Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: LeanhaunSidhe    05/07/2014    4 recensioni
A volte, per indossare nuovamente la tua maschera, hai bisogno di guardare cosa c'è oltre quella degli altri. Amina deve riappacificarsi col suo passato e, mentre tenta di riuscirci, forse riuscirà a cambiare anche il presente dei protagonisti...
E' una storia breve, leggera e senza pretese, dalle tinte appena scure. Se avete voglia di tentare con la lettura di una storia un pò diversa, ecco qua :)
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Jigiri ci aveva messo un po' per comprendere tutta la storia e, adesso che gli era chiara, aveva provato a sentire una certa ammirazione per quella donna così battagliera che svolgeva quel lavoro particolare. Era andato a trovarla quasi ogni giorno dal loro primo incontro e la trasformazione che lei aveva subito gli era parsa lampante. La vicinanza con la sua famiglia sembrava aver restituito ad Amina le enegie e il carisma che aveva perso.

Nel giro di una settimana, la detectiva aveva deciso di riaprire l'agenzia, mettere del tutto a tacere quelle iene dei parenti di Toki grazie all'aiuto di certi avvocati molto in gamba amici di suo padre (era stata intentata una querela che gli avvocati dell'altra famiglia si erano sbrigati a chiudere, perché avrebbero palesemente perso) ed era uscita dall'ospedale.

Quella mattina, libera da medici e dal puzzo dei disinfettanti dell'ospedale, aveva inforcato la moto per dirigersi al cimitero di prima mattina. Salutava il suo amato Toki, con il chiaro intento di svolgere un'ultima missione in Giappone e ripartire poi alla volta dell'Europa o dell'Australia, per non fare più ritorno. Nei giorni passati, complice la vicinanza della sua famiglia, aveva avuto modo di riflettere sul conto di Hayami ed era giunta ad un giudizio molto meno negativo sul suo conto.

Lei, pur con tutte le rogne che le erano capitate, aveva una ricchezza immensa che Masumi non aveva mai posseduto e avevano segnato la differenza nelle loro vite: una fanciullezza serena e una famiglia solida, pronta a sostenere le scelte azzardate della vita e i colpi avversi della fortuna.

Masumi ne era stato privato e per questo era cresciuto apparentemente forte, ma solo, una decisione autoimposta e sofferta, che l'aveva portato a scindersi da se stesso.

Amina, invece, che non aveva mai conosciuto sua madre, era cresciuta nell'amore incondizionato di suo padre e dei suoi fratelli. Ricordava benissimo i commenti di alcuni colleghi di suo padre, specie delle loro mogli, al funerale di sua madre. Giudicavano lei e i suoi fratelli strani perché non avevano pianto. Loro però erano troppo piccoli per spiegare che non avevano bisogno di piangere e non volevano mostrarsi deboli alla gente: non erano mai soli e non lo sarebbero mai stati. C'era il generale con loro e l'amore di loro madre li avrebbe accompagnati sempre. In un certo senso, anche quel voler lavorare nella omicidi era stato per riconoscenza: loro avevano avuto una ricchezza che a pochi era concessa e si erano sentiti tutti in obbligo di restituire, a chi gli era tolta ingiustamente, quella pace degli affetti che a loro era stata donata gratuitamente.

Non era mai importato a nessuno dei suoi che gli altri non capivano. Amina svelava quella parte di se solo a chi la conosceva intimamente. Toki era entrato presto nel suo cuore e non se ne sarebbe mai andato. Carezzò la lapide sospirando e si alzò lentamente. Sorrise. Anche se non erano più insieme, la vita doveva continuare.

 

Jigiri l'aveva attesa con silenzio e trepidazione all'uscita del cimitero. Come ogni giorno da quando era in ospedale, le portava un mazzo di rose scarlatte. Le altre volte lei era riuscita a farle mettere in un vaso lontano dal letto e la sua allergia non ne aveva risentito ma ora, che aveva i fiori sotto il naso, iniziò subito a starnutire.

Il giovane si affrettò a sorreggerla, temendo una ricaduta, ma quando lei lo allontanò decisa, in qualche modo si sentì come colpito da uno schiaffo.

“Per carità, porta quei fiori lontano. Sono allergica da morire.”

Gli spiegò, tra uno starnuto e l'altro, mentre recuperava un fazzoletto.

A malincuore, Jigiri lasciò le sue belle rose, confezionate con cura, su una panchina. Si allontanò insieme alla detective e restò silenzioso, come assorto nei suoi pensieri.

Dal canto suo, Amina gli aveva fatto cenno di seguirlo e l'aveva condotto in uno dei suoi pub preferiti, tanto diverso dai locali di lusso a cui l'altro era abituato. Non appena si furono seduti e la ragazza si era premurata di ordinare una birra per entrambi (autentica birra irlandese, non poteva non piacere), si ruppe quel silenzio tranquillo in cui tutti e due si erano immersi.

“Allora? Come mai il tuo capo continua a mandarmi fiori? Non ha da pensare a maya in questi giorni o continua a cercarmi per chiedermi un favore?”

A quel sorriso gioviale e sincero, Jigiri, pur non essendo una persona timida, arrossì di colpo.

“In realtà i fiori erano una mia iniziativa, Masumi non c'entra. Credevo piacessero a te come a Maya. Ignoravo la tua allergia.”

