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Autore: Jiulia Duchannes    14/07/2014    7 recensioni
PARINGS: LEONETTA-MARCESCA-DIECESCA-NAXI-FEDEMILLA-DIEGHETTA accenni PANGIE
Introduzione modificata.
C'era Diego, che voleva solo l'amore di suo padre e la gloria.
C'era Violetta che si mascherava da puttana, e non lo era.
C'era Leon che aveva gli occhi spenti.
C'era Francesca che con la sua dolcezza si faceva amare da tutti.
C'era Marco che era troppo perfetto.
C'era Maxi che sorrideva per finta.
C'era Ludmilla con le gambe troppo magre.
C'era Federico che faceva lo stronzo.
C'era Nata con le felpe larghe.
C'era Camilla con il rossetto nero.
Una setta di cacciatori di streghe, un padre che non sa amare, un collegio, dieci ragazzi, tre streghe, potere, gloria, onore, amore amicizia, odio, segreti, demoni, occhi spenti, cuori chiusi e sorrisi finti.
WITCHES HUNTER.
Dal testo.
-Non mi importa più, di lui, della setta, della gloria. Siete la mia famiglia, combatterò, con voi-Disse Diego con decisione.
-E lo uccideresti, se fosse necessario?-Chiese sospettosa Camilla, fissandolo negli occhi, che sembravano bruciare di una nuova energia, di un nuovo fuoco, di vendetta.
-Morirei, se fosse necessario-
E tutti lo sapevano in quella stanza, che sarebbe potuto succedere.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6
 
Cause all of me loves ol of you,
All your curves and all your edges all your perfect imperfection, give you  all to me you give me all to you, you’re my end and my beginning even when I lose I’m winning 


Ludmilla chinò il capo imbarazzata, passandosi una ciocca di capelli d’oro dietro l’orecchio.
Federico la scrutava, con un accenno di sorriso in volto. Se ne stava fermo sul quel palco, con il microfono in mano, chiudendo gli occhi di tanto in tanto, cambiando espressione a seconda delle parole che doveva intonare.
Rimasero tutti impressionati nell’udirlo, ma, soprattutto, nel guardarlo cantare, senza troppo movimento, riuscendo però a trasmettere emozioni vere, profonde, che nessuno dei suoi amici, se non forse Leon, gli avrebbe attribuito.

Aveva deciso di cantare quella canzone per il compito assegnato da Angie, che consisteva nel dedicare una canzone a qualcuno e concentrarsi sull’interpretazione, all’improvviso, appena aveva udito la consegna dell’insegnante.
Aveva pensato alla sua piccola fragile Ludmi.

Quella canzone sembrava essere stata scritta apposta per loro, apposta per lei.

Si era sentito un vero idiota, quando, quattro giorni prima, s’era reso conto per la prima volta, di quello che, ragionandoci un po’, era palesemente chiaro.
Ludmilla, la snob, viziata, figlia di papà, era anoressica.
L’aveva colta sul fatto, nel cuore di una notte più tosto calda, quando, non riuscendo a dormire, s’era alzato per andare a vedere un po’ di tv, e, passando di fronte al bagno delle ragazze aveva sentito dei gemiti, seguiti a singhiozzi. La porta era socchiusa, stranamente, perciò, Federico, decise d’entrare senza curarsi del bon-ton o di ciò che avrebbe potuto trovare.

E quando la vide capì.

Se ne stava accovacciata vicino al wc, con le mani sul volto singhiozzante, i capelli biondi legati in una cipolletta sfatta, il pigiama buttato a terra, davanti allo specchio, il reggiseno troppo grande, le costole in vista, la gambe che sembravo ossa.
Pasquarelli rimase impietrito, scioccato. L’odore acre del vomito gli face storcere il naso, ma non ci badò più di tanto.

Le si avvicinò, le posò una mano sulla spalla ossuta, lei alzò lo sguardo, lui le sorrise incoraggiante, come si fa con un bambino che s’è fatto la bua.

Le asciugò le lacrime, che continuavano a scivolare sulle guance,  con il pollice.
S’alzò, rendendosi conto che la porta era rimasta aperta, e la chiuse a chiave, sotto lo guardo spaventato di Ludmilla, che aveva paura se ne stesse andando ora che sapeva il suo segreto e che l’aveva vista in ogni sua deformità.

