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Autore: focus_niam    07/07/2014    2 recensioni
Anno 1940
Durante la sanguinosa seconda guerra mondiale, in un ospedale militare nella periferia di Londra, operano giorno e notte il primario di chirurgia Malik Zayn, il dottore tirocinante Horan Niall, e lo psicologo/psichiatra Devine Josh con l'aiuto delle infermiere tra le quali Perrie, Eleanor e Sophia.
Probabilmente Niall pensa che la sua vita sia cambiata molto una volta giunto in questo posto; ma ciò che non può sapere è che cambierà ulteriormente quando un giorno verrà portato in ospedale un soldato semplice del generale inglese Cowell Simon gravemente ferito.
Il suo nome è Liam James Payne.
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Coraggiosamente Niam.
(Louis e Harry con accenni Larry compaiono successivamente!)
Accenni Zerrie
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La storia di come la guerra e la medicina debbano sempre collaborare.
E di come queste due cose completamente opposte possano essere collegate per mezzo di un forte sentimento quale è l'amore.
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1) Avviso! Scene non adatte ai facilmente impressionabili!
2) Uso di termini medici (o per lo meno ho cercato di usarli! XD )
3) Cenni storici (spero siano corretti! XD )
4) Riepilogo personaggi:
Niall!Doctor, Liam!Soldier, Zayn!Surgeon, Louis!(Surprise), Harry!(Surprise), Perrie,Eleanor,Sophia!Nurses, Josh!Psychologist, SimonCowell!General
Genere: Guerra, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Liam Payne, Niall Horan, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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NOTA INTRODUTTIVA
Ciao a tutti! :)
Prima di tutto vorrei scusarmi per il ritardo ma non ho potuto fare altrimenti! -.-“
Ero in vacanza e non avevo un wifi da usare per il pc!
Vabbè, scusate!
Poi! Questo capitolo è interamente un flashback dal punto di vista di Liam.
Se notate bene la data, sono passati esattamente due anni da giorno in cui Niall aveva scoperto di essere entrato nella facoltà di medicina, ve lo ricordate?
Mi sembrava interessante farvi finalmente conoscere l’altro immancabile componente della preziosa Niam! XD
Però è venuto davvero lungo come capitolo perciò non ho potuto inserire la parte riguardante il “presente”. E’ comunque venuto bene e aspettatevi tante sorprese! ;)
Buona lettura! :)






[Flashback]
Maggio 1936
Pov. Liam:
- Figliolo, alzati. Dobbiamo andare.
Odiavo quando mi chiamava “figliolo”, lui non era il mio vero padre.
Il mio vero padre, Geoff Payne, era morto in battaglia.
Lui invece era solo il suo, se si poteva dire, “migliore” amico, sempre stato geloso di lui e che mia mamma era stata costretta a sposare perché ci necessitava il suo aiuto.
Quanto l’avevo scongiurata di non farlo assicurandole che sarei riuscito io a provvedere alla famiglia. Ma in fondo sapevo di non essere capace di far niente… A scuola ero pessimo, non eccellevo in nessuna attività fisica se non la corsa, e la sola grande determinazione che possedevo non credevo bastasse a sfamare mia madre e le mie due sorelle.
Allora ecco il mio nuovo patrigno, un rinomato generale che non sopportavo.
Sospirai e scesi lentamente dal letto.
- Sbrigati.
Guardai distrattamente l’orologio senza badare minimamente alle sue parole. Quattro del mattino. Chi me lo faceva fare?
Andai in bagno e mi sciacquai la faccia con l’acqua più fredda che ci fosse. Non me la asciugai e lasciai che le gocce scorressero lentamente sul mio viso solcandolo mentre mi fissavo allo specchio. Adoravo quella sensazione, era rilassante.
- Non avrai tutto questo tempo quando sarai in caserma.
Odiavo quando passava per la mia camera o, in quel caso, per il bagno e sputava la prima sentenza che gli veniva in quella dannata testa per poi andarsene come se non fosse successo nulla.
Roteai gli occhi e presi un asciugamano a caso.
- Mi hai sentito??
Parlò dal fondo corridoio alzando la voce per farsi udire.
Rabbrividii.
