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Autore: Lilith_s    09/07/2014    7 recensioni
“ma forse è questo il tuo problema. Farsi consumare è...terribilmente bello, i litigi che vivono dentro di te...il cervello, la testa che dice una cosa, ed il cuore, lo sterno e la bocca dello stomaco in fiamme, come se ribollisse dentro” mi bagnai le labbra per riprendere fiato “Ma io ho capito, con tanto dolore, che questa tremenda malinconia poi muta solo in melanconia...come lo spleen di Baudelaire, hai presente?”
Lui sorrise, timidamente, per il paragone che avevo fatto...tornò a seguire l’andamento delle mie labbra “lo spleen è nero, è velenoso, fa male. Fa male al tuo cuore, Ville” gli toccai, senza pensarci troppo, il cuore... “batte, sì, lo fa, ma a che prezzo? Ama chi ti ama” sussurrai poi, dopo un lungo respiro...
*
*
*
Più passavo tempo con lui, più scoprivo un lato inedito del suo carattere, più occasioni avevo di guardare il suo viso, perfetto, più scoprivo una ruga, un particolare, un’espressione dei suoi occhi, o un modo di muovere le labbra tutto suo, qualcosa che gli appartenesse davvero.
Avrei desiderato immensamente abbracciarmi a lui, il suo profumo, anzi, il suo odore, avvolgeva le mie narici, ogni poro della mia pelle, attirandomi a lui come un magnete..
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un sottile ma radioso raggio di luce filtrato attraverso la lunga tenda bianca colpì i miei occhi che, sebbene chiusi, percepirono all’istante il calore solare, suggerendo al mio organismo tutto che era ora di svegliarsi.
Aprii gli occhi lentamente, conscia di non trovarmi dove avrei dovuto.
Ero distesa sul fianco destro, due cuscini bianchi e profumati sotto la mia testa, dinnanzi a me la grande finestra irradiata dalla luce del giorno.
 Rimasi immobilizzata, gli occhi piccoli ed infastiditi, un forte senso di nausea acuito da un bombardante mal di testa mi prendeva tutta, impedendo ai miei muscoli di compiere il più piccolo movimento.
“Ma come ci sono finita qui?” mi chiesi, roteando lentamente e meccanicamente le pupille degli occhi, cosa che mi fece balzare alla mente le innumerevoli volte in cui mi ero trovata, e me la ero anche cercata eh, nella stessa situazione.
“E che ore sono?” pensai, sbarrando gli occhi, fissando la finestra, sempre più infastidente, col battito del cuore accelerato “Dio,deve essere pieno giorno”.

Con movimenti lentissimi rotolai su me stessa, spalancando le iridi nel vedere che l’altra metà del grande letto, anch’esso coperto da setose lenzuola bianco ecru,  fosse occupata da una figura maschile che mi dava le spalle, rannicchiata, come a non volermi dare fastidio e a lasciarmi l’intera (o quasi) piazza del letto “Ville...” sospirai, mandando giù la saliva.

Se il mio cuore batteva all’impazzata, ora mi trovavo (per la seconda volta in meno di ventiquattr’ore) a dover affrontare un infarto.

In quell’istante, nell’improbabile ipotesi in cui davvero me ne fossi dimenticata, ebbi un flash sull’episodio di poche ora prima della terrazza, le sue parole ancora nella mia testa, macigni che rotolavano, lasciando dietro di sé un’eco insostenibile...chiusi gli occhi, rivolgendomi alle sue spalle “devo andare via di qui” pensai tra me e me.

La sua camera da letto era splendida, anch’essa caratterizzata da quella magica atmosfera che aleggiava nella casa. L’avrei definita “antica”, non “vecchia”...la fascinazione della sera prima non si era esaurita, ogni ambiente era impregnato di qualcosa di più antico di noi, forse più antico della costruzione stessa.
Era...animata.


Tornai supina, occhi alla volta.
Sospirai.
“Sei una cogliona Sybil” mi disse l’altra Sybil, quella nella mia testolina – lei sì che ci capiva qualcosa- “Cadi sempre male, e sempre sulle stesse cose!” sì, lo so, ora come allora;
nel vuoto della volta circolare immaginai la scena di svariati mesi addietro, la nottata di Halloween, infinita, trascorsa in un locale di amici, praticamente asfittico nonché decisamente spartano – un divano alla ben’e meglio, un tavolaccio antico, qualche sedia dai cuscini sdruciti e, inaspettatamente, o quasi, un televisore lcd con tanto di sistema dolby surround, utilizzato tra l’altro per iniziare, e non terminare, la visione di un patetico film dell’orrore- terminata nella più totale ubriachezza.
Mi vennero in mente le troppe birre bevute la stessa sera al pub che ero solita frequentare a Londra, gli shots di rum e pera in serie, sempre di più, la ridicolissima scena della mia davvero poco elegante caduta di peso al locale, e... i pianti.

