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Autore: Hoshimi_    04/07/2014    3 recensioni
Ian si è iscritto a West Point, campus nel quale sogna di allenarsi sin da bambino per poi andare a combattere nell'esercito. Paura e ansia lo accompagnano in questo luogo fino a quando un ragazzo -Mickey Milkovich- non si offre di aiutarlo ad ambientarsi, sebbene in maniera sarcastica e disinteressata. Un ragazzo solo all'apparenza sicuro di sè, che cercherà una modo per essere salvato in Ian.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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All'alba Ian fu svegliato dal suono acuto ed intermittente di una sirena. Balzò immediatamente su dal letto e si mise la divisa in fretta.
''Che cazzo stai facendo?''
A quanto pareva anche il suo vicino si era svegliato, ma non sembrava disposto a muoversi di un millimetro dalla sua posizione.
''Non voglio fare tardi. E non dovresti neanche tu.''
''Che cazzo me ne frega''
Evidentemente i motivi per cui era lì non lo convincevano tanto quanto quelli di Ian.
''Hai idea di cosa cazzo sia previsto per oggi?''
Ian non capì se la sua domanda era seria o lo stesse solo prendendo in giro, nel dubbio abbassò il capo, gli occhi a terra.
''No.'' 
''Beh andiamo a scoprirlo.''
Si alzò dalla branda senza cambiarsi, vestito solo con canottiera e tuta; Ian rimase interdetto per qualche istante e poi lo seguì.
Dopo una serie infinita di corridoi e scale uscirono dall'edificio: poco dopo il ragazzo si fermò:''Fumi?''
''Certo.''
Gli passò una sigaretta e si appoggiò al muro:
''Allora Gallagher, che cazzo ci fai in questo posto?''
Ian si prese un lungo momento per rispondere, approfittando della pausa che gli concedeva la sigaretta tra sue labbra; decise di ignorare la domanda ponendone una a sua volta:
''Cosa ti sei fatto alle mani?''
Non aveva potuto fare a meno di notare dei segni pallidi su ciascun dito della lunghezza di una falange: ad una prima occhiata gli erano sembrate cicatrici.
Il ragazzo reagì alle sue parole con una risata:
''Queste?
Diciamo che sono il prezzo da pagare per entrare qui''
Guardò Ian di sottecchi cercando nei suoi occhi una traccia che rivelasse le sue paure, ma lui non ne mostrò.
''Ora dammi tu una cazzo di risposta''
''Diciamo che è il prezzo da pagare per dimostrare che valgo qualcosa''
In quel momento un ragazzo in divisa uscì dalla porta passando loro davanti, trapassandoli con una veloce occhiata che lo costrinse a fermarsi poco dopo
''Mickey che ci fai qui? Dovresti essere nella palestra''
Ian si sentì ferito per non essere stato minimamente considerato, anche se grazie a quella domanda ora conosceva il nome del suo compagno di stanza; aveva la strana impressione che se gliel'avesse chiesto lui gli avrebbe mentito.
''Fottiti Joe'' 
Il ragazzo fece un passo avanti, trovandosi faccia a faccia con Mickey:
''Sai che questa volta non ti sarà data una seconda possibilità, fratellino''
Mickey lo fissava diritto negli occhi con un'espressione di disgusto e malcelato odio nei confronti dell'altro.
''Levati.''
Gli diede una spinta e se ne andò velocemente.
''Aspetta''
Ian lo raggiunse in poche falcate.
''Dovremmo essere nella palestra già da cinque minuti''
Mickey non diede segno di averlo sentito, continuò a camminare verso un edificio lungo e grigio costruito da poco
''Gallagher non rompere''
Ad Ian non parve il momento più adatto per mettersi a discutere.
Una piccola folla si era radunata sulle porte, i nuovi allievi, e si accalcava per entrare: una giovane donna assegnava ad ognuno una tuta militare e poi lo lasciava passare. Ian si mise in fila aspettando il suo turno, ma Mickey non sembrava disposto a perdere il suo tempo in quel modo: si fece avanti a spintoni tra gli altri ed entrò fregandosene della ragazza che gli porgeva gli indumenti.
Ian si diresse allo spogliatoio: una nuvola di vapore proveniente dalle docce lo investì non appena aprì la porta; all'interno era pieno di uomini dai fisici scolpiti ed addominali perfetti. Questa volta non si sentì affatto inadatto o imbarazzato: aveva passato gli ultimi due anni ad allenarsi, temprando corpo e mente; riusciva a fare 100 flessioni con un chilometro in 4 minuti e colpiva un bottone da 100 metri con un fucile. 
Sentiva l'adrenalina scorrergli nelle vene, era ansioso di dar prova delle sue capacità, di correre fino a sentire i polpacci dolere e magari di doppiare un paio il suo compagno di stanza, al quale piaceva tanto credersi superiore.
Si diresse con un sorriso provocato da questi pensieri verso la grande palestra illuminata dal sole nascente dell'alba.

