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Autore: Anaslover    04/07/2014    3 recensioni
Due ragazze, Sierra e Isabelle, e quattro ragazzi, Michael, Ashton, Calum e Luke, si trovano ad affrontare l'esperienza più incredibile della loro vita. E tra litigi, amori, pianti e sentimenti travolgenti dovranno far fronte ai problemi che li metteranno alla prova.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Buongiorno mamma! Ti ho detto che abbiamo dovuto cambiare hotel per il lavoro? Ieri abbiamo passato l'intera giornata a riprendere le nostre cose e oggi dobbiamo disfare le valigie qui. Ci sentiamo più tardi."

Il giorno dopo sistemammo le nostre cose nelle camere.
Mi svegliai e lanciai uno sguardo ad Isabelle, che ancora dormiva. Mandai il solito messaggio mattutino a mia madre ed andai in bagno per cercare di sistemarmi. Tirai su i miei capelli in uno chignon disordinato ed entrai nella doccia.
L'acqua sul mio corpo sembrava portare via ogni tipo di preoccupazione. Gli avvenimenti del giorno precedente mi avevano risollevato notevolmente. Ma mi sentivo ancora tremendamente in colpa perché stavo mentendo a mia madre. Non le avevo mai detto una bugia e, se forse lo avevo fatto, era stata insignificante e a fin di bene, tanto da non riuscire a ricordarlo. 
Le avevo detto che avevamo pagato tutto prima di partire, che avremmo mangiato e dormito in un albergo, non in una macchina che cadeva a pezzi. E ora le avevo detto che avevamo cambiato hotel, ma quello dove eravamo, per quanto potessimo apprezzarlo, era tutt'altro che un hotel.
Mi resi conto di essere sotto la doccia da molto tempo, come mia abitudine, e ne uscii. Avvolsi l'asciugamano intorno al mio corpo e tornai nella stanza da letto.
"Oh mio Dio! - sobbalzai - Luke! Che cavolo ci fai qui?" dissi a voce alta per lo spavento.
Lui, dal canto suo, rimase colpito per il mio tono.
"Scusa... Non volevo spaventarti."
Entrambi ci rendemmo conto del piccolo pezzo di stoffa che avvolgeva il mio corpo e, mentre io cercavo di coprirmi il più possibile, Luke si girò di scatto.
"Davvero, scusa."
Raccolsi freneticamente qualche indumento a caso dalla valigia aperta sul pavimento, accanto all'armadio, e tornai immediatamente in bagno.
Mi infilai un paio di pantaloncini e un top, per poi mettere una camicia sulle spalle.
Una volta aperta la porta lo trovai esattamente come era prima, di spalle.
"Puoi girarti." lo informai con tono neutro.
Mi sedetti dal mio lato del letto, dandogli io le spalle e infilai le scarpe.
"Dovresti indossare un asciugamano meno striminzito." disse con un ghigno divertito sul volto. Questo mi infastidì molto.
"Dovresti bussare prima di entrare in camera mia!" risposi brusca.
"Ho bussato! - si difese - Ma eri sotto la doccia e non hai risposto."
"Allora non saresti dovuto entrare!" mi girai per guardarlo negli occhi.
"Senti, non sono venuto perché ne avevo voglia, semplicemente mi sono svegliato trovando un biglietto che diceva di passare a chiamarti e scendere." il suo tono era duro, come sempre, come se mi stesse rimproverando.
Sentii bussare alla porta e lo superai per aprire.
Cindy si parò davanti a me con un grande sorriso.
"Buongiorno Sierra! - mi salutò con un grande sorriso - Oh Luke, sei qui. Stavo per chiamare anche te. So che avreste dovuto iniziare domani sera, ma sono arrivate delle forniture per il locale e serve una mano per sistemarle." spiegò.
Raccolsi il mio telefono tra le coperte del letto ancora disfatte e uscii dalla porta, chiudendola a chiave.
"Non preoccupatevi - si girò mentre scendevamo le scale - ho convinto mio padre a non farvi lavorare domani, così potete venire a fare un giro con me e le mie amiche se vi va."

Dopo tre ore che scaricavamo scatoloni, montavamo tavoli e sedie eravamo sfiniti.
"Non ci avevano detto che avremmo dovuto sgobbare così." si lamentò Luke, mentre spostavamo un tavolo contro il muro.
"Siamo arrivati al momento sbagliato." sorrise Michael, cercando di allentare la tensione.
"Non sto scherzando Michael, non ci pagano abbastanza."
"Ci danno una sciocchezza in realtà." precisai.
