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Autore: Jiulia Duchannes    06/07/2014    8 recensioni
PARINGS: LEONETTA-MARCESCA-DIECESCA-NAXI-FEDEMILLA-DIEGHETTA accenni PANGIE
Introduzione modificata.
C'era Diego, che voleva solo l'amore di suo padre e la gloria.
C'era Violetta che si mascherava da puttana, e non lo era.
C'era Leon che aveva gli occhi spenti.
C'era Francesca che con la sua dolcezza si faceva amare da tutti.
C'era Marco che era troppo perfetto.
C'era Maxi che sorrideva per finta.
C'era Ludmilla con le gambe troppo magre.
C'era Federico che faceva lo stronzo.
C'era Nata con le felpe larghe.
C'era Camilla con il rossetto nero.
Una setta di cacciatori di streghe, un padre che non sa amare, un collegio, dieci ragazzi, tre streghe, potere, gloria, onore, amore amicizia, odio, segreti, demoni, occhi spenti, cuori chiusi e sorrisi finti.
WITCHES HUNTER.
Dal testo.
-Non mi importa più, di lui, della setta, della gloria. Siete la mia famiglia, combatterò, con voi-Disse Diego con decisione.
-E lo uccideresti, se fosse necessario?-Chiese sospettosa Camilla, fissandolo negli occhi, che sembravano bruciare di una nuova energia, di un nuovo fuoco, di vendetta.
-Morirei, se fosse necessario-
E tutti lo sapevano in quella stanza, che sarebbe potuto succedere.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5

Solitamente dalla tomba si capisce quanto amata fosse una persona, eppure, nonostante Maria Castillo fosse stata  infinitamente amata, la sua tomba era spoglia, adornata solo di fiori secchi, morti che, proprio come lei,  un tempo erano stati  vivi e rigogliosi, stroncati nel pieno della loro bellezza dal sole cocente, dal vento furioso, dalla pioggia pesante per quei poveri delicati petali. Forze che unite assieme divenivano una unica, grande e devastante, come il cancro.

Ne German, ne tanto meno Violetta erano riusciti a rimetter piede in quel cimitero dopo i funerali, ed un anno dopo chiunque passasse davanti alla tomba di Maria non poteva fare a meno di domandarsi il perché della solitudine di quella donna, morta da così poco, dimenticata così in fretta all’apparenza.

Nessuno sapeva quante lacrime avessero versato i suoi cari, quanto dolore avesse dilaniato i loro cuori, quanta sofferenza li avesse colpiti cambiandoli per sempre. Peggiorandoli come solo la morte può fare.

Violetta ricordava, purtroppo o per fortuna, quei tempi felici in cui German sapeva sorridere, sapeva far qualcosa al di fuori di lamentarsi ed innervosirsi, per ogni singola cosa.

Suo padre non era più quel’ uomo buono e gioioso che a cui spesso pensava  con nostalgia, era cambiato, così come lei. Erano entrambi stati distrutti dalla morte, in mille pezzi,  rimodellati come creta dal dolore.

Un urlo squarciò l’aria, potente come un tuono nella notte silenziosa, facendo sussultare Vilu, scuotendola dai suoi pensieri tristi, ce animavano l’insonne nottata.

 Un ragazzo s’agitava nel letto, ansimando, piangendo, pregando, sussurrando frasi sconnesse.

 Il rumore rotto dei singhiozzi e delle urla fece destare i ragazzi dal loro sonno, li fece accorrere nella camera di Leon, che, nonostante fosse sveglio e rassicurato da Federico, che lo stringeva a se amorevolmente, non riusciva a fermare il fiume di lacrime che sgorgava dagli occhi verdi come smeraldi.

Violetta sentì l’irrefrenabile impulso di correre da Vargas, consolarlo, cercare di capire il perché di tutta quella sofferenza che alla fine si era inevitabilmente venuta mostrare, con quelle lacrime, salate eppure amare di sconfitta per Leon, che avrebbe tanto voluto mostrarsi forte, e che al momento si sentiva  come un bambino, incapace di frenare quel suo pianto isterico e apparentemente privo di senso.

-Uscite-Ordinò   in un tono che non ammetteva repliche Federico  che, in quel momento, non riusciva a pensare alle buone maniere, spaventato come era per il suo fratellino.
Perché oramai era palese che tra Leon e Fede ci fosse più uno splendido legame d’amicizia. Vargas era per Pasquarelli il fratello minore mai avuto, da proteggere e  tenere lontano dalla cattiva strada, facendo in modo che non commettesse i suoi errori.