Rabbrividivamo tutti in casa appena lui alzava leggermente la voce. Avevamo assistito più di una volta alle sue sfuriate. E io, da perfetto codardo, gli permettevo di urlarci contro, di urlare contro la mia famiglia e lasciarci chiamare “buoni a nulla”.
Mi affacciai al corridoio.
- Ho sentito… papà.
Lo vidi girarsi e annuire soddisfatto prima di entrare in cucina.
Ritornai in camera e in fretta e furia mi misi qualcosa addosso prima di precipitarmi in cucina.
- Mangia e andiamo.
“No guarda, io volevo andare e mangiare!” pensai ficcandomi in bocca del bacon e delle uova strapazzate. Mia madre mi sorrise gentilmente mentre versava il caffè nella tazza del mio patrigno e mi accarezzò anche i capelli.
- KAREN, manca lo zucchero!
Il mio patrigno sbatté la tazza sul tavolo lasciando che parte del liquido uscisse completamente dai bordi bagnando la tovaglia.
- Ah scusa! Provvedo subito!
Mia madre cercò di sorridere ancora di più prendendo la ciotola dello zucchero.
- No, adesso lascia perdere.
- Ma faccio in un attimo…
- TI HO DETTO DI LASCIAR PERDERE!
Mia madre ritirò le mani indietro spaventata dall'urlo e la ciotola di zucchero cadde a terra frantumandosi e producendo un sordo rumore.
Ecco cosa facevo io durante tutte queste scenate: tenere la testa bassa come un imbecille. Avrei potuto reagire ogni volta, ne avevo proprio l’impulso, ma mia madre mi sveva fatto promettere che non l’avrei mai fatto. Dannazione.
- Liam. Andiamo. Adesso.
Il mio patrigno si alzò di scatto e mia madre, ripresasi come sempre molto rapidamente, lo aiutò ad indossare la giacca. Poi lui le prese rudemente il viso tra le mani e la baciò con passione. Lo faceva sempre e mia madre ricambiava sempre molto riluttante; come avrebbe potuto reagire diversamente dopo aver assistito ad una sfuriata simile per un futile motivo?
Uscì di casa facendomi un cenno spazientito e io mi affrettai a seguirlo.
Tuttavia mi fermai un attimo sulla soglia della porta e mia madre mi sistemò il colletto. Ci fissammo per qualche secondo senza dirci niente. Io la guardavo preoccupato e lei mi rispondeva con un triste sorriso finché non girava lo sguardo per evitare che notassi le piccole lacrime cha andavano a formarsi ai bordi dei suoi occhi.
Ma come poteva un figlio non notare le lacrime della madre?
Le misi una mano sulla spalla e lei la accolse posizionando la propria sulla mia e accarezzandomela dolcemente.
- LIAM!
Sentii da dietro l’urlo del mio patrigno.
- Vai, tesoro.
Le sorrisi gentilmente.
- Ciao mamma! A stasera.
Ricambiò il mio sorriso e, appoggiata allo stipite della porta, scosse in aria la mano mentre mi allontanavo.
 
 
- Siamo arrivati.
“No guarda, pensavo che questi tendoni militari fossero per una festa a tema!” sbuffai scendendo dall'auto.
La mia scarpa sprofondò in almeno 5 centimetri di fango per quanto aveva cominciato a piovere a dirotto. Ahh, che schifo…
- Buongiorno signor Generale!
“Signor Generale”… Oddio che ansia…
- Soldato.
Si fecero quello strambo saluto mentre io mi stavo beccando le più fredde e pesanti gocce di pioggia che esistessero.
- Questo giovanotto è mio figlio. Tra poco si arruolerà perché ha raggiunto l’età. Però vorrei mostragli prima come è un vero campo militare, quindi ti chiedo di accompagnarlo a fare un giro.
- Signorsì, signore.
Il mi patrigno annuì soddisfatto sempre con la sua espressione impassibile e, rivolto a me, mi impugnò le spalle deciso.
- Presta attenzione, figliolo. Un giorno potrai mandare avanti tu questo posto se questi bastardi dei tedeschi ci fanno di nuovo la guerra.
Annuii poco convinto prima che mi spinse verso quel ragazzo che avrà avuto solo un paio di anni in più rispetto a me.
