Ammetto
si non sapere quale follia mi abbia spinto a pubblicare qualcosa su
questo fandom,
ma una settimana passata a riguardarmi la vecchia e la nuova serie di
HxH credo
possa avermi influenzato un pochino.
Ho
messo OOC tra gli avvertimenti, perché è da
moltissimo che non scrivo qualcosa
che non sia una originale, quindi non sono sicura di riuscire a
mantenere le
personalità dei personaggi, comunque, l’OOC non
è assolutamente voluto, l’ho
inserito per sicurezza. Sarà comunque una storia un
po’ (molto) particolare, ma
i dettagli ve li lascio in fondo al capitolo per evitare spoiler.
Prologo. “Segreto”
[LORDE - Everybody Wants To Rule The World]
Welcome
to your life
There's
no turning back
Even
while we sleep
We
will find you
Acting
on your best behaviour
Turn
your back on mother nature
Everybody
wants to rule the world
L’alba
aveva il
colore del sangue marcio. Strisciò fuori a oriente e
chiazzò di rosso il cielo
scuro, marchiando le nuvole di oro trafugato. Più in basso
la strada
serpeggiava lungo la montagna, verso la nuova base del Ragno. Un
ammasso di
torri aguzze e fatiscenti, scure come cenere contro i cieli piagati.
L’alba era
tinta di rosso, di nero e di oro.
I colori della loro
professione.
“Sei particolarmente
bella stamattina, Amaya.” Lei sospirò, quasi fosse
un caso, come se non avesse
perso un’ora davanti allo specchio.
“I fatti sono
fatti. Constatarli non è un dono: stai solo dimostrando di
non essere cieco.” E
sbadigliò, stirandosi sulla sella, facendolo aspettare per
un attimo. “Ma
ascolterò il resto.”
Lui si schiarì
rumorosamente la gola e sollevò una mano, come un pessimo
attore che si prepara
al sua gran discorso. “I tuoi capelli sono come…
un manto scintillante di una
volpe bianca!”
“Galletto pomposo.
E ieri cos’erano? La candida neve invernale. Mi piaceva di
più, aveva una
qualche poesia. Cattiva, ma comunque poesia.”
“Merda” Lanciò
un’occhiata di traverso alle nuvole, come in cerca del
consiglio vincente.
“Beh, i tuoi occhi, allora, brillano come accecanti zaffiri,
inestimabili!”
“Adesso avrei delle
pietre sulla faccia?”
“Labbra come petali
di rosa?” Lei gli sputò addosso, ma lui era pronto
e riuscì a schivare,
rischiando comunque di cadere dalla sella.
“Questo è per far
crescere le tue rose, idiota. Puoi fare di meglio.”
“Ogni giorno più
difficile.” Borbottò lui. “Quel gioiello
che ti ho comprato ti sta
meravigliosamente bene.” Lei sollevò la destra per
ammirarlo, era un rubino
grande come una mandorla, che catturava i primi bagliori della luce del
sole e
sfavillava come una ferita aperta. “Che hai rubato, vorrai
dire.”
“Si intona con la
fierezza del tuo temperamento.”
Lei sbuffò. “E con
la mia fottuta reputazione.”
“Fanculo la tua
reputazione! Non sono altro che chiacchiere di idioti! Tu sei un sogno,
una
visione! Tu ricordi…” Schioccò le dita.
“La Dea della Guerra in persona!”
“Dea, eh?”
“Della Guerra! Ti
piace?”
“Funzionerà. Se
riesci a baciare il culo del Capo ben la metà di come hai
fatto ora, potremmo
persino beccarci un premio.”
Frau sporse le
labbra verso di lei. “Niente potrebbe essere più
delizioso che passare la
mattinata con la faccia tra le chiappe del Capo. Sanno di…
potere.” Gli zoccoli
scricchiolavano sul sentiero polveroso, le selle cigolavano e i
finimenti sferragliavano.
