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Autore: Night_    06/07/2014    1 recensioni
Takeshi era un guerriero. Un distruttore senza patria e senza scrupoli. Quelle sillabe... quel nome le apparve a dimensioni piccole piccole nella sua testa, fra tantissimi altri scritti più grandi, in modo quasi ingombrante.
Eppure, anche se era così minuscolo, era il primo che i suoi occhi della mente leggevano all'istante – brillava.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salvami e io non ti salverò.

Yuki

 

 

 

 

 

 

 

 

Le punizioni possono diventare ingiustizie vere e proprie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Tanto tempo fa... ». La voce di Yuki era abbastanza chiara, anche se non parlava molto alto. Con lo sguardo a terra, non sembrava né dispiaciuta, né turbata, né dimostrava qualsivoglia emozione; era solo concentrata a raccogliere le parole giuste, seduta a terra, al centro della terrazza – i due umani seduti davanti a lei, in ascolto. «... esistevano un demone e una vampira», continuò, l'albina, inspirando silenziosamente dal naso.
No, tutto quel tempo che si prendeva non era solo un “raccogliere le parole giuste”. Sayumi poteva dirlo guardando l'amica, quest'ultima con gli occhi fissi sul pavimento.
«Erano i figli dei primi vampiri e dei primi demoni che ebbero messo piede sulla Terra», disse. «Ovviamente, c'era qualcun altro: i parenti ad esempio. Nonostante non fossero poi così “primi”, il demone e la vampira furono scelti per diventare l'Imperatore e l'Imperatrice». Il tono si era fatto leggermente più gelido.
«Il popolo era felice di avere qualcuno a cui appoggiarsi, soprattutto in quel momento, dove si stavano pian piano rendendo conto dei propri... disagi», proseguì, alzando un sopracciglio. «Come ad esempio, l'eccessiva vulnerabilità al sole. Avendo un corpo più debole, visto che il sangue tende a fluire meno velocemente, la luce solare ci indeb--- beh, questo è un altro discorso». Tornò ad un espressione quasi serena, sorridendo appena, mentre posava lo sguardo sui due.
Mantenevano una certa distanza di sicurezza; non si ignoravano ma non avevano ragioni per guardarsi o parlarsi.
«Comunque», riprese, dopo aver battuto le palpebre un paio di volte. «adesso che c'era qualcuno a governare, un matrimonio era assolutamente necessario».
«Un matrimonio... combinato?», domandò Sayumi, alzando le sopracciglia, sorpresa. Lei non potrebbe sopportare di sposare una persona sconosciuta... ma ai quei tempi era una cosa naturale, si disse mentalmente.
Yuki annuì, con un leggero sorriso sulle sottili labbra. «Sì, ma... alla fine della fiera, si sono innamorati. Da quello che mi è stato detto, si sono incontrati ad un ballo e--».
«Aspetta, aspetta, aspetta!», quasi urlò l'umana, sollevatasi sulle ginocchia. Takeshi sussultò anche, sollevando lo sguardo su Yumi, la fronte corrugata.
«Mi hai fatto prendere un infarto», commentò lui.
Sayumi, con le iridi impregnate di emozione, chiese: «Mi stai dicendo che ci sono dei balli?!».
Yuki fece un nuovo cenno d'assenso, titubante. «Beh, certo... anche se adesso non sono più frequenti come prima... ».
Sayumi tornò seduta composta, con un sospiro beato. La mezzosangue, ovviamente, non capiva perché tanto batticuore
per quegli stupidi, patetici balli. I quali, la maggior parte delle volte, erano per trattative o altri fidanzamenti combinati.

