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Autore: SaraRocker    01/07/2014    1 recensioni
Anno 2097, l'intero pianeta terra si ritrova sotto una sorta di dittatura particolarmente cruenta, che si finge giusta e accondiscendente.
La Desert_Zone è un luogo formatosi a causa del riscaldamento globale, una sorta di continente quasi totalmente desertico e inadatto alla vita, dove la dittatura manda a morire coloro non adeguati a vivere in essa.
Gwen vive là , insieme ad un gruppo di ragazzi che collaborano in una sorta di resistenza.
Duncan è un militare a servizio della dittatura, che ritiene giusta e autorevole.
Estratto cap.28
"Non devi sentirti in colpa. E' stata l'avventura più bella." gli sussurrò "Ed ora è giunto il momento che tu mantenga fede alla tua promessa."
Duncan la ammirò a lungo in silenzio. Perchè sorrideva? Perchè i suoi occhi erano così lucidi? Perchè le sue labbra tremavano tanto?
Gwen non gli era mai sembrata tanto debole. Eppure, si stava sottoponendo alla più grande prova di coraggio.
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen, Scott, Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Desert_Zone

 
cap.34












 
Ehi, ciao tutti!
Ho deciso di scrivervi prima del capitolo (Sperando che qualcuno legga) per farvi sapere che è iniziato l'arco narrativo finale di questa infinita D: fanfiction! Potete tirare un sospiro di sollievo (?), presto tutto questo finirà ahah!

Per il momento, buona lettura! Spero di ricevere qualche recensione! :)

















Il grido di Thomas, quel 'No' così sofferto, riecheggiava da interi minuti tra le mura dell'ospedale. La voce del ragazzo era risuonata graffiante e ferita mentre, aggrappato al vetro sporco della finestra da cui spiava l'esterno, osservava quell'aberrante scenario fatto di sangue, torture e morte. Aveva appena assistito ad un'esecuzione priva di pietà od accuse. I propri occhi, solitamente di un verde vivo ed acceso, si erano improvvisamente spenti, come ricoperti di una leggera quando letale patina. La recluta osservava impotente il corpo privo di vita dell'uomo di mezza età, e tutto ciò a cui riusciva a pensare era che, seppur in un modo molto distante e innocente, era lui la causa di quella morte. Deglutì a vuoto, per poi posare il proprio sguardo sulle nocche graffiate del cadavere. Sopra esse spiccava quella scritta impressa ad inchiostro nero, una calligrafia disordinata, un tatuaggio fatto di fretta in un folle tentativo di rivolta. Lui riconosceva molto bene quella parola, ed in particolar modo sapeva cosa stava a significare quel tatuaggio.

Avvertì una mano poggiarsi sulla sua spalla, ed istantaneamente si riprese, come risvegliandosi dai suoi pensieri. Si voltò, incontrando il volto allarmato di Geoff. Il biondo reggeva tra le mani uno dei mitragliatori che gli aveva consegnato Thomas.
"Tutto a posto?"
Il giovane deglutì a vuoto, per poi annuire. Si morse il labbro inferiore, mentre notava che tutti quelli che si trovavano in quella sala lo stavano osservando allarmati. Si voltò un'ultima volta in direzione del corpo ormai abbattuto, ed un conato di vomito minacciò di assalirlo. Lo respinse immediatamente. Mostrarsi debole era severamente vietato.
Notando il comportamento della recluta, Geoff si affacciò al piccolo squarcio che gli permetteva di vedere l'esterno, ed immediatamente comprese la situazione. Uno dei repressori reggeva ancora tra le mani l'arma del delitto, sorridendo soddisfatto del lavoro svolto.
"Mi dispiace, Thomas." mormorò poi all'amico, abbassando lo sguardo "Non è colpa tua, lo sai vero?"
"Quell'uomo si è fatto avanti perchè era d'accordo con noi. E' colpa mia, eccome."  sentenziò in un sibilo colmo d'ira la recluta, stringendo la mascella in modo quasi doloroso "E poi era-" si interruppe, temendo di potere crollare. Geoff lo osservò non capendo. Cosa stava cercando di dire Thomas? Perchè stava soffrendo tanto?
"Thomas, cosa stai cercando di dire?"
Gli occhi color smeraldo del giovane si voltarono un'ennesima volta in direzione del cadavere all'esterno. Cercò di non soffermarsi troppo sul sangue che, copiosamente, fuorisciva dalla ferita che lo aveva portato alla morte, eppure non ci riuscì. Immediatamente la repulsione tornò ad annebbiargli la mente. Immaginò come ci si potesse sentire con il volto immerso nel proprio stesso sangue, un liquido denso e disgustosamente caldo, dal sapore ferroso. Si domandò come si sarebbe sentito se, proprio in quell'istante, si fosse ritrovato in procinto di morire soffocato a causa di esso. Immaginarsi di non potersi alzare da quella pozza vermiglia, mentre la senti entrarti nel naso, nella bocca e nelle orecchie. Tossire alla disperata ricerca d'aria, annaspare in cerca di aiuto, ma ritrovarsi comunque costretti ad arrendersi. Morire soffocati da proprio stesso sangue.