La strada si volse su se stessa e il resto del mondo scomparve. Il
cielo
orientale dissanguò il suo rosso in un rosa da macelleria.
“Sto aspettando.”
Fece lui.
“Che cosa?”
“La mia parte di
complimenti, è ovvio.”
“Se quella zucca
del cazzo ti si gonfia ancora finirà per esplodere, e io non
voglio il tuo
cervello sulla mia camicia nuova.”
“Pugnalato” Frau si
premette la mano sul petto “Proprio qui! È
così che ripaghi i miei anni di
devozione, sorella senza cuore?”
“Come osi presumere
di essere devoto a me, zappatore che non sei altro? Sei come una zecca
devota a
una tigre!”
“Tigre? Ah! Quando
paragonano te a un animale, di solito è la serpe che
scelgono.”
“Sempre meglio di
un verme.”
“Stronza.”
“Codardo.”
“Assassina.” Questo
era difficile negarlo. Il silenzio calò nuovamente su di
loro. Il cavallo di Frau
si portò gradatamente a fianco di quello di lei, e
altrettanto gentilmente lui
le mormorò: “Sei particolarmente bella stamattina,
Amaya.”
Ciò le fece
accennare un sorriso all’angolo della bocca, quello che lui
non poteva vedere.
“Beh, i fatti sono fatti.”
Delle
dodici zampe,
in quel luogo, se ne trovavano sette, compresa la testa, Chrollo, i
quel
momento intento a leggere un grosso tomo. Neanche gli altri sembravano
stare
impiegando molta energia in una qualunque attività. Feitan,
se solo si fosse
trovato lì, di certo avrebbe definito quella giornata
incredibilmente noiosa,
non essendosi trovato nessuno sotto le mani da poter torturare.
“Ehi capo, si sta
avvicinando qualcuno.” Chrollo rimase in silenzio, chiuse
però il libro e si
mise in piedi avvicinandosi all’ampia finestra.
“Più o meno a settanta metri,
appena dietro la curva.” Continuò Nobunaga,
informando il capo di quello che
poteva essere un pericolo, o forse solo una scocciatura. “Non
hanno usato
neanche l’Hatsu.”
“Quanti sono?”
“Due.” Rispose con
sicurezza.
“Sono gli ospiti
che stavamo aspettando.”
“Nuovi membri della
brigata? Non ne sapevo nulla” Di nuovo, la smemoratezza di
Shizuku non sorprese
più di tanto il resto dei presenti, tuttavia la sua domanda
non ottenne
risposta, poiché il capo si stava già dirigendo
verso l’atrio al piano di
sotto, in attesa del loro arrivo. Aveva accennato al resto della
Brigata che
presto ci sarebbe stata una nuova aggiunta, un nuovo numero, per due
persone.
Fratello e sorella che combattevano insieme, due lati della stessa
medaglia,
che aveva conosciuto in una landa sperduta a ovest. Quando li aveva
visti gli
avevano ricordato il suo gruppo del Ryūseigai,
tanti stenti, tante difficoltà, ma
anche tanto il desiderio di
combattere e sopravvivere. E lui non aveva potuto fare a meno di
invitare quei
due a fare parte della Brigata.
Li
vide avanzare
lungo il sentiero in groppa a due cavalli, con la stessa andatura, con
lo
stesso sguardo, con lo stesso modo disinvolto di tenere le mani. Il
loro
incredibile legame era ciò che lo aveva colpito di
più, tanto da rendere quei
due elementi un numero unico.
“Frau. Amaya.
Benvenuti nel Ragno.”
