Salve
tenerezze :)
Ecco un nuovo capitolo, scritto in queste ultime
tarde serate post studio matto. Ho deciso di pubblicare già poiché
ho pensato meglio farlo adesso che ho pronto del materiale piuttosto
che farvi aspettare quando magari, avendo io un periodo
incasinatissimo che mi si prospetta ancora per moooolto tempo,
rischio di non riuscire a pubblicare poi...non so se mi sono
spiegato. XD credo di no ma morale? Capitolo nuovo a Voi, ne ho
ancora un paio pronti e spero che l'ispirazione non mi abbandoni
nonostante i tremila impegni anche mentali. Ecco. Che dire del
capitolo? E' più lungo, qui siamo su una one shot: Naruto si
dilunga, come vi avevo preannunciato, a parlare un po' di più...tocca
ad un accenno al loro passato...tocca ad un sabato notte pesante...si
sapranno diverse cose su una figura che appartiene all'esistenza di
Sasuke, cose oscure, che vi parranno ragionamenti e concetti assurdi,
ma credetemi sono reali. Vediamo come Sasuke reagirà questo
sabato notte, che ci racconterà tramite i ricordi di Naruto.
Quindi
buona lettura a voi belle anime, grazie di seguirmi, vedo che siete
tanti, grazie di cuore. Buona lettura, spero vi possa piacere.
3 -Sabati notte colmi di errore.
Era
cresciuto senza una mamma e un papà, proprio come me.
Probabilmente era questo dato di fatto che ci aveva fatto legare
subito, noi due soli contro al mondo non orfano, fieri del nostro
essere speciali quindi due grandissimi idioti. Alla fine ci eravamo
esclusi dal resto del mondo.
Lo avevo conosciuto in seconda liceo,
ricordo ancora la data e il tempo di quella mattinata che me lo vidi
entrare in classe, longilineo e serissimo, e piazzarsi accanto alla
cattedra tenendo le mani dietro la schiena, la testa alta, gli occhi
rivolti verso noi che guardavamo curiosi l'intruso.
Era un cinque
aprile piovoso e per tutta la lezione posteriore dell'arrivo del
nuovo alunno non avevo fatto
altro che guardare oltre la finestra, beccandomi le solite sgridate
del proff Hatake; persino un gessetto mi aveva lanciato! Sapete, meno
male che ogni anno ero seduto vicino a quella finestra: ne vedevo di
cose scorrere! Alla fine a me piaceva guardare la gente che
transitava nel cortile o nella strada al di là del cancello della
scuola che mi imprigionava per così tante ore. E' per questo che mi
piacque guardare quello che si presentò: Sasuke Uchiha, trasferitosi
qui da una cittadina piuttosto lontana per “seguire gli studi del
fratello maggiore”. Aveva detto solo questo, scandendo bene le
parole a voce bassa, puntando gli occhi proprio nella mia direzione.
Fui per prima cosa stupito dal nero delle sue iridi, non riuscivo
a distinguere dove fosse la pupilla, neanche quando scivolò per
l'aula andando a sedersi nel banco dietro al mio, captai traccia di
pupilla: sembravano due buchi neri. Meglio, pensai a due barili di
avorio pieni di petrolio che avrebbero potuto
risucchiarmi.
Immediatamente ne fui attratto. A me di solito
piaceva conoscere gente nuova e quando qualcuno mi colpiva volevo
subito scoprirne di più, risultavo un rompi balle unico; la maggior
parte delle persone di solito mi mollava infastidita dal mio fare
troppo espansivo, troppo easy way,
incapace di evitare di ficcare il naso in affari altrui, incapace di
dimostrare un minimo di serietà anche nelle peggiori situazioni.
Figuriamoci col moto di curiosità che provai verso lui quanto volli
assolutamente saperne di più sul suo conto. Provai fin da subito
un'attrazione fortissima.
Diciamo che fui discreto nell'entrare a
contatto...diciamo la verità, feci più o meno di tutto per
avvicinarmi a lui, i primi giorni ricevetti solo picche addirittura
ad ogni mio saluto! Tuttavia piano piano cominciammo a passare le
ricreazioni assieme: io a parlare mentre lui fingeva di ascoltarmi -
col tempo legammo.
