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Autore: Shaneesja    25/08/2008    0 recensioni
Quando mi svegliai, dopo chissà quanti giorni di incoscienza, non vidi altro che oscurità intorno a me, ma potei udire chiaramente il suono attutito di passi provenire da una camera attigua a quella che occupavo...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Quando mi svegliai, dopo chissà quanti giorni di incoscienza, non vidi altro che oscurità intorno a me, ma potei udire chiaramente il suono attutito di passi provenire da una camera attigua a quella che occupavo.
Dopo un attimo di smarrimento, dovuto al buio che mi avvolgeva, cercai di mettermi seduta al centro del letto, ma quando i miei muscoli si contrassero sentii una fitta lancinante al braccio sinistro, un dolore che mi fece urlare a gemere.
Così ricordai quella bestia e i suoi artigli affilati che strappavanola mia carne, il suo fiato caldo e putrescente penetrarmi le narici, gli occhi iniettati di sangue che mi fissavano. Poi un violento strattone che mi fece rotolare in terra, tra i fili d’erba umidi e odorosi. E poi ancora una figura alta, imponente, che si stagliava contro la bestia affamata e ringhiante, il vociare di decine di persone intorno a me, dei colpi di arma da fuoco ed un lungo, straziante ululato…poi più nulla.
Rimasi priva di sensi per qualche ora, credo, e quando rinvenni vidi il viso di quella figura misteriosa e imponente osservarmi a lungo, mentre qualcuno, presumibilmente un medico, suturava la mia ferita. Caddi nuovamente in uno stato di incoscienza tale da indurmi un sonno senza sogni. Così dormii, tranquilla, in un morbido giaciglio con fresche lenzuola di lino leggero. Urlai di dolore e rabbia, e le mie grida allarmarono qualcuno che si precipitò nella mia camera. Il rumore di passi non era più calmo e cadenzato, chi si avvicinava era piuttosto frettoloso.
La porta si aprì inondando la stanza di un chiarore caldo e piacevole, paragonabile alla luce di mille candele. Potei notare, quando la luce divenne più forte, la pregiata fattura della mobilia presente nella camera e le pesanti cortine di velluto rosso damascato che coprivano completamente la finestra e il letto a baldacchino sul quale giacevo ancora confusa.
Un uomo alto e robusto mi si avvicinò, disse di chiamarsi Juan e che sarebbe stato al mio servizio. Lessi nei suoi occhi una malcelata preoccupazione nei miei confronti, e nello stesso istante si informò sul mio stato di salute, guardando il braccio fasciato e ponendomi una mano sulla fronte.
Risposi che stavo bene, ma che il dolore al braccio mi impediva di muovermi. Sorridendomi disse che avrebbe portato una medicina per lenire il dolore, e aggiunse che avrei dovuto mangiare prima qualcosa, poiché come medicamento era molto forte e che sicuramente mi avrebbe ulteriormente debilitata se non mi fossi nutrita.
Acconsentii immediatamente. In effetti non mangiavo da chissà quanto ed ero molto affamata.
Juan continuò dicendo che il suo padrone sarebbe stato contento di vedermi quasi guarita e sveglia, e che mi avrebbe fatto visita entro breve tempo. Detto ciò si avvicinò alla finestra, scostò le tende ed aprì le imposte, lasciando che la frescura del tardo pomeriggio mi ristorasse.
Mi lasciò dicendo che sarebbe tornato con la cena, quindi chiuse la porta ed io restai sola con i miei pensieri, immaginando il viso del mio salvatore.
Con grande sforzo riuscii a sedermi sul letto, questa volta soffocando il dolore e le urla da esso provocate. Ero ancora debole, ma la vista del sole che moriva lentamente, colorando di un bel rosso arancio le poche nubi che si muovevano in una leggera danza nel cielo azzurro, mi fece sorridere e mi tranquillizzò. Ormai la sera stava calando.
Juan, come promesso, tornò dopo circa mezz’ora con un vassoio. Vedendomi seduta si rallegrò complimentandosi per la mia prontezza di spirito, poggiò il vassoio sulle mie gambe e tolse le campane che proteggevano i piatti con le pietanze.
Una bella bistecca appena scottata faceva bella mostra di sé su un piatto di porcellana fine, sul quale era dipinto in foglia d’oro una corona, ed accompagnati ad essa vi erano dei fagiolini verdi al vapore, vari tipi di formaggio, pane bianco dal profumo fragrante e due caraffe di cristallo con vino ed acqua.
Nello stesso istante in cui, meravigliata, osservavo la quantità di cibo offertami e la regalità di posate e bicchieri, entrò lui. Non so per quanto tempo lo fissai, ipnotizzata dal suo sguardo profondo e oscuro.
Al suo ingresso Juan chinò il capo rispettosamente e si affrettò a prendere una sedia per lui, sistemandola accanto al mio letto. Quindi, ad un suo gesto, il domestico si allontanò lasciandoci soli.
Mi osservò senza parlare mentre con fare elegante mi porse il tovagliolo. Lo presi temendo di rovinarlo e lui, quasi intuendo il mio pensiero, sorrise e parlò.