It's
my own design
It's
my own remorse
Help
me to decide
Help
me make the most
Of
freedom and of pleasure
Nothing
ever lasts forever
Everybody
wants to rule the world
Quella
notte pioveva, ed Amaya guardava fuori dalla finestra la tempesta che
infuriava
e l’acqua che colava sui vetri, trovando tutto quello molto
rilassante, tanto
che quasi senza accorgersene i suoi occhi iniziarono a farsi pesanti,
il
respiro lento e il corpo che iniziava ad avvertire la stanchezza della
giornata. Si sarebbe concessa anche un sonnellino se una presenza non
avesse
ridestato gli allarmi nella sua testa. Di certo non era suo fratello,
quindi
ancora con la testa un po’ pesante voltò il corpo
fino a osservare la strana
figura dietro di lei. Un uomo alto dai capelli rossi e dallo strano
trucco la
stava osservando, con uno strano sorriso sulle labbra, lei non
proferì parola,
avvertendo però l’aura dell’individuo
espandersi leziosamente per tutta la
stanza, le formicolò la cute e un brivido le percorse la
spina dorsale. Amaya
solitamente trovava piacevoli le cose che alle persone normali facevano
ribrezzo, per quello le sue labbra si stirarono in un lievissimo
sorriso quando
un altro brivido le percorse il corpo e l’uomo
iniziò ad avvicinarsi lentamente
alla finestra. O forse era solo il freddo, si disse poco dopo.
“Amaya;
la pioggia notturna. Che poetica coincidenza.” Se fosse stato
suo fratello a
proferire una cosa del genere non avrebbe evitato ad insultarlo,
probabilmente.
“E
Hisoka che significa?” L’uomo
distolse
lo sguardo dalla pioggia e puntò le sue pupille dorate in
quelle blu di Amaya,
per poi portarsi un dito alle labbra e sussurrare:
“Segreto.”
La
ragazza inclinò la testa di lato, non capendo se quello
fosse l’effettivo
significato del suo nome o se volesse semplicemente tenerglielo
nascosto, come
se fosse un qualche assurdo e importantissimo segreto… ah,
quasi le venne da
ridere, che altro si sarebbe dovuta aspettare da un pagliaccio?
“Perché
sei vestito da pagliaccio?” Non riuscì a
trattenersi, in quelle condizioni il
suo cervello lavorava più lentamente della bocca, anche per
quello avrebbe
preferito mettersi a dormire, andare nell’altra stanza e
rannicchiarsi accanto
a suo fratello.
“Sono
un prestigiatore, Amaya, non un pagliaccio.” Solo in quel
momento la ragazza
notò che la sua mano stava giocherellando con una carta da
gioco.
“Allora
fammi vedere qualche trucco.”
“Cosa
mi darai in cambio?” Un sorriso spontaneo si dipinse sulle
labbra della
ragazza.
“Segreto.”
Il pagliaccio, o prestigiatore, per Amaya non faceva alcuna differenza,
le
allungò il mazzo di carte sotto il volto, con un sorriso
furbo appena accennato
sulle labbra.
“Allora
scegli una carta.”
“Che
dobbiamo
fare?” Frau era impaziente, una missione finalmente, il che
significava soldi,
per lui era quello che contava. Amaya si guardava distrattamente in
giro,
cercando di ricordare e memorizzare i nomi e vi volti della Brigata.
Una
missione da soli, da quanto aveva capito, non che le dispiacesse, ma
Amaya era
sospettosa per natura e temeva per suo fratello, costantemente, che
potesse
farsi del male, data la sua ingenuità. Eppure quando si
voltò verso di lei con
un sorriso immenso sul volto tutti i timori e i sospetti sparirono,
certo,
erano circondati da criminali, assassini e feccia, ma loro erano forse
migliori?
Si
coricò a letto, scostando lentamente le coperte, cercando di
non svegliare il
fratello. Le tenebre erano fitte, le tende tirate bloccavano
completamente la
luce, ma il suono della pioggia si sentiva forte e chiaro, come se
stesse
piovendo dentro la stanza. Si coprì, portandosi le ginocchia
al petto, e fissò
la schiena di suo fratello che si muoveva a un ritmo regolare e
rassicurante e
avvertì la tensione del corpo abbandonarla lentamente, il
dolore alle gambe per
la lunga cavalcata svanì in poco tempo, così come
tutti gli altri dolori
muscolari. Si lasciò cullare dal respiro profondo e
rassicurante di Frau e
dalla melodia della pioggia.