IL ragazzo di sedette al suo fianco e le passò una mano attorno alle magre spalle, facendo attenzione a non stringerle troppo,  perché in quel momento sembrava così fragile che aveva il terrore di romperla con una minima pressione.
La giovane posò il capo sulla spalla di Fede, mentre il sapore delle lacrime salate arrivava alla bocca.
-Perché?-Chiese Federico.
Ludmilla non rispose.

-Perché?-Insisté  l’italiano,  prendendola per le spalle e facendola voltare verso di se.
La Ferro chinò il capo, mentre i singhiozzi la scuotevano il gracile corpo.
-Perché cazzo lo fai Ludmilla!-Le gridò contro esasperato il ragazzo.
-Guardami! Sono un mostro Fede! Sono così fottutamente enorme! Sto solo cercando di tornare in forma…non faccio nulla di male- Rispose la bionda in fine.
-Nulla di male? Enorme? Mostro? Dio mio Lud, no! OK? No! Sei perfetta ok? Eri perfetta, e lo sei ancora, e lo saresti di più se la smettesti di rovinarti così- LE spiegò il giovane scuotendo il capo.

Luidmilla non voleva crederci, non sarebbe bastata qualche parolina a farle cambiare idea.

-Alzati-Le ordinò tendendole la mano per aiutarla.
La trascinò, quasi a forza, verso il lungo specchio che stava in un angolo della stanza.
La posizionò lì davanti e si mise dietro di lei.
Lud voltò la testa, non voleva guardarsi, non voleva.
-Guardati-Le  sussurrò  Federico all’orecchio, carezzandole le costole cje si potevano ben riconoscere.
La bionda si mosse, lentamente, intimorita, tremante quasi. Si voltò e fissò il suo
riflesso allo specchio.

Per la prima volta si vide per ciò che era in realtà.

Toccò la pancia, troppo piatta, le gambe troppo magre, il seno ormai quasi inesistente, il volto scarno.
Era comunque un mostro.
-Io sono così?-Domandò con ingenuità paragonabile solo a quella diun bambino la Ferro.
-Si, sei così- Le rispose Pasquarelli sciogliendole i capelli, posizionandoli on cura sulla schiena.
-Sono così…Sembro uno scheletro….faccio schifo-Bisbigliò la ragazza mentre altre lacrime le solcavano le guance.
Federico la abbracciò da dietro, baciandole il collo, carezzandole ogni parte del corpo che vedeva deforme.
-Non è un problema piccola, a me piaci anche così e, inoltre, ci penserò io a rimetterti in forma, ti cucinerò ogni piatto italiano di cui sono capace, mi assicurerò che ti riprenda a mangiare normalmente un po’ alla volta e  la notte veglierò su di te, così che tu non possa fare stronzate. Non ti lascerò un momento. Promesso-Le sussurrò all’orecchio.

Ludmilla sorrise leggermente tra le lacrime.

Quello era il suo Federico, quello di cui s’era innamorata, quello che si celava dietro la maschera, che lei, era riuscita a far cadere.
Quello era il suo Fede, quello era colui che avrebbe sempre voluto con se.
 
 
 
 
No I can't take one more step towards you, cuz all that's waiting is regret
And don't you know I'm not your ghost anymore, you lost the love I loved the most
I've learned to live half alive, and now you want me one more time


Leon chiuse gli occhi, stringendo I pugni fino a farsi male, sapendo che quelle parole, così dure eppure così vere, che Violetta saltava cantando con un’intensità che mai le aveva visto,  erano per lui, che altro non aveva fatto se non cercare di riaverla per se, sapendo che Diego non l’amava, sapendo che le serviva qualcuno che le volesse bene tanto quanto, o magari più, di lui stesso.
 Violetta lo fissava, negli occhi,  gli occhi che le avevano fatto perdere la testa.
Occhi che aveva visto piangere, soffrire, e subito dopo ridere, come se nulla fosse accaduto.
Occhi che l’avevano scrutata come solo loro sapevano fare, che incatenandola a loro l’avevano fatta riavvicinare improvvisamente a Vargas, il quale era tornato da lei, senza un perché, pretendendo di riacquistare il posto speciale che occupava prima di quella dannata sera in discoteca dove lui stesso aveva rovinato tutto.