-“ Non temere non lo rovinerai…ed anche se dovesse accadere cosa importa? Ciò che conta adesso è che tu stia bene, ho grandi progetti in serbo per te.”
Così dicendo prese le posate dal vassoio e tagliò la bistecca in pezzi regolari, imboccandomi come fa un padre con una figlia ammalata.
Rimasi a guardarlo, lasciando che si prendesse cura di me. La sua figura era regale, il viso fiero dai lineamenti marcati ma al tempo stesso affascinanti era di un pallore ipnotizzante, la sua pelle candida e perfetta, senza la minima traccia di barba, emanava una strana luce opalescente.
Gli occhi, di un castano caldo e rassicurante, erano striati da venature ambrate, perfettamente simmetriche, quasi come se un pittore le avesse dipinte magistralmente….e i capelli…neri, lucenti come la più pregiata delle sete, ricadevano morbidamente ben oltre la linea delle spalle squadrate ed ampie. Le mani, grandi e forti, rivelavano unghie ben curate e lunghe, quasi femminili…era nell’insieme un uomo estremamente affascinante, dal portamento sicuro come quello di un principe, eppure la sua bellezza aveva qualcosa di inquietante…incuteva timore.
Per tutta la durata della cena non parlammo, e lui seguitò ad imboccarmi premurosamente. Mi nutrii a sazietà, lasciando ben poco della cena che Juan aveva preparato per me. Notando la mia soddisfazione la sua bocca si allargo in un sorriso compiaciuto, che rivelò una fila di denti senza difetto, di un bianco brillante.
Sorrisi anch’io per un istante, poi sollevai il braccio destro al fine di prendere la boccetta contenente la medicina. Fermò dolcemente la mia mano, con un solo gesto della sua, e di nuovo mi parlò.
-“ Non affaticarti…preparerò io la medicina, tu pensa solo a riposare e guarire in fretta.”
Annuii lievemente, mentre lui già prendeva la piccola ampolla versando qualche goccia di liquido trasparente in un calice di cristallo. Subito dopo verso’ dalla caraffa un po’ d’acqua e fece roteare la soluzione all’interno del calice in modo da mescolarla bene, quindi mi porse gentilmente il bicchiere. Indugiai qualche secondo, poi bevvi facendo una smorfia di disgusto.
-“ E’ amaro come il veleno” dissi disgustata dal sapore acre della medicina.
-“ Lo so” rispose con una lieve rassegnazione negli occhi “ma ti farà stare bene entro quindici minuti….Presto assaggerai qualcosa di sublime, di cui non potrai più fare a meno….ma sei ancora troppo debole per farlo.”
Pensai che stesse parlando di una bevanda forse troppo alcolica, quindi non feci domande e mi limitai a sorridergli. Mi guardò ancora sorridendomi, poi si alzò prendendo il vassoio dalle mie gambe e poggiandolo su uno scrittoio.
-“Adesso riposa…io andrò a curare i miei interessi e non sarò a palazzo quasi per tutta la notte. Juan sarà sempre qui, pronto a soddisfare tutte le tue richieste, non esitare a chiamarlo, anche nel cuore della notte.”
-“Certamente signore…lo farò….” Dissi leggermente imbarazzata.
Si voltò per andare via, rivolgendomi uno sguardo amorevole.
-“Signore…voi siete un nobile vero? I vostri modi sono…” Mi interruppe prima che potessi finire la frase.
-“Per te ora io sono Domingo….il resto lo saprai quando verrà il tempo di sapere… ora riposa.”
Annuii e mi sistemai nel letto, mentre lui usciva dalla mia camera senza fare rumore. Mi addormentai quasi subito, il medicamento che Juan aveva preso per me mi fece stare davvero meglio, donandomi un piacevole senso di tranquillità, accompagnato da una sonnolenza piacevole e dolce.
Quella notte sognai una grande massa scura, un’ombra, che si avvicinava a me inglobandomi in essa. Ricordo che il panico e il senso di impotenza erano così forti, e le sensazioni che il sogno mi dava erano così vive che mi svegliai madida di sudore, alle prime luci dell’alba. Non riuscendo a prendere sonno decisi di provare ad alzarmi, e con mia sorpresa riuscii a camminare praticamente da subito, nonostante la mia debolezza.
Facendo attenzione a non fare rumore, uscii dalla camera e perlustrai il palazzo, sebbene la poca luce del mattino non mi permettesse di vedere bene. Notai fin da subito che il resto della villa era riccamente arredato, come del resto era la mia camera. Entrai senza esitazioni in un grande salone, guardandomi intorno e cercando di captare quanti più particolari potevo.
La camera era molto vasta, arredata con gusto anche se l’arredamento faceva pensare ad una casa di nobili d’altri tempi. Pensai che doveva essere appartenuta agli avi del mio salvatore, quindi non mi posi alcuna domanda. Candelabri d’argento e soprammobili pregiatissimi facevano bella mostra su mobili riccamente intarsiati, un lungo tavolo posto al centro mi fece credere che fosse una sala da pranzo, come in effetti era. E poi c’era un camino che portava, sulla cornice, lo stesso stemma che avevo notato sui piatti in porcellana la sera precedente.