-Maxi sbattili fuori!-Gridò ancora con un accenno di ire notando come nessuno dei suoi amici accennasse ad uscire.
Maxi, a malincuore, chiuse loro la porta in faccia, lasciandoli interdetti, curiosi, alcuni forse un po’ preoccupati.

Camilla non era certo tra loro. Non era curiosa, preoccupata o impietosita dalle lacrime bambinesche di Leon. Ne era indifferente, come era indifferente a qualsiasi altro problema dei suoi compagni, che ne erano pieni.

Doveva ammettere che era capitata in un’ annata difficile, difficile per chi come lei doveva sentire ogni singolo pensiero dei suoi strani coinquilini, rimanerne indifferente, distinguere ciò che viene detto da ciò che viene pensato e scovare le streghe. I suoi coinquilini poi erano così  anormali, che sembravano usciti da un film di scarsa qualità,  e soprattutto, il loro passato, era tanto crudele e incredibile da sembrare un romanzo uscito male, un ridicolo drammatico libro dalla trama scontata e troppo intrecciata.

I suoi poteri, per quanto senza di essi si sentisse vuota e insensata, erano tra i più fastidiosi mai avuti.  Sentiva ogni tragica stupida idea di quelle menti deviate dalla vita tremenda  che i suoi amici avevano avuto.
 
Federico strinse Leon a se, carezzandogli i capelli castani impregnati di sudore.

-Calmo- Gli sussurrava –Leon calmo era solo un incubo-
-Ho paura-Sussurrò Vargas con voce terrorizzata, che indusse Pasquarelli a stringere ancor più la presa su di lui. Paura. Leon ,che tanto s’atteggiava a duro, aveva ammesso di essere spaventato, e Federico sapeva che, per arrivare a confessarglielo, doveva essere veramente terrorizzato. Il perché rimaneva un mistero che Fede era deciso a svelare .

-Di cosa hai paura Leoncino?-Domandò dolcemente Federico, utilizzando quel soprannome tanto odiato dal suo amico
-Di lei- Rispose inghiottendo rumorosamente il giovane.
-Chi è lei?- Insistette l’altro ragazzo mentre lanciava uno sguardo preoccupato a Maxi.
-Nessuno-  Sussurrò il ragazzo dagli occhi verdi, rendendosi conto di aver parlato troppo, che ormai aveva fatto intuire qualche cosa, e doveva assolutamente riprendersi o la paura gli avrebbe fatto vuotare il sacco, rendendolo poi non solo il debole della situazione, ma anche quello vulnerabile, da trattare con i guanti perché ha avuto un difficile passato.
Leon non voleva. Aveva fatto in modo che nessuno lo scoprisse per ben 16 anni, non poteva crollare in quel momento, in cui  era al sicuro tra le braccia forti del suo migliore amico, dove l’unico pericolo erano i ricordi.
-Leon. Ti prego dimmelo- Lo supplicò Fede. Vargas scosse la testa.
-Non sono pronto ora, non ce la faccio- Si giustificò sapendo che così dicendo nessuno avrebbe chiesto altro.
Pasquarelli sospirò e strinse ancor più a se Leon, con l’intenzione di fargli sapere che c’era, che non lo avrebbe lasciato, mai, per nessuna ragione.


Maxi uscì dalla stanza, con  la scusa di rassicurare gli altri che si erano oramai ritirati nelle loro stanze. Si sentiva di troppo con i suoi compagni, che tra loro avevano un rapporto molto più profondo di quanto Ponte credesse. Li invidiava, forse perché lui non aveva ancora trovato un amico così, da trattare come un fratello, oppure perché, anche se non lo facevano apposta lo facevano sentire a disagio.

Camminò attento a non far troppo rumore verso la cucina per bere un bicchiere d’acqua. Sobbalzò non appena vide una figura, che, solo successivamente lo spavento, riconobbe.

La rossa Camilla se ne stava a braccia conserte sul  tavolo, con lo sguardo annoiato e vagamente infastidito, il trucco colato e le labbra, per la prima volta, di un colore umano.

