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Autore: happine55    04/07/2014    0 recensioni
18 anni, capelli come il fuoco e occhi grigi di tempesta. Un amore per i libri e il mare forte e strano per un'inglese di Bristol.
Spero vi piaccia e che la leggiate in tanti, ci lavoro da un po' e spero piaccia a voi come a me
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~La sveglia suona. Ogni mattina parte una canzone diversa, stamattina tocca ai Muse con Hysteria. Un risveglio molto “delicato” tanto che Becks (il soprannome che do a mia sorella in seguito ad un fatto molto divertente) si alza di colpo dal letto. Bene: significa che non la devo svegliare io. Sono più veloce di lei e prendo in fretta i vestiti per poi andare in bagno. Sento i suoi pugni che picchiano sulla porta e la sua voce ancora impastata dal sonno che mi dice di sbrigarmi. Comunque, ci avrei messo poco già di mio. Non sono una che ci mette ore a prepararsi. Al massimo mezz’ora, se mi impegno. I vestiti che ho afferrato si rivelano essere un morbido maglione di lana e dei pantaloni blu scuro pesanti. Sbircio fuori dalla finestra del bagno e noto che nevica ancora. È febbraio, è normale che nevichi qui a Bristol. Esco dal bagno con in mano il pigiama e consiglio a mia sorella di vestirsi pesante. Dopodichè mi ricordo che lei indossa ancora la divisa e rido tra me e me. L’ho odiata dalla prima volta che l’ho vista. Gonna grigio scuro per le ragazze e pantaloni per i ragazzi. Con una camicia e un maglione orrendo rosso che fa i pelucchi di continuo. Per fortuna noi dell’ultimo e del penultimo anno possiamo usare i nostri vestiti. Apro l’anta dell’armadio, dove c’è uno specchio a grandezza umana e mi faccio una treccia che pende sulla schiena. Infilo gli stivali imbottiti e li lego. Sono alti fino al ginocchio e stringati. Hanno la forma del mio piede ormai. Sono due anni che li uso. Afferro lo zaino e infilo dentro il cellulare, le cuffie e il portafogli, poi scendo le scale diretta in cucina. Lì trovo mia mamma che sta preparando la colazione. Come al solito prendo una fetta di pane tostato e ci spalmo sopra una cucchiaiata abbondante di nutella, mentre bevo una tazza di tè caldo. Dopo aver salutato mia madre vado nell’ingresso e metto il cappotto. Poi caccio la treccia nel mio cappello di lana e avvolgo la sciarpa al collo. Nella tasca trovo un paio di guanti e li indosso subito. Parto sempre prima di mia sorella perché mi piace attraversare il parco per arrivare a scuola a piedi. E poi c’è Ashton. Il mio migliore amico, nonché cotta segreta di mia sorella. È un ragazzo alto, più di me di almeno una spanna, con i capelli castano chiaro e gli occhi color ghiaccio. Chiarissimi. È inutile dire che la parte femminile della scuola gli sbava dietro. Io no. È praticamente mio fratello, potremmo essere gemelli. In fondo siamo nati lo stesso giorno e le nostre mamme erano compagne di stanza all’università e poi anche in ospedale. Siamo molto simili odiamo e amiamo quasi le stesse cose. Ci incontriamo sempre allo stesso posto. Un bar all’ingresso del parco. Tutte le mattine lui prende un caffè e io una cioccolata calda e ci avviamo nel parco con calma. Vado fino al bar a piedi, imbacuccata nel mio cappotto pesante e avvolgo la sciarpa più stretta sul collo. Ashton è già al bar con due bicchieri di carta fumanti che mi aspetta. Lo raggiungo in fretta, un po’ per il freddo e un po’ perché mi era mancato. Ha appena trascorso una settimana dai nonni in Irlanda con la sua famiglia. Abitano in una città del centro Irlanda. Non mi ricordo bene il nome. Mi racconta un po’ di tutto mentre io bevo a piccoli sorsi la cioccolata. Ha fatto mettere la cannella, proprio come piace a me. Camminiamo lasciando orme nella neve e diciamo che il suo quarantaquattro e mezzo si nota abbastanza. Arriviamo davanti alla scuola mentre suona la campanella, così mi prende per mano e corriamo fino all’ingresso. Dove il bidello ci guarda male. Come tutte le mattine invernali d’altronde. Sbuchiamo nell’atrio rossi in viso e col fiatone, ma rimaniamo entrambi inorriditi da quello che vediamo. Sembra che  qualcuno abbia vomitato lustrini e cuori nei corridoi. È san Valentino. La festa che entrambi odiamo di più in assoluto.
Ashton: te lo ricordavi?
Io: no
Ashton: che schifo. Mi viene il diabete
Io: aspetta di leggere le lettere delle tue ammiratrici “segrete”
Dicendo l’ultima parola mimo le virgolette con le dita in aria. La sua faccia diventa ancora più rossa. Segrete. Tutta la scuola gli va dietro.
Io: devo farti anche io un bigliettino con i cuori? O preferisci i lustrini?
Ashton: alice non sei divertente.
Mentre camminiamo per i corridoi diretti all’aula di  inglese lui continua a parlare e io guardo con una faccia sempre peggiore le ragazze che lo guardano e agitano la mano, guardano me dall’alto verso il basso con aria superiore, scappando poi con dei risolini. Sono gelosa, lo ammetto. È il mio migliore amico e so che ci rimane male. Non so per quale oscuro motivo non gli piaccia ricevere attenzioni. Io pagherei per sentirmi dire qualcosa di diverso da ”scusa non ti avevo vista”. Porca miseria sono un metro e settanta e ho i capelli color rosso fuoco, non è che passa inosservata una cosa del genere. Non penso affatto di essere brutta e non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da certe oche. Per fortuna che Ashton mi tira su di morale. Arriviamo davanti all’aula di inglese e lasciamo zaini e cappotti nei nostri armadietti. Prendiamo i libri ed entriamo in aula. Ci sediamo sempre a metà classe. Cosa che non va a favore di quelli dietro, visto che lui ha superato il metro e ottanta da due anni almeno. Le lezioni si susseguono tranquillamente fino all’ultima ora, in cui ci separiamo. Seguiamo gli stessi corsi, tranne che per uno. Ashton odia fisica. Io invece la adoro. Così lui va a fare informatica e io vado in laboratorio. Lo so sono una nerd sfigata fissata con i libri e la fisica, ma questo è quello che mi piace fare. Dopo ci troviamo fuori da scuola, decisi a uscire il prima possibile dall’incubo che è San Valentino.
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