“Amaya.”
Lo sentì sussurrare, la voce arrochita dal sonno.
“Cosa
c’è?” Suo fratello si voltò e
si avvicinò a lei, cingendola con le braccia.
Amaya in altre situazioni non glielo avrebbe permesso, la faceva
sentire
piccola, le faceva percepire quel bisogno di protezione che pensava di
aver
superato, ma tutte le volte che finiva tra le braccia di suo fratello
tornava
tutto indietro; la paura di non superare il giorno e gli stenti che
avevano
combattuto all’ovest.
“Non
tradirmi, non lasciarmi mai, ti prego.”
“Non
lo farò.” Si strinse contro di lui, sentendo il
calore del suo corpo scaldarla,
mentre una strana sensazione di disagio le annodava lo stomaco; tra le
mani
teneva ancora quella carta da gioco.
There's
a room where the light won't find you
Holding
hands while the walls come tumbling down
When
they do I'll be right behind you
“Capo,
cosa vuoi fare?” Chiese Nobunaga; non si poteva dire che le
cose erano andate
peggiorando, la reputazione della Brigata attirava già molti
nemici, i quali
però non erano un grave pericolo per il gruppo, gli uomini
dell’ovest erano un
altro paio di maniche; lasciavano segnali, avvertimenti, cose a cui il
Ragno
non aveva mai assistito. Gli uomini dell’ovest non
conoscevano il perdono.
“Non
credevo sarebbero diventati un problema.” E non sarebbero
dovuti diventarlo;
quando aveva trovato Frau e Amaya li aveva visti come creature
indifese, certo,
con un grande potenziale, ma non poteva immaginare i nemici che si
erano fatti,
anzi, non credeva neanche che tali creature smarrite potessero avere
dei
nemici.
“Quindi?
Non dovremmo liberarcene comunque? Rischiano di metterci in
pericolo.” Pakunoda
cercava spesso la strada più breve, così come
riusciva a facilitarsi la vita
leggendo nella mente altri, quella di prendere decisioni su due piedi,
magari
non sempre ben pensate, era la via che preferiva. E aveva letto nella
mente dei
nuovi arrivati, aveva allungato la mano verso di loro, con la semplice
pretesa
di presentarsi, e quello che aveva trovato nella loro mente non era
molto di
più di quello che già sapevano e un legame
così forte tra i due da
sorprenderla.
“Da
quando in qua il pericolo ti ha spaventato eh, Pakunoda?” La
rimbeccò Nobunaga.
La donna rimase in silenzio.
“A
me non sembrano male.” Shizuku distolse lo sguardo dai due
che continuavano a
lanciarsi occhiatacce, per proferire con la sua voce da ragazzina.
“Non
sono loro il problema.” Il Capo fissò la pioggia
scrosciante fuori dalla
finestra, in cerca di una soluzione che non li avrebbe danneggiati
troppi, ma
nonostante tutti i giri che faceva nella sua mente, il risultato era
sempre lo
stesso.
“Cosa
allora?” Chiese ancora Shizuku.
“A quanto pare avevano parecchi nemici, rischiamo di
ritrovarceli qui, ne
avevamo già parlato, Shizuku.” Le fece notare
Shalnark, per quanto potesse
essere produttivo tentare di far ricordare qualcosa a Shizuku. Ma
Chrollo
sapeva il problema non era costituito semplicemente da quello.
“Come
se non avessimo già il mondo contro.” Ad Hisoka
non importava quanti nemici si
potesse ritrovare contro, ma purtroppo lui sembrava essere
l’unico ad avere la
smania di combattere forti avversari, e doveva ammettere che quelle due
figure
lo incuriosivano parecchio, forse gli sarebbe dispiaciuto.