-Hey-La salutò Maxi sedendosi accanto a lei.
-Ciao- salutò con molta meno euforia Cami.
-Che ci fai qui?-Domandò il rapper, sfoggiando un sorriso agli occhi della punk un po’ troppo sgargiante per uno che non voleva tornare nella sua camera, alle tre di notte, perché si sentiva in imbarazzo.
-Ci abito- Rispose annoiata la Torres.
-Si ma.. intendo.- Maximiliano venne interrotto bruscamente dalla punk.
-Qui? In cucina dici? Bhe per colpa di quell’idiota di Leon le ragazze ora non riescono più a dormire e si stanno ponendo un mucchio di inutili domande, raccontando i segreti e tutte quelle cavolate da bambine di tre anni- Sbottò
 

-Leon ha avuto un incubo non è stata colpa sua- Replicò Maxi bevendo un bicchiere d’acqua.
-Si..Pensala come ti pare. Per me siete tutti dei grandi idioti- Detto questo Camilla s’alzò, passando davanti al bagno delle ragazze udì i pensieri di Ludmilla che intanto se ne stata davanti al water, vomitando l’anima.

Sentì  quanto odio provasse quella giovane per il suo corpo, che nonostante fosse troppo magro, vedeva enorme.

Capì che dietro quella maschera da egocentrica snob si nascondeva una ragazza fragile, eppure, per qualche strano motivo, Camilla percepiva in lei per la prima volta una strana forza. E Camilla realizzò che quell’insignificante problematica biondina della Ferro, come lei, possedeva una forza magica, abbastanza potente da essere percepita in un momento di debolezza come quello.

Camilla chiuse gli occhi, strinse le mani un pugno, scrutò nell’ anima della Ferro, con la mente penetrò in lei e nel suo spirito. E poi lo vide, conservato in quella gracile piccola creatura, vi era il potere o maledizione che dir si voglia, che tutte le streghe avevano sempre ripudiato, che nessuno avrebbe mai voluto e che, in tempi come quelli, era però dannatamente utile contro gli stupri, più dello spray al peperoncino. Ludmilla Ferro aveva il potere della vedova nera, potere che, oltre a permettere l’utilizzo di normali incantesimi, causa la morte di chiunque intrattenga un rapporto sessuale con la strega dotata di questa maledizione.

Camilla sorrise, immaginando la faccia sconvolta della Ferro quando lo avrebbe scoperto, mentre faceva l’amore con uno dei ragazzi della casa, uccidendolo. Perché la punk, per qualche inspiegabile motivo, provava un grande odio per Ludmilla, e non l’avrebbe certo allertata. No, l’avrebbe guardata soffrire.

Sapeva di essere crudele, sapeva di non essere sempre stata così, eppure la voglia di potere la rendeva folle e priva di sentimento. La suprema, capo delle streghe, stava per morire e una giovane strega avrebbe preso il suo posto. Una giovane forte, innovativa ed esperta, fredda e calcolatrice. Con una Ludmilla distrutta dal dolore c’era una strega in meno da annientare per il potere.

Già, Cami si faceva schifo da sola, infondo però era veramente geniale.


La mattina dopo Marco si svegliò. Il sorriso che solitamente dipingeva il bel volto era spento, spento da quando aveva notato il cambiamento repentino di Francesca nei confronti suoi, ma soprattutto di Diego.

Non sapeva cosa fosse successo tra i due, ma qualsiasi cosa fosse aveva verificato la teoria di Marco sul fatto che tra la ragazza dei suoi sogni e il suo compagno di stanza ci fosse dl tenero.

Ponce de Leon sentì una fitta al cuore al solo pensiero di quei sue assieme. Sapeva che Dominguez stava con Violetta, ma cosa gli avrebbe impedito di scaricarla per mettersi con Francesca? Nulla. Non ci sarebbe voluto nulla, e lei gli sarebbe corsa tra le braccia, cadendo nella sua trappola. Lasciandolo.

Marco sapeva di non poter pretendere di bastare a Francesca, lui, che era così poco duro, così poco muscoloso, così poco bello forse. Lui che le avrebbe donato tutto l’amore del mondo ma che non risultava affascinante come quel bastardo di Diego, che a differenza sua, le avrebbe spezzato quel suo grande cuore romantico, innamorato del sogno di una storia perfetta.

Uscì in cortile, sedendosi sulla panchina, inspirando profondamente l’aria fresca di prima mattina.

-Marco-Una voce melodica e dolce chiamò il suo nome, facendo aumentare notevolmente i battiti del suo cuore.