Avvertendo nuovamente i conati di vomito, Thomas puntò il proprio sguardo sul pugno ancora stretto dell'uomo.

'Free'.

"Quel tatuaggio..." mormorò il ragazzo, storcendo il naso ed indicandolo a Geoff "Quello rappresenta molto più di quanto tu possa immaginare."
Il biondo mosse qualche passo in direzione della piccola finestra, assottigliò lo sguardo, ed immediatamente riconobbe le lettere che spiccavano incise sulla mano dell'uomo. I tatuaggi erano severamente banditi sotto il Governo; venivano considerati impuri, un profano tentativo di macchiare la pelle. Chi ne possedeva uno, era costretto celarlo con parsimonia.
Geoff dedusse che, probabilmente, quell'uomo doveva avere passato tutta la propria esistenza, indossando un paio di guanti, e si domandava perchè proprio in una simile situazione avesse deciso di sfilarseli.
"Chi porta quel marchio sulle nocche della propria mano destra, appartiene alla primissima resistenza anti-Governo mai creata." tornò a parlare Thomas, mormorando appena, incurante del fatto che tutti i presenti lo potessero udire "Si tratta dei ribelli sopravvissuti alla presa di potere di ventiquattro anni fa."
Geoff schiuse le labbra sconvolto. Credeva che i primi ribelli fossero ormai stati tutti soppressi ma, evidentemente, si sbagliava. Dal viso della recluta trapelava una certezza disarmante.
"Il Governo si è fatto scappare bottini del genere? La perfezione era crepata già all'inizio del tutto?" domandò confuso il biondo, facendo sorridere sghembo l'altro.
"Perfezione?" sputò Thomas con lo sguardo accesso di odio "Quella non esiste. Non è mai esistita. Non esisterà mai." La recluta si prese una pausa, abbassando lo sguardo per riflettere. Il biondo continuava ad osservarlo incerto, ma attento.
"Se quell'uomo apparteneva alla resistenza, c'è la possibilità che essa esista ancora, no? I tatutaggi vengono fatti probabilmente in case comuni, illegalmente." si lasciò sfuggire il giovane mentre rifletteva. A quel punto, Geoff intervenne.
"Come puoi essere tanto certo? Come sai cose risalenti a così tanto tempo fa?"
"Perchè anche mio padre portava quel tatuaggio."

 
***

Gwen poteva avvertire chiaramente il petto di Duncan contro la propria schiena nuda, e quella sensazione la inebriava in modo meraviglioso. Probabilmente lui pensava che lei stesse ancora dormendo, ma la verità era che, dopo che i due avevano fatto l'amore, la dark non aveva chiuso occhio. Un timore le era cominciato a scorrere nelle vene con veemenza, e lei non era stata in grado di controllarlo. Ora che si era unita all'uomo che amava, e che aveva compreso quanto quella meravigliosa simbiosi fosse giusta, non sarebbe più stata in grado di lasciarlo andare.
Avevano una missione da portare a termine, alla fine della quale vi era un obbiettivo di considerevole portata, e la ragazza dubitava fortmente che sarebbero tutti sopravvissuti. Se fosse stato Duncan a perire, lei non ce l'avrebbe fatta. Non aveva mai avvertito la presenza di qualcuno così fondamentale per la propria esistenza. Quando il punk la accarezzava, seppur solo leggermente, le sembrava di piombare improvvisamente in un mondo dove guerra, morti e sofferenze non erano mai esistite. Un mondo dove non aveva mai trovato i propri genitori sgozzati, né era mai stata costretta a combattere ed uccidere pur di vivere. Quando le sue labbra si univano a  quelle di lui, le sembrava di potere sfiorare quel meraviglioso firmamento limpido con un dito. Non le interessava se sotto ai suoi piedi non vi era più nulla, a patto che Duncan continuasse a cingerle la vita.

