“Dunque lei...”
“Sì.”
“Lei alleva maiali per...”
“Esatto.” Mason Verger prorompe in una risata, una successione di suoni strozzati, mentre avanza verso il suo interlocutore.
“Questo è Pavlov”, uno sguardo devoto alla bestiola che stringe al petto, uno accigliato all’uomo che ha di fronte.
“Signor Moriarty, sia educato: saluti Pavlov”.
L’uomo in nero aggrotta impercettibilmente la fronte. La sua voce è un sussurro acuto, una nota profumata di menta.
“Niente convenevoli, signor Verger.”
Una risata, di nuovo. Un crescendo gutturale che si chiude con un colpo di tosse.
Sul volto di Jim Moriarty, un sorriso sghembo. Quell’uomo, pensa, è un povero idiota, come tutti gli altri: ma i suoi porci luridi, sguaiati come lui, sono ciò di cui ora ha bisogno. Solleva gli occhi sul bizzarro ciuffo di capelli di Mason Verger, quasi un’architettura futurista, una nota eccentrica che cattura la sua attenzione. Forse è quanto di più interessante ci sia in lui.
Gli punta lo sguardo addosso, socchiudendo la bocca. “Accordiamoci pure”, le sue parole sono un soffio mellifluo, “mi serviranno solo i migliori esemplari”.
Solo il meglio per te, Sherlock. Tu meriti il meglio. Tanta dedizione, un trattamento speciale. Perché tu sei speciale.
Poche parole. L’accordo sta per compiersi. Jim Moriarty estrae il cellulare dalla tasca del completo tirato a lucido. Cerca il numero che gli è più familiare di tutti. Digita sulla tastiera con un fremito d’eccitazione.

Ti aspetto. Ho una sorpresa per te. JM.