Yuki chiuse gli occhi, trattenendosi dal sgozzare uno dei due, solo per la furia. «... si sono incontrati ad un ballo e si sono conosciuti sempre meglio, fino a... ».
«... innamorarsi». La voce di Takeshi catturò la sua attenzione; quasi non volesse farsi vedere, portò gli occhi su di lui, di sottecchi. E lui stava guardando verso di lei, intensamente, attentamente. Come se fosse molto interessante, ciò che vedeva. Allora lei, imbarazzata, si apprestò a guardare altrove.
«Tutti erano convinti che», proseguì, chiudendo nuovamente le palpebre. «sarebbero stati tempi d'oro per loro. Per gli Imperatori, per il popolo. Però una cosa è risaputa, ovunque: la felicità non è destinata a durare».
In quel momento, il cielo cominciò a tingersi della tipica luce calda del pieno pomeriggio; toni arancioni, gialli, leggermente rosei, avvolgevano la palla di luce che si intravedeva all'orizzonte. Yuki vi si posò lo sguardo, scostandolo subito dopo, come un gatto ferito. Quanto odiava quella luce.
«Che visione pessimistica della vita», osservò Takeshi, il braccio destro poggiato sul ginocchio sollevato.
Dopo essersi strofinata gli occhi e averne sbattuto le palpebre, la vista le tornò regolare e poté fissare l'umano. «Finisci di ascoltarmi e poi vediamo cos'hai da dire».
E sembrava una sfida, mentre posava i palmi sulle gambe. Ci mise qualche secondo per trovare la voglia di continuare. Takeshi non aveva smesso di tenerla accorata, incuriosito quanto dubbioso.
Cosa era successo di tanto brutto da dare alla mezzosangue quell'idea della felicità?
«Sapete», ricominciò, sottovoce. «C'è un certo lato collaterale dei demoni. Sono noti per le loro abilità, distruttive e non, davvero davvero potenti... c'è persino chi pensa che siano imbattibili».
Un lieve silenzio si abbatté con meschina prepotenza sul terrazzo, mentre un caldo vento primaverile avvolse tutti e tre. I lucidi filamenti argenti vennero mossi dalla folata, fino a svolazzare scompigliati. Pareva quasi un'aurora a tinta unica, mentre lei aveva le palpebre socchiuse a nascondere occhi del colore del sole. C'era qualcosa di completamente fuori dal normale in quella scena.
Ma non parlarono. «... peccato che non possano usarli allungo. C'è come una data di scadenza. Se – e dico, se – i loro poteri vengono usati più e più volte, in modo permanente... per più di due mesi... i demoni perdono il senno».
Perdono il senno.
Questa breve frase risuonò come il rintocco di una campana, nel silenzio assoluto.
«... che cosa vuol di--», sussurrò Sayumi.
«Vuol dire che impazziscono. Completamente. Che non distinguono più il vero dal falso. I sogni dalla realtà, o dagli incubi. Che per loro, da quando impazziscono, non esistono più “amici” o “nemici”». E tutti e due non trovavano una valida spiegazione a quel tono così inespressivo, neanche stesse ordinando un thé al bar.
Era assurdo.
Assurdo!
«... perché... questo?», chiese Takeshi, lentamente, scandendo bene le sillabe.
Yuki non rispose subito, forse stava soppesando la domanda. Forse non sapeva nemmeno lei il perché di quell'ingiustizia. «Non saprei», rispose, infine, sentendosi infinitamente sconfitta. Ancora una volta. «I demoni, d'altronde... sono considerati i figli del Diavolo. Magari è una punizione. Chi può saperlo?».
«Quindi è qualcosa di naturale, diciamo», osservò il ragazzo, portando il pollice al mento. Yuki fece spallucce, mostrandosi disinteressata. Quando, invece...
«E questa cosa, che vuol dire?», a interrompere i pensieri dell'albina fu Sayumi. In realtà, aveva tutta l'aria di una persona che non voleva più sentire niente. Sembrava davvero turbata. Lo dimostrava dagli occhi lievemente sgranati e dal colorito non più roseo come sempre, ma pallido, provato.
E ne aveva tutte le ragioni, era ciò che pensava Yuki, mentre esalava ossigeno per riscuotersi. «Erano innamorati. Follemente, direi. Niente e nessuno avrebbe potuto dividerli. Ma lei era una vampira e lui un demone. Non so cosa abbia portato lui a usare così tanto i suoi poteri, ma fatto stà che, due mesi dopo il matrimonio... l'Imperatore aveva cominciato a sudare, tanto, ad avere gli occhi cerchiati di rosso per la spossatezza. Stava sempre peggio».
Rilasciò l'ossigeno accumulato, schiarendosi la voce con un colpo di tosse.
«Sempre, sempre di più. I capelli si erano allungati talmente tanto... e la voce era decisamente diversa da come l'Imperatrice la ricordava. Era tutto così diverso», scosse lentamente la testa. Voleva cancellare ciò che sapeva. Ciò che era impresso a fuoco nei suoi ricordi – che le sembrava di riuscire a vedere perfettamente. «Passò un altro mese. Il tempo trascorso dal matrimonio era pari a tre mesi. Tre mesi di difficoltà, di stanchezza mentale. Tre mesi».
Oh, sì, avevano decisamente capito dove voleva andare a parare Yuki. E in qualche senso, avevano capito anche perché
non tagliava la testa al toro e completava quel dannato paragrafo. Un rivolo di sudore scivolò lungo la schiena dell'albina.
«... sì impegnato davvero. Ma non ce l'ha fatta. E allora, l'ha uccisa».

