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Autore: Lady Atena    02/07/2014    2 recensioni
Ispirata a “Mente divisa” di PurpleStarDream.
Captain America è stato un indiscusso eroe americano, capace di affrontare ogni nemico e sventare ogni minaccia. Steven Rogers soffre di stress post-traumatico, di visioni tanto sconvolgenti e tanto frequenti da far presagire una schizofrenia imminente; che le cure di Bucky e Natasha non riescono a fermare.
E poi c'è Tony, occhiali da sole e sogghigno beffardo, che nel suo essere irreale è l'unico appiglio che Steve riesce a stringere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Scudi troppo spessi.'
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Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.

Steve si chiuse l'ultimo bottone della giacca marroncina da militare. Deglutì, si tolse il cappello e aprì la porta. Entrò e avanzò.
“Dottoressa, ho il mio appuntamento delle due” disse e la voce possente gli tremò. La dottoressa annuì, sfilò gli occhiali e afferrò la penna indicando con la mano libera la sedia.
“Si accomodi, signor Rogers. È in anticipo” disse.
Tony si sedette sul bordo della scrivania a lato della donna, sogghignò.
“Ohw. Cattivo, Steve, l'hai privata di cinque secondi di pausa in più”.
Steve raggiunse la sedia e si accomodò, piegando il capo. Unì le mani e chinò la testa. La dottoressa si tolse una ciocca castana da davanti al volto, sorrise.
“Mi hanno detto che la sua condizione è peggiorata, dopo la nostra ultima seduta. Forse abbiamo toccato un punto cardine che ha causato scombussolamento nel suo inconscio” spiegò.
Tony aprì e chiuse la mano battendo il pollice contro le altre dite.
“Bla, bla, bla, bla”.
Steve sorrise e si guardò i piedi.
< I miei pensieri li senti? > domandò mentalmente.
Tony annuì, sogghignò poggiando le mani sulla scrivania.
“Sarebbe disturbante se il frutto della tua mente non sentisse i tuoi pensieri” rispose.
La dottoressa sfogliò un paio di pagine del blocco degli appunti, fece ondeggiare la penna in aria.
“Stavamo parlando del suo gruppo quando ancora non aveva preso il siero. Questo le causa qualche difficoltà?”.
“Ne parliamo da settimane. Le ho anche detto tutti i soprannomi, da femminuccia ad assorbente” brontolò Steve.
Strofinò i talloni sul pavimento. Tony inarcò un sopracciglio, fissando Steve con gli occhi socchiusi. La dottoressa infilò gli occhiali, scrisse velocemente osservando i fogli.
“Mi parli dei rapporti con gli altri membri del suo gruppo. Nel dettaglio, il più possibile”.
Steve si voltò verso la finestra.
“Erano alti, grossi, stupidi e prepotenti. Scommettevano su come sarei morto a causa della guerra” spiegò.
Tony fischiò, accavallò le gambe.
“Che persone amorevoli”.
La dottoressa scrisse velocemente, si premette gli occhiali sul naso.
“Aveva qualche rapporto particolare con qualcuno di loro?”.
Steve incassò il capo tra le spalle.
“Il soldato Barnes è il mio migliore amico” rispose.
La dottoressa alzò il capo, si tolse una ciocca di capelli da davanti al volto.
“Ha ancora sensi di colpa nei suoi confronti?” chiese.
Tony si voltò sgranando gli occhi, aprì le labbra e incassò il capo tra le spalle. Si voltò, inarcò un sopracciglio.
“E saresti tu quello malato?!”.
Steve si voltò di scatto, assottigliò gli occhi e le iridi azzurre gli brillarono.
“Sssh” bisbigliò.
La dottoressa lo guardò, socchiuse gli occhi.
“Sta parlando con la sua allucinazione? È qui?” domandò.
Steve avvampò e sospirò.
“Sì” mugolò.
Guardò Tony seduto sopra la scrivania. Tony scosse il capo, sogghignò roteando gli occhi.
“È carino da parte tua guardarmi mentre mi parli, ma dovresti evitare davanti agli psicotici”.
La dottoressa mordicchiò la stanghetta degli occhiali.
“Assomiglia al suo amico Bucky? O a qualcuno verso cui nutre senso di colpa?”.
Steve si girò verso di lei. Strofinò le mani sulle ginocchia e negò con il capo.
“Assomiglia a un mio amico verso cui non ho mai e mai proverò sensi di colpa” rispose.
La dottoressa scrisse velocemente.
“Mi parli di questo suo amico in poche parole”.
Guardò l'orologio, sorrise.
“Tra dieci minuti ho un altro paziente” spiegò.
Steve si massaggiò una spalla e si alzò in piedi.
“Tutti conoscono Howard Stark” borbottò.
Tony si voltò di scatto verso di lui, scese dalla scrivania e inciampò nel filo teso che collegava la presa di corrente al computer sulla scrivania della dottoressa. Il computer si spense, la presa emise una serie di scintille e la donna urlò alzandosi di scatto. Tony si rimise in piedi, si massaggiò il capo e sbuffò. Lanciò un'occhiata via alla presa attaccata alla corrente, arricciò il labbro e guardò la donna.
“Mica sei caduta tu, idiota” borbottò.
La dottoressa sospirò, osservò dei residui di polvere cadere sul pc e si morse il labbro.
“È meglio che lei vada a casa, signor Rogers. Darò al suo amico il numero di un dottore più adatto alle sue esigenze” lo congedò.
Tony incrociò le mani dietro la testa, sogghignò piegando il capo.
“Andiamo, Steve. Miss professionalità ha paura che le rovini il vestito e di fare tardi dal parrucchiere” disse.
Raggiunse la porta e si poggiò al muro guardando Steve. Steve si voltò e uscì seguendo Tony.
  
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