                                     ***

La luce fioca inondava la palestra da sei grandi vetrate poste al di sopra delle gradinate che circondavano il pavimento in par    quet; il coach teneva in mano un cronometro e con il fischietto richiamava all'ordine eventuali perditempo che si mettevano a chiacchierare o non stavano al passo. Ian si mise dietro ad un gruppo che si apprestava a scendere in pista, cercando al contempo di individuare Mickey.
Non fu difficile trovarlo: era il primo della fila. La sua espressione non tradiva affatto la stanchezza dovuta allo sforzo, ma anzi non sembrava essere intenzionato a cedere il passo ad alcuno. Ian iniziò a correre. Si meravigliò di come ad ogni falcata le braccia muscolose di Mickey si muovessero in armonia con il corpo, accompagnando le gambe in un gesto naturale. Ian accelerò. Gli altri erano troppo distratti o insonnoliti per dare peso al ragazzino nuovo che li superava fino ad arrivare ad una spanna da quello che stava in testa.
Ian provò un brivido intenso e inaspettato quando lo raggiunse. Mickey non dovette nemmeno girarsi a controllare chi avesse di fianco. Un piccolo sorriso spuntò sul suo volto, mentre mordicchiandosi il labbro inferiore con i denti aumentò la velocità di corsa. Ma Ian non lo mollava, seppure incapace di superarlo. Stava per parlargli quando il coach fischiò e richiamò i ragazzi all'ordine.
'' Milkovich. Ci hai stranamente degnati della tua presenza questo semestre?''
'' Persino saltare le lezioni stava iniziando ad annoiarmi. E poi se non ci fossi io chi batterebbe i nuovi arrivati?''
'' Sembra che i nuovi arrivati fossero sul punto di superarti ma abbiano deciso di trattenersi. Non e' vero signor...?'' Il coach guardò palesemente Ian negli occhi, con un'espressione di compiacimento sul volto. '' Il suo nome?'' Ian si mise dritto e a testa alta pronunciò:
''Gallagher'' '' Bene. Gallagher. In coppia con Milkovich: 100 flessioni. 50 dorsali. 50 addominali. Chi finisce per primo potrà fare a meno di ripetere l'esercizio per il resto della giornata.''
Divise in questo modo tutti i presenti e dopo che ognuno si fu posizionato in un angolo del campo con a fianco il compagno stabilito, diede il fischio d'inizio.
''Allora Gallagher. Volevi sapere dei segni no?''
 ''Sì.'' Giochiamocela allora. Vinci e ti dirò cosa mi sono fatto. '' E se vinci tu?'' '' Mi farò venire in mente qualcosa.''
Ian era consapevole di poterlo battere senza problemi. Finì le 100 flessioni in poco tempo; però nella sua mente continuava a chiedersi cosa mai gli avrebbe potuto chiedere Mickey in caso della propria sconfitta. Per un attimo lo sfiorò l'idea di perdere di proposito...
Iniziò i dorsali, mentre l'avversario era ancora indietro. Successivamente gli addominali.
Finì.
Ian ebbe come l'impressione che Mickey non avesse dato il massimo in quella gara, seppure la posta in gioco fosse alta.
''Complimenti Gallagher, ottimo tempo. Milkovich, credo avrai tutto il tempo di migliorarti nelle cinque ore che ti aspettano.''
Il coach li lasciò e si diresse verso altri ragazzi.
Ian si sedette e reclinò la testa, sudato per la fatica dell'esercizio.
''Allora?''
''Non ci sei ancora arrivato?''
Ian attese la risposta in silenzio e ad occhi chiusi, mentre il suo respiro tornava regolare, al contrario dei battiti del suo cuore.
''Tatuaggi, Gallagher.''

                                                                                                             ***
Il resto della giornata passò velocemente per Ian, che potè sfruttare la classe pomeridiana di matematica per pensare alle parole di Mickey. Quei pallidi segni sulle sue dita erano dunque tatuaggi.
Conosceva bene la politica del centro di addestramento, così come quella dell'esercito: niente tatuaggi, se non in parti non visibili del corpo. Ian sognava di entrare a West Point da quando aveva 10 anni e mai avrebbe fatto un'azione che avrebbe potuto impedirglielo. Mickey, al contrario, sembrava ben disposto a trasgredire le regole, anche se questo poteva condurlo ad un'espulsione.
Avendo rivelato quel piccolo dettaglio, era come se avesse voluto condividere una piccola parte di sé, di vita con lui; come se avesse cercato di dirgli qualcosa che andava oltre quella confessione.
Ian ci aveva riflettuto parecchio sopra eppure ancora non capiva perchè tra i tanti cadetti la scelta fosse ricaduta proprio su di lui: Mickey era il classico ragazzo popolare per le sue bravate, quello che prende a botte le matricole per il puro piacere di farlo o per il potere che ne poteva derivare. Pareva che anche gli altri se ne fossero resi conto: spesso lo attorniavano, desiderosi di attenzione o gloria, seppure sempre respinti. Mickey non sembrava desideroso di un pubblico :'' Mi sembra di avere sempre una folla attaccata al culo, cazzo.'' Aveva detto un giorno a pranzo. Non c'erano certo dubbi che al suo passaggio calasse il silenzio, sostituito poi da bisbigli e occhiate di sbieco.
Come potesse conoscere tutto il personale, continuava a rimanere un mistero; seppur Ian si riservasse una domanda al riguardo nei i futuri allenamenti in palestra.