 


 

 

***

 

 

Cosa sapeva di quella donna?
Cosa sapeva di quell'uomo?
A onor del vero, non sapeva nulla, se non quelle informazioni, quelle misere, irrilevanti informazioni. Perché, che importanza potevano avere, se messe in confronto a tutto quel dolore? A tutte quelle lacrime? Al corpo in esanime, dentro una pozza di sangue, di lei?
Nessuna – ecco.
E Yuki, ogni che si fermava a rifletterci, a immaginare com'era successo, sentiva una tristezza così dannatamente forte... da farle diventare gli occhi gelidi due gelati sciolti. Si facevano lucidi, si facevano malinconici. Eppure non era lei quella che aveva sofferto – fisicamente e moralmente parlando. E' un evento così lontano dai suoi anni che non dovrebbe interessarle. D'altronde, non provava niente neanche per ciò che accadeva ai suoi giorni, perché doveva diventare triste per qualcosa accaduto secoli e secoli fa? Quando neanche i suoi genitori erano nati.
Non aveva senso. Era inconcepibile.
«Dopo questo incidente», magicamente, ritrovò la voce. Non la ritrovò di certo guardando i volti bianchi come lenzuoli dei due umani-- bensì, pensando che davvero non voleva prolungarsi su quella cosa. Non voleva dirne una parola di più, basta. «ci furono diversi problemi».
Takeshi e Sayumi finalmente tornarono ad un colorito più sano, mentre guardavano l'albina, spaesati.
«Teniamo conto che si parlava di due casate differenti, di razze differenti», disse, con tono leggermente inasprito. «Quindi, in teoria, doveva essere una cosa a lunga durata. Per farla breve, il fatto che l'Imperatore avesse ucciso l'Imperatrice era stato considerato come un enorme oltraggio alla casata di lei».
«Ma... », balbettò Sayumi, chinando lo sguardo a terra, colta da un fremito. «Ma non è stata colpa sua! Non voleva!».
Yuki stette in silenzio.
Certo che non voleva. O almeno era quello che lei sapeva. Poi, la verità poteva anche essere un'altra.
«Fatto stà che dopo questo, tutto andò in rovina», continuò, imperscrutabile, stavolta. «Le casate si divisero completamente, cominciando a farsi guerra in tutti i modi possibili. E misero di mezzo persino il popolo».
«Il popolo... », mormorò Takeshi, guardando la luce pomeridiana. La mezzosangue fece un leggero cenno d'assenso con la testa, così leggero da sembrare immobile.
«Insomma, demoni e vampiri erano diventati nemici mortali», disse, decisa. «Era passato poco più di un mese dall'accaduto di quei due e già il popolo aveva cominciato a schierarsi a destra e sinistra». Un lungo sospiro susseguì le sue parole. Che idiozia...
«Allora... in pratica, più che essere stati messi di mezzo, lo hanno voluto loro», disse Takeshi, inarcando un sopracciglio. «Altrimenti, avrebbero potuto scegliere se unirsi alle guerre, no?».
«No». E che cavolo, non voleva parlarne. Si rendeva conto di dover dare delle spiegazioni per quegli ultimi giorni, però, che diamine!
Altro sospiro, estenuato. «Non è che potessero per davvero scegliere qualcosa. C'è una tecnica di governo anche abbastanza efficacie in situazioni come queste».
Sayumi sollevò le iridi azzurrine sull'amica, che era così diversa. Se la ricordava come una persona un po' fredda, indipendente, ma sempre gentile con lei. Chi era, allora?
Chiuse gli occhi, in silenzio.
«E cioè?», incalzò lui.
