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Autore: Pisquin    30/06/2014    4 recensioni
“Mia mamma si incazzerà” risi tra me e me infilando il casco. “E per cosa?” chiese lui. “Sai, la solita ‘non accettare mai caramelle dagli sconosciuti’. Io ho accettato addirittura un passaggio, magari stanotte entrerai in casa e mi ucciderai.” Continuai a ridere salendo in sella alla moto e osservai la carrozzeria nera, lucente. Lo vidi scuotere la testa ed accennare ad una piccola risata. “Sei proprio strana.” “Benvenuto nel mio mondo."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Riot

1.
 
Me ne stavo sul marciapiede della scuola con la mia solita espressione annoiata, aspettando che qualcuno decidesse di venire a prendermi e portarmi a casa, perché stavo aspettando da decisamente troppo tempo e non era rimasto quasi nessuno nei paraggi, ergo quasi nessuna macchina e anche essere umano, insomma solo quelli del primo e io odio quelli del primo. Mi rigiravo in mano le mie ciocche di capelli - con tanto di doppie punte – e rimuginavo sul fatto che quella sera avrei dovuto cucinare perché mamma avrebbe fatto il turno notturno, tanto per cambiare. E dovevo far fare i compiti a Tiffany. Ah, avrei dovuto farli anch’io, ma quello era un dettaglio facilmente trascurabile. Puntai gli occhi sulle mie Sketchers nere mezze scassate - giusta osservazione: quel giorno avevo educazione fisica e (1) non avevo voglia di cambiarmi a scuola e (2) portare altro peso in borsa quindi mi ero arresa all’idea di indossarle tutto il giorno – e continuai a pensare a tutta la mole di compiti di letteratura inglese. Stavo quasi per arrendermi e incamminarmi verso la stazione degli autobus quando una moto inchiodò la sua gomma anteriore esattamente a due centimetri dalla mia scarpa destra. “Ma dico io, sei pazzo o cosa?” alzo lo sguardo sul cretino che mi stava per investire e lo incenerisco “Scusami tanto se tu stavi in mezzo alla strada” “Non sono dell’umore giusto, carino. Quindi vedi di andartene” Lo guardai con le mani sui fianchi ed un’espressione che tutto celava meno che gentilezza e comprensione e tutto il resto. Mi fissò con il suo sguardo divertito mentre afferravo la tracolla e mi dirigevo a passo spedito dall’altra parte della strada. La scuola era circondata da alti alberi e piccole aiuole, dava sul centro di Chicago, anche se l’atmosfera non era propriamente cittadina. Schiacciai una lattina di Mountain Dew con la suola della scarpa e continuai ad osservare il cielo: dalle fronde degli alberi si intravedevano nuvole nere e si preparava un temporale coi fiocchi. “Piacere Aaron” Il motociclista di prima mi si affiancò, mantenendo la velocità della moto probabilmente sui cinque chilometri orari. Mi voltai con uno sguardo che diceva solo una cosa: ‘stammi alla larga’. “Ma santo dio, chi ti conosce?” Rise e continuò a seguirmi. Intravidi i suoi stivali neri e i jeans stretti di un blu chiaro. “Si può sapere cosa vuoi?” gli chiesi esasperata, alzando gli occhi al cielo. Rise ancora e mi porse la mano “Piacere Aaron” “Lo hai già detto” gli feci notare. Inarcò un sopracciglio con un ghigno in faccia. “Saccente, mi piaci” “Ma stai zitto” Sotto il casco nero si intravedevano i suoi capelli color miele tenuti fermi sulla fronte da una – cosa diavolo era? – ah, si una bandana. Sotto il casco, mh. Continuava a squadrarmi sorridente con i suoi occhi verde chiaro, cercando quantomeno di non cadere dalla moto, vista la ridotta velocità “Se continui così la benzina finirà nel giro di cinque minuti” “Non mi importa” Continuava a tenere la mano tesa nella mia direzione, per questo benedetto ‘piacere’. “Eh va bene” mi arresi stringendogli la mano “ma non è un piacere Aaron. Comunque io sono Chloe.” “Che nome carino” Mi infiammai alle sue parole e ribattei immediatamente “Non vedi come sono vestita? Ti sembra adatto a me quel nome? Io lo odio, quindi non dire mai più che è carino” Alzò le mani in segno di resa, sorridendomi. In effetti non sembravo affatto una Chloe con i fiocchi perché (1) odiavo il rosa e di solito quello è un nome abbinato a ragazzine piene di pony e brillantini e (2) di solito non indossavo brillantini o cose propriamente femminili infatti (3) in quel momento avevo addosso un paio di jeans bucati, le mie Sketchers già citate in precedenza e una maglia dei Blink-182, per inciso una delle mie band preferite. Come se mi avesse letto nel pensiero disse “Bella la tua maglia, amo i Blink” “Davvero?” mi sentii rispondere. Ma perché gli rispondi? Non ricordi di dover andare perché tra poco inizia un temporale? “Sì, sono davvero forti” “Scusami mi devo affrettare per la fermata degli autobus, tra poco inizia a piovere” Gli feci un sorriso poco convinto e iniziai a camminare più velocemente verso la fermata, per non rischiare di perdere l’ultimo autobus “Hey” sentii la moto affiancarmi di nuovo, mi voltai per vederlo tenere un altro casco in mano “Se vuoi ti accompagno io a casa, ho un casco in più e