Film > Howl's moving castle
Ricorda la storia  |      
Autore: Thilwen    28/08/2008    2 recensioni
Sophie attende Howl, osservando nella notte una guerra lontana e senza senso.
Sophie attende Howl nella stanchezza del suo corpo vecchio e nel dolore del suo animo giovane.
Sophie attende Howl disegnando, fra pensieri e tristezza, il vero significato della bellezza.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Discorso intorno al bello

Disclaimer: I diritti de “Il Castello errante di Howl”" sono di Diana Wynne Jones, Hayao Miyazaki, lo studio Ghibli e di tutti coloro che li detengono. Io non intendo violarne alcuno, non scrivo a scopo lucro, mi limito esclusivamente a dare libero sfogo alla mia fantasia.

 

Beta reader: mise_keith

Personaggi: Sophie, Howl non presente, Markl nella parte finale

 

Data creazione: 24 Aprile 2007

 

Avvertenze: Ovviamente è Spoiler per chi non ha visto il film.

 

Note dell’autrice:

Non ho mai scritto una fanfction che non fosse su Harry Potter, ma, come si dice, c’è sempre la prima volta. E questa storia bivacca sul mio computer dall’aprile 2007…

Mi sono innamorata de “Il Castello Errante di Howl” e di Hayao Miyazaki, semplicemente guardando la locandina del film. La sincera dolcezza e la bellezza genuina di Sophie ne hanno fatto uno dei miei personaggi preferiti quasi subito.

Questa fanfiction, che segue sensazioni e pensieri di Sophie in attesa del ritorno di Howl, è ambientata verso la fine del film, subito dopo che Howl le concede di vedere i luoghi della sua infanzia. Chi non ha visto il film potrebbe trovarla un po’ campata in aria; in quel caso può soffermarsi sulle riflessioni fatte dalla protagonista. Sono riportati, in corsivo, alcuni dialoghi del film, come spunto e gancio per i pensieri di Sophie.

Riporto dialoghi del film; la storia non tiene conto del romanzo di Diana Wynne Jones.

 

Ringraziamenti e dediche: A Chiara (mise_keith). Perché senza di lei non avrei ricominciato a scrivere. A Miyazaki, perché mi ha inconsapevolmente regalato nuovi sogni e nuove speranze. Joe Hisaishi perché è stato la colonna sonora della mia narrazione.

 

 

 

Discorso intorno al bello

 

 

*

«Guardate… c’è il castello di Howl…»

«Avete sentito di Marta? Il cuore le è stato ghermito da Howl…»

*

Sophie  lisciò con due dita della mano destra il copriletto.

Le faceva male la schiena. E l’anca. E la spalla.

Le faceva male anche il ginocchio.

Pure la testa.

«Ecco», si disse, sorridendo a stento «una cosa brutta della vecchiaia è che le tue ossa sembrano essersi consumate dall’interno. Sembrano pronte a cedere alla tua età».

Si passò una mano sugli occhi sospirando.

In effetti le faceva male anche il cuore.

«Ma questo, nella vecchiaia, non dovrebbe essere troppo stanco per sussultare così?»

O forse la maledizione della Strega delle Lande le aveva lasciato intatta un’altra cosa oltre ai suoi denti.

Le venne in mente un’imprecazione d’odio nei confronti della brutta megera. Poi scoppiò a ridere.

La Strega delle Lande non era altro che un informe cumulo di anni e grasso che giaceva nel sonno qualche stanza più in là.

Non c’era più spazio per l’odio, non nei confronti di quella donna. La Strega delle Lande non esisteva più ormai.

Eppure Sophie era lì, in quello stato. Vecchia, brutta, stanca.

Innamorata, nonostante tutto.

Come troppe donne che l’avevano preceduta.

Non era Howl quello noto per ghermire il cuore delle ragazze indifese? Per renderle folli d’amore e abbandonarle?

«Oh, ma Sophie, forse potrai essere indifesa, ma non di certo una ragazza!»

Scosse il capo, dandosi della sciocca.

La notte era già tesa di buio e Howl non era ancora tornato.

L’aveva lanciata attraverso la porta di casa senza aggiungere una parola, con una semplicità disarmante e davvero poca grazia, poi era fuggito via, inseguito dai suoi demoni e dal suo destino, da quella sorte maledetta che gli aveva giocato fin troppi tiri mancini.

Poco prima, stringendola con un tocco caldo, le aveva aperto la vista ai luoghi della sua infanzia, ai luoghi del suo cuore, con una grazia infantile che poteva quasi essere una delicata dichiarazione d’amore.

Se il suo aspetto fosse stato quello di sua sorella, forse.

Strinse le mani l’una nell’altra, per darsi coraggio.

La preoccupazione le divorava lo stomaco.

