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Autore: Bidirezione    04/07/2014    5 recensioni
Almeno una volta a settimana si presentava da me sbronzo da morire, ciondolando nel giardino e piombandomi addosso sui primi gradini di casa; avevo preso l'abitudine di lasciare il cancelletto aperto e a volte pure la porta d'ingresso, se per caso mi trovavo impossibilitato a raggiungerlo in tempo.
Non era uno sbronzo felice, Sasuke. O almeno, non quando beveva davvero troppo.

Sasuke si presenta sbronzo quasi ogni sabato notte a casa di Naruto, in questa Raccolta Naruto vi parlerà di questi sabati notte e di altri, dettati dai desideri, capricci, tristezze, dolori ma anche risate e sproloqui di un Sasuke sofferente e ambiguo e assieme forse scopriremo cosa sta dietro a tutto questo dolore, che genere di vita conducano entrambi, che genere di epilogo li attenda.
[NaruSasu, SasuNaru, angst, tragicomico.]
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Salve tenerezze :)
Ecco un nuovo capitolo, scritto in queste ultime tarde serate post studio matto. Ho deciso di pubblicare già poiché ho pensato meglio farlo adesso che ho pronto del materiale piuttosto che farvi aspettare quando magari, avendo io un periodo incasinatissimo che mi si prospetta ancora per moooolto tempo, rischio di non riuscire a pubblicare poi...non so se mi sono spiegato. XD credo di no ma morale? Capitolo nuovo a Voi, ne ho ancora un paio pronti e spero che l'ispirazione non mi abbandoni nonostante i tremila impegni anche mentali. Ecco. Che dire del capitolo? E' più lungo, qui siamo su una one shot: Naruto si dilunga, come vi avevo preannunciato, a parlare un po' di più...tocca ad un accenno al loro passato...tocca ad un sabato notte pesante...si sapranno diverse cose su una figura che appartiene all'esistenza di Sasuke, cose oscure, che vi parranno ragionamenti e concetti assurdi, ma credetemi sono reali. Vediamo come Sasuke reagirà questo sabato notte, che ci racconterà tramite i ricordi di Naruto.
Quindi buona lettura a voi belle anime, grazie di seguirmi, vedo che siete tanti, grazie di cuore. Buona lettura, spero vi possa piacere.


3 -Sabati notte colmi di errore.

Era cresciuto senza una mamma e un papà, proprio come me. Probabilmente era questo dato di fatto che ci aveva fatto legare subito, noi due soli contro al mondo non orfano, fieri del nostro essere speciali quindi due grandissimi idioti. Alla fine ci eravamo esclusi dal resto del mondo.
Lo avevo conosciuto in seconda liceo, ricordo ancora la data e il tempo di quella mattinata che me lo vidi entrare in classe, longilineo e serissimo, e piazzarsi accanto alla cattedra tenendo le mani dietro la schiena, la testa alta, gli occhi rivolti verso noi che guardavamo curiosi l'intruso.
Era un cinque aprile piovoso e per tutta la lezione posteriore dell'arrivo del nuovo alunno non avevo fatto altro che guardare oltre la finestra, beccandomi le solite sgridate del proff Hatake; persino un gessetto mi aveva lanciato! Sapete, meno male che ogni anno ero seduto vicino a quella finestra: ne vedevo di cose scorrere! Alla fine a me piaceva guardare la gente che transitava nel cortile o nella strada al di là del cancello della scuola che mi imprigionava per così tante ore. E' per questo che mi piacque guardare quello che si presentò: Sasuke Uchiha, trasferitosi qui da una cittadina piuttosto lontana per “seguire gli studi del fratello maggiore”. Aveva detto solo questo, scandendo bene le parole a voce bassa, puntando gli occhi proprio nella mia direzione.
Fui per prima cosa stupito dal nero delle sue iridi, non riuscivo a distinguere dove fosse la pupilla, neanche quando scivolò per l'aula andando a sedersi nel banco dietro al mio, captai traccia di pupilla: sembravano due buchi neri. Meglio, pensai a due barili di avorio pieni di petrolio che avrebbero potuto risucchiarmi.