Francesca corse verso di lui, con il sorriso sulle labbra che tanto Marco desiderava, muovendo frenetica le magre gambe scoperte dal vestitino che indossava.

-Fran- La salutò lui con un cenno di mano e un finto sorriso ad incurvare le labbra fini.

-Senti io ti devo parlare- Affermò la mora sedendosi accanto a lui, assumendo un’espressione seria.

-Dimmi- Disse il ragazzo cercando di non farsi prendere dall’ansia e dalla paura di quanto avrebbe potuto dirgli.

-Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto-Iniziò l’italiana, mentre Marco la osservava con occhi sognanti-La migliore Marco veramente. Mi sei stato vicino nell’ultimo mese, mi sei stato amico senza pretendere di sapere nulla del mio passato in più di quello che ti avevo detto. Mi hai fatto ridere sai? Si con te ho sorriso per la prima volta in vita mia. Dio non sorridevo veramente da secoli o forse da quando sono nata non so. So solo che se ora riesco ad essere felice nonostante la mia vita faccia  abbastanza schifo ed è grazie alla tua presenza. E poi se dolce, dolce come pochi, e  bello, bello dentro, ma anche straordinariamente sexy fuori. Mi vuoi bene veramente- Fran abbassò lo sguardo, mentre perdeva tutto il coraggio usato per pronunciare quelle parole.
Il suo discorso non era finito, eppure non riusciva a continuare, bloccata dalla gola improvvisamente arida e dal battere furioso del cuore.
Non sapeva se quello che stava per pronunciare fosse giusto nei confronti di Marco,di Diego e anche suoi, eppure sentiva l’irrefrenabile bisogno di fare qualche cosa per chiarire i suoi sentimenti contrastanti. Per fermare l’attrazione sempre più forte verso Diego.

-Io voglio stare con te Marco- Sussurrò infine, sapendo che quella strana sensazione che provava stando con il giovane Ponce de Leon non era minimamente paragonabile all’attrazione che provava per Dominguez.

Che per quanto volesse bene a Diego, Marco era l’unico che la rendeva veramente felice, di una felicità totale, assoluta. Diego era problemi, Diego era il proibito. Marco la gioia, Marco la stabilità di una vita serena.
Marco l’amava, Fran lo sapeva. Diego no, a Diego piaceva forse, ma non l’amava. Non come Marco. 

Il ragazzo guardò l’italiana. Stupito.

Le sorrise, veramente, lasciando che l’allegria che provava in quell’istante invadesse anche la giovane. Con occhi che brillavano Marco la scrutò per alcuni interminabili istanti.

Le carezzò il volto d’angelo, poi la nuca. Con un gesto dolce e per nulla forzato, le avvicino il volto al suo. Cercò nello sguardo della ragazza la conferma per poter continuare e non appena la trovò, posò le labbra sulle sue.
Erano morbide proprio come immaginava, e combaciavano alle sue come due pezzi di puzzle.  Le passò le mani tra i capelli lisci mentre lei  lo tirava ancor più a se per la magliettina, rischiando di strapparla.

-Ti amo- Sussurrò lei sulle labbra di lui. Quelle due parole che Marco pensava non avrebbe mai udito da Francesca gli diedero una nuova scossa d’energia, aumentando ancor più il suo desiderio di averla vicino.
Continuando a baciarla prese in braccio, sulle gambe. Le mani inesperte di Fran gli carezzavano il petto frenetiche e desiderose di strappare i vestiti che ora sembravano essere di troppo. Ponce de Leon le baciò il collo, lentamente, assaporando il momento, mentre l’italiana lanciava qualche risatina isterica di nervosismo e giocava con i riccioli del suo nuovo fidanzato.

-Ti amo- Ripeté la giovane, con una nuova sicurezza nella voce  e nel cuore, che non lasciava spazio a dubbi  o incertezze. Perché non ce ne erano. Francesca lo aveva capito che era Marco l’unico che voleva.

-Dio quanto ti amo- Rispose Ponce e Leon continuando a riempirle il collo di dolci baci.

Federico osservava la scena ridacchiando dalla finestra in salone.

-Che guardi?-Chiese Ludmilla rivolgendogli la parola, per la prima volta da quella notte della settimana precedente, senza gridargli contro quanto lo odiasse.

-Quei due- Rispose Federico indicando con il capo la nuova coppia.

