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Autore: _joy    06/07/2014    3 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Non so quanto tempo sia passato quando vedo comparire Ben.
 
Sono ancora nel bar e rigiro tra le mani una tazza di caffè freddo che non ho toccato.
Lo vedo passare quasi di corsa davanti alla vetrina e gettare un’occhiata veloce dentro.
Quando mi vede si ferma di colpo.
Ci fissiamo, immobili.
Lui sembra sconvolto.
Prende fiato e poi si avvicina alla porta ed entra.
Si siede al mio tavolo.
Io ho abbassato gli occhi e tamburello con le dita sul piano di formica.
La sua mano copre la mia.
«Gin…» inizia.
«Non mi toccare» lo gelo, tirando via la mano.
Lui le tende entrambe sul tavolo.
«Ti prego, non respingermi. Lasciami spiegare…»
«Spiegare» ripeto in tono piatto «Spiegare. Cosa c’è da spiegare, Ben?»
«Ascolta, non c’è assolutamente niente tra me e Amanda e…»
Alzo gli occhi e lui ammutolisce nel vedere la mia espressione.
«Ah, niente? Benissimo. Allora significa che baci qualsiasi donna ti capiti a tiro, anche se non te ne importa niente?»
Sospira.
«Lo sai che non è così! Non ho fatto niente, non l’ho baciata! Io…»
Alzo le spalle.
I miei occhi cercano lo schermo del televisore, che ha ritrasmesso lo stesso servizio innumerevoli volte.
 
Ogni volta fa più male.
 
Neanche a farlo apposta, stanno ritrasmettendo quel servizio.
Non dico nulla, non ce n’è bisogno.
Quell’immagine vale più di mille parole.
Ben si passa una mano tra i capelli, frustrato.
«Ascoltami: non è come sembra! È solo uno stupido fotogramma… è stata Amanda, mi si è avvinghiata addosso, ma credo non volesse…»
«Ah, credi non volesse?» ringhio io «Ma davvero? E allora queste settimane, le telefonate, i messaggini, i provini, le cene… Anche in quel caso “non volevate”?»
Lui sussulta.
«Gin, ma io… Amanda è solo una collega…»
Lo guardo negli occhi, in silenzio.
Lui si agita sulla sedia.
«Davvero? Solo una collega?»
Annuisce.
«E perché viene sempre ai tuoi casting?»
«Per lavoro…»
«E perché uscite a cena e andate alle feste insieme?»
«Ma… è sempre per quello, per lavoro…»
«E perché non me lo hai detto, che ti eri innamorato di lei?»
Vedo un lampo passare nei suoi occhi: chiaramente non se lo aspettava.
«No, io…»
«Non dirmi bugie» lo interrompo «Non essere così vigliacco da dirmi altre bugie. Non è che tu possa peggiorare la situazione, ormai»
Lui esita, poi mi tende la mano.
«Usciamo, va bene? Facciamo due passi»
 
