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Autore: KoreW    03/07/2014    2 recensioni
Anno 992
Nel mondo conosciuto creature sempiterne vivono in mezzo ai terreni ogni giorno, instaurando con loro legami ed esercitando la magia. Due di esse, Crystal e Antares, sono state chiamate dai quattro Fondatori per radunare quanti più studenti possibile in un mondo dove il futuro per un mago è del tutto incerto e non esiste nessun posto più sicuro di Hogwarts.
Ma proprio quando il sogno di una vita sembra realizzarsi e la scuola acquista il suo prestigio, un’anima dannata avvolge tutto come un ombra di morte e disperazione, costringendo le due ragazze a lottare per il bene superiore.
Vite spezzate, morte e disperazione, una prigione creata dal nulla per intrappolarlo per sempre e tanto, troppo dolore per quella che sembrava essere la cosa più giusta da fare per poter sopravvivere.
Anno 2017
Alex e Lailah sono pronte per iniziare il loro primo anno ad Hogwarts, tra caldi abbracci e un passato da dimenticare vivranno la loro più grande avventura che si prospetta durare una vita intera. Ma il male è sempre in agguato, nascosto nell’ombra delle mura del castello tra le pagine di un libro ingiallito e un fitto segreto.
E se non fosse tutto davvero finito?
KoreW
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, I fondatori, Il trio protagonista, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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The history of Hogwarts, the secrets of four founders and a “new” Lou

 

Si ama solamente ciò in cui si persegue qualcosa d’inaccessibile,
quel che non si possiede.
Marcel Proust

 

Louis Weasley, come è stato più volte ribadito, non era un ragazzo particolarmente socievole e chiassoso e, sempre per precedente conoscenza, adorava immergersi nel suo mondo ed entrarvi ed uscirvi a suo piacimento. Per questo, durante tutte le vacanze di Natale, nessuno si era stupito più di tanto a vederlo intento a leggere un libro negli attimi liberi tra un pranzo alla Tana e una visita ai cugini francesi.
Eppure, un osservatore attento avrebbe dovuto notare con che brama e voglia di sapere Louis Weasley apriva e divorava quel libro che pareva infinito; con che curiosità sfogliava le sue pagine e con che attenzione scrutava le sue immagini che mostravano una vita tanto antica quanto affascinante. Ma durante le feste non c’è il tempo di osservare attentamente persona per persona e tutti si limitavano a scrutarlo con un sorrisetto tra le labbra, notando quanto era tranquillo rispetto ai suoi cugini e sorelle e quanto fosse diligente e colto. No, non era strano vedere Lou in quegli atteggiamenti e nemmeno vederlo così ossessionato. La cosa strana era solamente l’oggetto della sua ossessione.

Non lo aveva più restituito, alla fine, quel libro dal titolo allettante e dal contenuto ancora più ghiotto, ne era come ammaliato ed era avido di saperne sempre di più. Quante cose aveva scoperto, leggendo. Un passato che non si impara a Storia della Magia perché sarebbe troppo complicato e oscuro, una vicenda che va ben oltre la magia e ciò che si conosce, la prima vera battaglia tra le forze del bene e quelle del male, le vere origini della fondazione di Hogwarts.
Era come una droga, più leggeva più voleva sapere ed era difficile smettere, quasi fosse diventato vitale sapere come andava a finire tutto. Da quando aveva deciso di tenere per sé quel libro si sentiva diverso, più libero… quando in realtà sapeva di essere solo schiavo di quelle pagine ingiallite macchiate di inchiostro colorato. Eppure, pur sapendolo, non riusciva a farne a meno e leggeva, leggeva in ogni attimo libero e in cui sapeva di non essere osservato per sapere, per conoscere quel passato affascinante.

Sembrava un libriccino di poco più di cento pagine, eppure era da novembre che lo leggeva e ancora a gennaio non era arrivato alla parola fine: un incanto a dir poco niente male che giovava a lui come copertura. Non ne aveva parlato con nessuno, troppo avido per condividere tutto quel prezioso sapere e troppo intimorito dalla reazione che avrebbero potuto avere i suoi amici, anche se non comprendeva il motivo del suo comportamento. Era come se si stesse trasformando in qualcun altro: più sicuro, più forte, più coraggioso, il Grifondoro che sentiva di non essere mai stato e quella sensazione, seppur parecchio macabra, gli piaceva. E parecchio anche.

Il treno sbuffava sonoramente e la campagna scorreva veloce sotto gli occhi di Louis che, stanco, si era abbandonato al sedile una volta messo piede nello scompartimento. Stavano tutti ritornando ad Hogwarts dopo le vacanze di Natale e c’era aria nostalgica, nell’Hogwarts Express, accompagnata dall’eccitazione di fare ritorno a scuola. In verità voleva soltanto un po’ di calma per tornare alla sua piacevole lettura, ma si sa, ad essere amico dei Malandrini ti dimentichi anche il significato della parola quiete, eppure aveva bisogno di un attimo per riflettere, per riordinare le idee e rivedere a mente lucida tutto ciò di cui era venuto a conoscenza in quei mesi e  in quelle vacanze, giusto per limitare quei forti mal di testa che lo avevano costretto a un paio di giorni a letto durante le vacanze.

Purtroppo, causa le moltissime notti insonni a cui si era sottoposto per leggere, non appena socchiuse gli occhi si addormentò profondamente, sognando una Scozia d’altri tempi, immersa nell’era Medievale e alle origini di quella che sarebbe stata la più grande Scuola di Magia e Stregoneria del mondo.

 
***

 
Tanti anni prima, nel 989 d.C.…

- Potrebbe essere un successo, Sal.- diceva un uomo, gesticolando animatamente per le vie caotiche della città, in cerca di un qualcosa di ignoto persino a se stesso.

- Non osare mai più chiamarmi Sal, ti è così difficile da comprendere, Godric?- rispose scocciato l’uomo interpellato, sistemandosi i bottoni del prezioso mantello verde da dove si intravedevano, tra le cuciture, delle pietre di ossidiana e smeraldi.

- Smettiamola con queste formalità, Sal, siamo amici da quasi vent’anni, ormai.- rimbeccò l’uomo, scostandosi i riccioli rossicci dalla fronte e sfiorando l’elsa della sua spada in un gesto quasi meccanico. All’apparenza potevano sembrare un nobiluomo e il suo araldo eppure, e ciò era di dominio solo a pochi eletti, entrambi erano maestri di arti magiche non comuni a tutti gli uomini, che li rendevano speciali.

- Ciò non ti giustifica, Godric, e giusto perché tu capisca: ciò che mi proponi non è per nulla fattibile. Ci vorranno mesi e forse pure anni e non potremo mai istruirli tutti, considerando pure che ci sono giovani maghi e streghe ormai adulti che sono del tutto inconsapevoli dei loro poteri o che, se ne sono a conoscenza, sarebbero ormai troppo grandi per frequentare questa presunta scuola.- disse piccato l’uomo con il mantello verde, mentre guardava con una punta di ribrezzo tutti quei comuni babbani che scorrazzavano qua e là per tutta la via urtandolo e irritandolo parecchio.

