Appuntamento
“Giuro che questa è l’ultima volta che mi faccio ingannare da te, Sutcliff.”, borbottò William seccato.
“Come dici, Will caro?”, domandò Grell distrattamente. In quel momento, le luci nella sala del teatro si abbassarono e subito dopo il sipario si alzò, e partì un applauso da parte del pubblico. L’orchestra cominciò a suonare, segnando l’inizio della rappresentazione.
“Hai capito benissimo.”, continuò William, senza curarsi di abbassare la voce. “Prima sparisci da lavoro senza una valida giustificazione, poi trovo un tuo biglietto sulla mia scrivania in cui mi chiedi di venire al Her Majesty’s Theatre, e una volta arrivato qui scopro che hai messo in piedi tutta questa farsa solo per andare a vedere un musical.”, fece una smorfia nel pronunciare quell’ultima parola. “E la cosa più grave è che hai deciso di includere anche me in tutto questo, infischiandotene della mia opinione.”, concluse.
“Rilassati, Will.”, gli bisbigliò Grell all’orecchio. Aveva notato che le persone vicino a loro li stavano guardando male.
“So che non è stato il modo migliore per chiederti un appuntamento…”. A quelle parole, Will alzò gli occhi al cielo, ma Grell fece finta di nulla e continuò: “… Ma rifletti: non ci vediamo mai, tu te ne stai sempre chiuso in ufficio a lavorare e rincasi ad orari impossibili. Dimmi, quand’è stata l’ultima volta che siamo usciti insieme? O, se per questo, che abbiamo parlato per più di dieci minuti di qualcosa che non riguardasse il lavoro…”.
Tacque per un lungo istante e lo fissò intensamente. William ricambiò lo sguardo.
“Mi mancavi, tutto qui.”, spiegò il rosso. “E avevo davvero bisogno di un’uscita. E tu in questo periodo sei così sfuggente che questa era l’unica soluzione possibile per convincerti a venire.”
“Ma ciò non ti autorizza a lasciare il tuo posto prima della fine del turno.”, ribatté William, severamente. “Domattina dovrò fare rapporto ai nostri superiori per la tua assenza, che sia chiaro...”
“Lo so, lo so, dearie.”, lo interruppe, muovendo la mano su e giù come se la cosa non la riguardasse. “Ma per adesso, perché non ci godiamo questo splendido musical?”, e rivolse nuovamente la sua attenzione verso il palco, dove una donna, con pesante accento italiano, gridava contro due poveri gentiluomini a proposito degli incidenti provocati dal “Fantasma”.
Accanto a lei, Will emise un grugnito. Non si era mai appassionato al genere, con grande disappunto di Grell; ma invece di prendersela, proruppe in una risatina sommessa e disse: “Oh, sono sicura che lo apprezzerai. Dopo che ti sei addormentato durante West side story e la disastrosa esperienza con Sweeney Todd ho scelto con più cura. Questo genere di musica dovrebbe soddisfare i tuoi gusti.”
“Mmm.”, fu la sola risposta di Will.
La storia proseguì: la donna dall’accento italiano sparì, al suo posto comparve una giovane ragazza, la vera protagonista, che cantò un bellissimo assolo. William non disse più nulla per i successivi venti minuti ma, sbirciandolo di profilo, Grell intuì che gli stava piacendo: le sue sopracciglia non erano più contratte nel suo solito cipiglio e il suo sguardo era accesso di un vivo interesse. Sorridendo soddisfatta, appoggiò la testa sulla sua spalla e intrecciò le dita con le sue.
Arrivarono alla parte che attendeva con trepidazione: il rapimento della ragazza da parte del Fantasma, che la porta nelle segrete del teatro e canta per lei. Grell chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalle note della canzone. Ad un tratto le venne da ridere quando si rese conto di una cosa. “Sai, questa canzone sembra fatta apposta per te.”, sussurrò divertita. Will le rivolse un’occhiata interrogativa, e per tutta risposta cominciò a cantare insieme all’uomo sul palco: “Apri la tua mente, lascia andare le tue fantasie, in quest’oscurità che sai di non poter sconfiggere… l’oscurità della musica della notte.”
Will alzò gli occhi al cielo: “Onestamente, Sutcliff, solo ta te possono venire certe idee.”