Sto per rifiutare, quando mi accorgo che ci fissano tutti.
Una parte di me quasi ne è contenta.
So quanto Ben detesti le malelingue e i pettegolezzi, quindi l’idea di umiliarlo mi solletica la mente.
Alla fine, però, cedo e raccolgo quei piccoli pezzetti di me che sono rimasti.
Mi alzo e prendo la borsa per andare a pagare.
Ben fa il consueto gesto di prendere il portafoglio, ma io ringhio:
«Non osare!»
Resta senza parole, mentre tendo i soldi alla cassiera.
Lei mi guarda e, inaspettatamente, mi fa un sorriso e una carezza sulla mano.
Cerco di ricambiare il sorriso e mi dirigo alla porta.
Ben me la apre, ma lo ignoro.
Vado a destra, a caso, e cammino.
Lui mi si precipita accanto.
«Ascolta, lo so, sei arrabbiata. Hai ragione, è colpa mia, però ti prego fammi spiegare. Andiamo a casa e…»
Mi fermo di botto.
«Ben» rispondo «Ma tu sei davvero così idiota da pensare che tornerei con te a casa tua? O da qualsiasi altra parte?»
Ben sbianca.
«Cosa vuoi dire?»
«Mi sembra ovvio, francamente, ma in caso tu ti sia definitivamente instupidito sarò più chiara»
Lo guardo dritto negli occhi.
«Non voglio vederti mai più» scandisco.
Lui deglutisce.
«Gin, ti prego no, non farmi questo. Ti prego…»
«Non farmi questo?» ripeto, incredula «E quello che TU hai fatto a ME?»
«Te lo giuro, non c’è niente tra me e Amanda!»
Vorrei essere capace di ridergli in faccia ma, al momento, devo concentrarmi sul non vomitare.
Scrollo il capo e riprendo a camminare.
«Gin, ascolta, ascolta! Va bene, è vero… Quando l’ho conosciuta, tra noi due… C’era di più, per me» dice.
E sembra costargli uno sforzo immenso.
«Però è finita. È finita molto prima che conoscessi te!»
«Sì, ho visto come è finita!»
«Gin, ieri mi si è lanciata addosso all’uscita di una festa. Io stavo parlando con Tom, non me ne sono nemmeno accorto. Ho sentito qualcuno urtarmi e avvinghiarsi, ma non avevo nemmeno visto che era lei! Credevo fosse inciampata scappando via dai paparazzi! E prima che me ne accorgessi mi ha baciato… Ma te lo giuro, te lo giuro, mi sono staccato subito! Davvero!»
Mi prende per il braccio e mi fa voltare.
«Gin, lo so che quella foto che hai visto sembra chissà cosa, ma ti giuro che non è stato un bacio! Davvero! I paparazzi sono famosi per immortalare scene equivoche e venderle ai giornali! Io non sto con Amanda, sto con te!»
«Stai con lei molto più che con me» ribatto «Lei ha il tuo tempo, la tua attenzione. Io no»
«Non è vero!» si corregge subito, notando la mia espressione «Senti, lo so che sto lavorando tanto ma ti giuro che non c’entra Amanda! Non ho fatto niente per vederla di più! Non la cerco e non…»
«E non la respingi nemmeno»
«Ma è una collega!»
«Una collega» ripeto «Una collega con cui ultimamente ti piace molto stare, a quanto ho visto»
Lui deglutisce.
«Erano solo cene di lavoro» mormora.
«Ah sì? Per questo non volevi che venissi? Perché parlavate di lavoro?»
«Sì! Lo so che ora sembra folle, ma non volevo che ti annoiassi!»
«Ben, io mi annoio sempre!» gli urlo contro «Tu non fai altro che andartene in giro e che io ci sia o non sembra fare differenza, per te!»
«Senti, lo so che qui l’ambiente è difficile, ma io…»
«No» lo zittisco «Non provare nemmeno a riproporre l’ennesima conversazione in cui mi blandisci dicendo che questo posto è pieno di squali. Non so come ho fatto a non capirlo prima, ma non è Los Angeles. Sei tu! Sei tu che hai cambiato atteggiamento e priorità e questa persona che sei io non la riconosco»
«Gin, non è vero! È come sempre, tra noi»
«Ah sì? Quindi secondo te noi siamo questi due, che litigano sempre, che sono scontenti, che fanno fatica a parlarsi apertamente?»
Sembra smarrito, alle mie parole.
Sospiro e chiudo gli occhi.
«Non te ne sei nemmeno accorto. Per te va bene così»
«No, io… Ascolta, cosa vuole dire? Ma certo che siamo noi! È solo che tra lavoro e stress è un po’ più complicato di prima, ma…»
«Un po’ più complicato di prima» ripeto, incredula «E immagino tu stia per dirmi che è solo una fase»
Non lo dice per via del mio tono caustico, ma chiaramente lo aveva sulla punta della lingua.
 
