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Autore: CrucifyMe    09/07/2014    0 recensioni
Ludovica è una ragazza del distretto 5 che un giorno si avventura nel bosco al confine con il distretto. Là accadrà un incidente, grazie al quale conosce Alex, un ragazzo che vive dall'altra parte della barriera che separa i due distretti. I due passeranno molto tempo insieme, fino a provare amore l'uno per l'altro, ma date le circostanze sono costretti a dirsi addio. Le loro storie si riuniranno, ma saranno cambiate molte cose.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ludo dobbiamo andare, sbrigati.
Tate mi sta aspettando da ormai mezz’ora alla soglia della porta della mia camera da letto, ma non posso andare senza l’orologio da taschino di mio nonno, è l’unica cosa che mi è rimasta da lui e non me ne posso separare, soprattutto oggi. – Se non siamo in piazza entro dieci minuti, ci sbattono nell’arena anche se non siamo stati scelti.
L’ultima cosa che voglio è finire nell’arena con il mio fidanzato. Stiamo insieme ormai da un annetto e mezzo e questa sarà la nostra ultima mietitura. Devo passare solo quest’anno e sarò libera finalmente. Trovo l’orologio, era sotto il cuscino, l’avevo dimenticato in mano mentre dormivo ieri sera probabilmente.
-Trovato! – Bene ora però dobbiamo correre. E corriamo letteralmente, non sono mai stata una grande sportiva, tutto quello che riguarda lo sforzo fisico l’ho eliminato dopo l’ustione alla gamba, nonostante la pomata non è mai guarita del tutto e anche una semplice corsa è uno sforzo immenso per me. Non posso entrare nell’arena, non ne uscirò mai viva.
Arriviamo giusto in tempo, gli altri sono già tutti allineati, a sinistra i ragazzi e a destra le ragazze. A malincuore mi devo separare da Tate e prendere posto. L’ho sempre considerato come uno scudo per me, è la mia forza, senza di lui sarei persa. Penso che l’amore che provo di lui sia strano, è come se io fossi un naufrago e lui la spiaggia.
Mi sento le mani appiccicose dal sudore, tremo dall’agitazione e l’eccesso di produzione di adrenalina è l’unica cosa che mi impedisce di svenire. Voglio andarmene di qui, non voglio entrare nell’arena, prego ogni giorno che non succeda. Ho paura, non voglio fare la fine di quei ragazzi, io voglio vivere.
Gli altoparlanti emettono un suono tipo una campana, sta per essere sancita la probabile morte di due innocenti.
Sul palco sale una donna vestita con un abito arancione, pieno di stoffa e dettagli, la si potrebbe scambiare per un mandarino. Non capisco perché la gente di Capitol City si vesta in quel modo, non si rendono conto di essere ridicoli? Mi concentro sul suo aspetto per distrarmi, in modo da non vedere il video che passano ogni anno, in cui ci ricordano come hanno sconfitto tutti i distretti e aver distrutto il 13. Non sopporto la vista di tutta quella violenza. Non ho mai potuto vedere la gente farsi del male; da piccola, quando vedevo gli hunger games, stavo sempre in braccio a nonno, mi dava sicurezza e protezione. È la stessa sensazione che mi trasmette Tate, forse è per questo che lo amo tanto.
- Prima le signore. È la voce della donna che estrarrà i nomi, è arrivato il momento. Non riesco a vederla da qui e questo mi tormenta ancora di più.
- Ludovica Grey.
è il mio nome. Entrerò nell’arena. No, non è possibile. Non ci posso entrare. Vorrei gridare di uccidermi ora, di farmi quello che vogliono, tutto pur di non entrare lì. La donna ripete il mio nome e questa volta devo andare. Prendo tutto le forze che ho in corpo e mi incammino verso di lei. Sto andando verso la mia morte, non ne uscirò mai viva. Tutti i miei sogni, le mie speranze, sono andati. È la fine. Mi sistemo accanto a lei e non posso fare a meno di cercare lo sguardo di Tate, ne ho bisogno più che mia in questo momento. Mi guarda con occhi sicuri e decisi, ma perché? Forse è un impressione mia o forse il terrore che mi si attraversa nel corpo mi sta annebbiando la capacità di valutare.
La donna sta rimettendo la mano nel contenitore, ma quello con i nomi dei ragazzi questa volta e parte un urlo.  – Mi offro volontario!
No, non può averlo fatto, non può.  E invece lo vedo dirigersi verso di me con passo sicuro. Che cosa gli è passato per la testa, deve essere impazzito.
Non mi guarda nemmeno, fa come finta che non ci conosciamo, ma io lo conosco bene e so che se fa così è perché ha in mente un piano, è uno stratega lui.
