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Autore: Alexel_Sid    03/07/2014    0 recensioni
Quando aprii gli occhi mi resi conto di essere al buio, con il pavimento freddo e umido alle mie spalle. Avevo la nausea e il dolore la testa e l'odore di marcio non fecero altro che farmi sentire peggio. Cercai di respirare piano e provai a mettermi a sedere, ma con scarsi risultati, non riuscivo a muovermi senza sentire dolore avunque, quindi mi lasciai ricadere sul pavimento e rimasi fermo, in attesa.
Genere: Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa ti angoscia?
Sei così leggero che potresti volare.
Hai paura del vuoto?
Hai paura del ghiaccio?
Anche tu lo sei,
sei ghiaccio ed ombra;
sei antidoto al veleno più comune:
la Vita.
 
Sorridi,
perché si piangono i morti,
tu sei resuscitato.
 
 
Ghiaccio e fuoco si stavano scontrando nella mia testa e, come in essa, anche nel mio petto, nelle mani, nei piedi, in ogni singolo angolo del mio corpo. Da quello scontro, un’energia che non avevo mai sperimentato dava sfogo ad ogni sua forza, irrompendo dentro di me e prendendo la mia stessa forma. Stavo morendo. Eppure non mi sarei aspettato niente di simile. Ogni mia parte viva si spegneva venendo sostituita con qualcosa di anomalo ed inumano.
L’ultimo, faticoso battito del mio cuore fu talmente violento e disperato da farmi spalancare gli occhi e contrarre come se avessi ricevuto una scarica elettrica. Era tutto finito.
 
Non sapevo quanto tempo era passato, poteva trattarsi di ore, minuti, o persino di giorni, io ero ancora là. Nessuno mi aveva portato via, nessuno mi aveva spostato. Vagai con lo sguardo lungo il soffitto della cappella in cui mi trovavo, mi sembrava di vederlo in quel momento per la prima volta; il luccichio umido della pietra, la luce della luna che si rifletteva su di esso, riuscivo a intercettare anche il più lieve battito d’ali dei minuscoli insetti che avevano trovato rifugio nelle crepe o nei piccoli spunti d’erba e muffa. Riuscivo a sentire il loro odore.
Mi tirai su a sedere, notando con estremo piacere che non sentivo più alcun dolore. Mi sembrava di essere rinato, riuscii persino a mettermi in piedi sulle mie gambe senza aver bisogno di un appiglio. Appena mi assicurai della stabilità dei miei passi, mi fiondai verso la porta e uscii all’aria aperta, ritrovandomi nel cimitero della mia città. Non ero molto lontano da casa, ma nessuno mi avrebbe trovato in quella tomba, nessuno mi avrebbe cercato in un posto simile.
Corsi al cancello che delimitava il perimetro del sito, dovevo andarmene al più presto, dovevo avvisare mia sorella che stavo bene. Chissà come si era preoccupata non vedendomi rientrare.
Appena misi piede sul ciglio della strada, vidi un’auto che si avvicinava e dai lampeggianti non impiegai molto a capire che si trattava della polizia. Mi riversai sulla corsia, agitando le braccia. Quando l’auto mi fu vicina rallentò fino a fermarsi, quindi mi avvicinai. Nell’abitacolo c’erano due agenti.
«Grazie al cielo siete passati da qua!»
L’agente seduto al volante si chinò verso di me, guardandomi preoccupato «Cosa ti è successo?»
«Non ci crederà, mi sono svegliato in una cappella, qualcuno mi ha dato una botta in testa»
«Non sembra solo una botta in testa, non ha un bell’aspetto. Salga in macchina, la portiamo in ospedale»
Non me lo lasciai ripetere una seconda volta, salii sul posto posteriore e partimmo, diretti all’ospedale.
 
Dovevano essere passati cinque minuti dal momento in cui ero salito sulla volante, quando cominciai a sentire qualcosa di strano, come una pressione sulla bocca dello stomaco. Il fastidio, inizialmente irrilevante, cominciava a farsi insopportabile ogni secondo di più.
I due agenti parlavano del più e del meno, le loro voci mi vorticavano in testa come il più fastidioso dei suoni. Uno dei due aveva addosso un dopobarba dall’odore acido che mi faceva bruciare il naso e gli occhi, mi sembrava di impazzire! Dovevano smetterla, dovevano fermarsi e farmi scendere da quell’auto prima che mi scoppiasse la testa.
Mi sporsi verso l’uomo al volante, sfiorandogli la spalla per attrarre la sua attenzione, ma nel momento in cui mi avvicinai sentii qualcosa che non avevo percepito prima d’allora.
«Qualcosa non va?» percepii la voce del poliziotto come se fossi con la testa sott’acqua, ogni suono, adesso, sembrava ovattato, c’era solo una cosa che percepivo come tangibile.
«Ragazzo, come ti senti?» replicò l’altro. Mi sforzai di voltare il viso verso di lui, notando il repentino cambiamento del suo sguardo verso di me. Sembrava aver visto un fantasma. «Ferma la macchina!» urlò.
   
 
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