Immediatamente ne fui attratto. A me di solito piaceva conoscere gente nuova e quando qualcuno mi colpiva volevo subito scoprirne di più, risultavo un rompi balle unico; la maggior parte delle persone di solito mi mollava infastidita dal mio fare troppo espansivo, troppo
easy way, incapace di evitare di ficcare il naso in affari altrui, incapace di dimostrare un minimo di serietà anche nelle peggiori situazioni. Figuriamoci col moto di curiosità che provai verso lui quanto volli assolutamente saperne di più sul suo conto. Provai fin da subito un'attrazione fortissima.
Diciamo che fui discreto nell'entrare a contatto...diciamo la verità, feci più o meno di tutto per avvicinarmi a lui, i primi giorni ricevetti solo picche addirittura ad ogni mio saluto! Tuttavia piano piano cominciammo a passare le ricreazioni assieme: io a parlare mentre lui fingeva di ascoltarmi - col tempo legammo.
Non me lo venne mai a dire, ma man mano che scoprimmo le carte delle nostre vite di comune e tacito accordo, anche lui contribuì a costruire un mondo privato in cui rifugiarci, con la sicurezza che non avremmo trovato altro che noi. Eravamo orfani, eravamo soli. Ci bastavamo l'uno all'altro nei nostri continui litigi, nel darci botte, nel condividere tutto, nel costruire grandi piani, nel sopravvivere alla crudezza del destino, alle risa dei nostri compagni, al fatto che non riuscivamo a farci un amico vero al di fuori di noi. Quei pochi amici che ero riuscito a farmi prima di conoscere Sasuke, mi abbandonarono perchè li avevo abbandonati. Sparirono. Li lasciai fare.
Cambiai. Ben presto il professore Hatake parlò ai nostri unici parenti in vita, per me il nonno e per lui – maledizione - il fratello, del fatto che forse avremmo dovuto staccarci un po' per migliorare le nostre capacità relazionali, il nostro livello sociale, la crescita personale dal confronto col mondo... Ci provarono, a dividerci. Niente più pomeriggi assieme, attività di gruppo sempre divisi, l'anno seguente finimmo in classi diverse. Tutto inutile. Finimmo il liceo attaccati l'uno all'altro come due metà di una stessa conchiglia priva di mollusco: un'immagine triste, così delicata rispetto al male che presto imparammo a farci.
« Dove sei finito? »
Mi ero proprio dimenticato di dove mi trovavo e con chi, cosa aveva fatto scattare in me la molla dei ricordi? Guardai Sasuke nella poca luce che l'abat-jour del salotto ci donava, mi stava osservando intensamente, serissimo come lo avevo sempre conosciuto; sembrava molto più stabile nello sguardo rispetto a tanti sabati precedenti. Era arrivato da poco, - rammentai cercando di scacciare l'alone denso di malinconia che il passato aveva portato con sé, confondendomi - meno barcollante, meno arrabbiato. Aveva subito acceso la televisione da solo e si era seduto sul divano accanto a me ad osservarla ipnotizzato, non considerandomi.
Avevo tirato un sospiro di sollievo,
non ci sarebbero stati lividi quella notte - mi ero detto.
Quindi da quant'era che si era tolto dall'ipnosi della televisione? Da quando mi fissava?
Mi sentii arrossire come poche volte mi succedeva con lui, ormai non avevamo imbarazzi tra noi.
« Mpf, non sono fatti tuoi eheh » gli dissi grattandomi la nuca. Io e quel mio tic nervoso dal quale non riuscivo a staccarmi. Pure Sasuke aveva un tic e dei più fastidiosi, anche se lui in pubblico tentava di non farlo: scrocchiava le giunture delle ossa. Dita, spalle, schiena, collo. Non lo sopportavo, era una delle poche cose che davvero non avevo mai tollerato fino in fondo di lui. Sembrerà assurdo ma scrocchiò il collo proprio poco prima di rispondermi, prendendosi la testa e inclinandosela innaturalmente verso la spalla con l'orecchio a toccare la clavicola.
Rabbrividii. Stavo per ripetergli per l'ennesima volta che “ti fa male fare così” nel mio tono più paternale ma mi trattenni perchè Sasuke si mise a parlare, non guardandomi e giocherellando con il telecomando come quando aveva l'aria di voler fare grandi discorsi.
Forse avevo fatto male a tirare un sospiro di sollievo, perchè di lividi ce ne sarebbero comunque stati di lì a poco: solamente
meno visibili, interni, spine nel cuore che lui mi avrebbe lanciato.
