ehm... Allora, chiedo scusa per il ritardo. Potrei inventarmi un sacco di scuse per questo: mi è morto il cane, il nonno è in ospedale, mi mancava l'ispirazione ecc. ecc. ecc.. Ma la verità è che mi sono completamente dimenticata di aggiornare e me ne sono resa conto solo ieri sera quando non lo potevo più fare xD e ho passato tutto il giorno a fare shopping perché mia madre ci teneva che mi sistemassi il guardaroba estivo, ahimé ç_ç con questo caldo atroce, potete immaginare come è stato. Sono esausta. Ci si mette anche l'editor di efp che non collabora =.= Comunque scusate per il ritardo, davvero ^^''
Viaggiare in Ginnungagap senza l’uso del Ponte d’Oro è pericoloso. Quasi mortale.
I luoghi che lei vede, il mago le aveva spiegato, erano solo le sue proiezioni mentali, così come gli animali e le piante. Anche il fuoco attorno a cui lei, Thor, Hogun, Frandal,Volstagg e Helblindi si erano riuniti era frutto di pura immaginazione.
I suoi compagni dormono, ma lo Jotun è sveglio, insieme a lei. Le ondate di energia che a volte li investono lo tengono continuamente sugli attenti, perché, come mago, è l’unico che può impedire loro di disintegrarsi, disperdere le proprie menti, teletrasportarsi in luoghi mortali o irraggiungibili.
Sta impallidendo. Ne è appena arrivata un’altra, e i suoi capelli sono umidi di sudore, come anche il viso, da cui manca poco che scendano goccioline, e le sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
Poche ore fa –almeno secondo la sua percezione-, erano stati colti di sorpresa, e ci era mancato poco che fossero disciolti nella sub materia dell’universo, come zucchero in un bicchiere d’acqua. Le loro menti avevano subìto un brusco incontro. La guerriera aveva toccato la mente di Helblindi, e lui la sua. Un simile contatto era tanto intimo da superare anche quello di tipo più carnale. Per un momento, prima che lo Jotun riprendesse il controllo della situazione, Sif aveva percepito con chiarezza il suo modo di pensare come se fosse suo, aveva visto ricordi che non le appartenevano e provato emozioni non sue.
La cosa che più le era rimasta impressa era stata un’alterazione dei sensi, un paesaggio prevalentemente ghiacciato, senza la percezione del freddo ma con quella della paura, del genere che sfocia nel panico quando sei solo un bambino e non sai come affrontare il pericolo. Attorno a lei, un gruppo di guerrieri armati fino ai denti che provavano a finirla.
Tra loro le era sembrato di vedere suo padre, sebbene fosse quello che aveva cercato di persuadere Lord Tyr dal non attaccare un bambino, per quanto egli fosse il primogenito di Laufey.
In sostanza, il giorno in cui Helblindi divenne noto come Fenrir, il Demone del Vàn.
La prima volta in cui i suoi capelli divennero pelliccia nera come notte e rossa come sangue.
I luoghi che lei vede, il mago le aveva spiegato, erano solo le sue proiezioni mentali, così come gli animali e le piante. Anche il fuoco attorno a cui lei, Thor, Hogun, Frandal,Volstagg e Helblindi si erano riuniti era frutto di pura immaginazione.
I suoi compagni dormono, ma lo Jotun è sveglio, insieme a lei. Le ondate di energia che a volte li investono lo tengono continuamente sugli attenti, perché, come mago, è l’unico che può impedire loro di disintegrarsi, disperdere le proprie menti, teletrasportarsi in luoghi mortali o irraggiungibili.
Sta impallidendo. Ne è appena arrivata un’altra, e i suoi capelli sono umidi di sudore, come anche il viso, da cui manca poco che scendano goccioline, e le sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
Poche ore fa –almeno secondo la sua percezione-, erano stati colti di sorpresa, e ci era mancato poco che fossero disciolti nella sub materia dell’universo, come zucchero in un bicchiere d’acqua. Le loro menti avevano subìto un brusco incontro. La guerriera aveva toccato la mente di Helblindi, e lui la sua. Un simile contatto era tanto intimo da superare anche quello di tipo più carnale. Per un momento, prima che lo Jotun riprendesse il controllo della situazione, Sif aveva percepito con chiarezza il suo modo di pensare come se fosse suo, aveva visto ricordi che non le appartenevano e provato emozioni non sue.
La cosa che più le era rimasta impressa era stata un’alterazione dei sensi, un paesaggio prevalentemente ghiacciato, senza la percezione del freddo ma con quella della paura, del genere che sfocia nel panico quando sei solo un bambino e non sai come affrontare il pericolo. Attorno a lei, un gruppo di guerrieri armati fino ai denti che provavano a finirla.
Tra loro le era sembrato di vedere suo padre, sebbene fosse quello che aveva cercato di persuadere Lord Tyr dal non attaccare un bambino, per quanto egli fosse il primogenito di Laufey.
In sostanza, il giorno in cui Helblindi divenne noto come Fenrir, il Demone del Vàn.
La prima volta in cui i suoi capelli divennero pelliccia nera come notte e rossa come sangue.