“Che
facciamo, lanciamo una moneta?” Feitan si alzò,
tirando fuori dall’abito la
moneta del Ragno. “Capo?”
“Testa
se ne vanno, croce muoiono.” Era inutile starci a pensare, se
fossero rimasti
con loro si sarebbero ritrovai con troppe lame al collo, ma sarebbe
potuto
succedere anche se se ne fossero andati, di certo non sarebbero tornati
all’ovest, e con loro sarebbero rimasti anche i loro nemici,
i loro problemi. C’era
poco da decidere, da tirare a sorte, ma voleva comunque dare una
possibilità
all’errore che lui stesso aveva scommesso.
La
moneta può
cadere di taglio, se lo vuoi.
“Amaya, Amaya,
ascoltami per favore.” Si aggrappò alla sua
camicia, con un enorme sorriso sul
volto che era un ritratto della gioia fanciullesca.
“Che vuoi?”
Tutt’altro era la sorella, che già da un
po’ mal sopportava i vaneggiamenti del
fratello
“Ti immagini che
bello? Saremmo ricchi, con una casa tutta nostra.” Lo disse
come se quello
fosse uno dei più grandi raggiungimenti ottenibili in vita,
e non come se si
trattasse di una cosa che quasi chiunque aveva. Ma per loro era
così; per loro
andare a vivere in quel luogo fatiscente con un’altra dozzina
di persone era
qualcosa di inimmaginabile. Ma in poco tempo Frau aveva iniziato a
pensare a
cose che per Amaya era superflue.
“Si, e magari con
una grande fama.” Dire che non ci sperava era una
sciocchezza, ma guardava
quella specie di obbiettivo come un traguardo irraggiungibile. Quindi
perché
perdere tempo?
“Si! Perché no?
Pensa a quando sarai tu a decidere…”
“Smettila di
sognare Frau, è impossibile raggiungere una vetta cos alta,
per noi.”
“Lo so, però…”
L’entusiasmo di Frau si smorzò, e la sorella quasi
si sentì in colpa.
“Si, sarebbe
bello.” Sospirò pesantemente. “Ma a
pensarci, non credo neanche che una cosa
del genere potrebbe interessarmi più di tanto, mi trovo bene
con il Ragno, non
intendo andarmene per seguire sogni folli.” Erano folli,
sì, Frau lo sapeva
benissimo, ma lui avrebbe provato di tutto per realizzare
ciò che credeva
giusto, più per sua sorella che per se stesso.
Frau rimase in
silenzio, con un nuovo sorriso sulle labbra.
So
glad we've almost made it
So
sad they had to fade it
Everybody
wants to rule the world
La
moneta non era caduta di taglio, Hisoka un po’ ci aveva
sperato, ma non
spettava a lui decidere. Aveva osservato la parabola del cerchio dorato
lanciato in aria, aveva osservato ogni movimento a ancora prima che
questa
iniziasse a scendere sapeva già quale faccia si sarebbe
mostrata ai membri del
Ragno. Distolse lo sguardo ancora prima che questa finisse nelle mani
di
Feitan, sapendo già come sarebbe andata a finire, e si
alzò, deciso ad
allontanarsi da quel posto per un po’; era rimasto
più del solito solo per
quelle due nuove presenze, rimandando tutti gli impegni che avrebbe
potuto
avere, ma ora era il momento di allontanarsi, infondo non aveva trovato
nulla
di così interessante dall’ultima volta che si
erano riuniti.
Al
Covo si trovava solo metà del ragno, buona parte aveva da
svolgere altre
faccende altrove, una grande e importante missione, da quanto aveva
capito la
ragazza. La cosa che le pareva strana era l’assenza di Hisoka
che, non essendo
in missione con metà del Ragno, si sarebbe dovuto trovare
lì.
“Non
è possibile che quel bastardo dal sangue freddo sia bravo
con la spada come
dicono.”
“È
una katana, e hai ragione, è più
bravo
di quello che dicono.” Frau ancora stentava a credere a
quello che la sorella
gli aveva detto poco prima.
