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Autore: Yumao    01/07/2014    1 recensioni
Dopo un evento drammatico, non riuscendo a reagire e a ritornare alla vita di tutti i giorni, una ragazza di ventitré anni decide di partire all'avventura. Unica regola: farsi guidare dal caso.
Incontrerà i compagni di viaggio più strani, che la accompagneranno per un po' per poi andarsene per la loro strada. Di tutte queste persone non manterrà che un nome, un volto, un ricordo.
Ma c'è qualcuno con cui la sua strada si incrocerà più di una volta.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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摩jito

Mister Mojito





La cosa positiva era che Marta era così presa dall’intrattenere gli ospiti che non si curò più di me, e per un po’ riuscii a sfuggire alle sue vivaci attenzioni.

La cosa negativa era che quell’appartamento decisamente non era fatto per contenere tutte quelle persone. Provai a contarle, ma dopo un po’ rinunciai. Seriamente, era un miracolo che il pavimento non ci crollasse sotto i piedi.
La musica era altissima, la calca era opprimente, e le luci stroboscopiche mi stavano facendo uscire di testa. Chi è che si tiene delle luci stroboscopiche in casa? È da matti! Il che in effetti era perfettamente coerente con quello che sapevo di Marta fino a quel momento. La pazzia dico, non le luci stroboscopiche, quelle non me le aspettavo propio.

La camera di Marta era piena di persone che parlavano, urlavano e ridevano. Qualcuno stava anche pomiciando. In pochi minuti quella ressa mi fu insopportabile, e me ne andai alla ricerca di un posto tranquillo dove riposare le orecchie per un po’.
Mi spostai per l’appartamento con la schiena rasente al muro, cercando di non guardare le persone che sembravano muoversi a scatti come burattini, e cercai di raggiungere il bagno. Era occupato. Avrei voluto raggiungere la porta e uscire sulle scale, ma avrei dovuto attraversare la sala passando in mezzo a una trentina di persone che in quel momento, sotto la luce intermittente, mi ricordavano gli angeli piangenti di Doctor Who. Per qualche secondo fui sopraffatta dall'impulso di non battere le palpebre, poi con un gemito mi coprii gli occhi con le mani e mi lasciai scivolare contro il muro, accucciandomi in un angolo.

«Tutto bene?» qualcuno molto vicino a me urlò per farsi sentire sopra il rumore della musica. Sbirciai da dietro le dita, e vidi un ragazzo che si era accucciato davanti a me con aria perplessa. Coprii di nuovo gli occhi con le mani e annuii. «Non mi sembra.»
«Mi dà fastidio la luce.» Spiegai seccamente, per nulla desiderosa di avere una conversazione urlata a quel volume. «Vieni, ti accompagno fuori.» Senza darmi tempo di rispondere mi afferrò per un braccio e mi trascinò attraverso la sala gremita di mostri, mentre mi coprivo gli occhi con una mano. Uscire all’aria fresca fu come emergere in superficie dopo una lunga apnea in un oceano di lava.

Il ragazzo si sedette accanto a me sulle scale. «Meglio?» Annuii, e restammo in silenzio per un minuto. «Non si lamenteranno i vicini di tutto questo rumore?»
«Non penso, dato che sono tutti lì. In questo palazzo abitano quasi solo studenti.» Spiegò, indicando la porta. «Hai per caso problemi con i posti affollati?» Tenevo ancora gli occhi coperti con le mani, cercando di riprendere il controllo, e sorrisi amaramente. «Si vede?»
«Ma no, appena appena!» Rise divertito e nascosi il viso fra le ginocchia, rannicchiata sul gradino. Potevo provare a fingermi un’altra, abbandonare il mio nome, i miei vestiti, il mio cellulare e tutto quello che avevo, ma i miei difetti e le mie fobie, le cose che più avrei voluto abbandonare, non potevo non portarmeli dietro. Volevo tornare in mezzo agli altri e, almeno per una volta nella vita, partecipare a una festa di quel genere, essere anonima e normale, e allo stesso tempo mi sentivo completamente fuori posto, un’intrusa, e volevo scappare il più lontano possibile. «Vuoi che ti accompagni a casa?» Scossi la testa. «Dormo qui questa notte.»
«Vuoi andare a fare due passi?» Non risposi, non sapendo come spiegarmi. «Vuoi tornare dentro ma la folla e le luci ti danno fastidio?» Annuii, un po’ sorpresa del fatto che avesse inquadrato il problema così in fretta e senza nessun aiuto da parte mia. «Sai cosa può aiutare in questi casi?» Lo guardai di sottecchi, inclinando la testa. Le scale erano buie e tutto ciò che vidi di lui fu un sorriso provocatorio, che risplendeva bianco sul viso in ombra. «Cosa?» Mi allungò un bicchiere che sembrava contenere un Mojito, scuotendolo leggermente per far tintinnare il ghiaccio. «Non si accettano drink dagli sconosciuti. Potrebbero essere drogati.» Osservai, facendo palesemente la predica dal pulpito sbagliato. Ma lui non poteva saperlo.
«Hai ragione. Ma io non sono uno sconosciuto, sono un amico di Marta.» Mi venne quasi da ridere: quella non era sicuramente una garanzia. Eppure qualcosa mi spinse a fidarmi… forse, solo per quella volta, potevo fingere che il mondo non fosse pieno di mostri, pronti a tenderti un agguato appena dai loro un’occasione. Potevo fingere che il mondo fosse buono e che tutti fossero in buona fede, almeno per un po’, sperando che veramente qualcuno dall’alto avrebbe vegliato su di me. «Solo per questa volta.» Decisi. Bevvi un sorso e tossii, cercando di non rovesciare il bicchiere. «Ma questo è rum puro!»
«No, ci sono anche delle foglie di menta. E ghiaccio.»
«Ma sarà più di un quarto di litro!» Il ragazzo mi posò una mano sulla testa, con un gesto quasi paterno. «Se vuoi superare le tue inibizioni, bevilo e basta, ragazzina.» Poi si alzò e tornò dentro, lasciando la porta aperta.
 