Le prime parole non le captai, perso nel fluire dei miei pensieri ritmati dalla musica pop del canale musicale, dalle immagini psichedeliche che mi inquietavano sempre. Quando però notai una punta di
impazienza in quella sua fredda voce abbassi al minimo il volume della tv e passai ad osservare solo lui, girandomi per bene a guardarlo, in posizione quanto più comoda potessi su quel divano vecchio e scomodo, regalo del nonno ai miei, per il loro matrimonio, ventidue anni prima.
Scrocchiò pure le mani mentre parlava. Doveva essere più che teso, avrei voluto tranquillizzarlo in qualche modo ma né gli abbracci né gli sguardi comprensivi avrebbero aiutato. In quel momento io dovevo solo ascoltare, io il chiacchierone per eccellenza ai più, diventavo l'ascoltatore privilegiato di Sasuke.
Zitto, immobile, sguardo attento, annuire ad ogni sua pausa o fare delle domande strategiche e lui ti avrebbe raccontato tutto. Ormai avevo battuto ogni manuale di psicologia con la mia psicologia spicciola basata sull'esperienza.
« Guarda oggi ha raggiunto il limite. »
Annuire.
« Non vuole che domani venga al mare con te. Quella testa di cazzo non me l'ha detto espressamente, figurati, tutto per sotto! Lo sai no, tutte le sue mosse ogni sua parola sono schifato Naruto io non ne posso più basta era un cazzo di invito al mare, Naruto, tuo nonno che ci invita, pure. No non gli sta bene nulla, ma si figurati se me lo dice apertamente. Lo odio odio lo odio gli staccherei il braccio con cui opera a martellate evitando di reciderlo completamente ma lasciandolo aggrappato per un lembo di pelle alla spalla quanto lo odio. »
Annuire lentamente. Mi dovetti però mordere il labbro inferiore per resistere alla tentazione di intervenire e lanciare merda su suo fratello: non poteva che essere lui il fulcro di quel monologo appena cominciato. Mi sentivo chiamato in causa a tutto spiano, qui: era stato mio nonno, di ritorno da un viaggio alle terme in cima a una montagna (per recensire il luogo su richiesta degli stessi gestori della località) a dirci che avrebbe fatto tappa al mare (abitiamo poco distanti dalla costa) e a proporci di raggiungerlo per fare assieme una giornata l'indomani, un modo per staccare dallo studio, dal lavoro, dalle beghe, da tutto. Più o meno queste erano le motivazioni che avevo addotto a Sasuke per convincerlo, via telefono il pomeriggio prima, a dirci di sì.
Mio nonno era un uomo tutto per conto suo, sempre in viaggio per lavoro, ma nonostante avesse visto Sasuke solo rare volte, specie in quegli ultimi mesi, aveva capito tutto. Di lui, di noi, di quello che gli toccava. Nonno Jiraya sapeva quel che faceva invitandoci al mare? Sapeva a cosa sarebbe andato incontro Sasuke in casa?
Era un tipo che poteva sembrare banalotto, easy way lui come me, ma alla fine aveva visto tanta di quella gente nella sua vita che aveva colmato il suo non spiccare per acutezza e profondità con una vastissima conoscenza dei tipi e delle relazioni umane e li sapeva riconoscere con l'istinto, guardandoli vacuo. Da piccolo gli chiedevo come riuscisse a leggere tanto nelle persone e lui, sorridendo e abbracciandomi, rispondeva ogni volta che era solo perchè li amava tanto; quell'umanità idiota che non lo voleva mai così eccentrico, che riusciva a comprendere tanto senza parole.
Ecco, mi dovetti trattenere stringendo i pugni per non sovrastarlo con il mio monologo confuso
che gustava di tutto ciò che vi ho appena detto, a difesa di nonno, dell'idea, di me stesso che avevo messo me e lui dentro all'idea, di tutto e tutti.
« Dillo apertamente se ti sto scocciando eh. »
Track. Avevo sbagliato: sguardo non immobile su di lui, vacuo. Lui riusciva sempre a capire se tu lo stavi guardando per davvero o no semplicemente constatando la presenza o meno di una
vacuità nell'occhio. Un altro talento che non riuscivo a far mio.
Ci riprovai, un altro scrocchio di mani di Sasuke e ripartì il monologo.