Non sopportava quegli individui nettamente inferiori che disdegnavano la magia e di cui se ne prendevano beffe cercando addirittura di praticarla o insultarla. No, proprio non li sopportava.

- Salazar, questa potrebbe essere una svolta e ogni mago o strega anche di età superiore ai diciassette anni potrà essere istruito! Magari in separata sede rispetto agli studenti, ma perché precludere a un mago la possibilità di imparare dai migliori insegnati che la Bretagna può offrirgli?- era un sognatore, Godric,  pensava in grande e specialmente quando si hanno ventidue anni e una testa piena di idee non si può fare a meno di vedere realizzati tutti i nostri progetti anche solo nella nostra mente.

- Fantastico, ma oltre questa tua illuminate spiegazione sul come istruire: hai la minima idea sul chi, dove e quando fare tutto ciò?- chiese ironico Salazar, continuando ad avanzare fino a ritrovarsi alle porte di un immensa reggia che occupava la maggior parte della piccola cittadina scozzese e che spiccava per le torrette alte e color celeste pastello, rendendola eterea e fluttuante nell’immensità del cielo azzurro coperto da qualche nuvola bianca.

- Dove e quando sono da definire, amico mio, ma il chi penso proprio che lo conoscerai a breve. Sai, tuo padre è da tanto che ti obbliga a visitare la reggia dei Corvonero e quale migliore occasione per conoscere meglio la splendida Priscilla se non questa?- disse Godric, mettendo su il più abbagliante dei sorrisi per convincere il suo amico a non tornare indietro e ritirarsi. Il suo padrone, per l’appunto il lord inglese Salazar Serpeverde, infatti, aveva più volte rimandato la visita al maniero dei Corvonero per non rivedere la figlia saccente e indisponente di Taddeus, amico di vecchia data di suo padre, che lo irritava profondamente ogni qual volta veniva a fare visita alla sua reggia con tutta la famiglia al seguito.

- Spero tu stia scherzando, Godric, perché conosco bene la cara Priscilla e la mia voglia di rivederla è pari a quella che avrebbe un uomo di avere un cappio al collo.- rispose con tono pacato il conte, non nascondendo una profonda irritazione al pensiero di quell’eventualità.

- Mi dispiace dirvi, padrone, che il buon vecchio Taddeus Corvonero ci attende e che non vede l’ora di rivedervi.- disse con scherno Godric, improvvisando un finto tono servile e avviandosi verso la reggia seguito di controvoglia dal giovane Serpeverde.

- Tu e mio padre vi siete coalizzati contro di me, non è così?- disse, digrignando i denti, un più che irato Salazar.

- Al contrario di te, tuo padre è estasiato dalla mia idea e mi ha suggerito di chiedere l’aiuto di lady Priscilla per fondare la scuola.

- Sappi che questa me la pagherai, stupido araldo che non sei altro!

- Sappiamo entrambi che senza di me ti annoieresti.

- Io credo invece che la mia vita sarebbe tranquilla e priva di rischi inutili, senza di te.

- Ma quanto siamo antipatici, oggi, hai per caso dimenticato di prendere il latte zuccherato stamani?

- Non sei divertente, Godric.

- Dici? Io mi diverto molto!- continuarono a battibeccare fino ad arrivare al portone d’ingresso bianco finemente lavorato, dove vennero interrotti da un paio di guardie che li annunciarono e li scortarono fino a un’ ampia stanza con dei sofà blu e le pareti turchesi, illuminati dalla luce delle ampie vetrate che mostravano la vista del giardino nel retro della proprietà e le colline in lontananza.

- Beh, questa si che è classe.- si lasciò scappare Godric.

- Contenta che voi lo pensiate, scudiero.- si sentì dire con tono fiero ed entrambi gli uomini si voltarono per vedere da chi provenissero quelle parole.

Una giovane donna con un abito semplice color zaffiro adornato da piccoli topazi azzurri fece capolino nella stanza seguita a ruota da un uomo più anziano che zoppicava leggermente e che subito andò a sedersi su uno dei due sofà, massaggiandosi lentamente la gamba destra. I due ragazzi si inchinarono all’uomo, un più che ricco borghese che aveva fatto molta fortuna e che poteva benissimo essere considerato un nobile nel campo ristretto in cui viveva, e alla giovane donna che colpì entrambi per l’aspetto austero e lo sguardo fiero con cui si rivolgeva loro. Priscilla Corvonero non era certo tra le donne più belle, eppure nell’amplesso era molto carina e raffinata nei modi di fare.
Alta e dal fisico asciutto, lunghi capelli castani e  liscissimi che le arrivavano fino alla vita, occhi color cioccolato sempre attenti e intelligenti e tratti del viso spigolosi, ma che ben si adattavano alle sue forme e che in generale facevano di lei una bella donna seppur non eccessivamente e in maniera folgorante. Indossava un bellissimo diadema intrecciato in modo da formare un corvo e con dei topazi blu incastonati: anche se non era una vera e propria principessa, grazie al suo aspetto ci andava molto vicina.

- Lieto di rivedervi, my lady.- disse  controvoglia il giovane Salazar, sedendosi poi accanto a Godric nel divanetto di fronte a quello del barone.

- Il piacere è tutto mio.- se possibile, la giovane appariva ancor più contrariata nel rivedere quello che per anni era stato il suo promesso, almeno fino a quando suo padre non si era finalmente capacitato dell’odio che scorreva tra i due.

- Allora, Salazar, qual buon vento ti porta qui al mio cospetto? C’è forse qualche affare,- e indicò la figlia con lo sguardo. - Di cui vorresti parlarmi?

- Niente di ciò che state pensando, Taddeus. Siamo qui per… illustrarvi un’idea e sperare in un vostro aiuto per realizzarla. Il mio scudiero ha pensato bene di… cosa avevi di preciso in mente?- incitò Salazar, guardando Godric con sfida immaginando che non avrebbe avuto il coraggio di rivolgersi all’uomo e proporgli la sua strampalata idea.

- Se mi permettete, signore, e anche lord Ophintus Serpeverde è del mio stesso avviso, sarebbe più che conveniente creare una scuola dove maghi e streghe possano imparare ad usare la magia in maniera corretta e in egual modo per tutti, specializzandosi in più discipline per poi tornare utili alla comunità magica che molto soffre questa derisione da parte dei Babbani. Vede, lord Corvonero, io credo sia giusto insegnare la magia ai maghi più giovani in modo da prepararli a quello che li aspetta fuori e trovo sia ancor più giusto giusto che i maghi più capaci insegnino a queste nuove generazioni i loro segreti istruendoli in vari campi, dai più generici ai più specifici.- disse con fierezza, dimostrando il coraggio che Salazar credeva non avrebbe mai avuto.

Ci fu un attimo di silenzio nel quale si sentiva solo il ticchettio fastidioso delle scarpe della ragazza, intenta a ragionare sulla possibile realizzazione di quell’allettante idea. Un attimo interminabile che avrebbe potuto decretare l’inizio o la fine del sogno di quel giovane che aveva dimostrato coraggio nell’esporre quella sua originale idea e che credeva con fermezza nei suoi obbiettivi.

