però ancora in grado di sfruttare la sua debole magia per premere pulsanti e tenere sotto controllo i terminali, requisito più che sufficiente per garantirsi un posto sicuro all’interno del team.

Bibski entrò nella stanza senza annunciarsi e si diresse subito verso gli operatori a passo spedito.«Oh eccoti qui! Come sta la mia bimba preferita?»

I due, immersi com’erano nell’accecante fascio di luci dei monitor, non si accorsero del suo arrivo e si voltarono di scatto sulle loro sedie girevoli.

Sound Aura vide il suo capo trottarle incontro come se non vedesse l’ora di abbracciarla e stringerla a sé, e si paralizzò non sapendo come reagire. Bibski però non abbracciò lei, bensì l’enorme agglomerato di schermi dietro di loro, facendo delle moine dolci ai terminali, e baciandoli affettuosamente.

Uno dei monitor emise uno  strano bip di ringraziamento.

«Sì, sì anche tu mi sei mancato. Non fare il geloso!» Sussurrò l’inventore, dandogli un buffetto.

Aura e Caps si scrollarono le spalle.

«Noi stiamo bene, ehm… grazie per averlo chiesto.» Asserì il pony dal corno mozzato.

«Non giudicatemi! Non avete idea di che cosa abbia dovuto passare!»

Estrasse da uno slot dell’Equalizzatore la ricetrasmittente auricolare portatile e la consegnò negli zoccoli di Aura.

«Però te la sei andata a cercare. Te l’avevamo detto che non era una buona idea installare i trasmettitori lassù!» Lo rinfacciò lei mentre ricalibrava alcuni parametri del gadget per un utilizzo futuro.

«Sì beh, dettagli trascurabili. Comunque dovremo ritornare presto sull’argomento se non vogliamo rimanere ciechi in quel settore. Il prima possibile, possibilmente

«Suggerisco di regolare nuovamente la frequenza della trasmittente. Le tormente di neve in quella zona oscurano tutti i dati. E inoltre penso che dovresti valutare l’idea di sostituire il modulatore.»

«Ce ne stiamo già occupando, Bright sta parlando con la squadra di Wrench. Sarà tutto pronto per l’ora di pranzo. Notizie dagli altri settori?»

«Qualcosa d’interessante, sì.» Parlò Caps Lock, visualizzando sullo schermo una mappa di Equestria divisa in più parti da confini numerati. «Due giorni fa abbiamo rilevato un segnale molto forte nel settore 12.»

«Il dodici, eh? Ponyville/Canterlot. Ma tu pensa. Di che intensità?»

«5.4. È stato un bel botto. Solo che adesso… non saprei.»

«Che c’è?»

«Non ne ho idea. E’ da un paio di ore che sto registrando questo segnale nella medesima zona, ma è troppo confuso. Stiamo registrando vibrazioni in tutto il settore, non riesco a capire se si tratta di scosse d’assestamento o che altro!»

«Forse sono dei disturbi, prova a ridurre l’intensità della ricezione.»

«Ma così non rischiate di giocarvi anche gli unici dati che potete raccogliere?» S’intromise Sound Aura, perplessa.

«Forse sì, ma se c’è qualcosa che sta provocando queste oscillazioni, potremmo riuscire a isolarne l’epicentro di origine.»

«E magari riuscire finalmente a capire che cacchio sta succedendo nel regno.» Si unì Caps, in forze alla tesi del capo.

«Procedi e fammi sapere.» Concluse questi, uscendo dalla stanza e lasciando i due operatori al loro lavoro.

«Pff, quel pony è matto da legare.» Si lamentò Aura, quasi senza accorgersene.

«Lui, o noi che abbiamo deciso di seguirlo?»

La giumenta rise.

«A proposito» si voltò di lato con il busto, mentre il corno stava operando per conto suo sulle tastiere sul banco. «Sei uno schianto oggi.»

Lei arrossì, e un timido sorriso si stampò sulle sue candide e carnose labbra, ringraziandolo.