Non dico di aver fatto una cosa saggia, anzi. Non ero mai stata una grande amante dei super alcolici, a meno che non fossero molto dolci e sorseggiati con calma. Invece scolai quella specie di mojito letale in pochi sorsi, come se fosse stata una medicina. E in un certo senso lo era.
Tornai dentro, con la testa piacevolmente leggera, e mi mischiai alla folla. Avevo ancora un po’ di affanno e di tensione, ma l’alcol annebbiava tutto e mi rendeva quasi sopportabili persino le luci, se stavo attenta a non guardarle direttamente. Per un momento rimasi lì, confusa, con la mente che funzionava a intermittenza, semplicemente godendomi il fatto che non ero più isolata dagli altri. Cercai con lo sguardo il ragazzo che mi aveva offerto il suo aiuto, ma non riuscii a trovarlo. Anche perché, avendolo visto solo al buio delle scale, non avevo un’idea precisa di che faccia avesse.
 
Per essere una festa tanto rumorosa e sregolata finì presto. «Saremo ribelli e trasgressivi, ma i vicini no. Quindi tutti a nanna!» Così dicendo, poco dopo la mezzanotte Marta spense la musica fra le giocose proteste degli invitati e io, con il terzo mojito assassino in mano (gentili stranieri mi avevano rifornito nel corso della serata) barcollai verso i cuscini del divano, ammonticchiati in un angolo, e mi lasciai cadere lì sopra sfinita. La gente pian piano uscì, salutando Marta con baci e abbracci e arrivederci. C’era anche Vittorio, vestito bene e sbarbato sembrava molto più giovane, doveva avere al massimo trentacinque anni. Mi strizzò l’occhio mentre usciva e mi accorsi che mi aveva offerto lui il terzo mojito. Non l’avevo riconosciuto.
Mi rannicchiai appoggiando la testa sulle ginocchia, sfinita. Marta si sedette accanto a me e mi scostò i capelli dal viso, mettendomeli dietro un orecchio con un gesto così dolce che mi venne da piangere. Girai la testa bruscamente, cercando di nasconderglielo, e con tutto l’alcool che avevo bevuto dominarmi e ritrovare il controllo fu difficile. «Allora, l’hai presa questa prima sbronza?» Mugugnai qualcosa sul fatto che volevo dormire, con la faccia ancora nascosta fra le ginocchia.
Non so quanto tempo dopo (a causa delle nebbie dell’alcol rimossi completamente dalla memoria qualche passaggio) mi ritrovai raggomitolata sotto una leggera coperta. Non ricordavo più se ero in camera di Marta o nel salotto, sui cuscini del divano o sul letto o su una cuccetta di un treno notturno. Potevo anche essere sdraiata sui gradini davanti all’università di Torino o su un sentiero ghiaioso delle campagne di casa mia, tutti quei luoghi vorticarono confusamente nella mia testa qualche istante. Ero solo grata di poter finalmente chiudere gli occhi e perdere conoscenza.
 
Salve a tutti! Confidando nella vostra intelligenza, mi sembra inutile dire "don't try this at home" XD La nostra misteriosa protagonista ha me a proteggerla dalla sorte avversa, almeno per il momento, quindi fin'ora le è andata bene.
Spero che vi sia piaciuta la storia fin qui. FInalmente è apparso un essere umano di sesso maschile, iniziavate a dubitare che avessi postato la storia nella sezione sbagliata vero? Abbiate pazienza, mi piacciono i preamboli.
Se qualcuno non conosce il Dottor Who e si sta chiedendo cosa sono gli angeli piangenti, sono solo le creature più spaventose mai concepite dall'ingegno umano. Vi passo un link con un video, ma vi consiglio di vedere la puntata per fare buoni incubi (o per non dormire affatto). https://www.youtube.com/watch?v=2zOtlEzq4FE
   
 
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