- E in che modo avresti bisogno di noi, impavido scudiero?- proruppe poi Priscilla, spezzando quel silenzio che si era venuto a creare e stupendo Salazar, che già immaginava il declino di quell’assurda idea.

- Beh, ecco… ci servirebbe qualcuno con uno spiccato intelletto e molta saggezza per prendere delle decisioni e, stando a ciò che mi ha consigliato lord Ophintus, voi siete la donna giusta per organizzare tutto questo e realizzarlo. Vengo da una piccola comunità magica agli estremi dell’Inghilterra e lì i giovani maghi e le giovani streghe non possiedono le competenze necessarie per poter usufruire al meglio dei loro poteri e diventare qualcuno nel nostro mondo. Questo è sempre stato il sogno un po’ ambizioso di, come dite voi, un impavido scudiero, ma se ci aiuterete potrebbe essere più realtà e meno sogno.- tutti ammutolirono nel sentire con quanta passione quel giovane esponeva le sue idee e con quanta convinzione le portasse avanti. Priscilla rimase a dir poco affascinata da tutto quell’ardore e, scambiando uno sguardo d’intesa con suo padre, non ebbe dubbi sulla risposta da dare a quell’impavido scudiero sognatore.

- Accetto. Le tue intenzioni sono nobili, scudiero, e non posso che essere onorata se lord Serpeverde ha pensato proprio a me per questo compito, quindi consideratemi parte integrante di questo progetto e accettate di soggiornare qui almeno fino a che non avremo organizzato tutto per il meglio; poi penseremo al resto.- Godric improvvisò un baciamano veloce, voltandosi poi verso Salazar che sorrideva in modo tirato.

- Grazie, my lady, non ha idea di quanto questo possa farmi felice.

- Non c’è di che, scudiero. Ora se non vi dispiace, signori, vado a ritirami nelle mie stanze: ci rivedremo questa sera a cena.
Detto questo scomparì da dove era entrata lasciandosi dietro sguardi ammirati e anche un po’ sbigottiti.

- Mia figlia è molto saggia e se ha voluto darvi una mano vuol dire che nel vostro progetto vede più di un sogno, ma una solida realtà. Spero solo che questo porti a qualcosa di realmente positivo e, se posso dirlo, avete delle idee molto bizzarre, scudiero… - disse Taddeus, sorridendo bonariamente in direzione di Godric il quale ascoltava con il capo semi chino il discorso dell’uomo.

- È quello che gli dico sempre anch’io e… - ma Corvonero ignorò del tutto le parole velenose di Salazar soffermandosi a parlare con Godric, che alzò il capo non appena una mano dell’uomo si appoggiò alla sua spalla.

- Ma parlate con coraggio e ragionate con il cuore e queste sono qualità davvero nobili. Come vi chiamate? Ora che ci penso, non conosco nemmeno il nome di questo impavido giovane.- continuò, scherzando un po’ sul nomignolo che la figlia aveva affibbiato al ragazzo.

- Godric… - deglutì. – Godric Grifondoro, signore.- rispose, ritrovando poi la sua sicurezza.

- Bene, Godric, puoi anche evitare tutti questi atti reverenziali con me, non mi è mai piaciuto farli e tantomeno mi piace riceverli, perciò smetti di inchinarti: non sono così nobile. E comunque, continua così, ragazzo, e chissà che la vita non ti riservi piacevoli sorprese,- disse a Godric, che sorrideva compiaciuto e anche un po’ tronfio e non disdegnava certo i complimenti. – In quanto a te, Salazar, sono contento che ti circondi di persone così e chissà che non si riesca a sciogliere il tuo animo di ghiaccio con una compagnia così piacevole, adesso.- si rivolse poi a Salazar che, come sempre, annuiva e sorrideva fintamente, stanco che un semplice scudiero fosse sempre considerato migliore di lui, che era uno dei lord più nobili in tutto il Mondo Magico.

L’invidia… l’invidia è uno di quei sentimenti antichi e sempre presenti che non muoiono mai e non portano mai a nulla di buono. Salazar era profondamente invidioso di Godric e l’unica cosa che lo aveva sempre reso superiore a lui era la sua classe sociale e il suo rango di Purosangue, eppure sentire le parole di Corvonero lo aveva fatto infuriare .
Perché lui non sarebbe mai stato così schifosamente coraggioso e così maledettamente leale e cavalleresco. No.

Lui era calcolatore, ambizioso e tradizionalista e ovviamente ciò non poteva competere con la fierezza di quel pallone gonfiato di Godric secondo tutti. E intanto aspettava, aspettava il momento della sua rivalsa contro tutti, contro suo padre che lo credeva solo un buono a nulla, contro sua madre che avrebbe preferito avere un figlio come Godric, contro il suo migliore amico che non perdeva occasione per sminuirlo anche se non se ne rendeva conto. Covava rancore, uno forte e dalle radici profonde, perché era cresciuto con quel ragazzo che gli aveva portato via tutto, persino l’amore della sua famiglia. Perché Godric era migliore, praticamente perfetto agli occhi di tutti e lui solo un rifiuto che avrebbero volentieri buttato via se non fosse stato un Purosangue.

Un giorno la sua vendetta l’avrebbe avuta e finalmente avrebbe sminuito Godric, portandogli via tutto ciò in cui credeva. Aspettava perché, alla fine, l’unica delle sue più grandi doti era la pazienza.



Ed effettivamente gli anni passarono, così come maturarono i frutti dell’odio di Salazar e il lavoro di Godric che, dopo ben due anni, vide finalmente la luce. Parecchi erano stati gli attimi di sconforto e ancor di più le difficoltà di organizzazione eppure adesso erano lì ad osservare, incantati, quel castello che sarebbe diventata la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e che avrebbe ospitato i più famosi maghi e streghe del mondo.
Tre mesi dopo la visita al maniero dei Corvonero avevano incontrato, in una breve sosta a Belfast, quella che sarebbe stata la quarta ed ultima fondatrice: Tosca Tassorosso, una Mezzosangue che lavorava come massaia nella casa di un signorotto di provincia e che era stata ben lieta di accettare la proposta ambiziosa di tre giovani maghi, che la ritenevano oltremodo idonea per ricoprire quella carica così importate. Così, dopo aver costruito da zero il castello, disposto i dormitori, organizzato le classi, le materie, ingaggiato i professori, rifornito una biblioteca grazie al prezioso aiuto di Taddeus Corvonero e assunto degli elfi domestici per le faccende e la gestione della cucina in modo da non dover affaticare Tosca e Priscilla, mancava solo una cosa: gli studenti e su quel punto erano ancora tutti molto perplessi e indecisi.


- Non possiamo far iniziare tutti dal principio: un sedicenne al primo anno sarebbe parecchio strano.- affermava Tosca, che pensava al disagio che poteva creare quella situazione.

- Ma se non è capace dovrà ricominciare da capo e per quello sì, anche un sedicenne dovrà frequentare una classe di alunni del primo anno.- disse risoluta Priscilla, mentre sorseggiava dell’idromele dalla sua coppa d’argento.

- Priscilla, hai idea di come potrebbero sentirsi gli studenti?- cercava di spiegarle Tosca, tagliando con fin troppa foga un pezzo di carne per l’emozione.