Non me lo venne mai a dire, ma man mano che
scoprimmo le carte delle nostre vite di comune e tacito accordo,
anche lui contribuì a costruire un mondo privato in cui rifugiarci,
con la sicurezza che non avremmo trovato altro che noi. Eravamo
orfani, eravamo soli. Ci bastavamo l'uno all'altro nei nostri
continui litigi, nel darci botte, nel condividere tutto, nel
costruire grandi piani, nel sopravvivere alla crudezza del destino,
alle risa dei nostri compagni, al fatto che non riuscivamo a farci un
amico vero al di fuori di noi. Quei pochi amici che ero riuscito a
farmi prima di conoscere Sasuke, mi abbandonarono perchè li avevo
abbandonati. Sparirono. Li lasciai fare. Cambiai. Ben
presto il professore Hatake parlò ai nostri unici parenti in vita,
per me il nonno e per lui – maledizione - il fratello, del fatto
che forse avremmo dovuto staccarci un po' per migliorare le nostre
capacità relazionali, il nostro livello sociale, la crescita
personale dal confronto col mondo... Ci provarono, a dividerci.
Niente più pomeriggi assieme, attività di gruppo sempre divisi,
l'anno seguente finimmo in classi diverse. Tutto inutile. Finimmo il
liceo attaccati l'uno all'altro come due metà di una stessa
conchiglia priva di mollusco: un'immagine triste, così delicata
rispetto al male che presto imparammo a farci.
«
Dove sei finito? »
Mi ero proprio dimenticato di dove mi trovavo
e con chi, cosa aveva fatto scattare in me la molla dei ricordi?
Guardai Sasuke nella poca luce che l'abat-jour del salotto ci donava,
mi stava osservando intensamente, serissimo come lo avevo sempre
conosciuto; sembrava molto più stabile nello sguardo rispetto a
tanti sabati precedenti. Era arrivato da poco, - rammentai cercando
di scacciare l'alone denso di malinconia che il passato aveva portato
con sé, confondendomi - meno barcollante, meno arrabbiato. Aveva
subito acceso la televisione da solo e si era seduto sul divano
accanto a me ad osservarla ipnotizzato, non considerandomi.
Avevo
tirato un sospiro di sollievo,
non ci sarebbero stati lividi quella notte -
mi ero detto.
Quindi da quant'era che si era tolto dall'ipnosi
della televisione? Da quando mi fissava?
Mi sentii arrossire come
poche volte mi succedeva con lui, ormai non avevamo imbarazzi tra
noi.
« Mpf, non sono fatti tuoi eheh » gli dissi grattandomi la
nuca. Io e quel mio tic nervoso dal quale non riuscivo a staccarmi.
Pure Sasuke aveva un tic e dei più fastidiosi, anche se lui in
pubblico tentava di non farlo: scrocchiava le giunture delle ossa.
Dita, spalle, schiena, collo. Non lo sopportavo, era una delle poche
cose che davvero non avevo mai tollerato fino in fondo di lui.
Sembrerà assurdo ma scrocchiò il collo proprio poco prima di
rispondermi, prendendosi la testa e inclinandosela innaturalmente
verso la spalla con l'orecchio a toccare la clavicola.
Rabbrividii.
Stavo per ripetergli per l'ennesima volta che “ti fa male fare
così” nel mio tono più paternale ma mi trattenni perchè Sasuke
si mise a parlare, non guardandomi e giocherellando con il
telecomando come quando aveva l'aria di voler fare grandi
discorsi.
Forse avevo fatto male a tirare un sospiro di sollievo,
perchè di lividi ce ne sarebbero comunque stati di lì a poco:
solamente meno visibili,
interni, spine nel cuore che
lui mi avrebbe lanciato.
Le prime parole non le captai, perso nel
fluire dei miei pensieri ritmati dalla musica pop del canale
musicale, dalle immagini psichedeliche che mi inquietavano sempre.
Quando però notai una punta di impazienza
in quella sua fredda voce abbassi al minimo il volume della tv e
passai ad osservare solo lui, girandomi per bene a guardarlo, in
posizione quanto più comoda potessi su quel divano vecchio e
scomodo, regalo del nonno ai miei, per il loro matrimonio, ventidue
anni prima.
