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Autore: Ca7    03/07/2014    1 recensioni
Capita a volte che due persone si cullino nei ricordi quando sanno di non poterne creare altri. E se poi quei ricordi si creano e si eclissano ancora, come si trova la forza per continuare sulla propria strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Tornate a casa, Kate e Alexis portarono Isabel in camera da letto. Kate le tolse via le scarpe e le sistemò le gambe sotto il lenzuolo e poi Alexis le rimboccò la coperta.
<< Non dovevi vedermi così.>>, sussurrò con occhi chiusi Isabel.
<< Non preoccuparti. Adesso dormi mamma.>>
Quando furono certe che la madre si fosse addormentata, le due sorelle scesero al piano di sotto, dove c’era Sarah ad aspettarle in salotto, preoccupata anche lei.
<< Si è addormentata?>>
Alexis annuì visibilmente provata.
<< Com’è potuto succedere di nuovo?>>, si chiese Kate scuotendo il capo, << Era sobria da mesi. Non aveva toccato più un goccio. Stava bene…>>, lasciò cadere la frase, aveva un nodo in gola.
<< Succede anche a chi non beve più da dieci anni.>>, rispose Alexis sospirando, << Purtroppo capita.>>
<< E tu cosa ne sai di ricadute? Sei l’ultima persona in questa casa che dovrebbe dire qualcosa in merito.>>
<< C’è una legge che mi vieta di parlare, per caso?>>
<< No. Ma tu non sai proprio niente Alexis. Niente.>>
<< Tutto a un tratto hai voglia di parlarmi?>>
<< Sì, è così.>>, Kate era sul punto di esplodere, << Era quello che volevi, no? Beh, ora parliamo.>>, la inchiodò con lo sguardo.
<< Bene!>>, Alexis spalancò le braccia, << Non attendevo altro.>>, poi le lasciò cadere sui fianchi, << Forza sorellina, sputa tutto quello che hai dirmi.>>, sapeva quanto fosse arrabbiata con lei ed era pronta a prendersi tutto il veleno che sarebbe uscito dalla sua bocca. Almeno così credeva.
<< Non dovevi tornare Alexis. Dovevi startene lì in quella fottuta città in cui ti sei rifugiata scappando via da qua. Perché se l’avessi fatto, mamma non avrebbe ripreso a bere. Tu sei tornata e sono tornati anche i ricordi.>>
<< Questa casa è piena di ricordi, Kate.>>
<< Ma di ricordi belli. Mentre tu… dannazione!>>, Kate s’innervosì, << Sai cosa mi viene in mente ogni volta che ti guardo?>>
<< Illuminami.>>
<< Mi viene in mente mamma che si addormenta sul letto di Colin abbracciando una bottiglia di vino; mi viene in mente papà che svuota tutte le bottiglie; mi vengono in mente le mie notti insonni e ancora papà che piange di nascosto.>>, la rabbia cresceva a dismisura, << Sai quante volte ho visto mamma ridotta in quello stato? No, certo che no… perché tu non c’eri. E non hai idea di che cosa voglia dire. Tu te ne sei andata Alexis, e mi hai lasciata in questo fottuto casino.>>, le urlò contro guardandola dritta negli occhi e ciò che disse dopo, fu molto più tagliente di una qualsiasi lama, << Dovevi morire tu quel giorno.>>, scoppiò a piangere, singhiozzando, e si allontanò salendo di corsa le scale.
Tutto quell’odio scagliatosi verso Alexis, la trovò indifesa e la colpì fin dritto al cuore.
 
Il mattino seguente, un amaro silenzio avvolgeva casa Davis. Martin aveva fatto ritorno a casa la notte stessa; non appena fu messo al corrente da Alexis, non se la sentì di rimanere a dormire in albergo a Philadelphia. Sua moglie aveva bisogno di lui e tornare a casa era la cosa più sensata da fare.
Seduto al tavolo in cucina, stava controllando quanto aveva messo da parte con il suo ultimo stipendio da impiegato alle poste, quando le sue figlie entrarono in contemporanea.
