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Autore: The Galway Girl    02/07/2014    1 recensioni
Mi chiamo Anais, ho 19 anni, ho appena finito il liceo e non ho voglia di fare niente.
Dico sul serio, proprio niente.
La mia idea era quella di starmene tutto il giorno davanti alla tivù, ma ho dovuto fare i conti con mia mamma, una snob che non vuole assolutamente sfigurare di fronte alle sue amiche, così ho messo a punto un piano infallibile, un Piano Geniale. Mi sarei trovata un lavoro così orribile e imbarazzante che mia madre mi avrebbe costretta a licenziarmi....
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sette.

Scendo per la cena e apparecchio la tavola come ogni sera.
I miei sono seduti sul divano e discutono di un argomento sicuramente interessantissimo e mi rivolgono un saluto distratto.
Mentre dispongo le posate perfettamente allineate (non sono fissata solo col letto), mio padre mi chiama.
Dovrà sicuramente chiedermi come vanno le lezioni di pianoforte, che non seguo più dalla seconda media.
< < Ana, ho parlato con Claudio dell'Ufficio Tributi, mi ha detto che nel bar di fronte al Duomo cercano personale. Perchè domani non fai un salto, magari ti fanno fare un colloquio. > >
Colloquio?!?
Ok, panico. Cosa gli dico? Che è pazzo? Che non se ne parla? Cavolo, ma non doveva dimenticarsene?
Mi fissa così gli rispondo.
< < Si, perchè no! Ci vado domani mattina! > >
Cosa? Ma da dove mi è uscita questa? "Perchè No?".
Mi guarda compiaciuto e riprende la conversazione con mia mamma.
Per mia fortuna la cena scorre tranquilla senza ulteriori colpi di scena e, dopo il solito rituale dello sparecchiare e del caricare la lavastoviglie me ne vado in camera.
Decido di farmi un bagno e quando mia madre protesta le dico < < E dai, voglio essere presentabile per il colloquio di domani (bugia), ho passato tutto il giorno a pulire con la nonna (altra bugia), ci metto al massimo mezz'ora (bugia al cubo). > >
Resto un'ora e mezza nella vasca, fino a quando la schiuma non si è completamente diradata e mi si sono create le pieghette sui polpastrelli.
Alle bussate insistenti di mia mamma mi decido ad uscire dal bagno, mi infilo il pigiama e avvolgo i capelli bagnati nell'asciugamano, non ho intenzione di asciugarli col phon.
Mi ficco nel letto e mi preparo a dormire.
Guardo la sveglia: 21.30, era dalle elementari che non andavo a letto così presto.
Chiudo gli occhi e mi concentro sul dormire.
Li riapro e guardo di nuovo la sveglia. 22.05
Sarà una luuuuuuuuunga notte.
Mi sveglio al suono del gallo spelacchiato del vicino e non mi sento per niente riposata. Devo essermi addormentata intorno alle 2.00 e sono le 7.45, maledetto pennuto.
Mi metto i tappi nelle orecchie e cerco di dormire ancora un pò.
Riapro gli occhi convinta che siano almeno le 9.00 e invece sono le 8.15. Dannazione. Che cavolo faccio tutta la mattina?
A un tratto mi torna in mente il Colloquio.
Non sono ancora sicura di andarci. In fondo mio padre mi ha detto di "farci un salto", quindi nessuno mi aspetta, non è come se lui mi avesse fissato un appuntamento di persona.
Mi alzo e mi guardo allo specchio.
Aver dormito coi capelli avvolti nell'asciugamano mi fa assomigliare ad Edward Mani di Forbice. Con le occhiaie poi sembro la sua versione zombie.
Non avendo nient'altro da fare, mi siedo davanti al mobile con lo specchio e comincio a truccarmi con cura. Passare le mattine nell'orto con la nonna ha dato i suoi frutti, sono abbronzata come se fossi appena tornata dalle vacanze, quindi non avrò bisogno di quintali di fondotinta come al solito. Mi metto un pò di correttore per tentare  almeno di coprire le occhiaie e applico con cura un ombretto oro che sta perfettamente sulla mia pelle abbronzata. Per finire mi passo un velo di lucidalabbra. Il risultato non è niente male, anzi sono piuttosto carina.