"Dovremmo essere grati di aver trovato almeno questo."
Lo guardai alzando le sopracciglia. In fin dei conti aveva ragione e ne ero consapevole. Inoltre speravo fosse una cosa occasionale.
"Beh, non so te, ma io non sono qui per farmi sfruttare così. Pensavo di dover suonare."
Detto questo si girò e uscì dal locale sotto gli occhi di tutti.
Io e Michael ci scambiammo uno sguardo interrogativo. Scossi la testa in segno di dissenso per il suo comportamento.
Ad ogni modo uscii per parlare con lui. Aveva sempre avuto l'abitudine di tagliare corto nelle conversazioni in cui qualcuno lo contraddiceva. Ed era un po' quello che facevo io.
Lo seguii all'esterno del locale, lontano dallo sguardo di tutti gli altri.
"Non ti sembra di esagerare?" domandai retoricamente.
Non mi rispose; si limitò a girare l'angolo, continuando a darmi le spalle.
"Sto parlando con te." dissi, picchiettando sulla sua spalla.
Quando capii che non mi avrebbe risposto mi rassegnai, incrociando le braccia e andandogli dietro. Non sapevo perché lo facevo. Perché ogni volta capitolavo e mi ritrovavo a seguirlo in silenzio. Questo non succedeva con nessun altro.
Si fermò in quella che sembrava la baracca di un meccanico, a pochi minuti di distanza dal punto di partenza. C'erano macchine sporche, rotte, qualcuna forse che si poteva ancora recuperare, qualcun'altra irrimediabilmente incidentata.
Andò verso il grande ingresso del capannone ma non seppi bene perché, avevamo una macchina e non potevamo certo permettercene un'altra.
Ne uscì poco dopo, trainando una moto.
"Che devi farci con quella?"
"L'ho noleggiata."
Avrei voluto congratularmi con lui per essere riuscito a riacquistare la parola, ma la mia reazione fu di tutt'altro tipo. 
"Sei impazzito? Non abbiamo soldi neanche per comprarci da mangiare e tu noleggi una moto?"
"Rilassati, l'ho pagata solo 30$." commentò con nonchalance.
La mia perplessità doveva essere evidente perché mi rivolse uno sguardo interrogativo dopo essere salito sul catorcio ed essersi infilato il casco.
"E tu ti fidi ad andare in giro su una cosa da 30$?" chiesi, indicando il veicolo.
Tutto ciò che ricevetti in risposta fu un sospiro esasperato.
"Sali o no?" domandò porgendomi un altro casco.
"Assolutamente no!"
Un ghigno divertito si formò sul suo viso, accompagnato da un "Lo sapevo."
Lo guardai stranita, puntando i miei occhi nei suoi. Quegli stessi occhi che avevano una miriade di effetti diversi su di me. Mi intimidivano, mi congelavano, oppure, come in quel caso, mi sfidavano.
Afferrai il casco dalla sua mano, ancora sospesa a mezz'aria, e salii dietro di lui, allacciando le braccia intorno al suo busto. 
Lo sentii mormorare qualcosa di indistinto prima di dare gas e partire e solo in quel momento mi resi conto che gli avevo permesso di avere la meglio su di me ancora una volta.


Accostò al lato della strada, nonostante non passasse nessuno in quella via deserta, e si fermò. Mi tolsi il casco e scesi dalla moto, cercando di distinguere qualcosa intorno a me, ma tutto ciò che vedevo era una strada che non finiva mai e nulla intorno.
"Hai una cartina?"
Controllai nella tasca posteriore dei miei pantaloni ma non trovai nulla. Scossi la testa, voltandomi dall'altro lato. Ce la stavo mettendo tutta per non urlargli contro.
"C'era un paesino a una ventina di minuti da qui, torniamo indietro."
Tornai dietro di lui senza replicare e aspettai di vedere man mano qualche casetta che appariva ai lati della strada. 
Scendemmo accanto a quella che ci sembrava una piccola locanda. Luke provò ad entrare per chiedere qualche informazione ma la porta era chiusa.
Mi lasciai cadere sugli scalini esterni con un rumoroso lamento.
"Perché cavolo sono venuta con te? Non fai altro che causarmi problemi Luke."
Si era seduto accanto a me e fissava un punto indistinto davanti a lui. Mi ritrovai a chiedermi se avesse intenzione di smettere di parlare di nuovo. C'erano moltissime cose che avrebbe potuto dire, si sarebbe potuto scusare, avrebbe potuto controbattere, ma non faceva nulla.
"Sono stanca di te."