                                                                                                                   ***

Quella sera Ian tornò in camera presto e si distese sul letto, deciso a dedicarsi al libro che sua sorella Debbie gli aveva regalato prima che partisse. Non era neanche arrivato alla terza pagina, che Mickey entrò nel camerone, esibendo con aria noncurante una lattina di birra e una bottiglia di Jack Daniel's.
''Ma sei matto? Non ci è permesso bere.'' '' Oh andiamo Gallagher, cosa sei una femminuccia?'' '' Sono uno che non vuole essere espulso alla sua prima settimana.'' '' Non è poi così male essere espulsi...'' Aggiunse con un sorriso sarcastico; a queste parole Ian si fece più attento, domandandosi se stesse dicendo sul serio.'' Senti. Le regole dicono di non bere all'interno del campus. Possiamo uscire.''
'' Scherzi.'' ''Dai. Neanche se ne accorgeranno. Puoi sempre rimanere qui a.. Cosa stavi facendo?'' Buttò un'occhiata interrogativa al libro che teneva in mano. ''Niente.''
Gettò un ultimo sguardo al letto. Si sarebbe cacciato in un guaio. Lo sapeva. 
Si alzò, sorpreso dalla scarica di adrenalina che stava percorrendo il suo corpo, e prese dalle mani di Mickey la bottiglia di Jack Daniel's. Se la girò tra le mani e disse:'' Allora dove andiamo?''
Mickey sorrise e corse fuori '' Stammi dietro se sei capace.''
Uscirono in fretta dall'edificio e si diressero verso il bosco che delimitava l'area intorno ad esso, così da avere ancora vicine le luci delle stanze. In lontananza si sentivano delle risate, provenienti probabilmente da qualche sala dove i loro compagni stavano distraendosi  o discutendo. Si sedettero tra gli alberi, non distanti dalla luce di un lampione e si misero a bere.
Ian non era molto tollerante all'alcool e si era ubriacato poche volte sino ad allora, non volendo indebolire il suo fisico; ma non lo avrebbe certo ammesso di fronte a Mickey, che -ci scommetteva -aveva molta più esperienza di lui in quel campo. Così si portò alle labbra la bottiglia di Jack Daniel's e bevette un lungo sorso che gli mandò in fiamme bocca e gola. Quando si girò vide che Mickey lo stava guardando con aria divertita '' Prima volta eh?'' Non rispose. 
''Dà qua.'' Gli prese di mano la bottiglia e buttò giù una lunga sorsata.
Chiacchierarono per un po', passandosi la bottiglia e  finendo le sei lattine di birra che Mickey era riuscita a rimediare chissà dove.
Poi Ian disse: ''Mi hai lasciato vincere oggi.'' Non c'era ombra di dubbio sulla sua affermazione, eppure il suo tono di voce pretendeva una spiegazione.
''Ma che cazzo?'' '' Non ci hai neanche provato.''
Silenzio.
''Fanculo Gallagher. Passamela.''
Ian aveva in mano la bottiglia di Jack Daniel's, perciò Mickey dovette allungare la mano per averla, ma lui la tenne stretta.
''Perchè?'' Non avrebbe ceduto tanto facilmente.
Mickey gli si scagliò addosso e lo atterrò.
''Dammela Gallagher.''
Ian credette di aver una presa salda sulla bottiglia fino a quando non la sentì scivolare dalle sue mani e cadere; il liquido ambrato sparso sul suolo.
Ian scoppiò a ridere. Non sapeva il perchè ma quella situazione lo stava divertendo molto.
''Smettila di ridere o ci farai beccare.'' Il tono di voce di Mickey tradiva il sorriso sul suo volto, coperto dall'ombra della notte. Ian cercò di raddrizzarsi ottenendo come unico risultato una caduta che sembrò aumentare la sua felicità.
''Alzati.'' Gli porse una mano.
La afferrò ma ricevette una spinta con troppa forza e si ritrovò con la faccia a pochi centimetri da quella dell'altro ragazzo.
Silenzio.
Le risate in lontananza sembravano essere svanite, così come le luci. Come il mondo di West Point.
Ian sentiva il proprio respiro mescolarsi a quello di Mickey, i loro odori confondersi.
Il suo odore gli faceva girare la testa.
Chiuse gli occhi e respirò l'aria fredda che li circondava.
La mano di Mickey era ancora stretta alla sua.
Lo sentì armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni militari.
Continuò a tenere gli occhi chiusi anche quando sentì i pantaloni scendere e la mano abbandonata lungo il fianco.
La diresse di fronte a sé, all'altezza degli addominali, dove sapeva avrebbe trovato la testa di Mickey. Gli strinse forte i capelli, mentre gli calava lentamente le mutande.
Poi il buio.
  
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