Cerco di trovare un modo per tenere a bada i capelli dato che sembra che ci abbia infilato dentro un petardo, così opto per il chignon finto scomposto che avevo creato per il mio incontro con Ambra.
Aver riordinato il mio armadio si è rivelato utile perchè trovo subito quello che cercavo, un vestitino blu con dei cavalli che mi sta piuttosto bene e mette in mostra le gambe, anch'esse abbronzate e un pò più toniche grazie alle camminate con la nonna. Metto un paio di ballerine e guardo l'orologio: 9.05. Ok direi che posso scendere per la colazione.
In cucina trovo la nonna indaffarata ad impastare con vigore. Il mercoledì fa sempre la pizza per pranzo. Mi prendo un succo dal frigo e mi siedo con noncuranza al tavolo. Lei non mi degna di uno sguardo così mi alzo e faccio finta di prendere qualcosa dallo scaffale proprio davanti a lei. Quando le passo di fronte è costretta a girarsi verso di me ed esclama < < Accipicchia Anais, stai benissimo! Ti sei messa in ghingheri per il colloquio? > >
Ah già il Colloquio. A dire il vero io mi sono truccata per ammazzare il tempo, ma è un ottimo alibi per i miei genitori, stasera la nonna potrà dir loro che mi sono svegliata all'alba e che ero bellissima per il mio "colloquio".
Colloquio al quale non ho NESSUNA intenzione di andare per la cronaca.
< < Si infatti, come sto? Dici che mi assumono? > >
< < Ma certo! Sarebbero dei pazzi a non farlo! > >
Ora sarò costretta ad uscire di casa per farle credere di esserci andata per davvero al "colloquio". Vorrà dire che mi infilerò in un bar e chiederò ad Ambra di raggiungermi.
< < Ok, allora io vado! > >
< < In bocca al lupo! > >
Esco e decido di andare lo stesso fino alla scena del crimine, cioè il bar, solo per vedere in che razza di posto mio padre vorrebbe farmi lavorare.
Potrei arrivarci in due minuti se prendessi l'autobus, ma dato che ho un sacco di tempo, e che devo far credere a mia nonna di averlo sostenuto sul serio il Colloquio, mi incammino a piedi.
Arrivo al Duomo e do un'occhiata al bar. "Il Rigoletto".
Ma che nome è?
Mi ci vedete sul serio dire alla gente che lavoro in un posto che si chiama "Rigoletto"?
Tanto per farmi del male decido di entrare. Come mi aspettavo è un posto "da fighetti". Scommetto che un caffè qua dentro costa 5€ e che le cameriere portano la camicia nera con la cravatta e il grembiule lungo fino ai piedi.
Mi siedo al bancone e una ragazza magrissima con una canottiera nera con il nome del bar impresso sopra mi rivolge un sorriso che più finto non si può e mi chiede:
< < Prego? > >
La fisso. Di fronte a me si aprono varie possibilità.
Opzione numero uno: mi presento, le dico che ho saputo che cercano personale, le chiedo se è possibile parlare con un responsabile e affronto il colloquio con serietà correndo il rischio di essere assunta per davvero. Chiamo eccitata mia madre e le annuncio di aver trovato un lavoro.
Opzione numero due: mi presento, le dico che ho saputo che cercano personale, le chiedo se è possibile parlare con un responsabile e faccio un colloquio pessimo apposta. Mi sento rispondere "Grazie le faremo sapere", chiamo delusa mia madre e le dico che sarà per la prossima volta.
Opzione numero tre: ordino un thè al limone ignorando il cartello "cercasi personale" che torreggia proprio di fronte ai miei occhi. Chiamo Ambra e le chiedo di raggiungermi.