“Mi
prendi in giro Amaya?”
“No,
ci siamo allenati un po’ insieme.” Si
sistemò meglio sulla spalla il sacco
umido. “Sai, anche tu dovresti esercitarti un po’,
ti farebbe comodo.”
“Nah,
non ne ho bisogno.” Frau era molto bravo nelle arti marziali,
ma disdegnava
completamente le lame, nonostante ne portasse una al fianco, Amaya, al
contrario, era un’esperta nelle armi bianche.
Lungo
la strada per raggiungere il covo si videro giungere incontro Shalnark,
con la
sua solita aria da ragazzino innocente, ad Amaya non andava molto a
genio, Frau
invece sembrava provare una certa simpatia per il
biondino.“Ragazzi, il capo
vuole parlarvi.”
“Ma
siamo appena tornati…” Iniziò a
lamentarsi Frau.
“Sta
zitto Frau.” Suo fratello sbuffò, ma infondo era
meglio liberarsi il prima
possibile di certe faccende, così da andare a coricarsi e
riposare il prima
possibile.
“A
proposito, come è andata la missione?”
“Sangue
e divertimento, come al solito.”
“Avete
recuperato il…” Amaya aveva già tirato
fuori dalla tasca una pietra preziosa
molto particolare appesa a una catenella in purissimo argento, e gliela
sventolò sotto il naso. “E
avete…” E gli buttò ai piedi il sacco
che teneva in
spalla. Cautamente Shalnark si chinò e lo aprì;
sul suo volto apparve
un’espressione accigliata. “Non c’era
bisogno di portare la sua testa.”
“Da
noi all’ovest si fa così.”
L’atrio
era umido, e i pochi presenti stavano in silenzio, sprecando il proprio
tempo.
“Shalnark
mi ha detto che avete portato a termine la missione con
successo.”
“È
così, ed è stato piuttosto semplice.”
“E
vi siete anche occupati di Alexander, non ve lo avevo
chiesto.”
“Si
è buttato in mezzo, si è fatto ammazzare. Beh,
tanto meglio per voi, no? un
nemico in meno.”
“Amaya,
credo non sia quello il problema.” La sorella assunse
un’espressione
interrogativa.
“Non
dovevamo portare la sua testa?” Chiese, quando il fratello
imitò il gesto di
uno sgozzamento.
“Siete
un ottimo elemento nella Brigata, non vedevo combattere come lo fate da
voi da
anni, risoluti e rapidi. Tuttavia il vostro passato ci ha portato
più problemi
che benefici.” Prima ancora che potesse proferire parola
Amaya vide il lieve
baluginio di un movimento con la coda dell’occhio, abbastanza
per farle
sollevare la mano d’istinto. Il filo vi sibilò
teso attorno, premendogliela
sotto la guancia, schiacciandola contro la gola fino a soffocarla.
Frau
balzò in avanti. “Ama…” Il
metallo luccicò quando Nobunaga mirò un fendente
al
suo collo, mancò la gola segnando un taglio rosso appena
sotto l’orecchio.
Chrollo
indietreggiò cauto mentre il sangue schizzava sulle
piastrelle. Amaya cercò di
urlare, ma riuscì solo a farfugliare attraverso la trachea
semichiusa. Con la
mano libera cercò l’impugnatura di una delle sue
lame, ma qualcuno gli afferrò
il polso e glielo bloccò: Phinks, premuto stretto contro il
suo fianco
sinistro.
“Mi
dispiace.” Le mormorò all’orecchio,
estraendo la lama della ragazza e
lanciandola dall’altra parte della sala.
