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Autore: Jade Tisdale    07/07/2014    3 recensioni
Una terrestre che non è riuscita a sottrarsi al destino che il Dottor Gelo aveva previsto per lei.
Un androide che si è fatta assorbire da Cell e che da quel giorno ha iniziato a sognarlo.
Una moglie che non riesce a dimostrare il proprio affetto verso il marito.
Una madre che si chiede se sua figlia potrà avere una vita serena.
Un cyborg che sta cercando di progettare un futuro da umana.
Ma C18 che cos'è davvero?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 18, Altri, Crilin, Marron | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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24. La neve della notte di Natale.

 

 

Quando ritornai nello spazio bianco, all'improvviso, ricordai il motivo per cui mi trovavo laggiù.
«Ricordi cos'è successo subito dopo l'incontro con il dottore?» disse ad un tratto una voce, facendomi alzare lo sguardo.
Poco distante da me, stava C17. Sapevo che era impossibile che lui fosse lì: si trattava quindi della mia immaginazione.
«Ricordo perfettamente.» risposi, con gli occhi lucidi. 
Mi alzai in piedi e sospirai.
«Perché?» domandai. «Perché sto ricordando proprio adesso?»
Gli occhi di mio fratello si socchiusero.
«Non lo so.»
Avvertii uno strano brivido dietro la schiena. Dopo essere svenuta, mi era sembrato di essere andata in letargo. Sapevo di essere in vita, ma al tempo stesso, non avevo alcun controllo del mio corpo, un po' come quando Gelo ci aveva addormentati una volta divenuti cyborg.
«La tua vita è appesa a un filo.» sussurrò C17. «Devi resistere. Devi lottare...»
«Ma io... Io sto davvero bene qui...» cominciai a dire. «Voglio ricordare C17, voglio ricordare ciò che Gelo ha cancellato. E se l'unico modo per ricordare è restare qui, beh, allora...»
Il mio gemello poggiò la propria mano sopra alla mia spalla.
«Eri una bambina dolcissima, Harumi. Eri sempre in cerca di affetto e di coccole e mi facevi spesso arrabbiare. Malgrado questo, ti volevamo tutti un gran bene, anche se facevi spesso dei capricci. Mamma e papà erano due bravi genitori, ci sono sempre stati dietro e hanno sempre fatto di tutto per renderci felici. Eravamo una famiglia così allegra...» Ad un tratto, si fece serio in volto. «Eravamo dei bravi ragazzi. Tu eri bravissima a disegnare, mentre io sognavo di diventare un avvocato, come nostro padre. I nostri sogni si sono infranti in quella maledetta giornata, quando degli stupidi li hanno uccisi per gioco. Non avendo altri parenti in vita, abbiamo passato cinque anni in un orfanotrofio un po' distante da casa. Dopo circa sei mesi, ho notato un mutamento colossale nel tuo carattere. Rispondevi male a tutti, me compreso. Facevi dispetti continui, disobbedivi, insomma... Non eri più tu. Ho cercato di farti ritornare la dolce Harumi di una volta, ma poco dopo, il dolore ha preso il sopravvento anche su di me e siamo diventati due teppisti di prima categoria. Combinavano casini continui, che non potevano essere considerate delle semplici marachelle, ma essendo minorenni e senza alcun tutore legale, non ci hanno mai sbattuti in galera. Poi però, poche settimane dopo il nostro diciottesimo compleanno, ce ne siamo andati. A causa mia, che ho distrutto la cucina dell'orfanotrofio, la polizia ci è subito venuta a cercare. Se non avessi combinato quel guaio, di sicuro non avremmo mai incontrato Gelo...»
«Non è colpa tua.» dissi secca, togliendo la sua mano dalla mia spalla.
Seguì un silenzio tombale, che trascorremmo a guardarci negli occhi.
«Come ti ho già detto, mi piace stare qui. Mi da una sensazione di calma e tranquillità.» spiegai.
«Se resti qui, morirai!»
«Pazienza.» dissi, facendo spallucce.
Nemmeno io mi riconoscevo in quel momento. Non era da me parlare in quel modo, ma era quasi come se le parole mi uscissero di bocca senza che io riuscissi a controllarle. Come se qualcuno stesse parlando al posto mio.
«Preferisci rimanere qui, piuttosto che tornare da Crilin, Marron e Jirou?»
Sentii una leggera fitta al cuore. Davanti ai miei occhi, anziché un ricordo, si materializzarono le nitide figure di mio marito e della mia primogenita. I due erano mano nella mano davanti al grande albero di Natale che, ogni anno, veniva allestito nella piazza principale della Città dell'Ovest.
«Che cosa desideri per Natale quest'anno, piccola?» chiese Crilin, facendo un mezzo sorriso alla nostra bambina.
«Voglio che la mamma si svegli.» rispose Marron, facendo un'espressione triste.
C17 allungò la sua mano verso la mia direzione, facendomi ritornare alla realtà.
«Torna da loro, 18. Torna dalla tua famiglia.»
Con le gambe tremanti, mi avvicinai a lui, stringendo la sua mano nella mia. 