Nella mia testa risuona il tic tac che si sente nei giochi a premi alla tivù, mentre la cameriera anoressica mi fissa come se fossi scema.
tic...tac...
tic...tac...
< < Un thè al limone per favore! > >
Ehi...vi aspettavate sul serio che io facessi un colloquio in questo posto? Potrei al massimo lavare i piatti qua dentro, e quello lo faccio già a casa gratis.
La simpaticissima cameriera si allontana e ci impiega quasi cinque minuti per servirmi. Scommetto che ha sputato nel mio thè.
Mentre aspettavo ho mandato un sms ad Ambra per vedere se è libera e ora attendo la risposta. Sorseggio il mio thè e do un'occhiata alla clientela tipo di questo posto. Tizi in giacca e cravatta, universitari con portatili costosi, signore ingioiellate fino ai denti e casalinghe annoiate con borse che costano come casa mia.
E pensare che avrei dovuto servire caffè e pasticcini a questa manica di presuntuosi.
Il mio cellulare squilla e leggo la prevedibile risposta.

Mi disp! Matt incasinata! Stud e poi test!

La mia amica è talmente occupata che non ha neanche il tempo di terminare le parole.
Faccio uno squillo a Valentina, anche se so che sarà sicuramente impegnata a farsi scaricare da qualche turista in Croazia.
Finisco il mio thè, pago, assicurandomi di non lasciare neanche un centesimo di mancia a questa arpia ed esco.
Guardo l'orologio. Sono riuscita a perdere  45 minuti, direi che sono sufficienti. Mi incammino di nuovo verso casa quando il mio cellulare suona di nuovo. Altro messaggio, di Valentina stavolta.

Hei ciao! Qui è tutto bellissimo, torno fra pochi giorni, dobbiamo ax vederci, ho news fresche fresche!

"News" nel linguaggio di Valentina può voler dire solo una cosa: ha già un nuovo ragazzo.
Cammino distrattamente mentre rispondo al messaggio e mi rendo conto di aver sbagliato strada.
Mi guardo in giro per capire dove sono e il mio cuore ha un tonfo.
Dall'altra parte della strada c'è Lorenzo.
So di avervi detto che dopo Enrico per me è stata calma piatta, ma ho passato tutti i cinque anni delle superiori a sbavare dietro a Lorenzo. Non corrisposta, of course.
Praticamente tutte in classe, salvo alcune imperterrite (Ambra e Valentina), erano perdutamente innamorate di lui.
Alto, moro, occhi blu, sorriso smagliante e battuta sempre pronta. Ah si, e stronzo patentato.
Provava un sadico piacere a farti credere di essere disponibile e interessato e alla fine ti mandava a quel paese. Più di una ha tentato di farsi avanti con lui, io per fortuna ho avuto un pò di amor proprio, un pò perchè stavo già con Enrico, un pò perchè non avrei più avuto il coraggio di guardarlo in faccia. Mi limitavo a fissarlo sospirando.
Mi rendo conto di non aver nessuna voglia di incontrarlo. So di essere piuttosto carina stamattina, ma so anche che lui se ne frega, inoltre è ricco sfondato, scommetto che dalla fine del liceo non avrà fatto altro che viaggiare e che partirà all'università a studiare qualcosa di fighissimo, condividendo un loft super fighissimo coi suoi amici fighissimi. Io, invece, faccio le pulizie con mia nonna e resto fedele al mio piano di non fare niente.
Per evitare che si accorga di me mi spalmo contro la vetrina di un negozio rendendomi conto con orrore che è gremito di clienti, alcuni dei quali tra l'altro mi stanno già fissando perplessi. Proseguo dando la schiena al marciapiede opposto per qualche metro finchè non raggiungo l'angolo della strada e posso finalmente tirare un sospiro di sollievo.
E' stato orribile. Mi ha ricordato quando ho lasciato Enrico. Abitando nello stesso paese lo incontravo ovunque e ogni volta tentavo senza successo di evitarlo. Lui mi rivolgeva sempre uno sguardo da cane bastonato e io mi sentivo una schifezza.