Violetta non aveva certo smesso di essere attratta dal messicano, eppure aveva provato ad andare avanti, stando con Diego, a dimenticarlo, rendendosi conto di quanto non valesse la pena di stare male per uno che l’aveva mollata ancor prima di mettersi insieme.
Era certa che tornando ad avere un qualsiasi tipo di rapporto con il bel giovane, l’unica cosa che ne avrebbe ricavato sarebbe stata un’altra grande delusione, eppure non riusciva a steccarsi totalmente da lui. Erano collegati, in qualche modo assurdo, erano collegati.
Leon era rientrato in gioco con lei, non appena s’era accorto del rapporto malato che intratteneva con Dominguez.

Che poi malato? A Violetta non sembrava un rapporto malato. Si usavano a vicenda, per dimenticare, per divertirsi, non c’era nulla di malato finchè erano d’accordo entrambi.
Vargas s’accorse della falsa attrazione tra Dominguez e la Castillo  quattro giorni prima quando Diego distolse  lo sguardo, stringendo i pugni tanto fortemente la far divenire le nocche bianche, guardando  Marco e Francesca assieme, abbracciati l’uno all’altra, probabilmente  sapendo che sarebbe potuto starci lui lì, con lei, a carezzarle i capelli con dolcezza che nessuno gli avrebbe mai attribuito ma che sapeva avrebbe  posseduto quando si trattava dell’italiana. Si sentiva ferito, deluso, incredulo forse. Leon certo non lo sapeva, sapeva solo, lo si vedeva lontano un miglio. che per Violetta non provava nulla, nemmeno la metà di quello che, lo avevano capito tutti ormai, provava per Francesca

Lo spagnolo strinse Violetta a se con un braccio facendole posare il capo sulla sua spalla.
Si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con la sua ragazza giocattolo. Incurvò le labbra in quello che avrebbe voluto essere un sorriso, ma che sembrava più un ghigno.
Portò una mano sul fondoschiena della Castillo, e, palpandolo con forza, lo spinse lentamente verso se, tanto da ritrovarsi l’uno attaccato all’altra.
Vilu sorrise per quel gesto inatteso ed improvviso, che sempre le faceva piacere da parte del giovane,  mentre il naso di Diego sfiorava il suo, solleticandolo, e,  con movimenti sicuri ed esperti cominciò ad esplorare con la lingua la bocca dal ragazzo, cercando il piacere che quei baci, che di casto avevano ben poco, le donavano.
Dominguez continuò a palpare la giovane ovunque mentre le mordicchiava il collo e le labbra colorate di rosso fuoco, depositandovi  ogni tanto qualche bacio, che aveva un non so che di violento, che spaventò Violetta e irritò terribilmente Leon , ma che allo stesso tempo  eccitò notevolmente la bella ragazza.  Si strinse al suo ragazzo ancor più inspirando l’odore di muschio che emanava, e che lei adorava,  giocò con i  capelli corti, mentre lui infilava una mano nei pantaloncini troppo corti, carezzandole le cosce scoperte.

Osservandoli Vargas,  si rese ancor più conto, che non vi era dolcezza nel  rapporto di Diego e Violetta, solo sessualità. E non lo sopportava perché la Castillo si meritava qualcuno che tenesse a lei veramente, come lui.
Non era sicuro di poter intrattenere una relazione con lei, soprattutto ora che gli incubi lo perseguitavano ogni notte, ma voleva provarci, doveva provarci. Doveva salvarla.
Provò a dirglielo, entrando in camera sua, cercando di scusarsi per quella brusca separazione, abbracciandola, sforzandosi enormemente per farlo.
Aveva letto una specie di cedimento negli occhi nocciola di lei, quando l’aveva stretta a se prendendola per la vita, carezzandole con delicatezza, che Diego mai le riservava,  la guancia.
-Possiamo provarci.Sono stato un imbecille Vilu, lo so, ma ti giuro che non accadrà più- Aveva sussurrato al suo orecchio, provocandole dei brividi.
-Perché? Perché te ne sei andato Leon?-Domandò la ragazza
-Non posso dirtelo..non ne sono pronto..è complicato- Rispose il ragazzo, scostando gli occhi verdi dai suoi.
-Finchè non lo saprò non potrà mai esserci un noi Vargas, mai. Non posso stare con qualcuno che non si fida di me- Spiegò delusa Violetta aprendo la porta, facendo segno a Leon di uscire.
-Ma puoi stare con qualcuno che non tiene minimamente a te, giusto?- Chiese con un accenno di rabbia nella voce il giovane, piazzandosi nuovamente di fronte a lei.
-Esci- Ordinò Vilu indicando con l’indice la porta.
-Rispondi- Insistette Leon.
-Esci!- Gridò Violetta spingendolo fuori e chiudendo la porta con un sonoro botto.