Sì.


Ricordai improvvisamente i pianti disperati con le mie amiche, appena fuori dal locale, poggiata al finestrino di un’auto...indossavo, nonostante la temperatura, un leggerissimo vestitino nero di cotone elasticizzato, a pois bianchi, calze e anfibi come al mio solito...percepii il freddo di quella serata, l’amarezza delle lacrime miste al mascara che finivano sulle mie labbra per poi essere ingoiate, le stesse labbra affannate dal raccontare, raccontare i miei dolori.
Tornai presto alla realtà, a me nel letto di Ville, al mio abito sgualcito, al mio mal di testa...tutto pur di fuggire da quel ricordo, dal ricordo mortale di Adrian quella sera, al pub, seduto con me al bancone come sempre, mano nella mano, complici le luci offuscate, che mi sussurrava parole d’amore...e la sua ragazza sull’uscio della porta, ignara di ciò che stesse accadendo all’interno.

Mi sentii morire.

Posai nuovamente gli occhi su Ville, il non riuscire a muovermi mi stava mandando letteralmente fuori di testa, ed il vederlo dormire serenamente, come un angioletto, finì col disturbarmi ancora di più.
“Non ho mai diviso il letto con Adrian e mi ritrovo a farlo con Ville Valo”...considerai nervosamente, aiutandomi con le braccia a sedermi sul letto.

“Avrei bisogno di lavarmi la faccia...e di un caffè... e poi, dove ho lasciato il telefono? E le chiavi?” pensieri convulsi abitavano la mia mente, distratti però dal risveglio del cantante al mio fianco.
“Ehi, sei ancora qui?” mi domandò ancora di spalle, muovendo alla cieca la mano destra, che incontrò il mio braccio sinistro, rilassato sul materasso.
“Sì, mi sono appena svegliata” dissi con la voce impastata dal sonno e dall’alcol.

Ville si girò lentamente, stropicciandosi l’occhio sinistro, i capelli raccolti nel cipollotto leggermente arruffati ed un sorriso ebete che gli incorniciava il viso “Buongiorno bambina” mi fece con tono greve, e dannatamente sexy.
“E’ questa la tua voce di prima mattina?” mi portai entrambe le braccia allo sterno dalle risate “Hanno ragione a dire che sei proprio un principe dark” poggiai la testa allo schienale.
“Ehi tu, guarda che sono già pronto e scattante per un altro inseguimento” scherzò mentre gli partì un immenso sbadiglio e, sedendosi sul materasso, prese posto più comodamente, con lo sguardo rivolto verso di me “Mal di testa vero?” chinò leggermente il volto a destra, cercando di incontrare i miei occhi “Sì, mi sento uno schifo” sbuffai portandomi le mani alle tempie.
“Ah, queste bambine che esagerano con l’alcol!” mi canzonò alzandosi dal letto e sistemandosi meglio la cintura, allentatasi nel corso della notte.
Sollevò leggermente la maglietta, la stessa grigio scuro della sera precedente, ed il tatuaggio di Klaus Kinski si mostrò timidamente ai miei occhi, provocando un leggero rossore sulle mie gote.
“Ehi, bella addormentata” mi riportò bruscamente alla realtà “Sei tutta rossa in viso” un ghignò gli si dipinse in volto...sempre meno sgamabile Syl, vai così.
“Ah...no...” farfugliai velocemente, tornando a guardare i suoi occhi, lasciando stare il suo ventre “io...è che ho visto il tatuaggio di Kinski, è…bello” risposi poco convinta. Ma quanto sono idiota? Quanto?
“Mh, grazie” si limitò a rispondere ghignando ancora, liberandosi i capelli dall’elastico per sistemarli. “Comunque puoi usare il mio bagno se ti serve, così ti dai una sistemata veloce prima di andare via. Io scendo giù a fare il caffè, ti va un caffè, vero?”
“Oh sì sì” annuii “grazie Ville, sei meno stronzo di quanto immaginassi” sorrisi divertita mentre mi alzavo lentamente dal letto e mi dirigevo scalza verso la porta del bagno.
“Di niente mia piccola sibilla, sei meno vecchia di quanto immaginassi” mi regalò un sorrisino sghembo, ma apprezzai la battuta ed il riferimento all’origine del mio nome –il mito infatti vuole che la sibilla chiese ad Apollo l’eternità, scordandosi però di chiedere anche la giovinezza, condannandosi quindi ad una lenta ed inesorabile vecchiaia- dopodiché scese verso la cucina.