Ho dovuto sorbirmi i suoi sguardi tristi e torvi per anni, finchè non si è trasferito a Venezia con sua mamma. E' stato bellissimo poter passeggiare tranquilla per il paese senza correre il rischio di incontrarlo.


Alle 10.00 sono di fronte al portone di casa. Lafayette mi sta correndo incontro, alla velocità che i suoi sedici anni gli consentono e io intanto sto pensando a cosa dire a mia nonna.
E' ovvio che non avendo sostenuto nessun colloquio non posso darle nessuna falsa speranza, ma non voglio neanche sembrare troppo pessimista, in fondo deve risultare che io mi sia impegnata per ottenere questo lavoro.
Non posso dire che hanno già trovato una cameriera, il cartello "cercasi personale" era ben evidente, il collega di mio padre potrebbe spifferargli che non hanno ancora assunto nessuno e a lui sorgerebbe qualche dubbio, è distratto non scemo.
Alla fine decido che dirò che ho parlato con il responsabile, che mi sembra di essermela cavata, e che attendo notizie. L'attesa di una chiamata che non arriverà mai mi farà guadagnare qualche giorno di pace.
Spingo il portone e mi imbatto nella nonna che traballa sotto il peso di un cesto pieno di panni asciutti.
Le corro incontro e le tolgo dalle braccia quel pesantissimo fardello.
Lei tutta trafelata mi dice:
< < Oh grazie tesoro, pesa un quintale! Attenta a non farti male! > >
La seguo dentro casa e lascio cadere il cesto con un tonfo accanto alla porta.
Mi accascio su una sedia in cucina e lei mi versa un bicchiere d'acqua.
Si siede accanto a me e mi fissa.
< < Allora, come è andata? > > azzarda.
Ok, diamo inizio alle danze.
< < Ho parlato con un responsabile, mi ha chiesto se ho già esperienza nel campo e mi è sembrato un pò deluso dato che non ne ho, ma penso di aver fatto comunque una buona impressione, mi ha detto che entro la settimana prossima mi farà sapere perchè deve vedere ancora altre candidate. > >
Lo dico quasi tutto d'un fiato.
Lei mi rivolge un'espressione speranzosa e dice < < Ma si! Chi se ne importa se non hai esperienza! Sei così simpatica che compensi! E poi nessuno nasce cameriera, imparerai col tempo! > > Mi da un bacio sulla fronte ed esce.
Ok.
Mi sento una schifezza.
Peggio di quando ho lasciato Enrico, peggio di quando ho detto ai miei che andavo a pattinare sul ghiaccio invece sono andata in discoteca.
Odio dover mentire a mia nonna, e odio ancora di più la sua espressione speranzosa.
Sono negata nel dire bugie.
Una volta in quinta elementare scrissi un finto avviso sul diario in cui si diceva che dovevo portare a scuola 2000 lire per acquistare dei fogli da disegno, invece volevo spenderli per comprarmi caramelle. Feci leggere l'avviso a mio padre che mi diede i soldi senza battere ciglio. Me ne andai in camera col mio gruzzoletto e scoppiai a piangere.
Era la prima volta che mentivo a mio padre e mi sentivo malissimo. Confessai e gli ridetti indietro i soldi. Lui non si arrabbiò neanche, anzi, fece una risatina e il giorno dopo mi portò un tubo gigante di Smarties.
Da allora mi sento sempre in colpa a raccontare bugie, al massimo mi limito ad omettere, o a raccontare false verità.
Se io avessi sostenuto il colloquio e fosse andato di merda, ma invece dicessi che è andato da Dio forse mi sentirei meno in colpa. Il fatto è che io il colloquio non l'ho sostenuto affatto e ora dovrò sparare una bugia dietro l'altra.
La nonna mi propone di condire la pizza con lei e l'idea mi consola un pò, adoro disporre la mozzarella con precisione e adagiare i funghi perfettamente equidistanti tra di loro. Adoro ancora di più far cadere a pioggia l'origano e fiutare l'odore delizioso della pizza che cuoce nel forno.
