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Autore: PhoenixAinsel    28/08/2008    5 recensioni
[UN NUOVO CAPITOLO DOPO LUNGA ATTESA] La potenza dell'Imprinting...E quel che ne può scaturire quando ad averlo è Jacob Black. Ma come potrebbe prenderla se il suo imprinting fosse la migliore amica di Bella Swan ai tempi di Phoenix?
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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L'Incidente

“Si mamma….no..no! noooo”Cantilenò Liz stralunando gli occhi mentre la destra sosteneva il volante mantenendo la Camaro del fratello dritta sulla strada e la sinistra reggeva il cellulare all’orecchio.
“Uffa mamma sei noiosa…si ecco brava…cambiamo argomento” aggiunse mentre premeva la frizione spostando la mano verso il cambio, ingranando la marcia e rimettendola subito al volante “ Si mamma, Bella è davvero felice,…Cosa? E che c’entra?” Liz tornò a sgranare gli occhi e sbuffò lungamente “No mamma, non ho sbuffato, c’è interferenza. Dai su fammi chiudere, è da un chilometro che guido con una mano e se mi ferma la stradale cosa racconto a tuo figlio Fred? Che perchè volevi sapere quanto fosse lungo il vestito di Bella Swan alla sua festa di fidanzamento mi hanno sequestrato la macchina? No…no…”La ragazza digrignò i denti imprecando in labiale “No…si mamma, sto attenta…si…si…Ciao” Un colpo secco e richiuse il telefono lanciandolo sul sedile passeggero e riportando la sinistra sul volante. La destra tornò stabile sul cambio della Camaro del ’75.
Elizabeth Carter, o meglio Liz, era la compagna di banco di Bella Swan quando questa studiava ancora a Phoenix. Una ragazza graziosa quasi quanto Bella, ma decisamente meno imbranata dell’amica. Capelli bruni e lisci, occhi castani screziati da pagliuzze verde marcio dal taglio allungato. Lunghe ciglia nere che ne evidenziavano il taglio allungato ed appena sollevato, facendola assomigliare ad una gatta. Aveva un fisico minuto ma tonico, frutto delle sue eccellenti doti di scattista. Sin da piccola aveva avuto modo distinguersi per le sue capacità sportive e per la sua agilità, forse anche per questo aveva una predilezione per Bella. Si erano conosciute il primo giorno, quando Bella era finita con il naso per terra e Liz con una mossa felina aveva evitato che la ragazza si spaccasse la fronte contro il gradino di marmo dell’ingresso afferrandola al volo. Ed ora Liz era li, a Forks, la piovosa Forks, sotto invito dell’amica che la voleva presente al suo Matrimonio.
Quanto suonava strana questa parola alle orecchie di Liz detta dalle labbra di Bella. Era rimasta stupefatta sgranando gli occhi quando la mattina di due giorni prima le aveva dato la notizia mentre stringeva la mano del fidanzato. Liz lo aveva scrutato a lungo in silenzio, colpita dalla bellezza singolare di quel ragazzo. Le diede un senso di imbarazzo, di inadeguatezza lo stargli seduta accanto e più volte mentre Bella parlava gli riservò occhiate fuggevoli per poterlo studiare. Ma la cosa che più aveva colpito la ragazza erano quegli occhi color del miele, caldi e ipnotici, verso cui Bella si orientava, quasi fossero la fonte stessa del suo respiro. Ogni volta che incrociava lo sguardo di Edward, Bella smetteva di respirare diventando quasi cianotica. Lui parlò molto poco ma ogni volta che lo osservava, Liz si accorgeva di provar fastidio per quello sguardo che sembrava le leggesse dentro. Era come essere nude davanti al proprio carnefice. Si sentì disarmata, arrendevole eppure non voleva arrendersi. Ma era come se la resa fosse inevitabile suo malgrado. Quando era uscita da casa di Bella per rientrare in auto, Liz si sentiva svuotata e stanca, come dopo un allenamento per i 100 metri piani. La sua chiacchierata con Bella, ma specialmente il suo incontro con Edward Cullen, l’avevano svuotata di ogni forza, fisica e mentale.
Scosse il capo con forza riportando l’attenzione sulla strada. Portò la destra alla radio accendendola ed alzando il volume per tentar di rilassarsi. Ingranò nuovamente la marcia e continuò a guardare la strada finche uno strano rumorino non attirò la sua attenzione.
“Ma cosa diav…” Biascicò mentre girava appena il collo verso destra per porgere l’orecchio per meglio ascoltare. Un singhiozzo repentino della Camaro la sbalzò in avanti facendole sbattere il petto contro il volante. Liz sgranò gli occhi colpita di sorpresa. Decellerò e sterzò verso destra, accostando. Fece spegnere il motore ingolfandolo e congiunse le mani sul volante accasciandosi sullo sterzo, ansimante. Portò la sinistra alle costole, nel punto dove aveva ricevuto la botta e cercò di respirare profondamente per alleviare il fastidio.