<< Papà? Ehi! Quando sei tornato?>>, chiese Kate.
<< Ciao pà!>>
Si sedettero l’una di fronte all’altra senza degnarsi di uno sguardo.
<< Ciao ragazze!>>, Martin abbozzò un sorriso, << Sono tornato intorno all’una… più o meno. Dopo che tua sorella mi ha telefonato… io e Gavin ci siamo messi subito in viaggio.>>
Kate annuì con la testa.
<< Mamma sta ancora dormendo?>>
<< Sì. E’ piuttosto provata. Voi come state?>>
<< E’ stata una serata piuttosto pesante.>>, rispose Alexis chinando il capo.
<< Immagino.>>, Martin allungò una mano verso quella destra della figlia, << Sentite ragazze, quello che sto per dirvi non vi piacerà… non piace neanche a me se è per questo, ma per il bene di vostra madre… è necessario.>>, prese respiro, << Abbiamo avuto modo di parlare un po’ e mi ha confessato di aver ripreso a bere da quasi un mese. Credo abbia bisogno di un aiuto molto più serio, e lei è d’accordo nel ricoverarsi in una clinica specializzata. Ho fatto qualche ricerca e ne ho trovata una a Philadelphia che mi sembra adatta.>>
<< Costerà parecchio.>>, disse Kate corrugando la fronte.
<< Sì. Me ne sto già occupando, non preoccuparti.>>
<< Papà, ti prego non trattarmi come se fossi una bambina. So bene che il tuo stipendio e quello di mamma non basteranno a coprire le spese.>>, lo guardò.
<< Hai ragione. Sei una giovane adulta, ormai.>>, Martin smorzò un sorriso.
<< Usa i soldi per il college. Tanto ho la borsa di studio.>>
<< No, Kate. Quelli sono per il tuo futuro e potrebbero servirti. Scambierò qualche turno extra con i miei colleghi e venderò la mia collezione di figurine dei Red Sox.>>, fece spallucce, << Voi due non dovete preoccuparvi di questo.>>
Rimasta in silenzio, pensierosa ad ascoltare, Alexis si alzò dalla sedia e si allontanò per qualche istante. Quando tornò in cucina, teneva nella mano destra una penna e in quella sinistra un blocchetto degli assegni. Mise la sua firma su uno di essi e staccandolo lo avvicinò al padre.
<< Scrivi la clinica cui intestarlo e quanto versare.>>
<< Alexis… no.. io… non posso…>>
<< Papà?>>, lo ammonì, << Posso permettermelo. Qualcuno mi ha insegnato a risparmiare.>>, gli fece l’occhiolino, << E poi, sono per mamma. Accettali e basta.>>
<< Te li restituirò tesoro.>>
<< Ed io non li prenderò.>>
 
Isabel fu ricoverata in clinica, due giorni dopo. Alexis si recò a Philadelphia insieme ai genitori e fu più dura di quanto si aspettasse. Quella sera, il suo sonno era tormentato dalla sensazione opprimente di non riuscire a reggere la situazione; la stessa sensazione che l’aveva spinta ad andarsene anni prima. Doveva distrarsi, così prese l’iPhone e scrisse a Marika.

Alexis: Sei sveglia?
Marika: Sì. Sono sola in casa…
Alexis: Sto arrivando.
Marika: Ti aspetto (smile malizioso)


Le strade di Roxborough erano deserte ed Alexis arrivò a casa di Marika in un batter d’occhio.
<< Ciao!>>, Marika fece entrare Alexis e la baciò sulle labbra, << Come stai? Ho saputo di tua madre. Mi dispiace.>>
<< Sì. Okay. Senti… noi due non parliamo. Sono venuta qua per fare sesso e se non ti va… posso andarmene.>>
<< Certo che mi va! Possiamo fare sesso tutta la notte…. I miei sono fuori città.>>, rispose Marika facendole l’occhiolino.