Il giro del campo base per Bibski Doss culminava sempre con il suo ritorno nella stanzetta che con tanto affetto amava considerare il suo ufficio.

A dispetto dei tempi nella Reborn Technologies, non c’era più la targhetta con il suo nome appesa alla porta d’entrata, in compenso il “caos metodico” con il quale amava etichettare il marasma di appunti e fogli di disegno tecnico sparsi nella qualunque, era ancora parte di lui come ai tempi in cui la sua società valeva ancora qualcosa sul mercato azionario.

La stanza puzzava di chiuso e la polvere, mischiata alle ragnatele sulle pareti, contribuiva a rendere l’ambiente ancora più ameno, tuttavia agli occhi di Bibski era il posto più ospitale del regno.

«Casa dolce casa! Quel luogo dove puoi osservare i tuoi sogni infrangersi, sentendoti comunque in pace col mondo. Non credi, Bright?»

L’unicorno alto se ne stava in un angolo, impilando in ordine su uno schedario alcuni blocchi di fogli sparsi per terra, un’attività molto più utile a lui che non al piccolo stallone dalla bardatura volante.

«È un pensiero molto profondo.» Commentò, senza interrompere la sua attività.

«Sì, stamattina mi sento particolarmente in vena. Vedrai, di questo passo inizieranno a citarmi anche nei libri di scuola.»

Si slacciò di dosso l’Equalizzatore adagiandolo dentro un armadietto di metallo, dopo di che si tuffò sulla sua poltrona personale, che insieme alla scrivania erano gli unici altri cimeli del passato che aveva conservato dal precedente ufficio, stendendosi a gambe conserte sopra il piano.

«Che pensi di fare dopo che il settore 29 sarà tornato attivo?» Chiese l’unicorno riferendosi al sismografo delle Crystal Mountains.

«Seguire il piano originale. Quando tutti i sismografi saranno pienamente operativi triangoleremo ogni regione di Equestria e cercheremo di stanare il rifugio dei Kaiju. Ormai non dovrebbe mancare molto alla prossima manifestazione.»

«Allora auguriamoci che Twilight riesca a far cambiare idea a Princess Celestia.»

Bibski si sentì stringere in gola da un reflusso di bile. «Se vuoi la mia opinione, ma tanto so che non la vuoi però te la dico lo stesso, non credo che la nostra cara Principessina “pace/amore/prosperità” farà mai qualcosa per noi.»

«Questo non lo puoi sapere.» Disse l’amico.

«Pff, andiamo, Bright! Avrà anche le ali ma lo capirebbe pure un bebè che è ancora attaccata alla sottana della sua Maestra. Francamente non vorrei essere nei panni dei suoi genitori!»

«Quindi vuoi gettare la spugna. È questo che stai dicendo?»

«Non mi ricordo di averlo mai detto.» Rispose, dondolandosi pigramente sulla sedia. «Troveremo un altro modo. M’inventerò qualcosa.»

Bright si fermò, ridendo in maniera aspra. «Già, alla fine è sempre così. Tu troverai “qualcosa”. Che sia rapinare una città, farsi arrestare o asserragliare un intero castello. Non esistono mezze misure con te.»

«Io seguo soltanto la via che ritengo giusta, e tu lo sai bene. Altrimenti non te ne staresti tutto il giorno dietro di me a coprirmi le spalle.»

«Forse, ma non sempre il fine giustifica i mezzi.»

«Che ti devo dire. Ognuno affronta le difficoltà con il proprio modus operandi. Tu prendi a botte le cose, io mi assicuro che non siano più le stesse dopo il mio passaggio. Lasciamo che Celestia, Luna, Cadance e tutte le loro Guardie luccicose credano di poter combattere i mostri a modo loro… »

«DOVETE VENIRE DI LÀ, SUBITO!»

Sia Bibski che Brightgate si bloccarono ad osservare Caps Lock, che era entrato nella stanza in evidente stato di agitazione.

Alcuni dei fogli ordinati dall’unicorno alto volarono nuovamente all’aria, smossi dal suo arrivo.