« La domenica la dobbiamo passare assieme ah ah ah. » rise sprezzante, finto: Sasuke si stava incazzando, si mise seduto sul bordo del divano così vicino che per pochissimo le nostre ginocchia non si sfioravano. « C'è da pulir casa, la
sua casa, capisci. Non domani, non io come solito oggi, no! Quando vuole lui che non ha mai pulito casa una singola volta la domenica e anzi obbliga me a fare tutto durante la settimana e sempre quando non è lui in casa così da non essere disturbato da rumori e fastidi. Che caso voglia proprio domani» aggiunse con un tono secco che doveva esser stato quello usto da Itachi.
Io odiavo quell'essere umano con tutto me stesso, era lui che mi faceva piombare a casa ogni sabato sera un Sasuke distrutto, alla fine quantunque Sasuke avesse anche centomila obiettivi anche idioti per bere e dar di matto, Itachi rimaneva sempre il fulcro di ogni nervoso, di ogni problema e rabbia.
Tanta rabbia stavo provando, eppure mai quanta ne provasse Sasuke, era spaventoso anche solo provare a quantificarla.
Itachi ai tempi del liceo, alle prime vere frequentazioni tra me e Sasuke, mi aveva fatto un'ottima impressione, anche a pelle proprio, già vista! Bello, alto, magro, pulito, in camicia, con gli occhiali...all'epoca continuavo a dirgli che sembrava un professore, ma lui mi correggeva sempre, sorridendo, con “quasi dottore”. Mi invitava a cena da loro, mangiavo bene, ci lasciava vedere films o usciva con una ragazza. Insomma, tutto bene.
All'epoca.
Poi non seppi più molto di lui per circa un anno, l'anno in cui Itachi andò a fare l'ultimo semestre di studio all'estero, e quando tornò lo trovai cambiato. Io e Sasuke avevamo appena finito il liceo, nell'ultimo anno erano successe molte cose - o poche, dipende da che punto la si guardi. Insomma, eravamo cambiati. Sasuke però se ne accorse dopo di quel che vedevo io nel loro rapporto, nel modo possessivo con cui Itachi
ora trattava Sasuke, fuori luogo, indecente nelle offese e nelle catene che lo incastravano. Quando se ne accorse cominciarono i casini.
Quando quei buchi neri sul volto divennero ancora più magnetici capii che per Sasuke era avvenuta la svolta.
Morale? Mi sentivo in colpa. Avevo seminato io il seme della svolta! Avevo innestato nel suo conscio la verità dietro al fratello ed erano stati cazzi.
Sasuke mi diede un calcio nella caviglia, un male cane ma non urlai né feci scenate, in altra occasione mi sarei offeso a morte. “Cazzo fai? Guarda che ti sto ascoltando!” ma non dissi ciò, sussurrai uno “scusa” per essermi perso nel mio personale monologo mentale e lo invitai a continuare. Gli chiesi rapido se volesse dell'acqua da bere (di solito, se non aveva bevuto tanto, l'acqua aiutava a smaltire l'alcool prima, lo avrebbe fatto star meglio l'indomani) mi disse di sì, stranamente, così corsi in cucina a prendergli un bicchiere di acqua di rubinetto e glielo porsi. Come bevve! Si era bagnato tutte le labbra e un po' il mento, mi tentò quell'immagine: possibile dovessi eccitarmi in quella situazione lì pure? Persino la lentezza con cui si passò le nocche della mano sulle labbra per asciugarle mi tentò. Mi venne letteralmente un po' duro.
« Davvero siamo a questi livelli? Jesus, non ci credo. »
Sasuke stava indicando la cintura dei miei pantaloni. Anzi no, più giù. Ero uno scemo, pensai che mi avrebbe disintegrato seduta stante invece si mise a ridacchiare, a premere le dita della mano sopra i jeans, nella
rigonfiatura, non aiutandomi affatto. Poi le tolse di colpo, tornò serio, le scrocchiò.
« Da pulir casa, ma proprio da...
are you serious? » commentai con la prima istintiva frase che mi venne in testa, il solito instintivo e scemo intercalare, e Sasuke ripartì.
Il mio cazzo rimase buono, probabilmente quella notte lo sarebbe rimasto di filato. Quelli erano sabati sera in cui Sasuke voleva solo sfogarsi verbalizzando (più o meno, non che fosse fiscale al riguardo - chiedere al mio didietro).