Alexis le prese il viso fra le mani e la baciò con eccitazione. Poi, frettolosamente Marika la condusse in camera sua e si gettarono sul letto.
I coniugi Brown, però, fecero ritorno alle prime luci dell’alba. E quando qualche ora dopo, Vanessa Brown andò in camera della figlia, l’imbarazzo la colse di sorpresa.
<< Marika, sei sveglia? Ho preparato…>>, si bloccò sull’uscio della porta.
<< Ma che cavolo! Mamma!>>, tuonò Marika coprendosi con il lenzuolo.
<< Io… scusate…>>, Vanessa iniziò a balbettare, << Volevo solo dirti che ho preparato la colazione.>>, concluse andandosene.
<< Grandioso! Sono tornati prima.>>, sussurrò Marika alzando gli occhi al cielo.
<< I tuoi lo sanno che sei lesbica o dovrò assistere a qualche dramma familiare?>>, esordì Alexis.
<< Lo sanno.>>, rispose bruscamente Marika scendendo dal letto.
Alexis fece altrettanto e prendendo i suoi indumenti, si vestì. Dieci minuti dopo, entrambe si recarono in cucina.
<< La prossima volta avvisate quando state per tornare in anticipo.>>, precisò Marika alla madre.
<< Non credevo di trovarti in compagnia.>>, rispose Vanessa mortificata.
<< Salve.>>, Alexis allungò una mano verso la donna, << Sono Alexis.>>
<< Piacere Alexis. Vanessa Brown.>>, le rispose stringendole la mano, << Spero di non averti messa a disagio, prima.>>
<< Lei di solito è quella docile.>>, intervenne Marika, << Papà invece sarebbe andato in escandescenza. A proposito, dov’è?>>
<< Sotto la doccia.>>
<< Beh.. noi, andiamo.>>
<< Aspetta! Non restate per la colazione?>>, Vanessa guardò prima le due ragazze e poi il tavolo con il piatto pieno di pancakes e la brocca di caffè.
<< Tra un caso in tribunale e l’altro, hai fatto un corso accelerato su come fare la madre?>>
<< Ho pensato che una volta tanto, sarebbe bello fare colazione tutti e tre insieme come fanno le famiglie, solitamente.>>
<< E da quando in quando, noi siamo una famiglia?>>, Marika incrociò le braccia al petto e fissò la madre.
<< Marika! Per favore!>>, Vanessa le lanciò uno sguardo ammonitore.
<< In effetti, io avrei un po’ di fame.>>, intervenne Alexis sedendosi su uno degli sgabelli intorno al tavolo.
<< Serviti pure.>>, Vanessa le sorrise avvicinandole il piatto di pancakes.
<< D’accordo.>>, si sedette anche Marika, << Facciamo colazione. Ma in fretta. Devi accompagnarmi a scuola.>>, disse rivolta ad Alexis.
<< Allora, Alexis. Non credo che tu vada ancora al liceo… quindi, frequenti l’università, lavori?>>
<< La seconda. Lavoro per la H.T. Records, sono una produttrice discografica.>>
<< Ma davvero? Complimenti. Qualche nome famoso con cui hai lavorato?>>
<< Vediamo… Jenkins, Alice Moore le dice niente?>>
<< Alice Moore?>>, Vanessa ripeté il nome pensierosa, << Aspetta! E’ la stessa Alice Moore della tua scuola?>>, guardò la figlia.
<< Wow! Mi stupisci mamma. Ti ricordi qualcuno che frequenta la mia scuola.>>, rispose lei con tono pungente.
Subito dopo, Henry Brown fece il suo ingresso.
<< Ehi! Buongiorno!>>
<< Oh, perfetto!>>, commentò fra sé e sé Marika.
<< E tu saresti?>>, chiese Henry guardando Alexis.
<< Henry, lei è Alexis… un’amica di Marika.>>
<< Un’amica?>>, Marika scoppiò a ridere, << Sì, papà. Alexis è proprio una mia “amica”,>>, mimò le virgolette, << E adesso io e la mia “amica” con la quale faccio sesso, ce ne andiamo.>>, si alzò dallo sgabello e afferrò Alexis per un polso trascinandola via.