Quei botti, il rumore delle porte sbattute, delle grida irate, l’odore della rassegnazione, della rabbia, del dolore. Violetta era abituata a tutto quello.
Dio quanto era stata male all’inizio Vilu, le faceva male l’indifferenza di suo padre, il suo comportarsi come nulla fosse, il suo vivere normalmente.

Violetta non voleva essere normale, non più, non come prima.

Le parole erano sempre uguali in casa Castillo, sempre come prima che Maria lasciasse marito e figlia.
Sembrava che non fosse accaduto assolutamente nulla. Sembrava che non ci fosse stato alcun lutto.
Parole sempre uguali, uguali a niente, quando niente è come prima, aveva scritto Violletta, con il pennarello nero indelebile, sul muro rosa confetto della sua camera, facendo infuriare German.
Era così la vita per loro. Una perenne ribellione da parte della piccola Castillo e dei nulli tentativi di frenarla da parte di suo padre, che, alla fine, l’aveva lasciata andare, fingendo di non vedere cosa diventava sua figlia giorno dopo giorno, buttandosi nel lavoro.
Doveva ammettere però che le mancavano le urla irate di suo padre, le ricordavano che almeno in minima parte teneva ancora a lei. Ricordava la sua esistenza.
Peccato che non le udisse da mesi.

 How many times will let you me change my mind and turn around?
I can't decide if I'll let you save my life or if I'll drown...
I hope that you see right through my walls
I hope that you catch me cause I'm already falling


Diego lanciò uno sguardo a Francesca, fugace.
Lei nascose il volto nel petto del suo nuovo ragazzo, gesto che Marco prese come affettuoso, infatti accennò un sorriso, ma che Dominguez capì essere dettato unicamente del senso di colpa, ergo non riusciva a guardarlo in faccia.
Probabilmente le faceva male sapere che il ragazzo al quale aveva spezzato il cuore le stesse dedicando una canzone, forse le metteva dei dubbi.
Lo spagnolo lo sapeva di essere l’unico capace di insinuare dubbi nell’italiana, di far crollare le sue difese, di essere il suo sogno nascosto, il suo più grande desiderio, il suo segreto, e nonostante lei avesse scelto Ponce de Leon, sapeva di avere ancora un grande potere su di lei.
 
-Perché lui? Fran..io..lo so che sto con Violetta..so, si che posso sembrare un imbecille, un idiota, lo so. Ma basterebbe un fottutissimo dannato bacio e capiresti..capiresti che posso essere dolce, che posso amarti tanto quanto lui, anzi forse di più. Un bacio e io lascerei Vilu, per te, e tu Marco, per me. E potremmo essere più felici sia io che te- Aveva detto tutto d’un fiato il ragazzo prendendole a forza i fianchi, mentre la mora cercava di spingerlo via.

Bastò alzare il capo, scrutando quegli occhi tanto belli da rimanerne incantata, tanto sofferenti da piangere per il loro proprietario che ogni protesta a quell’abbraccio svanì, lasciandola inerme, immobile, impietrita tra le braccia forti di Dominguez.