- Ciao, sono Louis!
- Piacere, Liam.
Mi strinse la mano così forte che sentii qualche osso scricchiolare. Però usò due mani per stringere la mia; un gesto che poca gente faceva e quindi lo trovai molto originale.
Intanto mi sorrideva anche a trentadue denti.
Un tipo molto solare, insomma.
- Quindi sei figlio del boss!
Ridacchiai per la sua esilarante sfacciataggine ma subito mi scomparve il sorriso dal volto.
- Non sono suo figlio, sono suo figliastro.
- Ah…
Cavoli! Era la mia specialità mettere gli altri a disagio. Dovevo proprio usare quel tono così serio?
- Questa è la mensa! Ma puoi benissimo non appuntartelo sul quadernino, che spero tu abbia portato, perché ricorderai molto bene il posto in cui ogni giorno sarai costretto a mangiare i tuoi stessi escrementi!
Scoppiai a ridere disgustato, adorando anche il fatto che quel tale Louis aveva saputo riaccendere la conversazione.
- D’accordo!
Lo dissi sorridendo e cercando di pararmi con le mani come meglio potevo dalla pioggia.
Louis mi guardò divertito evidentemente abituato a tutto ciò al contrario di me.
- Entriamo un attimo nella mensa! Così ci salviamo dal diluvio universale!
- Non ti preoccupare, mi piace la sensazione delle gocce d’acqua sul viso.
Louis aggrottò un sopracciglio prima di sorridere formando le fossette intorno alla bocca e spostando il telo che fungeva da porta al capannone.
- Certo che sei strambo amico!
- Parla lui…
Scoppiò a ridere e mi tirò un spintone prima di saltellare all'interno della mensa.
Quello là era matto da legare...
Lo seguii riluttante ed mi ritrovai in un edificio spoglio con lunghi tavoli lerci, male illuminato, assordante per via di tutti i soldati che stavano chiacchierando ai tavoli masticando rumorosamente, e soprattutto puzzolente.
Cercai almeno di non perdere di vista Louis.
- Buongiorno Executive Chef!
- Ah, siete Voi signorino Tomlinson!
Allora si chiamava Louis Tomlinson. Stava parlando con un signore grassoccio con un grembiule tutto unto e macchiato di Dio solo sa quale salsa.
- Cosa ha da offrire oggigiorno il Vostro ristorante?
Louis stava usando un accento da aristocratico inglese. Era davvero un ragazzo simpatico.
- Qualunque cosa vogliate Voi!
Louis si avvicinò pericolosamente al viso di quel cuoco e parlò con voce maliziosa. Mi immaginavo soltanto quale orribile alito avesse quel tizio.
- Sorprendetemi...
Il cuoco assunse un’espressione di sfida e, senza distogliere lo sguardo da quello di Louis, prese una scodella di metallo davvero poco igienica, un mestolo con le stesse caratteristiche e da un grande pentolone raccolse un intruglio marroncino (in cui intravedevo delle patate) e lo spiattellò nel piatto.
- Sorpreso?
Louis scoppiò a ridere così rumorosamente che cadde anche per terra. Io arrossii imbarazzato perché ero in piedi proprio di fianco a lui mentre tutta la sala ci stava fissando poco sorpresa, evidentemente abituata alle sue stravaganze.
Si rialzò in piedi asciugandosi le lacrime provocate dalle risate.
- Non sono qui per pranzare! Sto facendo fare un giro al… figliastro del capo!
Il cuoco mi sorrise spalancando leggermente gli occhi e inclinando la testa. Ringraziavo il cielo che non mi avesse chiesto di stringergli la mano…
- Allora potevi dirmelo prima che sprecassi un piatto! Poi questo lo lavi tu!
- Tanto non li lavi comunque!
Louis scoppiò a ridere di nuovo prima di afferrarmi il braccio e portarmi fuori dalla tenda in fretta e furia.
- Andiamo Liam, prima che quello là cominci a lanciarmi addosso la sua poltiglia radioattiva!
Mentre Louis mi trascinava fuori agitai imbarazzato la mano in segno di saluto mentre gli altri soldati ci fissavano divertiti e il cuoco scuoteva la testa sorridendo.
Fummo di nuovo sotto la pioggia che però era più lieve.