Frau
inciampò, gorgogliando bava rossastra, una mano premuta sul
lato del viso, con
il sangue nero che serpeggiava tra le dita bianche. L’altra
mano cercava a
tentoni la spada, mentre Shalnark lo guardava, raggelato. Frau
sfilò
maldestramente un dito d’acciaio prima che Nobunaga si
avvicinasse e lo
colpisse, tranquillo e preciso –una, due, tre volte. La lama
sottile scivolò
dentro e fuori il corpo di Frau, e l’unico suono fu il
respiro lieve della sua
bocca splancata. Il sangue schizzò sul pavimento a lunghi
fiotti, cominciando
ad allargarsi in cerchi scuri sulla camicia bianca. Barcollò
in avanti,
inciampando nei suoi stessi piedi fino a crollare a terra, la spada
estratta
che graffiava il marmo sotto di lui.
Amaya
si dimenò, ogni muscolo fremeva, ma era bloccata ed inerme
come una mosca nel
miele. Sentiva Phinks che le grugniva all’orecchio per lo
sforzo, l’esile corpo
caldo di Machi che le premeva sulla schiena. Sentì il filo
tagliarla lentamente
ai lati del collo, conficcarsi nella mano, premere stretto contro la
gola;
avvertiva il sangue colarle caldo lungo l’avambraccio, fin
dentro la manica
della camicia.
Una
delle mani di Frau strisciò sul pavimento, tendendosi verso
la sua; si sollevò
un paio di centimetri, le vene che spiccavamo sul collo. Nobunaga si
fece
avanti e, con calma, lo pugnalò al cuore di spalle. Ebbe uno
spasmo, poi
ricadde immobile, la guancia pallida chiazzata di rosso. Il sangue
prese a
scorrere sotto di lui, facendosi strada tra le fessure delle piastrelle.
“Bene.”
Nobunaga si chinò e pulì la spada sulla schiena
di Frau. “Ecco fatto.”
Feitan
guardava, accigliato: leggermente perplesso, leggermente irritato,
leggermente
annoiato. Quasi esaminasse alcune cifre di un bottino che non facevano
tornare
i conti.
Chrollo
indicò il corpo. “Sbarazzatene,
Shalnark.”
“Io?”
Le labbra del ragazzo si arricciarono.
“Si
tu, e tuo puoi aiutarlo Shizuku. Dovete capire cosa bisogna far per
tenere al
sicuro la nostra famiglia”
“No!”
Shalnark barcollò all’indietro. “Io non
avrò parte in tutto ciò!” Si
voltò e
corse fuori dalla stanza.
Il
Capo non sembrò dare troppo peso all’accaduto.
“Nobunaga, aiutala tu.” Gli
occhi strabuzzati di Amaya li seguirono mentre trascinavano il cadavere
di Frau
in terrazza. Sollevarono Frau al di sopra della balaustra e lo
gettarono giù.
E
così fu andato.
Chrollo
rivolse uno sguardo accigliato ad Amaya, una vaga figura scura
attraverso i suoi
occhi umidi, i capelli arruffati sul viso. “È
ancora viva? Che stai facendo Machi?”
“Questo
filo del cazzo le sta premuto sulla mano.” Sibilò
lei.
“Ci
penso io.” Phinks estrasse dalla cintura della ragazza un
altro pugnale, sempre
tenendole il polso con l’altra. “Mi dispiace
davvero.” La lama uscì dalla
guaina, acciaio scintillante e letale. Amaya pestò con tutta
la forza che le
era rimasta il piede di Machi e questa perse la presa sul filo,
così lei lo
scostò via dal collo, ringhiando e contorcendosi mentre
Phinks la pugnalava. La
lama mancò di parecchio il bersaglio, scivolando sotto la
costola inferiore:
freddo metallo, ma lei lo sentì bruciare caldo, una linea di
fuoco dallo
stomaco alla schiena. Le affondò nella carne trapassandola
da parte a parte, e
la punta punzecchiò il petto di Machi.
“Ah!”