Mi alzai alla ricerca di qualcosa, anche se non sapevo bene cosa. Forse una persona, un edificio che sembrava avere qualcuno al suo interno. Lui si alzò a sua volta, seguendomi, e mi resi conto che almeno in quelle circostanze la situazione si era ribaltata.
In meno di un'ora avevo girato quel paesino in lungo e in largo, più di una volta, e avevo visto il sole calare.
"Hai intenzione di continuare a camminare a lungo?" domandò Luke retoricamente.
"Senti, non mi seguire, ok? Non voglio vedere la tua faccia."
Detto ciò, mi allontanai senza neanche dargli la possibilità di ribattere.
Girai l'angolo nella penombra cercando di distinguere anche solo una persona. 
Ancora una volta il mio tentativo fallì e dopo meno di mezz'ora mi ritrovai al punto di partenza. Sulla strada che stavo percorrendo vidi tre persone discutere animatamente. Quando vidi una di quelle figure sferrare un pugno nello stomaco ad un altro decisi che sarebbe stato meglio cambiare strada. Ad ogni modo una di quelle figure, più precisamente quella che in quel momento stava ricevendo un calcio, mi sembrava familiare. Ci misi un attimo a ricollegare e in men che non si dica ero protratta sul corpo di Luke.
"Sierra - si fermò per un colpo di tosse - vattene." mi intimò con voce flebile ma ferma. Era un ordine, che io ignorai.
Cercai di rimetterlo in piedi prima che uno di quei due uomini riuscisse in quella che era la mia impresa, portandolo poi con la schiena al muro. Mi precipitai su Luke, aggrappandomi al suo busto nel tentativo di costituire in qualche modo uno scudo.
Una risata roca provenne dalla mie spalle prima che il mio peso fu sollevato e mi ritrovai anche io con la schiena premuta contro il muro freddo.  
"Lasciala stare." Luke urlò contro l'uomo che mi teneva bloccata.
Quello non diede il minimo peso alle sue parole e mi esaminò, girando il mio viso prima a sinistra e poi a destra.
"Cosa abbiamo qui?"
"So io che possiamo farci con lei." intervenne l'altro.
Spalancai gli occhi iniziando a dimenarmi mentre quello infilava la mano sotto il tessuto della mia maglietta. 
"Non la toccare, figlio di puttana, o giuro che ti ammazzo." 
Luke era riuscito a liberarsi dalla stretta dell'altro uomo e si era avventato contro il mio assalitore.
Lottai con tutta la forza che avevo finché non mi sentii libera dalla sua presa. 
I miei occhi si erano serrati.
Avevo sentito un pugno che veniva sferrato, non sapevo da chi nei confronti di chi, ma mi strinsi ugualmente nelle spalle. E poi altri rumori. L'impatto con la pelle. I lamenti.
I miei occhi si aprirono nel momento in cui non riuscii più a sopportare quei rumori strazianti.
"Luke - supplicai con la voce rotta dal pianto - Basta, ti prego."
Si avvicinò a me e mi strinse tra le sue braccia, sussurrandomi che era tutto finito. Stranamente provavo una sensazione di pace tra le sue braccia. Mi ricordai di una volta, quando avevamo forse sei o sette anni, e io piangevo perché una bambina a cui stavo antipatica aveva rotto la mia bambola preferita. Luke le aveva messo il nastro adesivo intorno al collo cercando di convincermi che fosse come nuova. E io piangevo e piangevo senza la minima intenzione di smettere. E allora il piccolo biondino mi aveva abbracciata e mi aveva stampato un bacio sulla fronte.
"Perché fai così?" gli avevo chiesto.
"L'altro giorno ho visto un ragazzo grande che faceva così a una ragazza grande che piangeva. Forse anche a lei avevano rotto una bambola. E quindi l'ho fatto anch'io." aveva risposto.
Non sapevo perché stesse piangendo quella ragazza, ma io, in quel momento, che ero una 'ragazza grande', non stavo piangendo perché mi avevano rotto una bambola.
In breve mi aveva condotto via da quel vicolo, mentre mi teneva ancora stretta. Non mi interessava che si trattasse di lui, non mi interessava che fino a poco prima avevamo litigato, in quel momento volevo solo rimanere al sicuro e lui mi stava facendo sentire protetta.
Avrei potuto chiedergli perché stava litigando con quelle persone, ma non mi interessava. Ne avevo avuto abbastanza e non era la prima volta che se la vedeva brutta.
Mi allontanò dal suo corpo per controllare che stessi bene.
"Ti ha fatto qualcosa?- mi chiese premurosamente - È tutta colpa mia."