Mentre aspettiamo che le nostre creazioni siano cotte cominciamo a stirare.
Cioè, io le passo i vestiti e lei li stira, poi mi limito a disporli di nuovo nella cesta prima di portarli in camera dei miei. L'unica cosa che dovrà fare mia madre sarà riporli con cura nell'armadio seguendo il suo assurdo schema cromatico.
Quando sentiamo il campanello del forno suonare ci fiondiamo in cucina e addentiamo le pizze ancora bollenti.
Finito il pranzo stiriamo i vestiti rimasti, e scopro con orrore che si tratta di tutti quelli che ho messo a lavare l'altro ieri.
Li avevo sotterrati nel cesto dei panni sporci perchè non sapevo cosa farmene o dove metterli e ora me li ritrovo puliti e profumati.
Li porto in camera mia e il desiderio di rilanciarli sul pavimento è forte ma resisto, così li appendo con cura alle stampelle. Il mio armadio non è mai stato così pieno e così vuoto allo stesso tempo.
Di solito i miei vestiti o erano tutti accasciati sulla sedia e sul pavimento, o erano tutti ammassati nell'armadio. Ora invece sono tutti appesi felici a mia disposizione e c'è un sacco di spazio vuoto dove prima c'era la massa informe multicolore.
Decido di metterci gli scatoloni che si trovano sulla mensola in modo da guadagnare spazio e mi metto a riordinare la scrivania per sgombrarla un pò e riporre le cose che non mi servono nell'armadio dove prima c'erano gli scatoloni.
Direi che l'astuccio e il diario possono sparire, cosìccome la calcolatrice, la squadra, il block notes e il blocco da disegno.
Butto via almeno una cinquantina di fogli scarabocchiati pieni di appunti per la tesina e ripongo alcuni libri nella libreria.
Ora tutto quello che rimane sulla scrivania oltre al computer è il porta penne e la cornicetta di Maiorca che mi ha regalato Valentina con la foto di noi tre scattata a Pasquetta quest'anno.
Tutte queste pulizie mi hanno fatto venire un gran sonno, e per la prima volta dall'asilo decido di farmi un pisolino.
Mi distendo sul letto e chiudo gli occhi.
Quando li riapro realizzo che il pisolino si è trasformato in una vera e propria dormita dato che sono passate tre ore.
I miei rientreranno da un momento all'altro così mi preparo psicologicamente, verrò assalita di domande che dovrò evitare con cura in modo da non darmi la zappa sui piedi da sola.
Mi limiterò a ripetere le stesse identiche parole che ho detto alla nonna sperando che bastino per tenerli a bada.
Sento la porta d'ingresso aprirsi, faccio un gran respiro e scendo le scale, con calma, non voglio che pensino che mi affanno perchè ho grandi notizie.
Mia mamma mi saluta, mio padre anche e se ne vanno in salotto. Niente domande. Niente di niente. Mi sono passati davanti senza rivolgermi una parola.
Avete presente in Hunger Games quando vengono scelti i tributi e i ragazzi i cui nomi non sono stati estratti capiscono di essere salvi e di essersi tolti un peso?
Mi sento così. Sono salva.
Forse se ne saranno dimenticati, o probabilmente mio padre ha buttato lì l'idea del colloquio senza crederci veramente, o forse senza volere veramente che io ci andassi. Magari lui non vuole che io lavori, mi ha parlato del bar solo per tenere a bada mia mamma. Forse in fondo anche lui ha capito che è meglio che io continui a non fare niente. Realizzare di aver forse trovato un alleato mi fa quasi ridere.
Mi avvio saltellando verso la cucina superando i miei seduti sul divano che discutono come al solito quando sento mio padre chiedermi < < A proposito Anais, hai fatto un salto nel bar di cui ti parlavo ieri sera? > >
Mi arresto talmente all'improvviso che quasi prendo in pieno la credenza.