probabilmente tra cinque minuti inizierà a piovere” Mi sorrise facendo per porgermi il casco. “Non so, magari devi allungare la strada per tornare a casa tua, io abito in Flat Street, è un po’ lontano da qui. Magari ti faccio fare tardi” Stavo per rifiutare il casco quando me lo mise in mano “Dai, io abito praticamente affianco a Flat Street, vieni” “Mia mamma si incazzerà” risi tra me e me infilando il casco “E per cosa?” chiese lui “Sai, la solita ‘non accettare mai caramelle dagli sconosciuti’. Io ho accettato addirittura un passaggio, magari stanotte entrerai in casa e mi ucciderai.” Continuai a ridere salendo in sella alla moto e osservai la carrozzeria nera lucente. Lo vidi scuotere la testa ed accennare ad una piccola risata “Sei proprio strana” “Benvenuto nel mio mondo” Poggiai insicura le mani sulla sua vita, quando lui girò la testa e mi sorrise, portandole all’altezza del petto “Altrimenti cadi” si giustificò. Diede gas e con una brusca accelerata partì. Ero abituata a viaggiare su due ruote, dato che tutte le mattine la mia amica Mya mi accompagnava a scuola con il suo scooter, però su una moto era del tutto diverso. Il veicolo era più potente e quando Aaron dava gas, sfrecciavamo così veloce da sentire il rumore del vento. E il vento non fa rumore, di solito. Non c’era molto traffico a quell’ora ed entro un quarto d’ora raggiungemmo casa mia “Fermo, è questa tinteggiata di lilla” “Ora capisco il tuo nome” rise fermandosi proprio di fronte al vialetto di accesso. Era una casa a due piani, circondata da un giardinetto che mia mamma definiva ‘sfizioso’ ma che in realtà era vomitevole. Accuratamente potato e tagliato si stagliava al centro del giardino un grosso ciliegio e tutt’intorno aiuole e cespugli tutti sui toni del rosa e rosso. Sembrava la casa perfetta per passare San Valentino, ma solo San Valentino. Io ci passavo tutti i giorni. Scesi dalla moto e mi tolsi il casco velocemente, porgendolo ad Aaron che mi guardava sorridendo. “Eccoci giunti alla meta” esordì mettendo il cavalletto alla moto e scendendo dopo di me. Tolse il casco e lo allacciò al manubrio. Oltre ad i jeans chiari indossava un giacchetto di pelle nero – probabilmente era uno di quei motociclisti fissati con borchie e cose varie, da ‘duro’ – sotto di questo si intravedeva una maglietta grigia di una band, da quello che riuscivo a vedere probabilmente erano gli ACDC, o qualcosa del genere, sicuramente. “Si, eccoci” dissi, aprendo il cancelletto e osservando Aaron raggiungermi. “Allora tu vieni nella mia scuola, o no?” dissi di getto, probabilmente si trovava da quelle parti per questo. Lo vidi portare una mano ai capelli, imbarazzato “A dire il vero no, mi sono diplomato l’anno scorso adesso lavoro in un’officina qui vicino, sai come apprendista” Lo guardai incerta sul chiedergli del college ma poi lo feci. “Ed il college?” gli domandai mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sedendomi sul muretto che circondava casa mia. Lui mi seguì e si sedette affianco a me, dondolando i piedi. “Veramente diciamo che avevo una borsa di studio per il football, ma poi mi sono rotto la rotula e una cosa tira l’altra” “Oh, mi dispiace” gli risposi, e mi dispiaceva davvero. Non so cosa avrei fatto se tra due anni avessi dovuto rinunciare al college di punto in bianco, probabilmente sarei impazzita, perché a diventare una commessa non ci pensavo minimamente. Dopo un sorriso triste cambiò subito argomento “Allora, tu invece a che anno sei?” “Quarto, tra poco toccherà anche a me andarmene, finalmente” Sorrise, mettendo in mostra due fossette ai lati del viso. Guardai distrattamente l’ora dall’orologio allacciato al suo polso sinistro: 17:30 p.m. “Oddio, Aaron, è tardissimo, devo andare a preparare la cena” Scattai in piedi e afferrai la tracolla dal marciapiede “Beh, alla prossima?” disse lui indugiando sul mio viso “Certo” gli risposi incamminandomi verso la porta “tanto sai dove abito, puoi anche sgusciare nella mia camera dalla finestra e costringermi a seguirti nella notte. Ma non farlo, ho il sonno leggero” Rise salendo in moto e allacciandosi il casco “Ripeto, sei proprio strana” Gli feci un cenno di saluto mentre metteva in moto e lo guardai uscire dalla via verso il traffico principale mentre fischiettava un motivetto. Anche lui non era tanto normale.





Ciao a tutti, sono ancora qui, instrappolata in una nuova storia hahaha
Bene, come prima cosa Aaron è spudoratamente simile ad Ashton Irwin, per chi non lo conoscesse, eccolo qui: ashton
Comunque siete liberi di immaginarvelo come volete.
Bene, come vedete Chloe non mi sembra la solita ragazza, il che è positivo, perchè fa la mia storia un po' diversa.
Spero comunque che vi piaccia, anche se questo è solo il primo capitolo.
Mi farebbe piacere ricevere delle recensioni o almeno dei consigli per sviluppare la storia.
Se volete contattarmi, trovate tutto nella mia bio.
Un bacio, a presto,

Sara xx
  
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