°-°-°-°-°
Il mio riflesso allo specchio era dei più inquietanti.
Che vergogna.
 I miei capelli rossicci erano diventati un ammasso informe e gonfio che mi rendeva senz’altro ridicola, non contando il trucco colato sotto gli occhi, e la mia espressione da addormentata.
“Ma come sei sexy quest’oggi Sybil” mi dissi allo specchio con voce suadente, giusto per prendermi in giro.

Naturalmente il bagno di Ville era decisamente più ampio di quello del piano di sotto, con pareti blu petrolio ricoperte da uno smalto satinato che conferiva loro più lucentezza.
Notai, sul sottolavabo, una quantità infinita di rossetti, trucchi di ogni sorte, smalti e pennellini alla rinfusa “Dimmi che non sono tuoi, Ville...” commentai ironica, capendo immediatamente che erano di proprietà di questa fantomatica Sandra “o è vanitosa o è un cesso” dissi con piglio sarcastico, lavando via la stanchezza della nottata trascorsa ed il trucco dal mio viso.
Per quanto tentata di immergermi nella larga vasca alla mia sinistra, resistetti e terminai di lavarmi i denti come ero solita fare in campeggio, una punta di dentifricio sull’indice sinistro e via.

 
Dopo una decina di minuti, finalmente sistemata e profumata, percorsi nuovamente quelle scale a chiocciola, ritrovandomi, già nel salone, investita dall’odore di caffè che stuzzicava le mie narici.
“Ah finalmente” commentai sorridendo, entrando nella cucina di Ville, il quale era intento a riempire le tazze con del caffè fumante.
“Prendi le tazze, andiamo a fare colazione fuori” mi fece cenno con la testa mentre portava il resto delle vettovaglie.
Lo seguii incuriosita “E’ così che conquisti tutte le tue prede, Valo?” domandai con tono sarcastico, quando, una volta usciti dalla porta sul retro, sentii i miei piedi solleticati dall’erba del giardino, fresca di rugiada.
“Ma è bellissimo qui Ville!” commentai con un pizzico di stupore.

Il giardino sul retro di Ville, grande abbastanza per ospitare un delizioso tavolino di legno intarsiato e due sedie abbinate, era recintato da una staccionata di legno, ai piedi della quale vi erano piccolissimi fiorellini gialli che spiccavano sul verde intenso.

“E se arriva una gelata?” chiesi poggiando le tazze sul tavolino, sul quale Ville aveva già steso una tovaglietta quadrata bianca e posato del latte, zucchero e cucchiaini.
“Beh” sorrise “tutti i fiori appassiscono” mi fece notare “Ed ogni anno arriva la primavera...non c’è motivo di preoccuparsi” sorrise
Chissà perché ma, come ero solita fare, andai oltre il significato letterale di quelle parole, cosa che mi provocò un intenso seppur brevissimo groviglio allo stomaco...
“Su siedi bimba” mi disse con aria gentile, e così feci.
Era davvero bellissimo di prima mattina, gli occhi stanchi della notte trascorsa quasi insonne, ma tutte le rughe che apparivano, erano non di vecchiaia ma unicamente d’espressione.
“Mi dispiace non avere niente da mettere sotto i denti ma...” fece spallucce sedendosi di fronte ed accendendosi una sigaretta “Vuoi?” mi porse il pacchetto aperto
“Oh, sì, ci vuole” alzai un sopracciglio, così, aspettando che il caffè si raffreddasse, fumammo silenziosamente. Attorno a noi solo il verde del giardino, qualche formichina qui e lì, ed il cielo di Helsinki più azzurro che mai.

“Ma che ore sono Vil?” chiesi ad un punto, essendomi ormai scordata chi fossi e dove abitassi
“Mh, saranno le undici e mezza” mugugnò a malapena, sorseggiando la sua bevanda
“Come?” domandai retorica sobbalzando “Mio padre mi avrà dato per morta ormai...” feci di no con la testa, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo
“Naaah” mi obiettò lui con il solito sorrisino mascalzone.
Rimasi interdetta per un secondo... “Che sai tu che io non so?” chiesi poi improvvisamente.