In preda alla rabbia, tirò un pugno alla parete alle sue spalle. Sobbalzai al rumore dell'impatto.
"Non è vero." cercai di rassicurarlo con voce flebile.
"Si, invece."
"No Luke - mi piazzai davanti a lui - Solo, per favore, tieniti fuori dai guai."
Mi sporsi in avanti cercando io stessa quel contatto che mi faceva bruciare la pelle. Ma in quel momento, in quella particolare occasione, stare tra le braccia di Luke non mi procurava disagio, al contrario, mi sollevava. Accanto a lui non mi sarebbe successo nulla, lo avevo capito. E in quel momento ero tornata la bambina a cui avevano rotto una bambola.
Il suo respiro sulla pelle mi provocava dei brividi lungo la schiena, che assecondavano il movimento delle sue mani sulla mia spina dorsale.  
Non capivo nulla. Il suo tocco mi infuocava la pelle ma allo stesso tempo mi sentivo di ghiaccio. Non riuscivo a muovermi. Sentivo il cuore accelerare sempre di più. La distanza tra di noi era minima.
Trovai la forza di allontanarmi ma stabilì un contatto tra i nostri occhi che non riuscii a negargli.
Per la prima volta vedevo Luke in maniera diversa. Non sentivo la necessità di urlargli contro, di colpirlo. Volevo stargli vicina, sentire le sue mani su di me.
"Come hai fatto a liberarti dalla presa di quello li? Avresti potuto farlo prima."
"Quando ho visto che ti metteva le mani addosso non ci ho visto più. Dovevo trovare la forza per metterti al sicuro."
Quelle parole mi toccarono in modo particolare. Capii che tutte le nostre discussioni, le nostre ostilità, non avevano modo di essere.
Gli sorrisi, e in quel gesto c'era tutta la mia gratitudine nei suoi confronti.
Passai il pollice sul suo labbro inferiore, da dove scendeva un rivolo di sangue. Ottenni una smorfia di dolore e mi sentii tremendamente in colpa.
"S-scusa."
Presi la sua mano destra nelle mie, mentre il suo braccio sinistro era ancora sulla mia schiena.
Esaminai attentamente le ferite sulle nocche. Avrei voluto poter fare qualcosa per farlo guarire all'istante.
"Devi metterci dell'acqua."
La mia voce era tremante e insicura. Non mi aveva mai vista così. Così vulnerabile. Questo sembrava divertirlo, a giudicare dal sorriso che si allargò sulle sue labbra.
"Non è niente." mi rassicurò.
Vidi una fontanella alla fine del vicolo e lo tirai verso di essa.
Cercai in maniera accurata di ripulire i residui da entrambe le mani arrossate, mentre lui mi osservava con fare compiaciuto.
"Ti assicuro che neanche io avrei mai pensato di fare una cosa simile." 
Lo guardai, dando voce ai miei pensieri. Sorridemmo entrambi.
Passai a ripulire la ferita sul viso. Dischiuse le labbra mentre portavo l'acqua ai lati dell'anellino nero al lato della sua bocca. Non potei non notare che fosse incredibilmente attraente. Lottai per cacciare quello stesso pensiero che in un attimo aveva fatto andare a fuoco le mie guance.
Improvvisamente sentii la porta alle nostre spalle aprirsi e mi girai di scatto.
"Per l'amor del cielo, figlioli, che fate qui a quest'ora?"
Una donna anziana fece capolino sulla soglia, stretta in una vestaglia di tessuto pesante nonostante la temperatura alta.
"Signora, la prego, abbiamo bisogno di un posto dove stare stanotte, può ospitarci?" domandai speranzosa.
"Io non saprei..."
"La prego." intervenne Luke.
Ci guardò attentamente in viso e probabilmente notò il bisogno che avevamo del suo aiuto.
"D'accordo, seguitemi." acconsentì la donna.
Mi sentii incredibilmente sollevata mentre entravo in casa. Guardandomi intorno notai che i mobili erano piuttosto antichi, non che mi fossi aspettata altro. 
La donna si presentò come Mary Anne.
Estrassi il telefono dalla tasca ma non c'era campo. Chiesi alla signora se cortesemente potevo utilizzare il telefono e così chiamai Isabelle.
"Pronto?" rispose.
"Sono io."
"Si può sapere dove diavolo siete?"
"Lascia stare, siamo finiti in un paesino dimenticato da Dio e non chiedermi come... Ad ogni modo, abbiamo trovato un posto dove passare la notte. Domattina, non appena possibile, torneremo indietro."