-Sono carini- Ammise la bionda accennando un sorriso che fece incantare Pasquarelli. Era bellissima, nonostante fosse troppo magra, nonostante avesse i capelli che sembravano un informe massa d’orata, e gli occhi completamente struccati, era perfetta.

-Lo potremmo essere anche noi- Le fece notare il giovane voltandosi verso di lei.
-No. No, non lo potremmo mai essere. Lui ci tiene veramente a lei, se ne accorgerebbe anche un cieco,  non la vede come un giocattolo- Rispose  Ludmilla in un tono vagamente triste e deluso che fece stringere il cuore a Federico, non sopportava che stesse male, soprattutto se per colpa sua. La bionda si girò intenta ad andarsene da quella situazione che avrebbe voluto evitare e nella quale si era trovata all’improvviso, dalla quale voleva solo scappare. Voleva correre via dall’unico ragazzo che forse provava un po’ di interesse per lei nonostante il suo corpo deforme. Voleva scappare via l’unico che almeno un po’ l’aveva cambiata, dall’unico che era riuscito ad entrarle nel cuore. Voleva andarsene da lui perchè ormai per Federico provava sentimenti troppo, troppo forti per essere repressi o negati. Perché ormai era sicura d’essersi innamorata perdutamente di quell’ idiota.

-Io ci tengo a te Lud-Sussurrò Fede prendendole il polso, tanto magro e fragile che ebbe paura di poterglielo rompere, facendola voltare.

-Ci tengo-Ripeté con voce roca e suadente, fissandola con gli occhi marroni addolciti da quella nota di dispiacere che aveva udito nella giovane. Erano talmente vicini che Ludmilla poteva sentire il respiro caldo del ragazzo sulle sue labbra. Tremò, scossa dai brividi d’eccitazione.

-Dimostramelo diamine. Non…trattarmi come una da sbattere e poi dimenticare-
-Come vuoi che te lo dimostri. Vuoi che mi inchini? Che ti  compri un anello? Dimmelo- La pregò il giovane passandosi una mano tra i capelli spettinati.

-Veramente pensi che io voglia questo?! No cazzo. Io non voglio una proposta o un anello, nemmeno mille anelli. Non voglio oggetti materiali, di quelli ne ho anche troppi,  voglio solo un po’ d’amore. Voglio che tu mi ami Federico Ok?! – Gridò l’anoressica abbassando il capo e allontanandosi da lui.

-Amarti?-Domandò titubante Pasquarelli  che non aveva mai pensato che quello che provava per Ludmilla fosse amore, ma effettivamente poteva esserlo. Non riusciva a  vederla star mare, a sopportare i suoi sguardi carichi d’odio, i suoi rimproveri. S’ accorgeva d’ogni suo cambiamento, di ogni sua mutazione. Era felice solo avendola vicino, più l’aveva e più la voleva. Ludmilla era droga. L’amore era droga.  Ludmilla era amore.

-Si Pasquarelli, amarmi. Amarmi come ti amo io-Confessò a testa alta la biondina, stanca di fingere, stanca di mentire, desiderosa di confessare tutto.

-Lud io…forse..fose ti amo…io non lo so..non mi è mai successo..non lo so..ma noi..potremmo provarci volendo- Bisbigliò l’italiano grattandosi la nuca.

-Non voglio un forse Fede, quando lo saprai e ne sarai certo allora, magari, potrebbe esserci un noi-
 

Natalia sbadigliò rumorosamente destando le risa di Maxi che faceva colazione accanto a lei.

-Hai l’aria di una che non ha chiuso occhio- Le disse il rapper.
-Perché è vero diamine Ludmilla mi ha tenuto sveglia tutta la notte- Affermò la spagnola posando il capo sul tavolo.

-E perché mai?-Chiese Maximiliano curioso.

-Bho erano tipo le cinque di mattina e  stavo dormendo beatamente dopo che Leon ci aveva svegliati e lei mi viene a svegliare per parlarmi di Federico-

-Federico?-Domandò Maxi sbalordito.
-Dio non mi dire che non te ne sei accorto vero?- Nata addentò un biscotto.
-Di cosa?- Maxi le prese un biscotto dalle mani e lo mangiò
-Che quei due si piaccio- Rispose la riccia come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo

-Io ero sicuro che a Fede piacesse la tua amica me che lei lo corrispondesse…Dio sono sconvolto-Affermò il moro in un tono vagamente ridicolo. Natalia rise di cuore.  A Maxi piaceva il suono della risata cristallina della sua amica, era forse il suono più incantevole che avesse mai sentito. Lo rendeva felice


Diego si prese la testa tra le mani, mentre lacrime silenziose solcavano le guancie di colui che si era sempre considerato un duro.