Mi copro gli occhi con una mano.
«Certo, come no»
«Gin, ascolta, lo so che sei arrabbiata, ma ti prego, pensaci su e vedrai che il tuo malumore dipende da… bè, da questo casino» conclude precipitosamente.
 
Il mio malumore?
 
«Non vorrai anche farmi passare per quella paranoica, spero!» ringhio «Oppure, aspetta… Fammi indovinare: sono i tuoi amichetti che ti hanno convinto che io non sono capace di gestire questo ambiente e sto uscendo di testa?»
«No» nega, precipitosamente.
Ma glielo leggo negli occhi.
E lo stesso fatto che cerchi di tranquillizzarmi come se quello che è successo non sia un fatto di una gravità inaudita non è la prova che, tutto sommato, lo pensa anche lui?
«Non è che magari sei tu, invece, ad essere cambiato? Non è che sei tu ad essere egoista, viziato e superficiale?»
Lui sussulta e vedo che esita prima di replicare.
«D’accordo, lo so, hai ragione. Scusa…»
 
E qui vado veramente fuori di testa.
Gli tiro uno schiaffo e lui incassa in silenzio.
«Non osare darmi ragione come se fossi una pazza!» urlo «Pensi di cavartela solo dicendomi “sì, hai ragione”?»
«Tesoro, no, non lo penso» cerca di prendermi la mano «Ma so che sei poco lucida, al momento, e che hai ragione ad essere arrabbiata e a farmi una scenata. Vorrei solo che potessimo parlarne con calma»
«No» ribatto, furiosa «Non c’è niente da dire perché io con te non vengo da nessuna parte! Né ora né mai più!»
Ben sgrana gli occhi.
«Cioè… Mi stai dicendo che vuoi lasciarmi?»
«Non è questione di chi lascia chi, Ben. Sei tu che hai distrutto tutto»
Lui mi afferra un braccio.
«Gin, ma siamo noi due! Noi due possiamo superare tutto!»
Scuoto il capo.
«Ben, io avrei fatto qualunque cosa per te… Ma come fai a chiedermi una cosa del genere?»
«Gin, davvero, quel bacio non significa niente!»
«La correttezza e l’orgoglio per me significano qualcosa, Ben! Non si tratta nemmeno di perdonarti: ti amo talmente tanto che forse potrei anche farlo, ma… La fiducia? Il rispetto?»
«Ma io ti rispetto, Gin!»
«No, tu non sai quello che dici! Questo lo chiami rispetto?»
Lui si passa una mano tra i capelli, nervosamente.
«Senti, così non risolviamo niente… andiamo a casa, calmiamoci e…»
«No»
«Gin, ti prego…»
«No»
 
Apre la bocca per discutere ancora, ma gli suona il cellulare.
E sullo schermo vedo lampeggiare il nome di Amanda.
Serro le labbra e lui si affretta a rifiutare la chiamata.
Non fa in tempo a metterlo in tasca che suona di nuovo.
È ancora lei.
Lui rifiuta ancora, lei richiama.
 
E io faccio una cosa di cui non vado fiera, ma la testa mi sta esplodendo e le mani mi tremano al pensiero di Amanda che bacia Ben al punto che sarei capace di strozzarla se la avessi davanti.
Comunque.
Strappo il cellulare di mano a Ben e lo lancio in mezzo alla strada, dove si fracassa.
Lui resta per un attimo immobile e poi urla:
«Gin, cazzo! Ho tutti i miei contatti lì dentro!»
 
Lo sapevo.
Stiamo parlando di noi, di lasciarci.
Io lo sto lasciando e tutto quello a cui lui pensa è il cellulare.
 
Mi volto e mi incammino.
E Ben non mi segue nemmeno.
 


***
Eccomi in anticipo, cari lettori!!
Martedì ho una conferenza stampa e non vorrei che saltasse l'aggiornamento, quindi oggi ho pubblicato eccezionalmente sia Gin&Ben che Le Cronache (fandom Narnia).
Dalla settimana prossima tutto torna regolare!
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Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy

   
 
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