- Non è affar nostro, Tosca, di certo non possiamo occuparci anche della sensibilità dello studente.- si impose Salazar, con tono serio e inquietante, mentre osservava assente tutti i commensali.

- Ma… - tentò la giovane Tassorosso,che venne subito interrotta da Godric.

- Distribuiamoli ed esaminiamoli separatamente: di sicuro è meglio se ognuno di noi si occupasse solo di una parte degli studenti in modo che i più grandi possano raggiungere più facilmente un livello adatto alla loro età senza intralciare i più piccoli e inesperti.- disse solenne, addentando con poca grazia un pezzo di pollo.

- Buona idea, Godric, ma con che criterio pensi di dividerli questi studenti?- lo sfidò divertita Priscilla, appoggiando i gomiti al tavolo e incrociando le mani sotto al mento.

- Di quelli saccenti e indisponenti potresti occupartene tu, non trovi Priscilla?- la prese in giro Salazar, continuando a masticare con lentezza il suo cibo.

- E tu potresti occuparti di quelli arroganti e dalla spiccata ironia, Salazar.- sputò con cattiveria quel nome, come se le desse fastidio addirittura il pronunciarlo.

- Per favore, signori, smettetela, - cercò di riportarli all’ordine Tosca, che era sempre la moderatrice nei battibecchi tra i due. – però non è una cattiva idea: tu che ne pensi, Godric?- chiese poi esitante, girandosi verso un Godric dall’espressione pensierosa particolarmente buffa, che le provocò una risatina.

- Dico che si potrebbe benissimo fare senza problemi, anzi ci verrebbe anche molto più comodo.- decretò, annuendo soddisfatto in direzione dei suoi colleghi.

- Non credi che radunare maghi e streghe sia già abbastanza? Dovremo pure seguirli in separata sede uno per uno? Dove pensi di trovarlo il tempo, Godric?- chiese Salazar irritato, non voleva di certo perder tempo con le stupide fantasie di un insulso sognatore.

- Propongo di cercare degli aiutanti, ragazzi che sappiano già padroneggiare la magia e che cercheranno i giovani maghi e streghe al posto nostro, mentre noi staremo qui ad occuparci degli studenti.- propose Priscilla e subito un leggero chiacchiericcio animò la tavola, con commenti vari sulla proposta e qualche accorgimento.

- Direi che sarebbe perfetto, non trovate?- chiese allora Godric e tutti, chi di controvoglia chi con entusiasmo, accettarono di buon grado la proposta e subito iniziarono a proporre nomi di ragazzi che avrebbero potuto svolgere quel compito.


Questo nei libri di storia non viene detto, non si parla della vecchia amicizia tra Grifondoro e Serpeverde come non si parla delle origini del primo e di come tutto ebbe veramente inizio.
Hogwarts non si è creata da sola, ma grazie al sacrificio di due uomini e due donne che, chi più chi meno, ci hanno creduto e che, nonostante tutte le difficoltà, sono andati avanti e hanno portato a termine il sogno di un impavido scudiero.
Non trapela tutta la fatica e tutti gli sforzi che il mantenere quel grande castello ha portato, quei sogni che sono stati coltivati e la sensazione di libertà che pervadeva i giovani maghi che varcavano quella soglia ed entravano, finalmente, nella quint’essenza del loro mondo.
Non vengono nemmeno nominati i quattro giovani aiutanti scelti in base a severi criteri ed approfondite analisi e di come questi quattro giocarono un ruolo fondamentale nella gestione di quella scuola e delle casate che vennero loro assegnate, perché in tempi remoti i direttori delle case non erano i professori, ma quattro studenti da poco maggiorenni che ogni anno reclutavano decine e decine di nuovi eletti tra tutte le classi sociali in tutta la Gran Bretagna.
No, di questo i libri di storia non ne parlano, non si accenna al perché del tradimento di Salazar e a tutto quel rancore che si era insinuato nel suo cuore rendendolo cieco, perché aveva perso di vista i valori e gli amici; non si parla nemmeno del suo pentimento e di ciò che gli successe lontano da Hogwarts.
Nel libro di Storia della Magia non c’è scritto niente di tutto questo e nemmeno io oggi vi racconterò tutta la storia, ma solo in parte, perché anche voi dovete sapere, dovete conoscere i segreti dei quattro fondatori.



Quando pensi che al mondo sei solo, che non ci sia nessuno a parte te, che cadi nello sconforto e che credi che non potrebbe andarti peggio; beh, ecco che arriva una svolta nella tua vita e che sia buona o brutta purtroppo non ci è dato saperlo, ma c’è una certezza: da quel momento la tua vita cambia e anche in maniera radicale.

Questo è ciò che è successo ad Asher, giovane ragazzo di campagna di origini Gallesi che già all’età di diciannove anni lavorava come fabbro nella sua cittadina aiutato, all’insaputa di tutti, dalla magia che rendeva speciali i ferri e le armi che fabbricava rendendoli i più ambiti di tutto il Galles. Ed è proprio qui che Tosca e Salazar lo notarono e che, sotto insistenza della prima, lo “esaminarono”. Aveva i capelli castani molto chiari e gli occhi color caramello, che erano l’unica cosa che si riusciva a scorgere nel suo viso ricoperto quasi del tutto di fuliggine insieme ai suoi umili indumenti e tutto il resto del suo corpo. Dire che Salazar fosse schifato sarebbe stato un eufemismo, ma la buona Tosca, che non si lasciava ingannare dalle apparenze, vide nel ragazzo un ardore che in pochi avevano e un grande valore e, successivamente, un grande potere che si condensava abilmente nelle sue mani per forgiare oggetti di grande valore e resistenza, quasi indistruttibili.

- Ti assegno un compito, Asher, e se saprai portarlo a termine allora capirò se sei in grado di aiutarci.- gli aveva proposto Tosca e lui, impulsivo com’era, non aveva esitato nell’accettare. Doveva forgiare la più bella e potente delle spade con il metallo dei folletti e poi consegnarla a lei entro tre giorni.

Tosca sapeva che la spada avrebbe preso la forma e i colori della casata giusta per il ragazzo una volta ultimata; anche se in cuor suo già sapeva, e lo vedeva anche quello stolto di Salazar, quale sarebbe stato il destino di Asher MacDougall. Lavorò sodo, usando tutti i trucchi che aveva imparato e gli incantesimi che conosceva e alla fine, una volta ammirato il suo lavoro allo scadere del terzo giorno, la testa di un leone si frappose nello spazio tra l’elsa e la lama creando un bellissimo decoro in metallo argentato, ai lati dell’elsa si incastonarono due rubini e si incise proprio nell’impugnatura il nome Grifondoro in rune, designando quindi la sorte certa del ragazzo.

Ebbene sì, un mago dal dubbio rango era il primo Grifondoro di una lunga, lunghissima serie e fu proprio lui a forgiare la spada di Godric che, alla sua morte, venne riposta nel Cappello Parlante con il compito di aiutare tutti i Grifondoro in difficoltà. Perché in quella spada c’era un piccolo frammento dell’anima di un giovane che voleva cambiare vita e ricominciare, un giovane mago che si era ritrovato in un bivio dove da un lato c’era il suo lavoro di fabbro e dall’altro l’ignoto e che, da vero Grifondoro che si rispetti, aveva scelto senza mezzi termini quest’ultimo perché non aveva paura delle conseguenze.