- Allora! Quello è il capanno delle armi, lo riconosci perché è ben sorvegliato! Quella è la zona con tutte le nostre tende, quella del tuo patrigno la riconosci perché è la più bella…
Louis continuava a parlare mentre io non mi ero ancora ripreso da ciò che era successo prima. Non ero un tipo così socievole io…
Sentii delle forti mani scuotermi.
- Ehilà!!! C’è nessuno??
- Ah sì, scusa; mi ero distratto…
- Ma allora ho parlato al vento!
Incrociò le braccia alzando lo sguardo con un finto broncio. Questo tizio era davvero uno spasso!
- No, no! Ho ascoltato!
- Sì-certo-come-no; allora ripeti un po’!
Con il dito indicai le varie tende e le etichettai.
- Quella è la mensa, il capanno delle armi, le tende, il magazzino degli indumenti, le tenda delle riunioni, la stalla e ti manca di dirmi quell'ultimo.
Louis ridusse gli occhi a due fessure e mi guardò con fare sospetto.
- Uhm, beeene… Ah giusto! Quello! Quello è il nostro ospedale da campo!
- Eh?
- Lì dentro vengono curati i feriti!
- L’avevo capito; intendo, come è possibile allestire un ospedale in mezzo al nulla?
- In effetti ci sono anche veri e propri ospedali militari; qui si curano le ferite superficiali e si fornisce il primo soccorso ai più gravi che vengono in seguito trasferiti appunto in quei ospedali più specializzati.
Annuii incuriosito.
- Vuoi dargli un’occhiata all'interno?
- Mi piacerebbe.
- Vieni.
Mi fece un cenno gentile mentre spostava la tenda che anche in questo caso fungeva da porta.
Appena entrai mi sentii rilassato. Nonostante il pesante odore di medicine, l’ambiente era in qualche modo riscaldato.
Però divenni di nuovo ansioso notando tante persone stese su dei lettini con bende agli occhi, fasciature a braccia o gambe, tante stampelle e tanti contenitori di medicinali.
E anche molto sangue rappreso sparso per terra.
C’era qualche tavolo pieno di scartoffie, qualche armadio con le medicine, qualche scaffale su cui vi erano dei registri e una zona della tenda coperta da dei lenzuoli di plastica bianca. Evidentemente lì dietro si operava e quei lenzuoli servivano a sterilizzare l’ambiente.
Louis corrugò la fronte notando il mio stato d’animo.
- Dai, usciamo.
- Aspetta. Perché ci sono tanti feriti? Non siamo in tempo di guerra.
- Liam, la guerra è alle porte… Comunque questi sono gran parte membri dello spionaggio.
Fece una breve pausa seguita da un sorrisetto furbo.
- Siamo bravi in questo noi inglesi!
Non potei fare a meno di ridacchiare sotto i baffi anche se mi sembrava davvero maleducato quando di fianco a me c’era gente che soffriva.
- Però pare che siano stati colti dal fuoco nemico…
- Ah.
Notai che cominciò a mordicchiarsi ossessionatamente le unghie.
Fummo in procinto di uscire quando si sentì una squillante voce provenire dagli altoparlanti.
- SI PREGA A TUTTI DI RECARSI IN CORTILE PER IMPORTANTI AVVISI; RIPETO, SI PREGA A TUTTI DI RECARSI IN CORTILE PER IMPORTANTI AVVISI.
- Oh cavoli! Non usano quasi mai gli altoparlanti!
Louis sembrava davvero agitato.
- Su andiamo, Liam.
- Vorrei rimanere qua ancora un attimo.
Louis cominciò a grattarsi i capelli nervosamente.
- Ehm… Va bene, ma non ti muovere. Poi ti raggiungo io.
- D’accordo.
Uscì correndo e io rimasi lì dentro.
Lì dentro era anche silenzioso.
Si sentivano solo ormai le leggere gocce che cascavano sul “soffitto” del tendone.
Cominciai a vagare tra i feriti. Ero solo io e loro.
Anche le infermiere e i dottori che c’erano erano usciti.
Alcuni pazienti russavano leggermente.
Certo che la vita da soldato era davvero dura… Io volevo veramente farne parte?
No, mi aveva costretto il mio patrigno.