 

Il mio risveglio non fu per niente brusco, anzi. Fu quello che accadde dopo che fu parecchio brusco. Bulma mi prese il viso tra le mani ed iniziò a farmi delle domande insensate del tipo: 'Ma sei davvero tu?', 'Ci vedi bene?' o 'Non capisci quello che dico?'
Soltanto non appena inarcai un sopracciglio e feci la mia solita espressione gelida mi mollò ed iniziò a saltellare allegramente da una parte all'altra del laboratorio.
«Bulma, ma che diamine...»
Nulla. Ancor prima che riuscissi a terminare la frase -come al solito- la turchina si era già precipitata altrove.
Mi massaggiai con cura le tempie e dopo non molto, dalla porta sbucò Marron.
«Mammina...» disse, attirando la mia attenzione.
Mi limitai a sorriderle, facendola così scoppiare a piangere. Mi corse incontro e saltò sopra al letto. La abbracciai forte, cercando di farla calmare.
«Mammina... Sono felice che stai bene... Mi sei mancata tanto...»
Presi ad accarezzarle dolcemente i capelli tenendola stretta a me e rendendomi così conto che il pancione era sparito. Deglutii a fatica e trattenni a stento le lacrime, sormontandole con un sorriso.
«Sono qui tesoro. Sono qui e sto bene.» sussurrai.
Chiusi gli occhi e ad un tratto, sentii due braccia calde stringere me e il corpicino esile di Marron in un tenero abbraccio.
«Tesoro, ti spiace lasciare la mamma e il papà soli un secondo?» domandò il terrestre.
La mia bambina annuì, saltellando allegramente fuori dal laboratorio. Crilin mi guardò a lungo negli occhi prima di baciarmi.
«Cos'è successo?» chiesi, tenendogli ancora il viso tra le mani.
Sospirò.
«Jirou stava assorbendo la tua energia troppo velocemente. Eravate entrambi deboli e la tua vita era appesa ad un filo. L'unico modo per salvarti era far nascere il bambino... Mi dispiace.»
Mi portai una mano all'altezza del ventre, mentre tentavo di mandar su una lacrima pronta a cadere.
«Lui... Quando è...» balbettai, singhiozzando.
«E' morto ancor prima che nascesse. Non aveva la forza necessaria per farcela...» spiegò, passandosi una mano sul viso. «Perchè non mi hai detto subito che la gravidanza avrebbe potuto nuocere alla tua salute?»
Deglutii.
«Perché avevo visto la felicità dentro ai tuoi occhi quando ti ho detto che ero incinta e... Io non me la sentivo di rompere quell'aria di felicità che si era creata in casa. Ero convinta che saremmo riusciti a vincere questa guerra.»
Abbassai lo sguardo, mentre Crilin mise la sua mano sopra alla mia.
«Non ha importanza. Sono davvero dispiaciuto, ma credo che sia il destino. Questa famiglia deve essere composta solamente da noi due e Marron.»
Mi voltai verso la finestra e mi misi ad osservare la neve.
«Dicono che se nevica la notte di Natale porta fortuna. Non a noi a quando pare...» sussurrai.
«Non è vero.» si affrettò a dire Crilin. «Tu sei ancora qui con noi. Non è una fortuna questa?»
Sorrisi, avvicinandomi a lui e baciandolo nuovamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera! Purtroppo non ho avuto tempo di ricontrollare il capitolo, perciò spero di non aver fatto alcun errore di battitura, non appena potrò controllerò...
Vi avviso che questo è l'ultimo capitolo della seconda parte della storia. La terza parte sarà ambientata dieci anni dopo, più o meno un mese dopo quando Goku è partito per allenare Ub. La terza e quarta parte avranno meno capitoli rispetto alle precedenti, ma avranno comunque un senso logico. Nella prossima, C18 farà ancora -ahimè- dei sogni, ma non saranno brutti, anzi, sognerà pezzi del suo passato che credeva di avere dimenticato ma che in realtà sono ancora nascosti dentro di lei. 

   
 
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