Continuando a tenere le palpebre fermamente serrate, la ragazza artigliò le lenzuola sotto di lei. Stare a contatto con la pelle del militare la inebriava. poteva sentire il suo odore, il suo respiro lento e rilassato. Avrebbe desiderato restare sopra quel letto, dentro quel relitto abbandonato per il resto della sua folle vita.
Eppure, era troppo coraggiosa per fare una cosa simile. Troppo leale nei confronti di tutti quei ribelli morti, dei propri genitori, di quelli di Scott e persino di quelli di Thomas per arrendersi. Sarebbe fuggita nuovamente dalla prigione, in un modo o nell'altro, ed avrebbe  portato a termine quell'insopportabile guerra, o con la morte di Courtney, oppure con la propria.




Improvvisamente, qualcuno fece sbattere la porta della stanza. Gwen aprì gli occhi alla ricerca dell'ospite indesiderato, ma nel buio non le era possibile vedere molto aldilà del proprio piccolissimo naso. Sollevò il busto, reggendosi il lenzuolo sopra il seno, e continuò a guardarsi intorno. Dopo brevi istanti, l'intruso spalancò le tende -improvvisate con abiti stracciati-, e permise alla luce di entrare copiosamente nell'abitacolo. Subito la ragazza, esibendo una smorfia infastidita, strizzò gli occhi. Il sole, caldo come sempre, picchiava furioso contro il relitto, e la dark impiegò qualche minuto prima di abituarcisi.
"Svegliatevi, innamorati!" esclamò una voce che la ragazza riconobbe subito. Muovendosi velocemente, controllò che il lenzuolo la coprisse del tutto, ed infine parlò.
"Che succede, Edward?" non voleva risultare tanto stizzita, ma non domandò scusa all'uomo. Infondo lui aveva appena fatto irruzione nella stanza nonostante lei fosse a letto nuda vicino a Duncan, nudo anche lui.
"Ho riflettuto." rispose lui, voltandosi verso i due. Il punk si stava svegliando confuso.
"Che diav-" "Buongiorno, sergente Smitt." lo interruppe il trentaseienne, decisamente troppo agitato. Non stava sorridendo, e probabilmente il fatto che fosse serio rendeva la situazione decisamente più esilarante.
"Perchè hai fatto irruzione qui dentro?" domandò con voce impastata Duncan, cercando di dare un senso a quella situazione. La sera prima aveva fatto l'amore con Gwen: era stato pazzesco. Aveva dormito con Gwen. Ed ora Edward era nella sua stanza. Qualcosa non andava, doveva essersi perso un passaggio.
"Dobbiamo muoverci. Gli altri sono già svegli. La vostra resistenza, ed anche la mia! Dovete conoscerla prima di partire." rispose l'uomo, facendo per uscire dalla camera da letto. Ma la voce di Gwen lo interruppe.
"Partire?"
"Già. Te l'ho detto, no? Ho riflettuto." fece tranquillo l'uomo più anziano, tornando a prestare attenzione ai due che, ancora avvolti dalle lenzuola, lo osservavano incerti "Ho deciso di credervi. Infondo, ho passato dieci anni qui dentro, e sono stanco. Che la vostra storia sia vera o meno, non capisco perchè dovrei starmente con le mani in mano invece che tentare la fuga."
"Perspicace..." si lasciò sfuggire il punk, mentre tornava a sdraiarsi, passandosi una mano tra i capelli. Gwen gli lanciò una breve occhiata, per poi tornare ad Edward.
"Quindi sai come uscire da qui?" gli domandò lei, mentre un lampo colmo di ritrovata speranza la illuminava.
"Abbiamo una teoria." asserì semplicemente Edward, facendo intendere ai due innamorati che, per saperne di più, si sarebbero dovuti riunire agli altri nella sala principale "Ci vediamo dopo."






"E vorreste utilizzare una freccia?" domandò scettica Gwen, osservando attentamente i presenti. Si trovava nel salone con entrambe le resistenze. Da un lato si stagliavano lei, Duncan, Scott, Noah e Heather, mentre dall'altro Edward accompagnato da altri due ragazzi. Li aveva presentati brevemente: vi era Sky, appena ventenne, dai capelli neri e gli occhi grandi. Era incredibilmente agile e, nei rari momenti in cui Edward si trovava particolarmente impegnato, veniva scelta lei come capo-scorte. Le veniva affidato il compito di trovare cibo ed acqua. Alejandro aveva ventuno anni, carnagione bronzea ed aspetto tutt'altro che anonimo. Era molto attraente, ma orribilmente arrogante -a parer di Gwen-. Edward lo aveva descritto come un ottimo tiratore. 