Mi ricordavo ancora cosa diceva il mio vero padre: “Non avere paura delle tue paure, perché altrimenti non potrai fare ciò a cui ogni uomo dovrebbe essere destinato: combattere per chi si ama.”
E io avevo anche giurato a me stesso che avrei seguito gli insegnamenti di mio padre; ma quando era morto in guerra tutto il mio mondo era crollato.
Forse è anche per questo che avevo “accettato” ciò che mi aveva imposto il mio patrigno, cioè il fatto che ormai io, sapendo che non avevo mantenuto la mia promessa (basti per esempio pensare a quanto stessero soffrendo mia madre e le mie sorelle), pur di cercare di assomigliare il più possibile a quel grande uomo che era mio padre, stavo scegliendo di diventare un soldato come lo era stato lui.
Sospirai avvicinandomi alle tende di plastica bianca.
Intanto la mia mente stava ancora vagando fino a formulare il pensiero che, come avevo già detto, date la mia ingente determinazione ma le mie scarse abilità credevo che prima o poi sarei sicuramente finito in un ospedale come questo. Per non dire quelli che Louis chiamava “più specializzati”.
Scostai la pesante tenda bianca e la prima cosa che notai fu un ragazzo castano almeno di quattro o cinque anni più grande di me che era ricoperto di sangue.
Indietreggiai spaventato.
Era morto?
Mi avvicinai cautamente e gli impugnai il polso per sentire il battito.
Sì, c’era ma era molto lieve. Gli sorrisi ma non capii perché.
- Buona fortuna.
Feci per andarmene quando sentii le sue dita appoggiarsi sulle mie.
Mi girai di scatto colto alla sprovvista.
Aprì i suoi occhi rivelando il loro colore lucente.
- A-acqua…
- Acqua? Sì certo, subito!
Girai la testa a destra e a sinistra in cerca di qualcosa che potesse probabilmente contenere dell’acqua e trovai per fortuna una brocca di metallo. Versai un po’ di liquido in un grande tappo che improvvisai come un bicchiere.
Lo aiutai a bere e lui trangugiò il liquido avidamente.
- G-grazie…
- Di niente.
Mi resi conto che gli stavo ancora tenendo la mano e la tirai indietro velocemente. Lui sorrise divertito. Okay, quello era stato imbarazzante… Doveva essere il fatto che mi affezionavo facilmente alle persone!
- Piacere, Liam.
- Piacere, io sono…
- Cosa ci fai qui?!
Una squillante voce femminile alle mie spalle mi fece sobbalzare.
Mi girai di scatto per trovarmi di fronte ad una ragazza biondissima con i capelli raccolti, forse della mia stessa età. Era completamente rossa dall'agitazione, fatto che si notava ancor di più data la carnagione chiarissima.
- Io… No… Ehm…
- Cosa ci fai qua?!
La sua voce era diventato uno squittio e a momenti credevo sarebbe svenuta.
- Questo ragazzo mi aveva chiesto dell’acqua e io…
- N-n-non è p-p-possibile…
Aggrottai le sopracciglia e mi avvicinai a lei mentre lei indietreggiò spaventata andando persino a scontrarsi con un carrello di medicinali.
- Ti sei fatta male?
- N-no…
- Cosa non è possibile?
- B-b-beh, lui è in…
- CHI DIAVOLO SEI TU???
Un uomo dalla carnagione scura e dai capelli nerissimi entrò nella tenda impugnando una barella. Notai poi che il suo sguardo si posò sulla ragazza e sui medicinali rovesciati.
- PERRIE, QUESTO BASTARDO HA TENTATO DI FARTI MALE??
- Ehi no, fermo! Non è come credi!
Gettò la barella a terra e fu pronto a saltarmi addosso senza che la ragazza cercasse in alcun modo di fermarlo per quanto sembrava persa e confusa.
- COSA LE HAI FATTO???
Mi spinse e andai a cadere per terra sbattendo con la schiena sul duro terreno.
Si mise a cavalcioni su di me e mi prese per il colletto.
Però, con un’agile mossa che mi aveva insegnato il mio patrigno (senza aggiungere che poi mi aveva lussato la spalla ben due volte) lo ribaltai e fui io sopra di lui; gli presi un braccio e glielo misi dietro la schiena tirandolo.