Si alzò a fatica, mosse alcuni passi incerti prima di dirigersi verso la finestra. Si sedette al suo tavolo, riprendendo le stoffe che stava cucendo, una giacca verde troppo stretta per il suo corpo sformato, tentando di distrarre con il lavoro i pensieri molesti che le uncinavano la mente.

Non importava, in fondo, se non avesse mai potuto amarla, se la sua maledizione non si fosse mai sciolta.

L’importante era che egli si salvasse, che si non si perdesse, ingoiato in un demone e distrutto dal suo stesso potere.

Il resto, per lei, Sophie non contava.

Non era bella, meno che meno in quel momento.

E per quanto ben poche cose fossero state importanti nella vita di Howl, la bellezza era stata una di queste.

*

«Se questo stregone fosse stato Howl ti avrebbe potuto mangiare il cuore!»

«Non c’è problema; Howl non mette gli occhi che su belle donne».

*

Era stato un volo assurdo quella sera.

Le sue mani erano gentili sui suoi polsi.

Leggere, come se manovrasse un burattino sul teatro del cielo.

Sorrideva e le sfiorava la guancia con lo sguardo.

Doveva solo chiudere gli occhi e camminare sopra la folla festante di colori e danze che scivolava metri sotto da loro.

Era stato gentile. Anche se lei non era bella.

Certo, gli serviva per fuggire, scappare via senza destare troppo l’attenzione.

Non era stata attrazione quella che l’aveva portato ad avvicinarla, solo l’interesse di un momento.

Da lì, da quel volo, dalle sue mani gentili a suggerirle passi, dai suoi sguardi caldi e la sua voce vellutata, erano iniziati i suoi guai, la gelosia cieca di una donna.

Non importava ormai, non di certo.

Si carezzò le rughe del volto. La pelle incavata e vecchia. La bocca senza più forma. Il naso, troppo brutto per essere stato il suo.

Com’erano stanchi e secchi i suoi capelli. Opachi nel loro grigio sfilacciato

Ma cosa cambiava? L’avrebbe potuta amare Howl se anche fosse stata giovane?

Non aveva nulla di particolare, magra, scura, il volto in ombra sotto il capello, la voce sottile per non farsi notare. Non le piaceva essere al centro dell’attenzione. Preferiva che gli occhi degli uomini sfiorassero la sua persona senza considerazione piuttosto che soffermarsi.

«Dovresti iniziare a pensare di trovarti un fidanzato, Sophie» le aveva detto una mattina, qualche mese prima, la madre, mentre era intenta ad incipriarsi il naso «ormai hai diciotto anni e se continui a nasconderti sotto quell’aspetto mediocre resterai zitella. Guarda tua sorella invece; più giovane di te e già così scaltra!»

Sophie aveva chinato il capo, confusa. «C’è sempre tempo per l’amore, no mamma?»  aveva bisbigliato infine, mordendosi il labbro inferiore.

La donna aveva riso. «Ah! L’amore! » aveva posato la cipria sulla toilette, abbandonando con lo sguardo il riflesso dello specchio per posarlo sulla figlia. «Se non inizi a farti bella, non ci sarà mai nessun amore degno di essere chiamato tale!»

Era rimasta in silenzio, non sapendo cosa aggiungerle. Poi aveva sussurrato un monosillabo di affermazione ed era uscita fuori dalla stanza, sentendosi soffocata dai mille profumi confusi della madre.

Non aveva mai incontrato qualcuno per il quale avrebbe voluto essere bella.

Ma se mai ci fosse stato, doveva essere qualcuno che la osservasse con occhi adoranti al di là di una falsa maschera, che alzasse la mano a disegnarle con le dita il contorno del viso e delle labbra per imprimerlo nella mente come un cammeo di tenerezza e desiderio.

Desiderio. Le era sconosciuta questa parola prima che Howl le sorridesse distratto nell’ondeggiare vago del suo mantello.

Non aveva mai desiderato nessuno prima. Non aveva mai sentito una morsa così forte partirle dal cuore e scivolarle nel ventre, mozzandole il respiro al pensiero.

Erano idee balorde, pellegrine nel sentimentalismo di una fanciulla imprigionata nel corpo di una vecchia. Howl mai, mai, avrebbe potuto desiderarla, doveva farsene una ragione.

Howl era amante di se stesso perché era l’unica creatura a ritenere bella.

*

«Senza avere la bellezza non c’è più ragione di vivere!»

«Basta Howl, fa’ come ti pare! Per quel che mi riguarda io bella non ci sono stata nemmeno una volta!»

*

Aveva iniziato a intrecciarsi i capelli quando era una bambina molto piccola.

Poi non aveva più smesso, trovandola un’abitudine confortante, un gesto rituale con il quale iniziare la giornata e alzarsi dal letto.

Trovava le trecce carine, al contrario di ciò che le diceva la madre.

«Fanno sembrare il tuo viso smunto e pallido. Sembri senza personalità».