Restò con la fronte appoggiata li per un tempo che le parve indefinibile. Tuttavia qualcosa la riportò ad una concezione reale del mondo. O meglio qualcuno.
“Ehi, stai bene?”
Sentì qualcosa bruciarle la spalla sinistra. Tornò a sgranare gli occhi sollevandosi di scatto dallo sterzo e volgendo repentina il capo alla sua sinistra.
Il suo sguardo incontrò un altro paio di occhi, neri e caldi, sgranati quanto e forse più dei suoi. Restò in silenzio per alcuni istanti, incapace di poter articolare qualunque suono che non fosse quello del suo respiro ansante che si mescolava a quello del ragazzo che le stava davanti e che come lei non emetteva altro suono che una sorta di ringhio sordo, simile ad un ronzio, che pareva provenirgli la petto.
La mano di Lui era appoggiata sulla spalla di Liz ed ancora gli bruciava la pelle con un calore quasi innaturale, non sapeva definirlo in altro modo perché lei stessa era convinta di star per andare in autocombustione spontanea. Erano ad un soffio l’uno dall’altra. Solo una decina di centimetri separava i loro visi.
Liz richiuse le labbra sentendosi in profondo imbarazzo. Si sentiva calda e languida, come se avesse bevuto una bottiglia di champagne e il suo io fosse disinibito a tal punto che avrebbe potuto fare di tutto.
In quell’istante desiderava fare l’amore con quel ragazzo.
Abbassò lo sguardo e poi il capo, incassandolo tra le spalle e scuotendolo a volere rimuovere quel pensiero cosi istintivo e tanto incredibile che le era passato per la testa.
Sentì che la mano di lui lasciava la sua spalla e non potè far a meno di volgersi a guardarla adesso, percependola immensamente fredda e mancante di qualcosa di piacevole. Sollevò lo sguardo deglutendo, mordendosi il labbro inferiore. Scostò le mani dal volante e portò la sinistra a tirare la maniglia per aprire lo sportello. Posò il piede sinistro sull’asfalto e sollevò il capo verso la mole di quel ragazzo, rendendosi conto che lui adesso guardava la strada inebettito, sconvolto e turbato. Lo fissò percependo alla bocca dello stomaco una sorta di sfarfallio preoccupante a quella visione che le parve struggente. Era come se potesse toccare con mano il tormento interiore che credeva lui provasse.
“Ehm...si credo di star bene…” mugolò appena tornando a tastarsi le costole con la destra. Le dolevano ancora. “Tu sei intero? Sembra che tu abbia visto un fantasma…” si azzardò a mormorare con tono roco.
Il ragazzo si volse nuovamente verso di lei, facendo ondeggiare il crine scomposto che gli sfiorava le guance raggiungendogli le spalle. Era alto quasi due metri, cosi almeno giudicò lei ora che poteva vederlo meglio. Era come avere davanti una irresistibile montagna di muscoli. Spalle larghe e ben impostate, torace ed addome scolpiti eppure non esagerati come in un fisico palestrato. La tensione dei muscoli era vibrante e poteva percepirne il guizzo solo osservando la maglietta nera che ricopriva il suo busto. Lasciò che il suo sguardo osasse scendere verso le mani che poco prima l’avevano sfiorata ed un nuovo languore le devastò il petto quando incontro l’arto serrato in pugno che faceva spiccar i nervi sulla pelle.
Per un attimo desiderò sapere cosa avesse provato nel sentire il tocco di quella mano sulla sua schiena nuda.
Tornò ad avvampare e chinò nuovamente il capo.
“Hai avuto un incidente, sei sicura di stare bene?” disse lui con tono basso.
La voce di lui fu anche più devastante della sua visione stessa. La sentì penetrare fino al cervello ed il corpo fu scosso da una scarica di adrenalina tanto repentina da farle girare la testa. Barcollò in avanti, ma prima che potesse raggiungere l’asfalto si ritrovò stretta e a contatto con il corpo di lui. Liz stralunò gli occhi sentendosi anche peggio. Il profumo di quella pelle la faceva bruciare dentro. “Non stai bene affatto invece…ti porto in ospedale!” esclamò lui.
“No…ti prego…in ospedale no…per favore…” mormorò lei, ancora con tono roco, chiudendo gli occhi totalmente pervasa dalle sensazioni del suo corpo.
Il ragazzo spostò gli occhi neri su di lei che ora stringeva in braccio. La fissò a lungo in silenzio. Riempì il torace di aria e lentamente la rilasciò all’esterno aggiungendo:
“Va bene, ti porto a casa mia…tornerò a prendere la macchina e la moto dopo” Fece una pausa e poi aggiunse” Come ti chiami…?”
“Elizabeth Carter” mormorò con voce pastosa, soddisfatta e bassa.
“Jacob Black” aggiunse lui mentre chiudeva lo sportello della Camaro con una pedata e sollevava il capo e iniziando a muovere il passo verso il bosco tagliando dalla strada.
  
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