 Non aveva forza, ne volontà di respingerlo crudelmente, ma non aveva nemmeno la volontà di baciarlo, per quanto ancora le labbra dello spagnolo fossero il suo sogno proibito, non voleva realizzare quel desiderio proprio in quel momento in cui s’era messa con Marco, che si ricordò, l’aveva baciata con tanta dolcezza e passione da toglierle ogni dubbio.
-Diego- Sussurrò la mora, carezzandogli la guancia liscia con delicatezza ed affetto negli occhi.
-Ti prego-La supplicò con voce talmente pietosa che, in un altro momento, se ne sarebbe vergognato, e, addirittura , pentito di averla utilizzata.


Ma in quel momento, in quel momento, la voce, rispecchiava assolutamente quel suo stato d’animo così terribilmente distrutto.
Si avvicinò a lei lentamente, inclinando il capo, e, per la seconda volta nel giro di pochi giorni fu vicino al baciarla.
Bastò sfiorare leggermente le sue labbra rosee, poco prima che lei si allontanasse, per farlo sentire in paradiso, toccare il cielo, le stelle.
Lo spinse via, riluttante, avvicinandosi alla finestra, per fissare il tramonto.
-No. No Diego, ti voglio bene ma…-Cominciò l’italiana che venne interrotta dallo spagnolo.
-No, non mi dire che non provi nulla per me. Io lo so ok? Lo so che ti piaccio, che mi vuoi, lo leggo nei tuoi occhi-
Francesca chinò il capo, lasciando che i capelli le coprissero il bel volto giovane, mentre Diego l’affiancava e le carezzava il braccio.
-Mi dispiace, anche se fosse è di Marco che sono innamorata, devi capirlo. Lui è il mio migliore amico, una sorta, ed io la sua, ma ci amiamo di più di due migliori amici. Capisci? E’ una cosa rara, amarsi ed essere amici. Quasi impossibile, ma a me sta accadendo e non voglio rinunciarci Diego, non per te, perché non ti amo- Spiegò
- Ma anche io e te siamo amici Fran. Diamine sei la mia migliore amica, l’unica, e..ti amo..e anche tu, in qualche strano modo nascosto mi ami- Cercò di convincerla Dominguez prendendole le mani nel disperato tentativo di avvicinarla a se.
-Mi dispiace- Bisbigliò Francesca uscendo dalla stanza, che s’era fatta improvvisamente troppo stretta per lei, dove l’aria le mancava ed il peso della scelta era sempre maggiore.

Dove il senso di colpa la schiacciava.

Subito dopo si diresse da Marco, uscirono insieme, cercò di dimenticare lo sguardo di dolore di Diego, il suo volto, ma, soprattutto, il brave contatto tra le loro labbra.
 Marco stringeva la mano di Fran, per lui i  suoi baci erano quanto di più dolce ci potesse essere, la sua voce il suono più melodioso, il suo aspetto simile a quello perfetto di una statua greca o romana.

Stava con lei da poco eppure erano stati dei fantastici momenti i loro, i  più belli della sua vita. Non s’era mai sentito più libero e gioioso, nonostante Diego continuasse a provarci con Francesca, era molto più sicuro di se. Sapeva che quello che c’era tra loro era molto più profondo dell’ evidente attrazione tra Dominguez e l’italiana.

Una vola tornati si sdraiarono sul letto di Francesca, a fissare il soffitto azzurrino. L’unico rumore era quello dei loro respiri.

La ragazza aveva il capo posato sul petto di Marco e ascoltava il battito vigoroso e costante del suo cuore, il suono più magico esistente dopo la voce di Ponce de Leon.
-Ti amo- Aveva detto spontaneamente, posando un delicato bacio sulle labbra del moro, sedendosi a cavalcioni sulle sue gambe.
Non sapeva per quale motivo avesse pronunciato quella frase, tanto breve quanto importante ma sottovalutata, sapeva solo che era quello che sentiva di dover dire, di dover far capire, al lui e soprattutto a se stessa.
Sentiva solo di aver bisogno di nuove certezze dopo quanto accaduto con Diego, di essere sicura che Ponce De Leon fosse il ragazzo giusto, che non stesse sbagliando. E se un bacio le aveva dato sicurezza cosa sarebbe successo portando il loro rapporto ad uno stradio successivo?