«Ecco! Siamo qui da neanche dieci minuti, e già non possono più fare a meno di noi!» Commentò l’inventore, vedendola come una buona occasione per un’altra battuta di spirito. «E tu che ancora ti preoccupi di cosa fare con le Principesse e compagnia bella potreb… »

«DICO SUL SERIO, NON È UNO SCHERZO!!» Insistette Caps, sudando copiosamente.

A quel punto aveva la loro attenzione.

I due amici si osservarono seriamente per un momento.


Il trambusto provocato da Caps Lock non mancò di attrarre l’attenzione di tutti i presenti del campo base, e presto l’intera squadra si ammassò all’entrata della sala di controllo per avere un assaggio di ciò che stava accadendo.

Nemmeno Blu era mancato all’appello, nonostante fosse l’unico a non mostrarsi esplicitamente agitato.

Caps era seduto accanto a Bibski e Bright, e stava spiegando la situazione.

«Ho fatto come mi hai detto. Stavo impostando i filtri dell’oscillatore quando il settore 12 di colpo ha cominciato a registrare questo segnale anomalo. Per un momento ho pensato di aver toccato qualcosa che non dovevo, ma poi ho riportato i parametri di default pensando di averlo resettato, e invece… .»

«Aspetta, state dicendo che è apparso così, d’improvviso?!» Domandò Doss, con gli occhi sgranati e puntati sugli schermi.

«Non era così forte poco fa! È comparso da dove il sisma dell’altra volta si era interrotto ed è aumentato in modo esponenziale!» Spiegò Sound Aura al posto del collega, che si era messo a pigiare alcuni pulsanti sulla tastiera.

Il tecnico informatico diede un ordine al terminale e subito la mappa di Equestria zoomò sul settore dodici, mostrando nei dettagli il segnale che il sismografo della zona stava captando.

Un eco di voci cominciò a borbottare alle loro spalle.

In uno dei rari momenti della vita in cui gli succedeva, Brightgate stava cominciando a provare paura.  «Quello non è un terremoto…» borbottò con le pupille degli occhi che gli si erano ristrette fino a diventare delle piccole capocchie di spillo.

«No, non lo è affatto… » attestò Doss a denti stretti, tanto che quasi gli dolevano i muscoli del collo «è come pensavamo… si muovono sotto terra… per questo sono così sfuggenti!»

«Ma mancano ancora due mesi all’evento! Com’è possibile?!?» Chiese Aura, sempre più coinvolta dall’agitazione generale.

«Evidentemente ci sbagliavamo…»

– È come se stesse scavando attraverso le miniere di cristallo sotto Canterlot… –

Bright sentì un’altra ondata di panico attraversargli lo stomaco quando si rese conto che suo fratello aveva ragione. «Dannazione, dobbiamo avvisarli!» Fece per uscire dalla sala, scostando i presenti.

Cominciò a pensare a cosa scrivere nella lettera che avrebbe spedito a Twilight. Sarebbero bastate poche semplici frasi, un messaggio breve e incisivo, quanto bastava per prepararli al pericolo che stava per scatenarsi.

Se la fortuna fosse stata dalla loro, le Custodi degli Elementi sarebbero state ancora sul posto, pronte a intervenire…

«È troppo tardi, Bright… è già lì!»

Per un momento s’illuse di averlo solo immaginano e che Bibski fosse in realtà rimasto in silenzio, ancora dedito a seguire le rilevazioni sulla mappa, ma non fu così.

Di colpo tutti smisero di parlare.

Ogni testa e ogni zoccolo indirizzati verso le immagini dei monitor.

Stavano guardando impotenti la schermata, rimpiangendo o forse gioendo di non poter assistere con i loro occhi allo spettacolo che di lì a poco si sarebbe riversato sulle strade della capitale.

Taciti nel loro silenzio, il sospirare di Bibski rimbombò nella stanza, come l’eco di un urlo dalla cima di una vetta.

«Beh, incrociamo gli zoccoli e auguriamoci che il piano di Celestia funzioni per davvero… »
   
 
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