«E cioè», riprese Yuki. «dare l'impressione che il popolo possa ancora prendere decisione autonome. Quando, invece, chi è al potere si limiterà a prendere in considerazione, ma la maggior parte delle volte non effettuerà mai le idee della gente».
«Beh, wow», commentò Takeshi, alzandole – ora – le sopracciglia. Wow davvero.
Era a conoscenza dei metodi poco gentili dei politici, ma non si era mai soffermato a capire il loro metodo di lavoro. E meno male.
«Potresti fare il politico», disse, abbozzando un sorriso. Lei lo ricambiò, piegando il capo leggermente.
«Certo, perché no. Potrei approfittarne per spillarvi più soldi possibili», commentò, con tono acido, corrugando la fronte. Takeshi storse le labbra in una smorfia divertita. Sentirle dire “spillarvi”, gli dava una strana impressione. Mah.
«Spillarvi... », ripeté.
«Cosa?».
«Impigliarvi. Impigliarvi».
«... ah».
«Stavo pensando», disse Yumi, approfittando delle distrazioni dell'albina e del ragazzo. «Mi pare che tu avessi affermato qualcosa... riguardo te». E guardò Yuki, in attesa.
«Beh», quest'ultima portò una mano dietro la testa, alla nuca, incerta. «in effetti dovrei dirvi una cosa».
Era l'idea principale. Poi, però, c'era il dovere di spiegare tutto dall'inizio degli inizi; non era andata nei dettagli perché altrimenti si sarebbe fatto così tardi che avrebbero dovuto scavalcare il cancello, per uscire dalla scuola.
Quindi, prese un bel respiro e annuì. «Alla fine, a causa di queste guerre, i demoni e i vampiri non ebbero più contatti. Almeno, di certo non andavano a incontrarsi perché a uno dei due mancava la presenza dell'altro».
Il filo di sarcasmo era intuibile anche dal sorrisetto sulle labbra della narratrice, che ora aveva le braccia incrociate al petto.
«A parte che, ormai, avevano messo un divieto». Alzò il mento e raddrizzò la schiena, socchiuse le palpebre e pronunciò con voce atona: «”Da questo momento in poi, è severamente proibito l'incontro non autorizzato tra demoni e vampiri. Se mai questa regola verrà trasgredita più volte, la pena salirà alla morte”».
Di morte?!, erano i pensieri dei due umani. Addirittura di morte. Le pupille rimpicciolite e gli occhi sgranati.
«Infatti, i miei genitori in un certo senso sono stati fortunati», abbassò il mento e guardò entrambi, cercando di rassicurarli con un sorriso. Erano stati ben pochi i morti, grazie al cielo.
«Lei è un vampiro e lui un demone», disse, lentamente. «Si sono conosciuti poco prima che venisse reso pubblico il divieto quindi non ci furono grossi problemi. Certo, per convincere i famigliari... ». Le venne da sospirare ma riuscì a trattenerlo, battendo le palpebre e schiarendosi nuovamente la gola. «In ogni caso, si sposarono, ed ebbero due figlie: me e mia sorella».
Silenzio.
Silenzio assordante. Yuki passava lo sguardo da Takeshi e Sayumi, inespressiva; le labbra di entrambi erano serrate e
avevano gli sguardi di chi si era lasciato sfuggire qualche pezzo della storia, per strada, e adesso tornavano indietro a raccoglierli. Nel silenzio, le iridi azzurre dell'umana dai capelli rosati, si posarono lentamente a terra.
«Mi stai dicendo che... », cominciò lei, a voce bassa, quasi cupa. Un'ombra era scesa a coprirle la metà del viso, lasciando in mostra solo le labbra che si muovevano, a rallentatore.
«... CHE HAI UNA SORELLA?!».   

  
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