Ville ridacchiò battendosi le unghie sui denti, lo sguardo intenso ed intento a scrutarmi... “non credo che tuo padre si sia accorto della tua assenza, stanotte”
Che diavolo intendeva?... “Parla chiaro” dissi, accipigliata “Che intendi con questo? Non era in casa?” domandai a raffica
Sbuffò, mordendosi poi il labbro.
“Beh, non so se è giusto che te lo dica io ma...”
“Parla oh!” insistetti, interrompendolo
“Sybil, niente” recitò serenamente “Tuo padre si frequenta da un paio di mesi con una donna, tutto qui”
Probabilmente se avessi avuto uno specchio, o se mi fossi vista dall’esterno in ogni caso, avrei visto il mio già precario colorito in viso scomparire inesorabilmente. Mio padre? Una donna? Era impossibile! Lui amava mia madre, e l’avrebbe sempre amata! No, si sbagliava e di grosso.
“Non dici sul serio…?” chiesi dopo un pesante minuto di silenzio “Io non...mia madre...no dai” farfugliai nervosamente “e chi è?”
“Sybil” mi frenò con calma mettendosi dritto sulla sedia...”non agitarti, è...normale!” sorrise flebilmente.
“No, non è normale. Mio padre ama...”
“Sì ama tua madre. E l’amerà sempre. Ma è un uomo solo da tanti anni, che male c’è se ha deciso di frequentare qualcuno? Ha diritto anche lui ad avere qualcuno...accanto” allungò la mano in cerca della mia. “Capisco che tu possa essere...”
“Sconvolta” conclusi io, ritraendo la mano dal suo tocco.

“Forse è meglio che io vada, Ville” mormorai poco dopo, più nervosa e dolorante che mai. Non solo la notizia mi aveva procurato nuovamente grovigli allo stomaco, ma aveva risvegliato tutti i muscoli indolenziti della sera passata
“Oh dai...non avere fretta” mi fermò prontamente, alzandosi e venendo verso di me “Tuo padre te lo avrebbe detto sicuramente...”
“Ah sì e quando?” domandai inviperita, scattando in piedi e allontanandomi da lui “Sono qui da quindici giorni...e non potevo neanche minimamente immaginare tutto questo...” deglutii a fatica “Da quanto tempo va avanti, lo sai?” ritornai da lui, gli occhi quasi supplici.
“Beh...” non voleva parlare.  “Senti, aspetta che lui…”
“Da quanto ho detto?!”
Ville sbuffò nuovamente, cercando di fuggire il mio sguardo, ormai tempestoso
“Allora?” domandai un’altra volta

“Un anno. Giorno più giorno meno”

La sua risposta mi lasciò di stucco, non fui più in grado di dire nulla.

Purtroppo la rabbia si era destata, assieme ad una dosa massiccia di risentimento e di delusione, così ringraziai frettolosamente Ville per l’ospitalità e, prese scarpe e chiavi, lasciai la torre.
Sentii il mio cuore come infuocato, pervaso da uno strano dolore, qualcosa di sfuggente ed identificabile, ma faceva male...alle ossa, allo sterno, bruciava tutto.

Entrata nell’abitacolo dell’auto rivolsi un’occhiata al telefono quasi scarico...diverse chiamate dei miei amici, la chat di whatsapp intasata per i messaggi del gruppo...e spiccava su tutti quello di Adrian.
Non gli avevo risposto, e non ero neppure certa che l’avrei fatto. Sarebbe servito a qualcosa? Ormai io ero andata via, avevo abbandonato Londra, che da piccolo angolo di paradiso era mutata in angoscioso tormento. Avevo abbandonato la pioggia per tornare ai cieli sereni di Helsinki. Sarebbe stato stupido.
Stupido e masochista.

Riposi il cellulare in borsa, e sfrecciai verso casa, naturalmente vuota... mio padre non aveva lasciato nessun messaggio, nessun biglietto. Niente.
Era assurdo quello che stava accadendo, ed io ebbi il desiderio – inesaudibile- di fuggire. Fuggire, mandare al diavolo tutte queste bugie, queste cose non dette, le schifose mezze verità che erano entrate di viva forza nella mia vita. Tutti quei “ti amo ma non posso”, lo sdegno che avevano procurato in me era straripante, ed io mi resi conto che sarei morta se non avessi reagito.
Schiacciata dalle menzogne, dalle forme, le forme che schiacciano la vita e la insteriliscono.
“No, io non sarò mai come loro” mi dissi quella mattina stessa, sotto il getto gelido della doccia.