Scrocchiò pure le mani mentre parlava. Doveva
essere più che teso, avrei voluto tranquillizzarlo in qualche modo
ma né gli abbracci né gli sguardi comprensivi avrebbero aiutato. In
quel momento io dovevo solo ascoltare, io il chiacchierone per
eccellenza ai più, diventavo l'ascoltatore privilegiato di Sasuke.
Zitto,
immobile, sguardo attento, annuire ad ogni sua pausa o fare delle
domande strategiche e lui ti avrebbe raccontato tutto. Ormai avevo
battuto ogni manuale di psicologia con la mia psicologia spicciola
basata sull'esperienza.
« Guarda oggi ha raggiunto il limite.
»
Annuire.
« Non vuole che domani venga al mare con te.
Quella testa di cazzo non me l'ha detto espressamente, figurati,
tutto per sotto! Lo sai no, tutte le sue mosse ogni sua parola sono
schifato Naruto io non ne posso più basta era un cazzo di invito al
mare, Naruto, tuo nonno che ci invita, pure. No non gli sta bene
nulla, ma si figurati se me lo dice apertamente. Lo odio odio lo odio
gli staccherei il braccio con cui opera a martellate evitando di
reciderlo completamente ma lasciandolo aggrappato per un lembo di
pelle alla spalla quanto lo odio. »
Annuire
lentamente.
Mi dovetti però mordere il labbro inferiore per resistere alla
tentazione di intervenire e lanciare merda su suo fratello: non
poteva che essere lui il fulcro di quel monologo appena cominciato.
Mi sentivo chiamato in causa a tutto spiano, qui: era stato mio
nonno, di ritorno da un viaggio alle terme in cima a una montagna
(per recensire il luogo su richiesta degli stessi gestori della
località) a dirci che avrebbe fatto tappa al mare (abitiamo poco
distanti dalla costa) e a proporci di raggiungerlo per fare assieme
una giornata l'indomani, un modo per staccare dallo studio, dal
lavoro, dalle beghe, da tutto. Più o meno queste erano le
motivazioni che avevo addotto a Sasuke per convincerlo, via telefono
il pomeriggio prima, a dirci di sì.
Mio nonno era un uomo tutto
per conto suo, sempre in viaggio per lavoro, ma nonostante avesse
visto Sasuke solo rare volte, specie in quegli ultimi mesi, aveva
capito tutto. Di lui, di noi, di quello che gli toccava. Nonno Jiraya
sapeva quel che faceva invitandoci al mare? Sapeva a cosa sarebbe
andato incontro Sasuke in casa?
Era un tipo che poteva sembrare
banalotto, easy way lui come me, ma alla fine aveva visto tanta di
quella gente nella sua vita che aveva colmato il suo non spiccare per
acutezza e profondità con una vastissima conoscenza dei tipi e delle
relazioni umane e li sapeva riconoscere con l'istinto, guardandoli
vacuo. Da piccolo gli chiedevo come riuscisse a leggere tanto nelle
persone e lui, sorridendo e abbracciandomi, rispondeva ogni volta che
era solo perchè li amava tanto; quell'umanità idiota che non lo
voleva mai così eccentrico, che riusciva a comprendere tanto senza
parole.
Ecco, mi dovetti trattenere stringendo i pugni per non
sovrastarlo con il mio monologo confuso che
gustava di tutto ciò che vi ho appena detto,
a difesa di nonno, dell'idea, di me stesso che avevo messo me e lui
dentro all'idea, di tutto e tutti.
« Dillo apertamente se ti sto
scocciando eh. »
Track. Avevo sbagliato: sguardo non immobile su
di lui, vacuo. Lui riusciva sempre a capire se tu lo stavi guardando
per davvero o no semplicemente constatando la presenza o meno di una
vacuità
nell'occhio. Un altro talento che non riuscivo a far mio.
Ci
riprovai, un altro scrocchio di mani di Sasuke e ripartì il
monologo.
« La domenica la dobbiamo passare assieme ah ah ah. »
rise sprezzante, finto: Sasuke si stava incazzando, si mise seduto
sul bordo del divano così vicino che per pochissimo le nostre
ginocchia non si sfioravano. « C'è da pulir casa, la sua
casa, capisci. Non domani, non io come solito oggi, no! Quando vuole
lui che non ha mai pulito casa una singola volta la domenica e anzi
obbliga me a fare tutto durante la settimana e sempre quando non è
lui in casa così da non essere disturbato da rumori e fastidi. Che
caso voglia proprio domani» aggiunse con un tono secco che doveva
esser stato quello usto da Itachi.