- Bene,abbiamo i nostri tributi. Felici Hunger Games e possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
La donna ci porta dentro la casa del sindaco, inizia a parlare a vanvera degli huger games e di come siano spettacolari. Io non riesco ad ascoltarla, sono troppo concentrata su Tate. Qual è il suo piano per salvarci?
Finalmente possiamo tornare nelle rispettive case, ma non camminiamo da soli, ci scortano delle guardie, nel caso provassimo a ucciderci. Arriviamo prima a casa mia e una guardia rimane a controllarmi, mentre le altre portano Tate alla sua. Prendo i primi stracci che trovo e li butto nella valigia. La mia famiglia è divisa in due parti, da una ci sono nonna e mamma che piangono disperate e parlano senza dire nulla di fatto, e dall’altra ci sono mia sorella e mio padre che non proferiscono parola. Do un veloce abbraccio a ognuno di loro e me ne vado. Non voglio percepire il loro dolore, voglio allontanarmi il più possibile, non voglio ricordare tutto quello che sto per perdere.
La guardia mi porta alla stazione e lì incontriamo Tate. È da egoisti dirlo, ma sono quasi felice di averlo accanto a me, mi da forza. Poi però penso che solo una persona può uscire dall’arena e torna lo sconforto.
La donna della mietitura, che ha detto di chiamarsi Cassie, ci accoglie nel treno. Non avevo mia visto nulle di più lussuoso, la mia era una famiglia abbastanza agiata e non ho mia dovuto soffrire la fame, ma quel treno era al di fuori degli standard  persino della persona più ricca del mio distretto.
- Sarete stanchi, vi accompagno nelle vostre cabine. La cena è fissata per le otto in punto, ci sarà l’arrosto, una delle specialità del nostro magnifico chef, lo amerete!
Ci porta alle nostre stanze e ho notato che mentre cammina è come se saltellasse, tipo un bambino con un lecca lecca in mano. Ovvio che è felice, ha un tributo che si è offerto volontario, il che fa pensare che è sicuro di vincere e se uno di noi lo farà, pure lei riceverà onori e una grossa somma di denaro.
Le cabine sono enormi, sono grandi come la mia sala. – Questa è la tua stanza Ludovica, Tate la tua invece è questa accanto. Vi lascio riposare, a dopo! E saltellando se ne andò. Quel suo modo infantile mi dava veramente fastidio, forse perché trasmetteva felicità da tutti i pori e invece dai miei usciva solo la rassegnazione ad una morte certa.
- Dobbiamo parlare. Tate mi prende per il braccio e mi porta dentro la mia stanza. Mi stringe a sé ed è un po’ come sentirsi di nuovo a casa. Profuma di lavanda, sua madre le coltiva perché ne va pazza, voglio molto bene a quella donna, mi tratta come se fossi una figlia, mi mancherà molto, non oso immaginare quanto a lui. Mi prende per il mento con le dita e delicatamente lo tira a sé e mi bacia. Se prima era bacio delicato, diventa più appassionato, poi però percepisco tutta la sua disperazione e anche lui sente la mia e così si stacca.
- Perché ti sei offerto volontario? Sei impazzito, da quando hai queste manie suicide?
- Non ti volevo lasciare andare da sola, non ce la faresti. Ho sempre apprezzato la sua sincerità, ma in questo momento non era molto gradita. – Ah okay, quindi hai pensato di venirmi a salvare, però c’è una pecca, solo uno può riuscire a uscirne fuori vivo. Te lo ricordi, vero, che c’è un solo vincitore? Metti che sopravviviamo, solo uno di noi resterà in vita, ci avevi pensato? Solo ora che l’ho detto ad alta voce mi rendo conto che è tutto reale e che uno di noi o entrambi moriremo. Mi vado a sedere sull’angolo del letto e cerco di trattenere le lacrime, ma facendolo tremo come una foglia e sembro ancora più debole. Non sopravvivrò mai e lui rischierà la sua vita inutilmente per salvarmi. Si siede accanto a me e mi cinge con un braccio. Sento i suoi muscoli stringermi e mi rendo conto che fisicamente lui è molto forte, è allenato ad andare a caccia, sa correre e arrampicarsi, può vincere.
- Ho un piano, ne usciremo entrambi. Fidati di me.
- Non ti credo. Lo scanso da me e mi giro dall’altra parte – Ho bisogno di stare da sola, va via.
- Ludo fidati per favore, non posso dirtelo, perché ho paura che ci spiino, ma fidati. Mi da un bacio sulla fronte e se ne va.
Gli credo, ma non so se funzionerà.
  
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