Spiegò, ancora più rosso. Poi, provò a correggere il tiro, intuendo quando le sue parole potessero suonare ambigue.

“In realtà, sono io che vorrei chiedere il tuo aiuto, per conto di Masumi, ma lui non sa di questa mia iniziativa.”

Amina tese le orecchie ed il sapore agonato della sfida le si diffuse in bocca.

“Teme ritorsioni dal suo vecchio e dalla famiglia della ex, giusto?”

Hijiri annuì e sorseggiò la sua birra, che trovò curiosamente piacevole.

“Avevo già deciso che questo sarebbe stato l'ultimo caso che avrei seguito in Giappone. Ho già parlato con degli amici. Ho dei documenti falsi per Masumi e dei colleghi a guardia di Maja. Queste cose è meglio gestirle nel modo più discreto possibile. E' vitale che Maja finisca la turnee. Per lei e anche per lui. Nel frattempo, Masumi potrà restarle accanto in segreto, con un nome falso, un altro taglio di capelli e vestiti diversi. Non morirà di certo e quando le acque si saranno calmate recupererà il suo nome prima dell'adozione e la sua vita insieme a Maja. Credo che in un paio d'anni tutto tornerà a posto. E' un tempo sufficiente per mettere a tacere quei ricchi sciocchi, con le buone o con le cattive. La mia proposta è questa.”

Scettico, jigiri si perse per un attimo nei suoi occhi verdi.

“Sicura che basterà così poco e che delle persone che conosci ci si possa fidare?”

La rossa rise di gusto, ordinando un'altra birra.

“Mi fido cecamente dei miei amici. Sai, non sembra, ma quando aiuti la gente te ne fai molti.”

Jigiri annuì, sollevato.

“Sembri un tipo solitario, in realtà.”

Da tempo sentiva di non poter parlare così liberamente con qualcuno.

“Questo perché i miei amici non sono esattamente persone con cui è bene avere a che fare tutti i giorni, ma sono dei buoni diavoli e voglio loro molto bene. Non sembra, ma sono molto fortunata.”

Il pomeriggio era trascorso in fretta e il moro non protestò quando gli offerto di tornare alla Daito a cavallo di una moto. Amina aveva scherzato che non avrebbe giovato alla sua immagine, ma l'aveva accompagnato volentieri, come si fa con un vecchio amico. Sapeva benissimo che da li a poco sarebbe sparito da Hayami.

 

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Masumi restò interdetto quando ascoltò il discorso dell'amico.

“Praticamente Forks ha già pianificato tutto. Sarò davvero così semplice come dice lei?”

Jigiri si mostrò convinto. Pareva aver piena fiducia in quella giovane.

“Del resto, se vi siete dichiarato ed ora siete insieme a Maya, anche se non ufficialmente, è anche grazie a lei. Direi che è riuscita laddove nessuno ce l'aveva mai fatta.”

Sapeva di aver anche espresso il parere di Mizuki con quelle parole, ma era stato zitto.

Scettico, Hayami aveva letto quello che avrebbe dovuto essere il suo nuovo nome e l'indirizzo della sua nuova casa. In realtà erano state proposte due alternative: un paesello sperduto in montagna, tra i contadini e vicino ad un tempio, ed un quartiere malfamato di Tokio. Hayami scelse senza pensarci troppo il primo. Certo sarebbe stato scomodo per Maja arrivare fin lassù, ma il posto era più raccomandabile.

Il biondo sarebbe dovuto passare per un infermiere che dava una mano in una piccolo ospizio.

“In realtà, Amina ha detto che se siete in gamba, il proprietario è disposto ad assumervi a contratto pieno. La paga sarebbe bassa, ma avreste di sicuro cibo e un tetto sopra la testa. Hanno un piccolo appartamento sfitto vicino alla struttura. Vi sistemerebbero li. Il proprietario è anziano e non ha figli. Ne aveva...”

Masumi era curioso, lo incitò a continuare.

“Uno dei tanti casi di omicidio risolti da Amina. Il figlio del proprietario è stato ucciso mentre era in vacanza con la fidanzata. A gestire l'ospizio all'inizio era lui. Dopo la morte del ragazzo, la fidanzata non ne ha più voluto sapere e si è trasferita in città. Il padre, invece, ha cercato di mantenere aperta in ogni modo la struttura, ma anche lui ormai è avanti negli anni e non reggerà da solo a lungo. Amina mi ha assicurato che se anche Maja dovesse fermarsi da voi, l'anziano proprietario non farà domande e la ospiterà volentieri. Deve trattarsi di una gran brava persona.”

Appena commosso, Masumi accettò senza pensarci. Un padre che voleva bene al figlio: l'esatto opposto del suo. Era più di quanto poteva chiedere in un frangente come quello. Pensò un attimo a Maja nell'altra stanza. Chiese solo due giorni per preparare le valigie e salutarla. Sarebbe stata una vita in sordina la sua, per un poco, ma sarebbe stata una vita vera.

Sul rasarsi i capelli e tingerli poi di nero, come sulle lenti a contatto colorate scure, aveva avuto qualcosa da ridire ma, se non altro, così anonimo, difficilmente l'avrebbero riconosciuto.

 

   
 
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