Andarono in lungo e in largo i quattro fondatori, alla ricerca dei restanti tre ragazzi. Attraversarono la bella Londra, le lande scozzesi e perfino l’intera Irlanda per trovare qualcuno di idoneo e, secondo Salazar, più Purosangue. In Inghilterra quest’ultimo chiese l’aiuto ad un suo vecchio amico, un certo Leopold Black, che fu lieto di “concedere” il suo secondogenito alla causa.

Era una ragazzo semplice, Eltanin Leo Black, senza troppe pretese e dalla spiccata intelligenza e applicazione nella magia. Capelli corvini e occhi verde prato, un fisico asciutto e poco allenato (a cui avrebbero poi rimediato, si diceva Salazar) e un sangue totalmente puro. Il candidato perfetto, decantava Salazar agli altri tre fondatori, che chinarono la testa ed acconsentirono all’entrata nel progetto del ragazzo.
Ma i quattro non sapevano che Leo (preferiva farsi chiamare così), intanto, aveva tante idee in mente e anche manie di grandezza sufficienti da fare in modo di venire ricordato per sempre. Perché lui creò una cosa, mentre era ad Hogwarts, un oggetto che avrebbe portato solo guai in futuro, ma che nel lontano 992 aveva salvato la vita di molte persone e distrutto quella di altre.

Già Salazar sapeva chi sarebbe stato il suo protetto, eppure, quando si crede di avere tutto in pugno ecco che la cosa ti scivola di mano e capisci che, nella vita, i progetti è meglio farli alla fine perché non sai mai le occasioni che potrebbero capitarti nel frattempo.


Furono Tosca e Priscilla, alla fine, che trovarono le ultime due componenti di quella bizzarra squadra, ma non immaginavano minimamente a cosa andavano in contro una volta viste due ragazze dai poteri più grandi di quelli di qualsiasi mago o strega conosciuti. All’apparenza erano due ragazze normali, Crystal e Antares; molto belle ed eleganti, in mezzo alla folla di popolani spiccavano per la loro raffinatezza e l’insolito stile, che ricordava vagamente le tuniche greche. Saltavano all’occhio e questo colpì in maniera quasi fulminante Priscilla che convinse Tosca a seguirle fino ad una modesta casetta fuori dalla piccola cittadina inglese in cui si trovavano. Più che una casa sembrava una bottega ed esposti fuori vi erano dei bellissimi cristalli color ghiaccio con dentro un materiale strano, color rosso, che sembrava ardere come un fuoco acceso.

- Priscilla, quali sono le tue intenzioni, se mi è dato saperlo?- le chiese, un po’ intimorita, Tosca, a cui faceva molta soggezione quell’austera donna che l’aveva accompagnata in quel viaggio.

- Sembra fuoco racchiuso nel ghiaccio, Tosca, e questo va contro ogni legge magica! Devo saperne di più.- rispose convinta, mentre si avviava a passo fiero nel retro della casetta, rimanendo basita di fronte la scena che le si parò davanti. Due ragazze che, con due schiocchi di dita creavano una fiamma e la racchiudevano dentro uno strato di ghiaccio dalla forma sempre diversa.
Ridevano contente e divertite e non si accorsero della presenza delle due donne che le osservavano curiose e allo stesso tempo intimorite da tutta quell’energia fuori dal comune. Fu Antares, alla fine, a notare le due visitatrici e, bruscamente, ad interrompere quella magia che condivideva con l’amica.

- Chi siete e perché ci spiavate?- chiese infastidita, ponendosi nel campo visivo delle due donne.

- Vedi di moderare i toni, ragazzina, parli con due streghe più anziane e potenti di te.- ribatté piccata Priscilla, che non amava particolarmente chi si rivolgeva a lei con modi così irrispettosi, anche se le domande della ragazza erano più che lecite. Antares emise una piccola risatina, ma subito si ricompose.

- Avrei i miei dubbi, my lady, sulla vostra ultima affermazione.- disse poi, incrociando le braccia al petto in segno di sfida. I capelli ricci e rossi le ricadevano come lingue di fuoco fino ai fianchi e gli occhi, di uno strano color castano-arancione trasmettevano una sorta di elettricità strana, che inquietava e allo stesso tempo attirava.

- Antares, non dobbiamo dare spettacolo, ricordi?- la redarguì l’amica, posandole una mano sulla spalla e spegnendo con un tocco tutto il calore che emanava la rossa.

- Queste due donne sono delle incoscienti, Crystal, non hanno idea di con chi hanno a che fare.- ribatté allora Antares, più serena, ma sempre determinata.

- Come osi…- iniziò Priscilla, subito interrotta da Tosca che sapeva, ne era praticamente certa, come sarebbe riuscita a peggiorare le cose l’amica con una sola frase.

- Scusateci, non era nostra intenzione disturbare voi e la vostra magnifica arte. Siamo rimaste molto colpite dai vostri poteri, che certamente non sono comuni neanche ai maghi più esperti e la vostra padronanza della magia senza l’ausilio di una bacchetta è a dir poco stupefacente. Vorrei… vorremmo conoscervi più a fondo e farvi una proposta.- spiegò pacata, rivolgendo alle due ragazze uno sguardo carico di aspettative.
Riusciva a far addolcire anche Salazar, certe volte, lo sguardo dolce di Tosca, quegli occhi azzurri limpidi e puri che riuscivano ad ipnotizzare e calmare quando si era più nervosi e carichi di rabbia. Erano diverse, Priscilla e Tosca, la prima alta e dai tratti spigolosi e la seconda bassina e formosa, con un visetto rotondo e paffuto incorniciato da dei bellissimi capelli color oro molto lunghi e mossi. Non potevano essere più differenti le due fondatrici eppure si compensavano e riuscivano a convivere in equilibrio e armonia.

Si guardarono, le due ragazze, e alla fine acconsentirono e accompagnarono le due donne dentro la loro dimora che, grazie ad un incanto, appariva molto più grande all’interno di quanto non lo fosse all’esterno. Si sedettero e sorseggiarono un po’ di the, come di regola, e cercarono di spiegare a grandi linee la loro natura alle due donne.

- Vi assomigliate molto, voi due, siete sorelle?- chiese timidamente Tosca, bevendo un sorso di te'.

- Siamo nate dalla stessa stella e quindi, per come ci considerate voi terreni… sì, si può dire che siamo sorelle.- spiegò Crystal, che appariva ancor più pallida fasciata dal suo semplice vestito argento e turchese. Aveva grandi occhi azzurri dello stesso colore del ghiaccio e i tratti del viso delicati, meno marcati rispetto all’amica, eterei e proporzionati, capelli biondi molto chiari, lunghi e leggermente acconciati con dei ciuffetti argentati qua e là.

Priscilla rimase turbata dalle parole delle ragazza e volle indagare più a fondo, cercando di scoprire cosa effettivamente erano quelle due.