Mi convinsi che doveva essere senz’altro un principe o comunque qualcuno che contava, ma ricordando le sue parole non mi proposi di chiedergli altro sulla sua casata. Visitai altre stanze del palazzo, e in tutte vidi la magnificenza e la ricchezza che avevano contraddistinto le camere viste in precedenza, ma un particolare non indifferente sollevò la mia curiosità: in nessuna delle stanze che vidi erano presenti specchi. Domingo non doveva essere particolarmente vanitoso, anzi non lo era affatto vista la totale assenza di superfici riflettenti, eppure il suo aspetto curato e perfetto mal si accostava a quella mancanza.
Riflettei a lungo sulla cosa, ma non dandomi nessuna risposta plausibile lasciai perdere e continuai la mia perlustrazione, sempre muovendomi in silenzio. Arrivata ad una porta posta in fondo ad un corridoio mi fermai, come se una forza sovrannaturale mi imponesse di non procedere oltre. La ignorai, come avevo ignorato molte cose in passato, e la aprii, notando una scala che scendeva nei sotterranei. Il barlume di una lampada illuminava la fine della scala, quindi pensai che laggiù doveva esserci qualcuno convincendomi del fatto che poteva essere Juan o qualcuno della servitù.
Incoraggiata da questo presi a scendere i primi gradini, ma una mano mi fermò tenendomi saldamente per una spalla. Voltandomi vidi Juan che mi guardava quasi terrorizzato, il suo volto era una maschera di stupore e disapprovazione, e non riuscivo a capirne il perché. Stavo per chiedergli spiegazioni, quando prese a parlare, controllando malamente le sue emozioni.
-“ Mia signora, a nessuno è permesso scendere nei sotterranei, a nessuno, fatta eccezione per me…non è consigliabile farlo……” Si interruppe e mi fece cenno di seguirlo.
-“ Perché?” chiesi tranquillamente “perché non posso andare a vedere cosa c’è la sotto?” Juan mi guardò sgranando gli occhi.
-“ Non è permesso, e non posso darvi nessuna spiegazione in merito. Vi prego di non pormi domande mia signora.”
-“ Non chiamarmi mia signora, io sono solo Max.” Detto questo lo seguii, promettendomi di tornare nei sotterranei non appena Juan fosse stato lontano dalla mia portata.
Feci un’abbondante colazione nelle cucine del palazzo, e conobbi gli altri domestici: la cuoca Erminia e il suo aiuto, un ragazzetto di sedici anni dagli occhi vispi di nome Fernando, Miguel l’autista e le due cameriere, Linda e Consuelo.
Tutti mi guardavano con sospetto, benché fossero educati nei miei confronti, e quando Juan disse a Consuelo di prepararmi il necessario per il bagno questa lo guardò spaventata. Juan la guardò duramente, quindi lei si limitò ad annuire ed a farmi cenno di seguirla al piano superiore. Arrivate nella camera da bagno mi guardai intorno come avevo fatto nelle altre camere, ed anche qui notai l’assenza di specchi. Facendomi coraggio chiesi a Consuelo il perché.
-“ Consuelo, dimmi…in tutto il palazzo non ho visto specchi…perché?” La ragazza mi guardò tremante, poi si fece il segno della croce sbiancando in volto.
-“ Gli specchi…non ce ne sono mai stati in questa casa, mia signora. Presto servizio da quasi otto anni e non ne ho mai visto uno.” La guardai corrugando la fronte.
-“ E come farò a sistemarmi i capelli? Me ne serve uno…tu ne hai?” La ragazza annuì dicendo che lo avrebbe preso subito, dalla sua camera, quindi sparì lasciandomi sola. Dopo qualche minuto tornò con lo specchio e me lo porse, e si apprestò a prepararmi l’acqua per il bagno.
Guardai la mia immagine riflessa, ero piuttosto pallida in viso, gli occhi cerchiati di nero per la debolezza rendevano il mio sguardo inquietante. Forse per questo Consuelo mi guardava in quel modo strano mentre mi specchiavo. Che fosse preoccupata per me? Quando ebbe finito di preparare il bagno la lasciai libera di andare, dicendole che le avrei restituito lo specchio al più presto. La giovane chinò il capo e si avviò alla porta, sempre con la stessa espressione tesa in volto.
Nonostante fossero tutti piuttosto diffidenti, i loro modi di fare con me non furono mai scortesi, anzi mi trattavano con riguardo, evidentemente istruiti da Juan sotto consiglio di Domingo. Il mio soggiorno nella tenuta Gutierrez - questo il cognome di Domingo - era tutto sommato piacevole, avevo a mia disposizione tutto ciò che volevo, tranne quella stanza che dava nei sotterranei, e la cosa non mi piaceva affatto. L’avere limitazioni era uno dei motivi per cui mi ero allontanata dalla mia famiglia, e rivivere la cosa mi dava un senso di disagio che comunque non feci mai notare.
Ovviamente mi guardai dal riferire al mio futuro Sire l’accaduto, cercando di non fargli capire che la mia intenzione era quella di voler scendere a tutti i costi là sotto…
  
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