Marco le prese le vita e, facendola cadere, la fece sdraiare su di se, carezzandole la schiena.
-Anche io-Aveva risposto immergendo il capo nell’incavo del collo di lei, inspirando il suo profumo naturale, che però, quel giorno era stato coperto dai profumi di marca che tanto piacevano all’italiana.
-Ti voglio- aveva sussurrato Francesca, baciandogli il petto, e, poi, con gesti insolitamente sicuri,sfilandogli la camicia.
Marco la lasciò fare. Non sapeva se volesse o no fare l’amore con la mora. Lui l’amava, si, ma era forse troppo presto? Un gesto avventato?
Le incertezze erano troppe per continuare, eppure non riusciva a trovare la forza per fermare la sua fidanzata che ora era rimasta in reggiseno davanti a lui, con un leggero rosso di vergogna sulle gote.  Era rimasto inizialmente stupito dalla sicurezza di Francesca, ma ora, vendendola arrossire cercando di nascondere la timidezza ed andare avanti, pur non essendo sicura, l’unica cosa che poteva fare Marco era sorridere intenerito. Quella era la ragazza che amava, insicura, tenera, timida.

La attirò a se,stringendole i fianchi, carezzando le cosce coperte dai jeans, senza far nulla per toglierli.
-Mi basta questo. Non dobbiamo fare altro per ora se non sei pronta- Le sussurrò all’orecchio baciandole la guancia e poi il collo, mentre lei  faceva lo stesso, bisbigliando quanto tenesse a lui tra un bacio e l’altro.

Looking for an exit in this world of fear
I can see the pack that leads the way
Mama never left, and daddy needs me here
I wish the wind would carry a change
Looking through the window to a world of dreams
I can see my future slip away
Honey you won’t get there if you don’t believe
I wish the wind would carry a change


Camilla non era sempre stata così, crudele, assetata di potere. C’era stato un tempo, lontano anni luce in cui era una ragazzina normale, dolce e innocente, altruista e gentile. Un tempo in cui la sua vita aveva fatto veramente schifo, in cui tutti s’approfittavano della sua bontà eccessiva, prendendola in giro.

Non le piaceva essere così, perfetta ed odiata, se la dovevano odiare dovevano avere un motivo, e lei aveva tutta l’intenzione di darglielo.
L’occasione si presentò quando compì 11 anni, ed improvvisamente la mente altrui divenne un libro infinito di cui sfogliare le pagine, scoprendo ogni volta un nuovo segreto dei suoi protagonisti.

Aveva scoperto di essere una strega, figlia d’umani, ma pur sempre una strega, ed anche tra le più potenti, quindi candidata ideale a divenire Suprema. Se  fosse stata il capo sarebbe stata rispettata da chiunque, ovunque.
Ma per essere Suprema la strada era tutta in salita, ed inoltre, non era l’unica a desiderare quel ruolo ed avere tutte le carte in regola per ottenerlo. Continuando ad essere la brava piccola Camilla, la Torres sapeva che non avrebbe mai ottenuto nulla, che le sarebbero tutte passate avanti approfittando del suo animo genitile, così aveva imparato ad essere indifferente, indifferente a tutto,  indifferente a ciò che la circondava, indifferente, persino a se stessa. E per quanto sapeva che i suoi poveri genitori avessero bisogno della vera lei, era convinta che, una volta divenuta Suprema, sarebbe tornata quella di prima, e tutti sarebbero stati felici.
Non aveva messo in conto l’ idea che quella cattiveria che ostentava , che fingeva di possedere, indossando vestiti neri e trucchi spaventosi, potesse corroderla dentro, invaderle il cuore che un tempo era stato bianco, candido ed innocente, macchiandolo di nero, nero come l’inchiostro, nero come la pece, nero come le labbra di Camilla, come i suoi occhi, nero come la magia che di nascosto praticava, nero come la notte, nero come le tenebre in cui era caduto e dalle quali non era riuscita più a risalire.

Notò come Diego osservasse il vuoto pensieroso. Lo aveva sopravvalutato quel Dominguez, che si domandava se fosse veramente figlio del famigerato Juan.
Lo spagnolo, con quei suoi patetici problemi di cuore, con quelle sue sicurezze eccessive e le ancor più eccessiva insicurezze nascoste, si era fatto fregare.
Ora, anche se si fosse dato una svegliata e avesse deciso di cominciare a cacciare, non avrebbe certo potuto.