- Che intendi con: siamo nate dalla stessa stella? Non credo di aver afferrato bene il concetto.- era strano, per lei, essere all’oscuro di qualcosa. Sapeva tutto, eppure quelle due ragazze rappresentavano l’ignoto, un mistero, e lei odiava non sapere le cose.

- Ecco vede…- tentò di spiegarle Crystal.

- Noi non siamo umane.- disse secca Antares, guardando con una certa punta di compiacimento l’espressione sbigottita di Priscilla.

- Cosa?- era a dir poco incredula.

- Antares!- la richiamò Crystal, sospirando rassegnata.

- Cosa c’è? Ho solamente evitato domande inutili.- si giustificò, cercando di contenere tutto il fuoco che le divampava dentro.

- Bene, adesso credo che dovremo darvi una spiegazione.- decretò Crystal, rivolgendosi alle due donne.

Parlò molto, tanto che alla fine si fece notte inoltrata, e nel frattempo cercava di non lasciare trapelare troppo, nonostante avesse avvertito che di quelle due donne avrebbe potuto fidarsi ciecamente. Lei e Antares padroneggiavano la magia, ma non erano streghe, e i loro poteri andavano ben oltre i semplici incantesimi dei maghi.
Erano nate dalle stelle e custodivano la forza e i poteri del fuoco e del ghiaccio, che dovevano preservare e curare. Erano esseri immortali, sempiterne che alternavano la loro vita tra il loro mondo aldilà del cielo e la Terra, per occuparsi dei terreni (sia Babbani che maghi).
Prendevano un aspetto diverso nel loro mondo e almeno una volta al mese dovevano assorbire la luce della loro stella madre per nutrire la loro immortalità e giovinezza. Se ciò non accadeva avrebbero potuto perdere i poteri e diventare normali terrene, senza più la possibilità di tornare indietro.
Avevano esigenze diverse in base alla forma che acquisivano poiché in forma terrena avevano gli stessi bisogni degli umani quali magiare, bere, dormire; mentre in forma astrale non avevano necessità di nulla e riuscivano a sprigionare la quint’essenza dell’elemento di cui erano custodi. Avevano sangue magico, nelle vene, mischiato a sangue divino e ciò le rendeva gli esseri più potenti di tutto il mondo conosciuto.

- Ce ne sono molte come noi, sparse per tutto il mondo, ma sono così ben integrate che nessuno ci fa caso. Siamo leggenda per molti popoli eppure non si accorgono di vivere a stretto contatto con noi.- concluse poi Crystal, sospirando stanca dopo il lungo racconto.

- È… è stupefacente! Voi siete… non avevo idea che… Priscilla, che ne dici?- Tosca era parecchio su di giri ed eccessivamente eccitata, era rimasta profondamente colpita dalla storia delle due giovani e ancora stentava a credere che potesse esistere un mondo così aldilà delle loro conoscenze.

- Io… non avevo idea… ho letto, una volta, di voi sempiterne e credevo foste solo creature della mitologia magica da tempo dimenticata.- disse poi Priscilla, incantata. – Vorrei che voi faceste parte del nostro progetto.- proruppe poi, nello stupore generale delle tre donne.

- Perché dovremmo accettare?- chiese allora Antares, con una calma piatta da fare invidia a Salazar Serpeverde in persona.

- Perché abbiamo bisogno di voi, che conoscete la nostra magia e siete così brave nella vostra, per poter dirigere al meglio Hogwarts.- cercò di convincerle Tosca, ancora in visibilio.

- Accettiamo.- decretò alla fine Crystal, lasciando stupita l’amica che subito dopo si convinse e diede la sua disponibilità al progetto.

Anche due creature sovrannaturali e dai grandi poteri entrarono nelle mura di Hogwarts e guidarono gli studenti nel loro percorso di apprendimento, spiegando loro il passato, che avevano già affrontato, e il presente che le vedeva protagoniste. Adesso le sempiterne sono estinte già da tempo, le stelle non offrono più le loro figlie ai terreni e il mondo aldilà del cielo resta solo una leggenda, ma c’era un tempo in cui i due mondi convivevano in armonia, dove tutto aveva un equilibrio stabile; quel tempo nessuno lo ricorda ed è stato bruscamente cancellato dai libri di storia per non far sapere, perché sarebbe troppo brutto da scoprire.

Perché c’è un motivo se tutte le sempiterne esistenti allora, cessarono di vivere con i terreni per ritornare al loro mondo; c’è una ragione se di Crystal e Antares nessuno ne parla, se la loro storia hanno preferito dimenticarla piuttosto che ricordarla. Quel motivo è oscuro e tutte le cose brutte vorrebbero essere dimenticate e cancellate; quel motivo risale proprio all’era dei fondatori, dove quattro ragazzi dalle più disparate origini andavano alla ricerca di maghi e streghe non identificati per portarli al castello e poi occuparsi di loro diventando delle vere e proprie guide.

Perché erano leali, buoni, ambiziosi e intelligenti, ma erano giovani ed è per questo che dopo di loro nessun’altro ragazzo ha ricoperto le loro cariche di direttori delle case, lasciando quel compito ai professori. Perché la giovinezza è sinonimo di emozioni troppo forti e sentimenti contrastanti e quelli, molte volte, fanno male.


 
Nell’aprile del terzo anno*, finalmente e dopo tanti sforzi, i quattro ragazzi misero piede per la prima volta in quella che sarebbe stata la loro casa da lì in poi. Il pavimento e i muri di pietra mettevano un po’ di soggezione all’inizio, ma la luce che filtrava dalle ampie finestre rendeva l’atmosfera delicata e allegra, sfumando quel primo terrore  che impadroniva chi vi entrava per la prima volta.

C’erano tanti quadri parlanti appesi ai muri che si spostavano a loro piacimento e delle armature lucenti messe come guardia dei corridoi. Scale a cui piaceva cambiare, aule grandi e piene di oggetti strani, torri e archi a perdita d’occhio, una biblioteca piena di ogni libro esistente, quattro dormitori sparsi un po’ ovunque e una grandissima sala di ritrovo, la quint’essenza della magia, così magnifica da apparire irreale. Vi erano quattro lunghi tavoli, uno per ogni casata (anche se totalmente vuoti), lampade ad olio sorrette dalle statue di cavalli alati attaccati alle pareti, di pietra chiara e ben levigata, un enorme camino in prossimità del tavolo dei Serpeverde con sopra lo stemma della scuola e il soffitto magico che rifletteva i colori di quel delicato crepuscolo pomeridiano, in fondo vi era un tavolo disposto orizzontalmente rispetto agli altri con quattro troni sontuosi e dai colori sgargianti e altre sedie per i professori e i direttori delle case.
Non poteva esistere niente di più bello, pensarono in comune i quattro ragazzi, che avevano percorso in religioso silenzio il tragitto dall’ingresso alla Sala Grande. C’era un silenzio sterile, interrotto solo dai respiri stufi di Asher che, il silenzio, non poteva proprio sopportalo.

- Non trovate anche voi che sia meraviglioso?- sbottò ad un certo punto, continuando ad osservare il soffitto incantato.

- È bellissimo. Non credo di aver mai visto niente di più bello: questo castello è… è…- iniziò Crystal, emozionata.

- Magico…- sentenziò Leo, mentre si guardava intorno ancora meravigliato.