Io odiavo quell'essere umano
con tutto me stesso, era lui che mi faceva piombare a casa ogni
sabato sera un Sasuke distrutto, alla fine quantunque Sasuke avesse
anche centomila obiettivi anche idioti per bere e dar di matto,
Itachi rimaneva sempre il fulcro di ogni nervoso, di ogni problema e
rabbia.
Tanta rabbia stavo provando, eppure mai quanta ne
provasse Sasuke, era spaventoso anche solo provare a
quantificarla.
Itachi ai tempi del liceo, alle prime vere
frequentazioni tra me e Sasuke, mi aveva fatto un'ottima impressione,
anche a pelle proprio, già vista! Bello, alto, magro, pulito, in
camicia, con gli occhiali...all'epoca continuavo a dirgli che
sembrava un professore, ma lui mi correggeva sempre, sorridendo, con
“quasi dottore”. Mi invitava a cena da loro, mangiavo bene, ci
lasciava vedere films o usciva con una ragazza. Insomma, tutto
bene.
All'epoca.
Poi non seppi più molto di lui per circa un
anno, l'anno in cui Itachi andò a fare l'ultimo semestre di studio
all'estero, e quando tornò lo trovai cambiato. Io e Sasuke avevamo
appena finito il liceo, nell'ultimo anno erano successe molte cose -
o poche, dipende da che punto la si guardi. Insomma, eravamo
cambiati. Sasuke però se ne accorse dopo di quel che vedevo io nel
loro rapporto, nel modo possessivo con cui Itachi ora
trattava Sasuke, fuori luogo, indecente nelle offese e nelle catene
che lo incastravano. Quando se ne accorse cominciarono i
casini.
Quando quei
buchi neri sul volto divennero ancora più magnetici capii che per
Sasuke era avvenuta la svolta.
Morale?
Mi sentivo in colpa. Avevo seminato io il seme della svolta! Avevo
innestato nel suo conscio la verità dietro al fratello ed erano
stati cazzi.
Sasuke mi diede un calcio nella caviglia, un male
cane ma non urlai né feci scenate, in altra occasione mi sarei
offeso a morte. “Cazzo fai? Guarda che ti sto ascoltando!” ma non
dissi ciò, sussurrai uno “scusa” per essermi perso nel mio
personale monologo mentale e lo invitai a continuare. Gli chiesi
rapido se volesse dell'acqua da bere (di solito, se non aveva bevuto
tanto, l'acqua aiutava a smaltire l'alcool prima, lo avrebbe fatto
star meglio l'indomani) mi disse di sì, stranamente, così corsi in
cucina a prendergli un bicchiere di acqua di rubinetto e glielo
porsi. Come bevve! Si era bagnato tutte le labbra e un po' il mento,
mi tentò quell'immagine: possibile dovessi eccitarmi in quella
situazione lì pure? Persino la lentezza con cui si passò le nocche
della mano sulle labbra per asciugarle mi tentò. Mi venne
letteralmente un po' duro.
« Davvero siamo a questi livelli?
Jesus, non ci credo. »
Sasuke stava indicando la cintura dei miei
pantaloni. Anzi no, più giù. Ero uno scemo, pensai che mi avrebbe
disintegrato seduta stante invece si mise a ridacchiare, a premere le
dita della mano sopra i jeans, nella rigonfiatura,
non aiutandomi affatto. Poi le tolse di colpo, tornò serio, le
scrocchiò.
« Da pulir casa, ma proprio da... are
you serious?
» commentai con la prima istintiva frase che mi venne in testa, il
solito instintivo e scemo intercalare, e Sasuke ripartì.
Il mio
cazzo rimase buono, probabilmente quella notte lo sarebbe rimasto di
filato. Quelli erano sabati sera in cui Sasuke voleva solo sfogarsi
verbalizzando (più o meno, non che fosse fiscale al riguardo -
chiedere al mio didietro).