Lei mollò il filo e Amaya balzò su, cominciando
ad urlare senza senso,
colpendola con il gomito e facendola barcollare. Phinks, colto alla
sprovvista,
traccheggiò col pugnale nell’estrarlo dalla carne
di lei e lo gettò lungo il
pavimento. Lei gli sferrò un calcio, mancando
l’inguine e beccandolo sull’anca,
e lui si piegò. Amaya afferrò un pugnale dalla
cintura, ma la mano tagliata era
goffa e lui le afferrò il polso prima che potesse infilzarlo
con la lama.
Lottarono per averlo, a denti scoperti, ansimando uno in faccia
dell’altra,
barcollando avanti e indietro, le mani appiccicose del sangue di lei.
“Ammazzala!”
Ci fu uno scricchiolio e la testa di Amaya si riempì di
luce, il pavimento si
schiantò contro il suo cranio, schiaffeggiandole la schiena.
“Maledetta…”
Il tacco dello stivale di Machi si abbatté di colpo sulla
sua mano destra; il
dolore le corse su per il braccio, strappandole un sussulto nauseato.
Lo
stivale calò di nuovo su tutte le nocche, poi le dita, e poi
il polso. Allo
stesso tempo il piede di Phinks le tempestava le costole,
più e più volte,
facendola tossire e rabbrividire. La sua mano distrutta si torse,
mentre
cercava di rialzarsi su un fianco. Il tacco di Machi si
abbatté e la schiacciò
sul marmo freddo frantumandole le ossa. Ricadde indietro, a malapena
capace di
respirare, la stanza che vorticava intorno a lei.
Il
pugno di Phinks calò giù e sollevò
Amaya per la gola. Lei cercò do afferrarlo
con la mano sinistra, ma tutta la forza che era colata via attraverso
il foro
nel fianco e i tagli sul collo. Le sue dita maldestre lasciarono solo
goffi
segni rossi sul volto dell’uomo. Il braccio fu respinto e
torto brutalmente
dietro la schiena.
“Giù
dalla terrazza e facciamola finita.” Lei si sentì
trascinare, la testa
ciondoloni. La luce del sole l’accoltellò. Venne
sollevata, mentre gli stivali
flosci raschiavano la pietra. Il cielo azzurro si ribaltò,
ora era issata lungo
la balaustra. L’aria le pizzicò il naso e le fece
tremare il petto. Si
contorse, scalciò: il suo corpo si dibatteva per rimanere in
vita.
Sfocata,
tra i capelli insanguinati sugli occhi scorse la figura di Chrollo.
“Spero tu
capisca, non posso mettere in pericolo il Ragno, e i demoni che tue tuo
fratello vi siete portati dietro sono troppo grossi anche per
noi.”
Amaya
voleva sputagli in faccia, ma le uscì solo un filo di sangue
lungo il mento.
“Fotti…”
Poi stava cadendo.
NdA
Amaya
significa ‘pioggia
notturna’ per questo la frase di Hisoka.
Hisoka,
da quanto ho
capito, significa ‘segreto’.
Naturalmente
le parti in corsivo sono eventi passati, spero di non aver creato
troppa
confusione.
La
canzone che appare in mezzo al testo è quella riportata
sotto il nome del
capitolo, mi piacerebbe associare una canzone ad ogni capitolo, vediamo
che si
riesce a fare.
Ho
qualcosa da dire sulla storia, come vi ho detto sopra; questa storia
sarà
abbastanza violenta, succederanno cose che fanno inorridire anche me, e
basata
sulla vendetta, come si può ben capire dal titolo. Ah, per
la cronaca
Weltschmerz
è
una
parola
tedesca praticamente intraducibile, che
significa
“dolore del mondo”.
So
che l’ultima scena non è molto plausibile; niente
Nen, lo so, ma altrimenti non
riuscivo a risolverla.
Uhm,
probabilmente vi starete chiedendo se sono solita uccidere
così brutalmente i
miei stessi personaggi… beh, sì, ma Amaya non
è ancora morta, no?
Spero
di riuscire ad aggiornare con un minimo di regolarità.
Grazie
per aver letto fino a qui :)