La congedai dopo averle spiegato in breve la situazione e tornai a sedermi sul divano.
"Allora, cosa ci fa una giovane coppia come la vostra in questo posto?" domandò curiosamente Mary Anne.
Iniziai a tossire nervosamente cercando di formulare parole sensate.
"Noi non stiamo insieme, assolutamente." risposi.
"Oh... Vi accompagno di sopra, nella camera degli ospiti."
La signora ci guidò su per le scale, fino all'ultima stanza del corridoio.
Infine ci lasciò soli per sistemarci e metterci a dormire.
"Dobbiamo finire di pulire le ferite." gli feci notare, sorridendo delicatamente.
"Posso fare da solo." mi rispose bruscamente, prima di guardare alle mie spalle e portare la mia attenzione sul letto matrimoniale alle mie spalle.
Mi rigirai con sguardo confuso. Ero in imbarazzo per la situazione, senza togliere che, in realtà, ci ero rimasta male per come mi aveva parlato pochi attimi prima.
"Non ti preoccupare. - disse - Io dormo per terra."
"Qualcosa non va?" domandai spaesata.
"No. - puntò i suoi occhi nei miei facendomi sentire a disagio - Buonanotte."
Estrasse una coperta dall'armadio che si trovava nella stanza e la sistemò a terra, lamentandosi a bassa voce per il dolore al busto causato dai colpi ricevuti in precedenza.
"Non devi dormire a terra. - cercai di sembrare risoluta ma la mia voce uscì in un sussurro - Ci dormo io."
"Senti so badare a me stesso, ok? Ora vai in bagno se ne hai bisogno e mettiti al letto."
Volevo ribattere, chiedergli quale era il suo problema, perché mi stava trattando così male. Ma dopo una giornata del genere mi mancavano le forze per litigare di nuovo con Luke, e non volevo farlo, visto quello che aveva fatto per me.
Feci come mi aveva detto. Cercai di darmi una rinfrescata e tornai nella camera comunicante al bagno. Luke era seduto all'angolo del letto che aspettava che io finissi. Mi oltrepassò come se io non ci fossi e si chiuse la porta alle spalle.
Andai verso il letto, infilandomi sotto le coperte con i vestiti indosso nonostante facesse caldo. Mi sentivo al sicuro sotto le coperte, come quando da bambini si pensa che se ci dovesse essere un mostro sotto il letto o nell'armadio, non potrebbe fare nulla di male se si è protetti dal tessuto delle coperte.
Ci misi un bel po' ad addormentarmi, ogni volta che chiudevo gli occhi sentivo delle mani estranee sul mio corpo, delle voci che decidevano "cosa fare con me". Avrei voluto chiamare Luke perché era l'unico che poteva darmi supporto, rassicurarmi, come aveva fatto poco prima, dirmi che non correvo più alcun pericolo.
Ma ora non ne voleva sapere di me ed era chiuso in bagno da più di mezz'ora. 
Avrei dovuto affrontare da sola i miei mostri, quella notte.

"Come stai mamma? Io sono a letto. Oggi è stata una giornata straziante, sono sfinita. Tra l'altro, io e Luke abbiamo passato un po' di tempo insieme e non è andata male, ma ora lui mi tratta come se fossi un rifiuto. 
Una cosa è certa: io non capirò mai Luke Hemmings."



ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti... Allora oggi non ho molto da dire. Spero che questo capitolo vi piaccia, anche se a me non fa impazzire. Ad ogni modo iniziamo finalmente a vedere un cambiamento nel rapporto tra Luke e Sierra, un Luke un po' più apprensivo nei confronti di lei e una Sierra meno scorbutica nei confronti di lui, tranne alla fine, quando i ruoli sembrano invertirsi e Luke non vuole sentire storie... Chissà cosa lo avrà infastidito tanto. 
Se vi va lasciatemi una recensione. Mi è dispiaciuto molto che il capitolo precedente non ne abbia avuta neanche una, anche perché, se prima già non mi piaceva, così ho avuto la conferma che era proprio brutto e mi dispiace perché era un capitolo ad ogni modo importante in quanto Isabelle e Sierra hanno la possibilità di stare insieme da sole e quest'ultima inizia a rendersi conto che può anche nascondere le cose a se stessa, ma non alla sua migliore amica.
Comunque, spero che sia stata una cosa eccezionale, non vorrei che la storia stia prendendo una piega che non vi piace. Se fosse così vi prego di dirmelo, nonostante io abbia abbastanza chiara la linea che voglio seguire.
Ci sentiamo al prossimo capitolo.
Un bacio,
Anaslover
  
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