<< Mollami!>>, disse Alexis fermandosi, una volte uscite, << E questo non lo chiami “dramma”?>>
Marika la fulminò con lo sguardo, scocciata, si diresse verso l’auto della ragazza e salì richiudendo bruscamente lo sportello.
<< Ehi!>>, tuonò Alexis salendo, << Datti una calmata.>>, mise in moto e iniziò a guidare.
Ci fu qualche secondo di silenzio, prima che lei riprese a parlare.
<< Potevi essere più gentile con tua madre.>>
<< Oh, ma ti prego! Non dirmi che ti sei bevuta la scenetta della madre premurosa.>>
<< A me è parsa sincera.>>
<< Tu non la conosci.>>
<< Sicuramente. Ma è pur sempre tua madre e sei stata una stronza.>>, Alexis s’innervosì; mai come adesso l’argomento mamma o famiglia le stava particolarmente caro.
<< Sai che m’importa.>>, Marika fece spallucce, << Vuoi davvero sapere chi sono i miei genitori? Te li presento: la loro vita gira intorno al lavoro praticamente da sempre. Ho passato più tempo con le varie babysitter che con loro, perché i clienti da difendere hanno la priorità. Mio padre ogni fine settimana mi da la paghetta da quando avevo otto anni, e questo gli basta per sentirsi a posto con il suo dovere di padre. Non c’è stata una sola volta in cui mia madre mi abbia preparato una dannata colazione o rimboccato le coperte. Nessun fine settimana insieme, nessuna gita… per non parlare delle festività. Eppure entrambi hanno sempre preteso che portassi a casa bei voti. L’unico momento in cui ho creduto che gli importasse davvero qualcosa di me e della mia vita, è stato quando ho detto loro di essere lesbica… e sai cosa mi hanno risposto? “è una fase, ti passerà. Però nel frattempo evita di metterci in imbarazzo. La gente poi parla.”. Ecco chi sono i miei cari amorevoli genitori.>>, finì di parlare visibilmente agitata e con gli occhi un po’ lucidi.
<< Oh, povera, piccola, incompresa, Marika.>>, rispose con ironia Alexis, << I tuoi non saranno i genitori migliori del mondo, ma per lo meno non ti hanno cacciato via da casa o messo divieti o non ti hanno rivolto più la parola o portata da qualche decerebrato con l’intento di curarti. Ritieniti fortunata perché non ti è capitato tutto questo e inizia a crescere. Credo che ormai abbiano capito che non è una fase; comportati da figlia e non da ragazzina che critica tutto e tutti per avere attenzioni, così magari loro inizieranno a fare i genitori.>>
<< Ed io dovrei accettare una predica da una che ha due genitori perfetti?>>
<< Era più un consiglio… ma fai come cazzo ti pare, Marika. E’ la tua famiglia.>>
<< Appunto!>>
Alexis frenò di colpo e le gomme sfregarono l’asfalto emettendo rumore.
<< Oh! Ma sei scema?>>, urlò Marika.
<< Scendi.>>
<< Scusami?>>
<< Ho detto scendi.>>, Alexis la guardò in cagnesco, allungò un braccio verso lo sportello e fece scattare la maniglia, << Forza, su, scendi.>>
<< Devo andare a scuola.>>, ribadì Marika sconcertata.
<< Non è un mio problema. Mi sono rotta le palle di te, quindi scendi. Hai due gambe sane per poter camminare e lì c’è la fermata dell’autobus. Prendilo, fai l’autostop, tornate a casa… fai quello che cazzo ti pare. Non m’interessa.>>
Marika continuava a guardarla a bocca aperta e pochi secondi dopo, scese dalla macchina infuriata.
<< Sei una stronza.>>, chiuse lo sportello con rabbia, << Vaffanculo!>>, le urlò subito dopo che Alexis si allontanò.
  
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