Non so dire se fossero i migliori o i peggiori, di certo ne uscivo sia più tranquillo che più triste: una contraddizione assurda. Ma da un lato Sasuke si era sfogato, aveva ricapito di non dover avere senso di colpa, si era tolto l'acido dal corpo; dall'altro ci raccontavamo sempre quella. Ancora una volta un male causato da suo fratello. Un'altra mezza fuga. Ormai erano non più contabili le volte in cui ci eravamo detti, al tiepido lume dell'abat-jour, quanto il comportamento di Itachi fosse deplorevole, schifoso, matto. Ma ciò, visto che si continuava imperterriti a citarlo in giudizio senza avere la possibilità di farlo condannare, non aveva ancora portato ad alcun risultato.
Ed era triste, triste, triste. Una delle cose più tristi al mondo, per me; assieme al vomito di Sasuke, alla sua anima imprigionata in una esistenza triste, alla rabbia che gli contorceva il corpo e spiritava gli occhi, alla mia impotenza nei confronti del suo piovoso destino, inutilità, a tutte le cose che ruotavano attorno a me e lui. Insomma, alla fine avevo troppe cose tristi da conteggiare. Eppure di me non lo si sarebbe detto, almeno non chi mi osservava per la prima volta; ma anche chi mi conosceva da sempre sapeva di me solo la faccia ottimista della medaglia, che ero quel ragazzo solare e rompicazzo che sapeva girare il brutto in bello, che non si arrendeva mai alle difficoltà della vita.
Una sottospecie di eroe, un salva-vita, l'interruttore della luce. La salvezza, addirittura. Dicevano di me che ero fatto per stare tra la gente per regalarle sorrisi, anche se la gente mi aveva sempre voluto evitare in prima battuta.
Eppure con Sasuke era tutta un'altra storia, stavo perdendo ogni piccolo stimolo a vedere una via d'uscita per lui e noi, era come se fossi scivolato nel petrolio e le mie presunte ali fossero sciolte per l'acidità che si era formata nei barili. Non vedevo che tonalità scure, non provavo che rabbia.
Avevo seriamente paura di perdere anche l'ultimo anelito di
ottimismo. Sprofondare senza mai toccare il fondo, entrare con tutto il corpo in un limbo continuo.

Ecco, mi ero perso di nuovo in me stesso; fortunatamente uscii da me in tempo per captare le parole che stava dicendo Sasuke, per non farlo spazientire.
« Ho dovuto prepararmi nel più religioso silenzio, preparare le mie cose s'intende. Addirittura tirare l'acqua della doccia per lavarmi, non ho potuto. Mi ha detto che in casa sua non si usa l'acqua per
quelle cose, che il divertimento mica è sempre ammesso. Ha ripetuto che sono una sanguisuga, un parassita che succhia ogni sua energia forza libertà; eppure sai bene che non gli chiedo nulla, che lui è sempre in giro a fare quello che vuole mentre io devo stare ad aspettarlo in cucina perchè lui esige la mia attenzione quando ne ha desiderio, che se io cerco di fare la mia vita lui diventa violento e mi insulta senza ragione. Quando gli ho risposto che erano tutte balle mi ha dato del matto che risponde a tono, della coda di paglia., di quale arroganza ho per permettermi di discurere la sua grandezza morale, che lui è più intelligente e superiore eppure non me lo fa pesare eccetto quando gli mostro la sua piccolezza. Morale? Ho detto che saremmo partiti da casa tua all'alba così sono fuggito. Voleva trattenermi con la forza ma non l'ha fatto solo perchè ha dovuto rispondere al telefono per lavoro, così ho approfittato per sgattaiolare via. Tutto qui. Le solite cose. »
Sasuke e quel fratello matto, pieno di sé, arrogante da vomitare, vuoto.
Avrei voluto prendere la macchina, piombare nell'appartamento al sesto piano dove abitavano e fare ad Itachi una scenata che avrebbe ricordato in eterno. Riempirlo di botte su quel viso così delicato, così dolorosamente simile a quello del
fratellino, rivoltargli addosso le sue stesse parole, fargli capire quanto fottuto in testa era, quanto sbagliava a non leggere le falle nei suoi discorsi malati e illogici sostenuti soltanto dalle sue convinzioni malate. Quante volte mi ero trattenuto in quell'ultimo anno e mezzo.