“Che deficiente!” Pensò la punk, trattenendo una crudele risatina mentre intonava la nota finale.

Si inchinò e scese dal palco, con un inquietante sorriso stampato in volto. Diego la guardò con la coda dell’occhio mentre gli passava affianco.

Quella stronzetta della Torres non gliela contava giusta.
 
Hey brother
There's an endless road to be discovered
Hey sister
Know the water's sweet but blood is thicker
Oh, if the sky comes falling down, for you
There's nothing in this world I wouldn't do


Natalia sorrideva, d’un sorriso ampio, reale, che tanto piacevano a Maxi, che lo facevano sciogliere, senza una ragione apparente, come un gelato al sole.

Cantava quella canzone, soprattutto per far capire alle due persone più importanti della sua vita di merda quanto fossero importanti, quanto, senza loro, sarebbe stata persa.

Nata ricordò i suoi giorni in ospedale, quando di  nascosto entrava nella stanza di Ludmilla a farle compagnia, e la Ferro le parlava della vita, del fatto, che, essendo stata vicina a rimetterci la pelle per i suoi problemi, aveva capito quanto fosse importante accettare la vita per quella che è. Ricordandole che per ogni sconfitta c’è sempre una vittoria, che prima o poi arriverà, rendendoci felici, ripagandoci di ogni dolore.

S’erano conosciute in un letto d’ospedale, nel periodo più buio delle loro vite, s’erano aiutate a vicenda, controllate.
S’erano protette dalle dicerie altrui, dai pettegolezzi, delle occhiatacce ricevute mentre passeggiavano assieme per la strada.
Erano state l’una l’ancora dell’altra.
Ludmilla era divenuta per Natalia, quello che era stato un tempo suo padre, con l’unica differenza, di questo la spagnola ne era convinta, che la bionda non l’avrebbe mai tradita o abbandonata.
Glielo aveva promesso in quel dannato letto d’ospedale, e Nata credeva alla sua promessa.
D’altro canto per la Ferro, Nata era divenuta l’unica fonte d’amore che avesse mai conosciuto. Un amore sano e reale, un amore amichevole, fraterno. Un amore di quelli che durano veramente per sempre.

Un amore simile a quello che provava per Maxi, colui che considerava il suo migliore amico, che l’aveva capita e supportata, che non era scappato alla vista delle cicatrici della riccia, anzi le aveva baciate una ad una con gentilezza e poi le aveva sorriso.
Maxi si fidava di lei, tanto quanto lei si fidava di lui eppure nei suoi occhi c’era sempre una sorta di velata sofferenza, una sorta di inconfessabile segreto che la Navarro era decisa a svelare, per aiutarlo.
Non sapeva cosa nascondesse il rapper dietro il sorriso finto, il berretto blu onnipresente a coprire i capelli ricci, dietro i vestiti larghi e l’aria allegra, non lo sapeva, ma aveva l’impressione che fosse  importante quasi quanto quelle sue braccia ricoperte di cicatrici.
 
 
 
Finita la giornata di lavoro Pablo tornò a casa distrutto, dolorante e assolutamente a pezzi.
Posò la borsa sul  divano e vi si buttò di peso, dopo aver preso una penna ed un foglio di carta, deciso a continuare la canzone che aveva cominciato a scrivere e che era una specie di sfogo personale alla sua misera vita amorosa.

Y no, no quiero ser, el tonto que no puede estar  sin ti
Que pienses que soy un imbecil que cayò de amor por ti, tal vez
No es justo que tu pretendas que yo sea el esclavo de tu voz, tu amigo fiel
Que salga yo corriendo appena llames otra vez. Porque eres asì?
Porque eres tan cruel conmigo?


Conticchiava il ritornello, cercando di trovare la melodia più adatta.
Scrisse velocemente un’altra frase:Tiene una cara de querer decirme algo, pero abres esa boca para hablarme de alguien màs
Immaginò Angie, con l’uomo del quale tanto gli aveva parlato, camminare assieme, felici, baciarsi magari.