Non so dire se fossero i migliori o i
peggiori, di certo ne uscivo sia più tranquillo che più triste: una
contraddizione assurda. Ma da un lato Sasuke si era sfogato, aveva
ricapito di non dover avere senso di colpa, si era tolto l'acido dal
corpo; dall'altro ci raccontavamo sempre quella. Ancora una volta un
male causato da suo fratello. Un'altra mezza fuga. Ormai erano non
più contabili le volte in cui ci eravamo detti, al tiepido lume
dell'abat-jour, quanto il comportamento di Itachi fosse deplorevole,
schifoso, matto. Ma ciò, visto che si continuava imperterriti a
citarlo in giudizio senza avere la possibilità di farlo condannare,
non aveva ancora portato ad alcun risultato.
Ed era triste,
triste, triste. Una delle cose più tristi al mondo, per me; assieme
al vomito di Sasuke, alla sua anima imprigionata in una esistenza
triste, alla rabbia che gli contorceva il corpo e spiritava gli
occhi, alla mia impotenza nei confronti del suo piovoso destino,
inutilità, a tutte le cose che ruotavano attorno a me e lui.
Insomma, alla fine avevo troppe cose tristi da conteggiare. Eppure di
me non lo si sarebbe detto, almeno non chi mi osservava per la prima
volta; ma anche chi mi conosceva da sempre sapeva di me solo la
faccia ottimista della medaglia, che ero quel ragazzo solare e
rompicazzo che sapeva girare il brutto in bello, che non si arrendeva
mai alle difficoltà della vita.
Una sottospecie di eroe, un
salva-vita, l'interruttore della luce. La salvezza, addirittura.
Dicevano di me che ero fatto per stare tra la gente per regalarle
sorrisi, anche se la gente mi aveva sempre voluto evitare in prima
battuta.
Eppure con Sasuke era tutta un'altra storia, stavo
perdendo ogni piccolo stimolo a vedere una via d'uscita per lui e
noi, era come se fossi scivolato nel petrolio e le mie presunte ali
fossero sciolte per l'acidità che si era formata nei barili. Non
vedevo che tonalità scure, non provavo che rabbia.
Avevo
seriamente paura di perdere anche l'ultimo anelito di ottimismo.
Sprofondare
senza mai toccare il fondo, entrare con tutto il corpo in un limbo
continuo.
Ecco,
mi ero perso di nuovo in me stesso; fortunatamente uscii da me in
tempo per captare le parole che stava dicendo Sasuke, per non farlo
spazientire.
« Ho dovuto prepararmi nel più religioso silenzio,
preparare le mie cose s'intende. Addirittura tirare l'acqua della
doccia per lavarmi, non ho potuto. Mi ha detto che in casa sua non si
usa l'acqua per quelle
cose,
che il divertimento mica è sempre ammesso. Ha ripetuto che sono una
sanguisuga, un parassita che succhia ogni sua energia forza libertà;
eppure sai bene che non gli chiedo nulla, che lui è sempre in giro a
fare quello che vuole mentre io devo stare ad aspettarlo in cucina
perchè lui esige la mia attenzione quando ne ha desiderio, che se io
cerco di fare la mia vita lui diventa violento e mi insulta senza
ragione. Quando gli ho risposto che erano tutte balle mi ha dato del
matto che risponde a tono, della coda di paglia., di quale arroganza
ho per permettermi di discurere la sua grandezza morale, che lui è
più intelligente e superiore eppure non me lo fa pesare eccetto
quando gli mostro la sua piccolezza. Morale? Ho detto che saremmo
partiti da casa tua all'alba così sono fuggito. Voleva trattenermi
con la forza ma non l'ha fatto solo perchè ha dovuto rispondere al
telefono per lavoro, così ho approfittato per sgattaiolare via.
Tutto qui. Le solite cose. »
Sasuke e quel fratello matto, pieno
di sé, arrogante da vomitare, vuoto.
Avrei voluto prendere la
macchina, piombare nell'appartamento al sesto piano dove abitavano e
fare ad Itachi una scenata che avrebbe ricordato in eterno. Riempirlo
di botte su quel viso così delicato, così dolorosamente simile a
quello del fratellino,
rivoltargli addosso le sue stesse parole, fargli capire quanto
fottuto in testa era, quanto sbagliava a non leggere le falle nei
suoi discorsi malati e illogici sostenuti soltanto dalle sue
convinzioni malate. Quante volte mi ero trattenuto in quell'ultimo
anno e mezzo.