- Beh, sono maghi e streghe di altissimo livello, di sicuro non avrebbero potuto creare una catapecchia.- disse poi Antares, in modo secco e quasi irritato.

- Oh, Antares, goditi il momento.- la rimproverò Crystal, dandole una piccola gomitata al braccio.

Sorrideva, Crystal, allegra e spontanea. Il suo sorriso incantava ogni persona, che si fermava sempre guardarla con espressione estasiata. Forse fu per questo che Asher si soffermò a guardarla e che, ad un certo punto, venne pervaso da una strana voglia di parlarle, di conoscerla. Si avvicinò a lei, molto lentamente e con cautela, e improvvisò quello che voleva essere un baciamano, ma che risultò qualcosa di discutibile che provocò le risa della ragazza.

- Come vi chiamate?- chiese in un sussurro, non interrompendo neanche per un istante il contatto visivo con la ragazza.

- Crystal. E voi, impavido giovane?- scherzò lei, squadrandolo bene senza che lui se ne rendesse conto.

- A… Asher,- tossì, imbarazzato. – Asher MacDougall, my lady.- riuscì a dire, ricordando la necessità di respirare.

- Lieta di conoscervi.- disse, senza nemmeno rendersi conto del tono sensuale che aveva usato.

- Il piacere è tutto mio,- disse lui, ancora frastornato, poi si rivolse agli altri. – E voi?

- Eltanin Leo Black, ma gradirei essere chiamato soltanto Leo.- disse il ragazzo, mentre osservava di sottecchi la giovane dai capelli rosso fuoco.

- Antares.- disse soltanto lei, diretta e distaccata. In realtà non era cattiva, era solo stata delusa. Delusa da un passato che le aveva causato solo dolori. Evitava il più possibile i contatti con i terreni e tendeva ad essere fredda, quando anche il fuoco che comandava le diceva di sciogliersi. Era buona e anche dolce, solo che nascondeva tutto sotto strati e strati di arroganza e finta sicurezza perché era stata tradita, da se stessa e dalle emozioni umane che aveva provato ed aveva paura di poter anche solo rivivere quelle sensazioni sgradevoli e travolgenti.

- A quanto pare ci toccherà un lavoraccio, non vi sembra?- continuò Asher, con tono giocoso, sedendosi su una panca del tavolo dei Tassorosso.

- A quanto pare.- confermò mogio Leo, fermo in piedi vicino alle due ragazze.

- Credo che sarà divertente. Insomma, era da secoli che si aspettava una cosa del genere, no?- disse Crystal, visibilmente esaltata.

- In effetti… penso che sarà costruttivo.- se ne uscì Antares, con un tono stranamente felice.

- Vedi che anche tu ti stai lasciando trasportare dalla magia? Certo che voi terreni siete davvero ingegnosi.- disse poi Crystal, incuriosendo i due ragazzi alle parole voi terreni.

- Da dove venite?- chiese poi Leo, che aveva apparentemente sorvolato l’affermazione della ragazza.

- Galles, appena fuori da Cardiff.- rispose Asher.

- Inghilterra, un sobborgo distante pochi piedi** da Londra.- disse Antares.

- Voi?- gli chiese poi Crystal.

- Abito nel cuore della Londra magica.- rispose imbarazzato, non amava particolarmente vantarsi della ricchezza della sua famiglia. Asher fece un fischio di ammirazione.

- Siete un Black, non si può aspettar di meno da voi.- disse ovvio, sorridendo allegramente mentre pronunciava quelle parole.

- Già…- l’imbarazzo di Leo arrivava a livelli insormontabili.

- Arriva qualcuno.- interruppe subito Crystal e, dall’entrata della Sala, fecero la loro comparsa i quattro fondatori.


Svolsero il loro compito in maniera egregia, i ragazzi, trovando maghi e streghe anche nei posti più impensabili e offrendo loro un’opportunità di riscatto o di salvezza. Si prendevano cura degli studenti della loro casata e dirigevano le loro attività, mentre i fondatori si occupavano di intense sedute di recupero per i più grandi decisamente fuori corso.
Quel giorno si conobbero e vennero in un certo senso smistati (ancora non era usato il Cappello Parlante) e tutto cambiò, radicalmente.
Di Asher già era certo il destino, dopo che la spada lo aveva designato per lui, ma per gli altri tre era ancora tutto in ballo e, anche se appariva quasi ovvia la scelta, non andò come tutto era previsto. Salazar, Priscilla e Tosca squadravano insistenti i tre ragazzi rimasti, ma fu solo il primo ad accorgersi dello sguardo che rivolse Godric alla giovane Crystal: era rimasto impressionato e, Salazar se ne accorgeva chiaramente, il suo cuore iniziava a riempirsi di un sentimento che poche volte aveva provato e che lo aveva reso per certi versi debole. Si stava infatuando già dal primo sguardo, dal primo sorriso e Salazar era ben lieto di portare via a Godric qualcosa da lui ritenuta speciale. Così, contro ogni suo principio e pensiero, scelse Crystal come sua protetta, e nello stupore generale riuscì a scorgere una punta di delusione negli occhi di quello che, per anni, era stato il suo migliore amico.

Ti porterò via ogni cosa, a iniziare da qualcosa di così insignificante e stupido” pensava, maligno. L’invidia che non si era mai affievolita e quella ragazza, ignara di tutto, prendeva posto accanto al suo mentore con un dolce sorriso. Successivamente Priscilla scelse, dopo un’accurata analisi e un precedente ragionamento, Leo e a Tosca non rimase altro che Antares che, in silenzio, si mise al suo fianco cercando di non apparire dura o scontrosa con quella donna buona e dolce.


L’infatuazione di Godric non scemò e col tempo il sentimento crebbe, nonostante sapeva in cuor suo di non essere ricambiato e notando come anche Asher guardava quella bellissima ragazza dagli occhi di ghiaccio.
Salazar intanto si godeva lo spettacolo di quei due uomini volubili che si erano piegati ad un sentimento così effimero come l’amore e, severo come sempre, raccomandava a Crystal di reclutare solo Purosangue o, se proprio doveva, dei Mezzosangue. Le insegnava le Arti Oscure e lei, anche se visibilmente contraria, era costretta a seguire i suoi insegnamenti, desiderando ogni giorno che Salazar si accorgesse del suo fanatismo e smettesse di assillarla.
La vita al castello non era per niente facile e i quattro ragazzi se ne accorsero. Viaggiare in lungo e in largo con soli pochi attimi di riposo, occuparsi della piccola Helena (la figlia di Priscilla nata due anni dopo l’apertura effettiva della scuola e di cui non si conosceva l’identità del padre), imparare nuove nozioni e trucchi e dedicarsi, anche se più marginalmente, anche a se stessi.

Passarono i mesi, gli anni, ed Hogwarts raggiunse una notorietà a livelli enormi in breve tempo. Il Ministero era sempre più soddisfatto di quel progetto e dopo poco tempo tutti i maghi della Gran Bretagna erano perfettamente istruiti e consapevoli. Risultati a dir poco eccellenti.