Ok, non sono salva. Mio padre non è dalla mia parte, anzi è colui che estrae i nomi dei tributi da sacrificare.
Respiro, mi giro verso di loro e gli rispondo < < Ho parlato con un responsabile, mi ha chiesto se ho già esperienza nel campo e mi è sembrato un pò deluso dato che non ne ho, ma penso di aver fatto comunque una buona impressione, mi ha detto che entro la settimana prossima mi farà sapere perchè deve vedere ancora altre candidate. > >
Lo dico ancora più in fretta di prima.
< < Pff, che assurdità! Come se bisognasse essere super esperti per servire due caffè messi in croce! > > mia madre dice alzando gli occhi al cielo.
Dalla sua reazione mi sembra che se la siano bevuta.
Per sicurezza attendo anche la risposta di mio padre.
< < Beh dai, aspettiamo almeno di vedere cosa le dicono. Fanno sempre tutti i difficili e poi assumono il primo che passa. > >
Direi che sono definitivamente salva e prima che possano farmi altre domande rivolgo loro un sorriso speranzoso e dico < < Si, infatti non si può mai sapere. Dubito che le altre candidate fossero tutte dei maitre o dei sommelier esperti! > >
< < Anais, è un bar mica un ristorante! > >
Cazzo.
< < Si, vabbè era per dire! > >
Ok, meglio che chiudo il becco e mi ritiro in zona neutra, quindi filo in cucina da mia nonna.
Il resto della cena trascorre tranquillo senza argomenti che riguardano lavoro, colloqui o futuro.
Quando mi alzo per sparecchiare mia mamma si accorge finalmente di come sono vestita, non mi sono cambiata quindi ho ancora addosso il vestito coi cavalli.
< < Ana, ci sei andata vestita così al colloquio? > > mi scruta da testa a piedi col suo sguardo laser.
< < Si, perchè? > >
< < Almeno non ti sei presentata lì con quella maglietta idiota con gli uccelli che metti sempre. > >
Questo è quanto di più vicino ad un complimento io potrò mai ricevere da mia madre. Non mi ha detto che sono carina, ma che non faccio del tutto schifo.
< < Non mi sarei mai presentata ad un colloquio con una t-shirt, per chi mi hai preso? > >  faccio la faccia finta offesa.
< < Anais, devo ricordarti che alla prima prova di maturità ti sei presentata con la maglietta di Spongebob? > >
< < Vabbè, la prima prova non conta mica! All'orale ero impeccabile! > >
Ed è vero. Per sopperire alla mia tesina assurda e alla convinzione delle svariate scene mute mi ero presentata con un vestitino bianco molto bon ton comprato da H&M, le ballerine marroni coi brillantini e una bellissima treccia a spiga.
Avevo guardato il tutorial su youtube la sera prima invece di ripassare.
< < Si, e abbiamo visto tutti il risultato! > >  mi sfotte lei.
< < Ahah...mi sto squassando dalle risate!> >
< < Oh ma insomma, la smettete voi due? > >  ci rimprovera la nonna. < < Sempre a litigare! Monica ti posso assicurare che stamattina Anais era bellissima, si era truccata e pettinata benissimo. > >
Ti voglio bene nonna.
Mia mamma alza gli occhi al cielo come fa ogni volta che mia nonna la rimbecca e si ritira in salotto a guardare il telegiornale con mio papà che si è defilato già dieci minuti fa.
Quando torno in camera mia trovo un messaggio sul cellulare. E' di Valentina.

Ciao ragazze! Sono tornata quindi vi propongo un'uscita venerdì! Non ammetto un no come risposta, devo dirvi una cosa bellissima!

Leggendo mi chiedo quanto tempo passerà prima che io riceva un altro messaggio da parte sua che recita "Tizio è uno stronzo, mi ha mollata, dobbiamo uscire così mi sbronzo!"
Sono un'amica stronzissima lo so, ma sono felice di uscire finalmente così le rispondo.

Certo che esco con voi! A venerdì baci
  
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