- NON STAVO FACENDO NIENTE! Quel ragazzo là disteso mi aveva chiesto dell’acqua e io gliel'ho data. Tutto qua.
Mollai rudemente il suo braccio e mi alzai da lui.
Anche lui si rialzò un po’ più calmo rispetto a prima e fissò quella che pare si chiamasse Perrie.
- Non ti ha fatto niente?
Lei scosse impercettibilmente la testa con lo sguardo rivolto verso il basso ma con dipinta addosso una paura indescrivibile.
L’uomo si avvicinò a lei le mise una mano sulla spalla.
- Va tutto bene Perrie, adesso calmati. Respira e smetti di tremare.
Poi andò a riprendere la barella passandomi di fianco come se non fosse successo nulla. Uno “scusa” o “mi dispiace” sarebbe stato di mio gradimento…
- Comunque non dire sciocchezze. Quest’uomo è in coma.
- Eh? Certo che no!
- Cosa succede qua?
Ricomparve Louis preoccupato forse per i rumori di colluttazione che aveva sentito.
Quel tale moro caricò l’uomo ferito sulla barella e Perrie, sembrando che si fosse ripresa, andò subito ad aiutarlo a sorreggerla.
Ci ignorarono completamente se non la ragazza, prima di uscire dalla tenda, si girò verso di me per sorridermi debolmente in segno di scusa.
Annuii senza parlare mentre Louis mi fissava confuso.
Anzi, decisi persino di uscire dalla tenda per vederli andarsene in direzione di un’auto più grande di quelle che sono solito vedere, con un simbolo di una croce rossa sul fianco dipinto di bianco.
Mi avvicinai lentamente mentre Louis mi seguiva sempre più confuso.
- Dottore, la targhetta è abbastanza rovinata ma si legge ancora il nome. E’ Greg.
- Ah, interessante.
[Fine flashback]
 
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE
Ciao di nuovo! :)
Ahahah! Che vi dicevo a proposito delle sorprese??? ;D
Prima di tutto Louis! Ahah! Finalmente c’è anche lui!
Vorrei dire che forse l’ho reso un po’ troppo simpatico (adoro scrivere in modo ironico su Louis, mi ricorda una delle prime fanfiction che ho scritto, “Get dirty for you”) perché sto scrivendo quest’altra storia (“Liam Pain”) nella quale è completamente depresso e non sopporto vederlo in quelle condizioni! Ahahah! Vizi di un autore! -.-“
Poi! Mi dispiaceva un sacco scrivere la scena della famiglia di Liam! Mi inquietavo persino io… :’(
E poi altre due mega sorprese!
Liam aveva dunque già conosciuto Zayn e Perrie! Ho ambientato questo flashback appunto quattro anni fa rispetto al presente, quindi loro due probabilmente non si ricordavano di Liam (ed essendo un giovane ragazzo sarà anche cambiato molto).
E poi ha conosciuto anche Greg prima di Niall! Ahahah! Oggi mi sentivo particolarmente fantasioso! :D
Scusate se ho dovuto usare l’espediente del “non si legge il cognome” (anche se anche in questo caso Zayn e Perrie non se lo sarebbero ricordato che fosse Horan come quello di Niall) ma mi torna utile per un’altra cosa! Ahahah! ;)
Vorrei farvi notare due cose!
Ho in pratica creato il topos che appena un Payne e un Horan hanno un contatto succede qualcosa di particolare! Vi basta leggere anche il capitolo precedente! :D
E la seconda, se non l’avete notata, è che a Zayn è andato benissimo conoscere il nome del paziente quando in realtà nel presente avrà la sua ferrea regola! Cosa sarà successo? Ahahah! Lo scoprirete! ;)
Ho finito di parlare! C’era molto da dire per questa capitolo!
Ah no! Il titolo! Quello originale era Flags of Our Fathers di Clint Eastwood del 2006! Magari qualcuno l’ha visto dato che è “recente“; me lo faccia sapere e magari me lo racconti! ;)
Comunque spero che il capitolo (o anche la storia in generale) vi sia piaciuto e adorerei sapere cosa ne pensate! :D
Ciauuu! :)
  
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