Eppure nessuno sa di tutti gli intrecci che si sono susseguiti nel castello, di come andò a finire con la vendetta di Salazar e con l’infatuazione di Godric e Asher per la stessa donna, di come alla fine Antares si lasciò di nuovo vincere dalle passioni terrene e di come finalmente ritornò felice e gioiosa, di come il diadema di Priscilla avesse effettivamente acquistato il potere di rendere più intelligenti coloro che lo indossavano, del perché Salazar alla fine se andò tradendoli tutti. Di tutte quelle cose non dette di cui non si conosce la trama e la conclusione.
I segreti dei fondatori parla di tutte queste cose e molto di più, ma ci vorrà del tempo prima che decida di svelare tutto quanto perché, alla fine, rimangono pur sempre segreti custoditi nel tempo e nella memoria di un piccolo libriccino stropicciato.
 

***

 
Hogwarts Express, 2018

Venne svegliato, all’improvviso, dal leggero peso di suo cugino Fred che si era buttato senza remore sopra di lui, soffocandolo.
- Buon giorno, bell’addormentato! Avvisiamo la gentile clientela che l’Hogwarts Express diretto ad Hogwarts sta per arrivare alla stazione di Hogsmade e invitiamo i signori passeggeri a indossare le divise e a prepararsi all’arrivo.- disse Fred ridendo, imitando il tono delle vocine registrate degli aeroporti, provocando l’ilarità generale.

- Fred! Mi soffochi!- si lamentava il povero Lou, bruscamente svegliato da quel pazzo.

Aveva visto, aveva sognato, tutto quello che aveva letto su quel libro fino a quel momento e, preoccupato, verificò di avercelo ancora tra le mani.

- Ridammelo, Fred!- gridava, isterico, mentre il cugino gli prendeva da sotto il naso il libro, ridendo come un pazzo.

- È solo un pezzo di carta, Louis! Devi smetterla di leggere e uscire un po’ di più.- gli diceva James, intento a tenersi la pancia dalle risate non appena vista la faccia furente del cugino.

- Dammelo. Subito.- disse il rosso serio, stringendo le mani a pugno fino a far sbiancare le nocche.

- Cos’è, il tuo diario segreto? Molto interessante!- sogghignò Fred, saltellando per tutto lo scompartimento in modo da non far riprendere al cugino quell’importantissimo libro. Fu un attimo e Fred si ritrovò a testa in giù in mezzo allo sconcerto generale.

- Dammelo, immediatamente, razza di idiota!- ringhiò cattivo Louis, con una strana luce maligna negli occhi. Fred, ancora con la testa al posto dei piedi, restituì con mano tremante il libro al cugino che, rasserenato, sospirò sollevato rompendo l’incantesimo.

- Lou, stavamo solo scherzando.- tentò Chris, cercando di smorzare la tensione che si era venuta a creare.

Louis, come risvegliato da uno stato di trance, scosse la testa sconvolto da ciò che aveva fatto, iniziando a borbottare frasi sconnesse per scusarsi.

- Scusate, ragazzi, è che… un brutto sogno… io… non volevo, davvero. Mi… scusa, Fred.- balbettava, rosso in viso e visibilmente imbarazzato: non si riconosceva.

- Tranquillo, adesso so che è meglio non farti arrabbiare.- lo rassicurò Fred, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla e ritornando a sorridere come se non fosse successo nulla.
 

In realtà quel nulla sarebbe poi diventato il fulcro dei nostri maledetti problemi. Non avete idea di come una copertina, quattro pagine e un po’ di inchiostro possano essere infide. Non era un caso, non lo è mai, che Lou fosse improvvisamente cambiato. Perché non c’è nessuna bomba senza la miccia. E Louis Weasley era la miccia.
 






*Da quando Godric aveva avuto l’idea, per capirci
**Il piede è l’unità di misura usata in Gran Bretagna e, secondo il mio parere, esisteva già a quei tempi anche se non ne sono del tutto certa. Diciamo che è una licenza poetica così come la geografia dei luoghi che ho citato, perché effettivamente non so se a quei tempi esistessero Londra, Cardiff o addirittura si parlasse già di Scozia, Inghilterra e Galles.



 

Kore's corner

 Okay, sta volta ho una scusa piuttosto convincente per il mio ritardo.
Mi sono rotta un piede con un piccolo incidente.
Per carità, niente di grave, che poi non è nemmeno rotto, ma ho semplicemente una distorsione alla caviglia, però sono stata parecchio impegnata tra ospedale, gesso mobile, fasciatura e quant’altro: un vero stress insomma!
Non so perché, ma queste cose capitano sempre tutte a me! Sono la ragazza sfortunata del distretto dodici… (ogni riferimento è puramente casuale… si come no! :P)

Ma comunque, salve gente! *si guarda intorno, ma non vede nessuno*
Ebbene, sono ancora qui, nonostante mi manchi mezza gamba e stia morendo di caldo.

Ammetto di essere un po’ scoraggiata dallo scarso interesse che sta suscitando questa storia, ma sono fiduciosa e comunque spero che migliori, del resto nonostante il fandom non veda l’ora di liberarsi di me dovrà sopportarmi fino a che non metterò la parola fine e questo accadrà tra moltissimo tempo… diciamo che sono una che non si arrende facilmente.

Come potete vedere, abbiamo fatto un “piccolo” passo indietro, ai tempi dei fondatori, giusto per vedere un po’ come se la passavano quei tizi giusto venti secoli fa, spero vi sia piaciuto ^_^ finalmente poi sono apparse le fantomatiche Crystal e Antares dell’introduzione e come potete ben vedere ho cambiato qualche dettaglio sulla storia dei quattro fondatori, come la spada di Godric (che in realtà è stata forgiata dai folletti), il fatto che Priscilla fosse una donna un po’ più “brutta” di quella che in realtà ci ha detto essere la Rowling e beh, la storia delle sempiterne e il fatto che Salazar e Godric fossero addirittura migliori amici! Diciamo che se ne vedranno delle belle, perché la loro storia non è finita qui! Yep!

Piccola avvertimento: nel prossimo capitolo avremo un lunghissimo salto temporale, infatti passeremo subito al secondo anno saltando tutti i mesi da dicembre in poi, questo perché in questa prima storia parlerò degli avvenimenti che si sviluppano solo fino alla fine del terzo anno e che conterà di venti capitoli esatti, giusto per darvi qualche informazione in più. So che non dovrei e che magari dovrei descrivere di più la quotidianità e tutto, ma come ho già spiegato questa prima parte serve solo da incipit per la seconda, che conterà uno spropositato numero di capitoli in più e in cui analizzerò dal profondo uno per uno tutti i personaggi e, credetemi, sono parecchi.

Detto questo, ora vi saluto e spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vorrei davvero sapere se c’è qualcosa che potrei fare per migliorare il mio stile o altro, quindi ogni tipo di commento è ben accetto.

Ringrazio che legge/segue/preferisce/recensisce questa storia, al prossimo aggiornamento! 

Baci,

Kore 

Ps: nel banner sono rappresentati i quattro findatori con in mezzo il povero Louis e qui sotto ci sono Asher e Crystal, che credo un pò tutti ricordere da Merlin e dal trono di Spade, per Antares e Leo ci sto ancora lavorando XD


    

 
 
  
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