Forse la mancanza d’affetto lo aveva portato ad attaccarsi così a Francesca, forse la voglia d’amore, eppure non riusciva a non pensare alle bella italiana che gli era entrata dentro, rendendolo un debole incapace d’uccidere i suoi nemici.
Francesca era un suo nemico, era una strega, e lui non riusciva a torcerle un capello, o, addirittura, ad avvicinarsi a lei.
Era forse un vero Witches Hunter questo?  Era forse un vero Dominguez?

Sentiva già le parole crude e fredde di suo padre rimproveralrlo per la sua incapacità.  
Diamine! Avrebbe così tanto voluto dimostrare il suo valore, ma non riusciva. Era per lui impossibile. Non poteva, ne voleva, uccidere Fran, osservare la vita scivolare via dagli occhi dell’amata. Non voleva spegnere il suo sorriso. Non voleva che la pelle morbida e calda che solo una volta aveva accarezzato divenisse fredda e dura.
 
Gli era ancora impossibile credere che la dolce ragazza mora, che solo due giorni prima era stato vicino al baciare, fosse una strega, un mostro. Sembrava più un angelo lei, con il suo sorriso splendente e gli occhi luminosi come stelle nel cielo scuro notturno. Non poteva essere un diavolo, una strega.

Prese il tacquino dove sin da piccolo metteva in canzone le sue emozioni.

You're so hypnotizing 
Could you be the devil 
Could you be an angel 

Your touch magnetizing 
Feels like I am floating 
Leaves my body glowing 

They say be afraid 
You're not like the others 
Futuristic lover 
Different DNA 
They don't understand you 

Scrisse velocemente, con mano sicura, mentre le lacrime machiavano il foglio di carta. Lo accartocciò e buttò lontano da lui, e gettò la testa all’indietro preso dalla rabbia, dei pensieri contrastanti sul da farsi.
Diego Dominguez era al bivio. Doveva scegliere. O l’amore o la gloria che per anni aveva agognato.

Si, era in un bel guaio.


-Leon-Chiamò Vilu entrando nella camera del giovane che dormiva ancora profondamente.
S’avvicinò al letto, con passi traballanti di incertezza.
Si chinò accanto al ragazzo, scostandogli una ciocca di capelli dal volto perfetto.

Si intenerì, notando come pacifico e sembrasse il suo sonno e come un leggero sorriso increspasse le labbra del giovane.

Si sporse di più verso di lui e gli carezzo il collo,  le labbra, poi di nuovo il volto. Un irrefrenabile istinto la fece avvicinare ancor di più. Gli baciò la guancia e poi le labbra, mentre un espressione di dolore e fastidio di impresse sul viso di Leon, che, inizio a piangere.

Un urlo squarciò l’aria,  potente come un tuono in quella serena giornata di primo Ottobre.

Un urlo squarciò l’aria, spaventando Violetta, facendo accorrere Federico e Ldumilla, interrompendo Marco e Fran, fermando i pensieri di Diego, facendo scattare Maxi e Nata, lasciando indifferente Camilla.

Un urlo squarciò l’aria, segno che gli incubi di Leon Vargas erano tornati. E a tutti apparve chiaro. Al loro amico era accaduto qualche cosa di brutto.

 
Angolo Autrice.
Ciao Care! Scusate il ritardo. Eccomi qui conil nuovo capitolo. 
Allora iniziamo con Leon, che ha gli incubi, e qui, non viene tanto approfondita la leonetta quanto il rapporto Leon Fede che io personalmente sto amando in questa storia.
Poi  viene approfondito il personaggio di Cami fino ad ora un po' marginale. Ludmilla è una stregha ma lei non lo sa, e inoltre ammette di essere innamorata di Fede, che non è sicuro però dei suoi sentimenti.
Poi ci sono i Marcesca sui quali mi sono concentrata. allora qui abbiamo un primo bacio molto approfondito che spero vi sia piaciuto.
I Naxi che per ora sono solo amici.
Diego alle prese con una scelta difficile.
Violetta che risveglia gli incubi di leon.
Che ve ne è parso? 
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Baci
  
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