Ma era comodo non avere i capelli davanti al volto mentre lavorava.

E non trovava motivo di rendersi appariscente come faceva la madre o la sorella.

Colori e finte tinte sul volto, complicate acconciature e sguardi ammiccanti non facevano affatto per lei.

Si sarebbe sentita a disagio, fuori luogo, dentro un’altra pelle.

Preferiva essere se stessa, anche se qualche artificio l’avrebbe resa più interessante.

Non era si sentiva bella, ma accettava il suo stato di mediocrità  senza crearsi problemi.

Le piaceva il suo lavoro, viveva bene con se stessa, trovando nelle piccole occasione di ogni giorno la vera bellezza del mondo.

Pensava che lo spettacolo del meraviglioso fuori rendesse bella la gente, per riflesso puro e semplice del naturale.

Si intrecciava i capelli, indossava i suoi colori preferiti e attraversava la sua giovinezza con il suo volto pulito, senza destare interesse di alcuno.

Non ammiratori, né sogni di principi; solo la dolcezza del presente e la capacità di accontentarsi.

Tirò su l’ago e ne osservò la cuna dove aveva infilato un filo verde oliva.

C’erano tante cose per le quali valeva la pena vivere! Come faceva Howl a non capirlo?

Lui che bello per lei lo sarebbe stato sempre, anche sotto le spoglie di un mostro!

Lui era lui, il resto non contava, il colore dei suoi capelli, la forma del suo volto.

Le pieghe gentili delle sua dita, la sua pelle liscia e calda.

Quel sorriso che divorava il cuore delle giovani sciocche come lei.

«Oh» cacciò un pugno nell’aria, per allentare pensieri e tristezze. «Devi smettercela, vecchia e stupida Sophie».

Sospirò, scosse la testa, affondando i denti nel labbro inferire.

Perché doveva fare così male?

*

«Signora madre, siete forse innamorata di Howl? »

*

Ma era così evidente, poi?

Che vergogna! Come poteva permettersi?

Lei, che bella non lo era stata mai, mai lo sarebbe diventata.

Anche se le parole di Howl e i suoi gesti erano una fiamma accesa nel profondo del petto, anche se nei silenzi della notte si rigirava fra sogni e intime percezioni, anche se c’era qualcosa in lei che le diceva che non erano tutte vane speranze, non poteva permettersi certe idee vagabonde.

Le voci sonnolente che le ispiravano pensieri di gioia e amore erano falsate dal suo sentimento irrazionale.

Anche se…

*

«Ma tu sei bella  Sophie!»

*

La bugia era così dolce e l’acqua chiara dei suoi occhi così limpida, che aveva fatto troppo male.

Restava solo la fuga lontana nel piccolo dolore personale.

Come poteva essere bella, poi, vecchia, stanca, smorta?

Che Howl la vedesse per com’era? Ed anche allora, restava un mediocre ragazzina senza troppe qualità.

Mentre Howl, beh, Howl.

Forse c’era qualcosa che doveva soffermarsi fra l’essere bello o l’apparire bello.

Bello agli occhi di chi ti conosce e ti vuole bene, di chi è stato capace di svestire i mille strati del tuo animo.

Una bellezza soggettiva e multicolore, piena di sfumature di piacere dove perdersi e amarsi.

Allora, al mondo, ciascuno è bello almeno un po’, almeno per un po’ di gente.

Ma per Howl la bellezza aveva forma diversa, la forma itinerante di un percorso di vita, di una scelta senza compromessi.

Era una sciocca, vecchia, illusa.

Trasse un punto, scrutando con aria preoccupata la notte fuori dalla finestra.

Chiuse gli occhi, immaginando scenari di guerre e di fiamme.

Howl fra loro.

Era preoccupata, così tanto.

Qualcuno bussò timidamente alla porta.

«Sophie, buonanotte. » le disse la voce di Markl, spuntando da una fessura di luce dalla porta in camicia da notte bianca.

«Buonanotte» gli rispose e nella sua voce si sciolse un tenero sorriso che non riuscì ad affiorarle sulle labbra.

Ma prima che la porta si richiudesse, il bambino sentì il bisogno di rincuorarla.

«Sophie non c’è da preoccuparsi per il signor Howl, è già capitato che non tornasse per più giorni».

«Ti ringrazio, Markl» disse, e stavolta sorrise veramente.

Il ragazzo andò via, velocemente.

Sophie chiuse gli occhi, in una preghiera al nulla e alla fortuna.

Per una preghiera alla bellezza di un sentimento, difficile da classificare in canoni e schemi.

“Sarà vero che la bellezza dell’amore è quella di non conoscere bellezza?”

Non si rispose. Si alzò a fatica e svolse le ultime faccende prima di andare a dormire.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Howl's moving castle / Vai alla pagina dell'autore: Thilwen