Se avessi fatto così, sarebbe stata davvero la fine. Rischiavo di perdere Sasuke per sempre. Un assassinio, un suicidio o entrambe le cose si sarebbero appoggiate sulla mia esistenza, indelebili. Non me lo potevo permettere.
Sasuke stava sorridendo. Rimasi sulle prime incredulo, ma poi pensai all'effetto dell'alcool, chissà dove aveva trovato da bere. Sorrideva appena, scuotendo lentamente la testa. No, non si trattava solo dell'alcool: era un sorriso convinto, acerbo,
rassegnato.
Era un sorriso di rassegnazione da far schifo.

Saltai in piedi all'istante.
« Cosa stai facendo? » domandai brusco.
« Eh? »
Alzò la testa di scatto, mi guardò stupito. Sparito era il sorriso,
menomalemenomale- pensai e sentii la tensione che mi aveva contorto le budella pochi secondi prima scemare, tutta d'un botto.
Che mi combini Sas'ke?
« Non farci caso, va bene? » sussurrai, muovendomi per tornare a sedermi ma Sasuke mi bloccò per un polso. Una stretta forte, uno sguardo duro.
« Che cazzo sarebbe tutto ciò? » sputò sprezzante, stringendo ancor più, le unghie arpionate nella mia carne.
Era diventato improvvisamente il Sasuke violento.
« Mi ha pungolato una vespa! » esclamai evasivo ma con un sorrisetto di quelli miei ironici, pensando vanamente di rabbonirlo.
« Guarda che è tutto chiuso qui. Per di più sono le undici di sera, pure le vespe sono a dormire. » e mi sferrò un pugno in piena faccia, facendomi sputare sangue.
« Non mi prendere per il culo, non provare a fare lo stronzo con me. » Mi rifilò un calcio alla bocca dello stomaco lasciandomi il braccio, caddi a terra tossendo. Sputò sul pavimento, a pochi centimetri dai miei occhi; mi guardò con odio.
Odiava quando cercavo di trattarlo con sufficienza eppure non aveva capito che ero solo preoccupato per lui tanto da non poterglielo dire. Maledetto me quando pensai che sarebbe stata una serata tranquilla, maledetto me! Lo avevo risvegliato da bravo idiota, non ero capace di fare altro.
Si inginocchiò e mi catturò i capelli, li usò per sbattermi a terra la faccia. Vedevo sul tappeto il sangue misto a muco, capì subito da dove venisse. La sbattè ancora due volte, allargando la macchia. Nonostante il dolore e il duro stupore mi chiedevo come avrei potuto fare a spiegarla al nonno, quale motivazione usare per non farlo arrivare subito alla cruda verità.
Sasuke mi mollò per terra e camminò spedito fino al televisore spegnendolo con un pugno. Una fottuta scena di un fottuto noir. Io stetti immobile, terrorizzato. Lui raccolse l'attizzatoio in ferro battuto dal caminetto che non usavamo mai neanche nelle notti più fredde e se lo girò in mano. Lo levò in alto e mi colpì sul retro della caviglia destra spingendomi l'attrezzo con tutta la forza che il suo peso gli permetteva.
Urlai fino a non avere più aria nei polmoni e lui lasciò la presa, il rumore mettallico dell'attrezzo sul pavimento, e si piazzò le mani a poco dagli occhi, come a cercare di comprendere perchè avessero agito così. Sul suo volto non era comparso neanche un lontanissimo rimorso, vi aleggiava solo confusione; eppure la sua rabbia non era finita.
« Stronzo. »
Capii, vedendo le lacrime che salivano agli occhi brucianti e permalose, che quello era un sabato notte in cui avrei dormito da solo.
E vidi Sasuke uscire, la porta che fece tremare i dipinti appesi.





N/A.
Itachi è entrato in scena, avete avuto un'idea di che razza di persona è/rappresenta per Sasuke, la causa originale, una delle cause, alla distruzione psico-fisica di Sasuke. Un personaggio contorto, vero? Inquietante, lo so. Sono curioso di sapere che ne pensate... capitolo violento sul finale, non sarà una fanfic facile, lo avete intuito. XD
Grazie di aver letto fin qui, ci sentiamo nelle recensioni, vi aspetto lì con speranza. Un mega abbraccio!
Bidirezione

   
 
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