Si erano riuniti perchè Noah aveva avuto una -secondo Edward- brillante idea. La dark non era totalmente certa della riuscita del piano, ma non avrebbe detto nulla sino a quando non avrebbero provato. Infondo, tentare sarebbe stato molto meglio che starsene ancora fermi senza fare nulla.

"Sì." si limitò ad asserire lo scienziato, per poi prendere un profondo respiro, apprestandosi a ricapitolare brevemente il piano "Le ferrovie sopraelevate passano al centro della Desert_Zone, punto che si trova decisamente vicino a questa base." iniziò Noah, facendo riferimento alla mappa tracciata da Edward "Se noi fuggissimo sfruttando i binari, non dovremmo scontrarci con la barriera di elettricità."
"Non sono sicura..." mormorò Gwen, scuotendo leggermente il capo.
"Fidati. Scoccheremo una sorta di arpione aerodinamico: una freccia con alla propria estremità delle cime in grado di penetrare il metallo. Il tutto sfruttando comunque un arco. L'arpione porterà con sè una fune, e quando resterà attaccato ai binari, noi ci arrampicheremo sino in cima. A quel punto ci basterà seguire i binari verso nord per raggiungere Indianapolis." disse fiducioso il moro, cercando lo sguardo dei presenti. Gwen non disse null'altro. Se non vi erano altre obiezioni, probabilmente doveva considerare quell'idea come plausibile. Oltretutto, non era lei la scienziata.
"Ora dobbiamo solo trovare chi sappia usare un arco, e bene. Disporremo di un unico arpione." intervenne nel silenzio Edward, facendo sussultare i presenti. Non potevano farsi sfuggire una simile opportunità e, tenendosi bene a mente quel particolare, Scott decise di parlare.
"Gwen. Lei è il migliore arcere che abbia mai conosciuto."

"Scott!" la bambina raggiunse il giovane dai capelli rossi con un ultimo scatto. Camminava goffamente, a causa della faretra che le pesava sulla schiena, e dell'arco che -troppo grande- le teneva occupate entrambe le mani.
"Gwen, che succede?" domandò il bambino, osservando incerto l'arma della piccola "Cosa ci fai con un arco?"
La mora sorrise, esibendo i suoi denti bianchissimi, ed immediatamente il suo volto si illuminò "Me lo ha fatto papà. Vuoi vedere come funziona?"
Scott emise un suono molto simile ad una risata, mentre osservava quella piccola e fiera bambina. Davvero credeva di potere essere in grado di utilizzare un'arma del genere? Mirare risultava particolarmente difficile ad un occhio non esperto. Eppure, la accontentò.
Uscirono in quello che recentemente avevano iniziato ad utilizzare come giardino. Il sole era caldo come tutti gli altri giorni, ed il cielo azzurro e limpido si stagliava infinito sopra di loro. Il deserto bruciava sotto le suole delle loro scarpe troppo grandi, ma ormai i piccoli si erano abituati. Gwen tendeva la corda dell'arco con attenzione, mentre menteneva incoccata la freccia in legno. Scott le aveva preparato in pochi attimi un centro a cui puntare. E così, senza neppure mostrarsi concentrata, la bambina tirò, andando a segno.
"Tutta fortuna!" si affrettò a commentare il rosso, decisamente sorpreso da quell'incredibile colpo. La piccola si accigliò qualche istante, per poi sorridere furba.
"Scommettiamo?"
"Tutto quello che vuoi."
"Una settimana di favori!" esclamò prontamente la bambina dai capelli neri, mentre l'altro annuiva concorde.
Non ci volle altro. In pochi secondi Gwen colpì un piccolo uccello che volava sopra le loro teste. Lo centrò al cuore, non sbagliando neppure di un centimetro la mira. Fu allora, probabilmente, che Scott si rese davvero conto di quanto incredibile fosse quella ragazzina.


Gwen si voltò verso il rosso furiosa. Lo aveva fatto per egoismo, per fuggire, dimenticandosi di come lei si sentiva. Lei detestava imbracciare quell'arma. Quell'oggetto le portava a galla troppo dolore, innumerevoli ricordi. Le bastava sfiorare la corda vibrante di un arco perchè suo padre le tornasse in mente insieme al suo sorriso, quello che aveva anche quando lo aveva trovato morto.
Lanciando uno sguardo a Scott e detestandolo improvvisamente con tutta se stessa, lo disse "Ti odio."
  
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