L’odore del mare era forte, tanto da essere percepito in lontananza, piacevole da non dar fastidio. Il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia e gli scogli era rilassante, la sensazione delle mani di Carlos sulle sue inimitabile.
Angie chiuse gli occhi, godendo quel momento di spensieratezza. Sapeva di aver ferito Pablo accettando l’invito del ragazzo che le era accanto,  prendendo per lui addirittura un giorno di permesso, cosa che mai avrebbe fatto per uno qualunque. Sapeva che il suo migliore amico provava dei sentimenti, probabilmente nemmeno tanto grandi per lei,  e che così facendo gli aveva fatto del male, ma sapeva anche  che con il tempo sarebbe stato bene inoltre,  quando le sarebbe ricapitato che l’uomo dei suoi sogni le chiedesse un appuntamento romantico, in riva al mare, con il vento autunnale tra i capelli, la sabbia fresca sotto i piedi e il rumore dell’oceano come unica colonna sonora dell’uscita perfetta? Era un occasione più unica che rara, e, per quanto fosse ingiusto lasciare solo Pablo, con il cuore infranto,  e  Gregorio e i ragazzi da controllare,  la bionda non aveva saputo rinunciare ad una tale magica esperienza.

Aveva conosciuto Carlos Junio in un giorno d’ agosto, quando era andata in vacanza in Brasile con un gruppo di amici e amici di amici. Erano state le due settimane più incantevoli della sa vita, nelle quali aveva completamente perso la testa per il trentenne che, incredibilmente, in quel momento le era accanto, scrutandola con gli occhi azzurri, abbracciandola con le braccia abbronzate, che di più muscolose non ne aveva viste.
 
A lavoro terminato, Pablo chiuse gli occhi, li sbattè qualche volta per controllare la voglia di piangere, scrivere quella canzone era stato facile e spontaneo, rileggerla era come udire la storia della propria vita peggiorata.
 Sapeva di non essere corrisposto, era una certezza che aveva accettato con il tempo, ma, nonostante ciò, sapere che Angie frequentava un altro uomo faceva dannatamente male. Inoltre i problemi dello Studio non aiutavano a far star meglio il povero Galindo, che era ormai stanco di vivere una vita in cui non vi era altro che stress e delusioni.
In cui la sua migliore amica lo rifiutava da anni e il lavoro  che amava lo stava distruggendo.


angolo autrice.
Ciao a tutti. Questo capitolo è un po' diverso dagli altri, e spero vi sia piaciuto, scusate il ritardo ma ho dovuto riscriverlo perchè la prima versione non mi  convinceva molto.
Allora comincio con il dire che lo dedico a: 

Naxi_4ever

AhiEstare

naxinopuedetermina e 

Bellissima1995
Prima di analizzarlo vorrei fare due annunci il primo è che ho aperto una pagina facebook, le migliori fanfiction di efp, dove raccoglierò le migliori storie dal sito, ma ho bisogno di farla crescere perciò vi invito, se vi va, a lasciare un like.
La seconda è solo per chiunque conosca, sia fan o segua anche a grandi linee le Cronache di Narnia ( di cui io sono una fan sfegata dall'età di 7 anni quando vidi il primo film) sulle quali ho scritto una ff per me veramente importante, che però, essendo quello un fandom un po' abbandonato a se, essendo comunque passati quasi dieci anni dal primo film e tantissimi dai libri, ha ricevuto solo una recensione perciò invito chiunque voglia a leggerla e recensire se possibile. Grazie.
Passiamo al capitolo allora
1 i Fedemilla: Fede scopre di Ludmi e promette d'aiutarla, che dolce aww.
2 leon prova a far staccare Violetta da Diego ma non essendo pronto a raccontarle la verità lei si arrabbia con lui
3 Francesca prova a fare l'amore con marco ma lui la blocca, mentre Diego insinua ancora dubbi in fran, che però Ponce de leon fa passare
4 scopiamo ancor più del personaggio di Cami
5 Approfondiamo le dinamiche del rapporto nata-Ludmi e Maxi-Nata, che per ora è solo amore fraterno
6 i Pangie....povero Pablo, depresso e trise a causa della sua migliore amica
Che ve ne è parso?Lasciate una recesioncina ?
Baci

 

  
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