Se avessi fatto così, sarebbe stata davvero la
fine. Rischiavo di perdere Sasuke per sempre. Un assassinio, un
suicidio o entrambe le cose si sarebbero appoggiate sulla mia
esistenza, indelebili. Non me lo potevo permettere.
Sasuke stava
sorridendo. Rimasi sulle prime incredulo, ma poi pensai all'effetto
dell'alcool, chissà dove aveva trovato da bere. Sorrideva appena,
scuotendo lentamente la testa. No, non si trattava solo dell'alcool:
era un sorriso convinto, acerbo, rassegnato.
Era
un sorriso di rassegnazione da far schifo.
Saltai
in piedi all'istante.
« Cosa stai facendo? » domandai brusco.
«
Eh? »
Alzò la testa di scatto, mi guardò stupito. Sparito era
il sorriso, menomalemenomale-
pensai e sentii la tensione che mi aveva contorto le budella pochi
secondi prima scemare, tutta d'un botto.
Che
mi combini Sas'ke?
«
Non farci caso, va bene? » sussurrai, muovendomi per tornare a
sedermi ma Sasuke mi bloccò per un polso. Una stretta forte, uno
sguardo duro.
« Che cazzo sarebbe tutto ciò? » sputò
sprezzante, stringendo ancor più, le unghie arpionate nella mia
carne.
Era diventato improvvisamente il Sasuke violento.
« Mi
ha pungolato una vespa! » esclamai evasivo ma con un sorrisetto di
quelli miei ironici, pensando vanamente di rabbonirlo.
« Guarda
che è tutto chiuso qui. Per di più sono le undici di sera, pure le
vespe sono a dormire. » e mi sferrò un pugno in piena faccia,
facendomi sputare sangue.
« Non mi prendere per il culo, non
provare a fare lo stronzo con me. » Mi rifilò un calcio alla bocca
dello stomaco lasciandomi il braccio, caddi a terra tossendo. Sputò
sul pavimento, a pochi centimetri dai miei occhi; mi guardò con
odio.
Odiava quando cercavo di trattarlo con sufficienza eppure
non aveva capito che ero solo preoccupato per lui tanto da non
poterglielo dire. Maledetto me quando pensai che sarebbe stata una
serata tranquilla, maledetto me! Lo avevo risvegliato da bravo
idiota, non ero capace di fare altro.
Si inginocchiò e mi
catturò i capelli, li usò per sbattermi a terra la faccia. Vedevo
sul tappeto il sangue misto a muco, capì subito da dove venisse. La
sbattè ancora due volte, allargando la macchia. Nonostante il dolore
e il duro stupore mi chiedevo come avrei potuto fare a spiegarla al
nonno, quale motivazione usare per non farlo arrivare subito alla
cruda verità.
Sasuke mi mollò per terra e camminò spedito fino
al televisore spegnendolo con un pugno. Una fottuta scena di un
fottuto noir. Io stetti immobile, terrorizzato. Lui raccolse
l'attizzatoio in ferro battuto dal caminetto che non usavamo mai
neanche nelle notti più fredde e se lo girò in mano. Lo levò in
alto e mi colpì sul retro della caviglia destra spingendomi
l'attrezzo con tutta la forza che il suo peso gli permetteva.
Urlai
fino a non avere più aria nei polmoni e lui lasciò la presa, il
rumore mettallico dell'attrezzo sul pavimento, e si piazzò le mani a
poco dagli occhi, come a cercare di comprendere perchè avessero
agito così. Sul suo volto non era comparso neanche un lontanissimo
rimorso, vi aleggiava solo confusione; eppure la sua rabbia non era
finita.
« Stronzo. »
Capii, vedendo le lacrime che salivano
agli occhi brucianti e permalose, che quello era un sabato notte in
cui avrei dormito da solo.
E vidi Sasuke uscire, la porta che fece
tremare i dipinti appesi.
N/A.
Itachi
è entrato in scena, avete avuto un'idea di che razza di persona
è/rappresenta per Sasuke, la causa originale, una delle cause, alla
distruzione psico-fisica di Sasuke. Un personaggio contorto, vero?
Inquietante, lo so. Sono curioso di sapere che ne pensate... capitolo
violento sul finale, non sarà una fanfic facile, lo avete intuito.
XD
Grazie di aver letto fin qui, ci sentiamo nelle recensioni, vi
aspetto lì con speranza. Un mega abbraccio!
Bidirezione