“Io sono pura”

°-°-°-°-°
 
Prima di andar via Ville mi aveva avvisato della riunione che si sarebbe tenuta nel primo pomeriggio con la band per definire gli ultimi dettagli prima del Sonisphere Festival al quale avrebbero preso parte di lì a due giorni,  cosa che avrebbe spiegato l’assenza di mio padre nonché determinato la sua salvezza. L’avrei ucciso se me lo fossi trovato davanti.
Digiuna, lavata e vestita, corsi a casa dell’unica persona che desideravo vedere in quel momento, il mio migliore amico, il mio vero fratello: Ari.
La nostra amicizia è eterna. Sì.
Questo perché già alle elementari andavamo nello stesso corso, ma in sezioni diverse; alle medie il caso ha voluto che stessimo insieme in classe, e così alle superiori.
Mi si stringe il cuore ogni volta che lo penso, perché è la persona più vera, più dolce che io abbia conosciuto, e sì abbiamo discusso qualche volta...ma in così tanti anni di amicizia mai una vera lite, niente.
Io e Ari ci capiamo tuttora con un solo sguardo, un’occhiata fugace; anzi, probabilmente ci capiamo ancor prima di scambiarci occhiatine, è un vero e proprio fratello gemello.

Ari viveva non lontano da casa mia, da ragazzini infatti veniva sempre sotto casa quando dovevamo uscire, e ogni volta che facevamo tardi mi riaccompagnava...quante volte l’ho scocciato “Dai Ari, mio padre poi inizia a scocciare se mi vede sola” gli dicevo, e lui dopo una buona dose di occhi al cielo, mi riaccompagnava, sempre.
Nel corso degli anni aveva scoperto la passione per la fotografia, una cosa nata così, senza preavviso, ma che ne aveva determinato poi tutta la sua vita.
Mi fa strano pensare che il ragazzino gracile, dagli scompigliati capelli neri ed il cocco all’orecchio destro ora fosse diventato un importante fotografo...segnava il passaggio all’età adulta e nel suo caso, ai sogni diventati realtà.

Raggiunsi in poco tempo casa sua, abitando lui nell’appartamento sopra quello dei genitori.
Lo stile di quella casa era unico, come unico è Ari...tende orientali, incensi, tappeti, tutto sui toni del rosso e dell’arancione. Era una casa che emanava calore ed empatia, cosa che facilitò la fuoriuscita di tutto lo schifo che gli raccontai.

“Tu non puoi nemmeno capire cosa mi sta succedendo” esordii sull’uscio della porta
“Buongiorno a te, Syl...” mi disse ironico, facendomi entrare “Perché non sei uscita più ieri?” chiese, chiudendosi la porta dietro.
Ah, bella domanda questa, Ari.
“Oh beh...calmo, fa parte di tutto il casino che sto per raccontarti” annunciai sedendomi di peso sul puff egiziano, marrone ed oro.
Ari mi guardò accigliato, tanto disorientato quanto preoccupato.
“Sybil...è successo qualcosa con Adrian, vero? Vi siete sentiti?” si sedette anche lui sul tappeto, rollando un drum.
“Non so da dove iniziare” ammisi con una risata amara, fregandogli il drummino appena fatto con un sorriso
“Sybiiiil” mi canzonò “strunz” ridacchiò, facendone un altro
“Dicevo...non so se partire dal fatto che ho passato la notte in casa di Ville Valo, sbronzandoci e ridendo e piangendo ed inseguendoci” raccontai con un tono di voce via via più intenso “ah, che poi Ville non lo ammetterà mai ma, alcol o meno, era così vicino da baciarmi” sbarrai gli occhi con una smorfia schifata “Sai che emozione ahahah” scoppiai a ridere
“Seee okay, come se ti facesse schifo” fece di no con la testa “Quando feci il servizio agli HIM..ho certi scatti del cantante, roba che te la sogni di notte” disse con tono provocatorio “Vuoi vedere?”
“NO GRAZIE.” Risposi puntuale. “seguimi eh, deve ancora arrivare il meglio!” allargai le braccia e le mani come a dire “calma, calma”
“Okay, mi cucio la bocca allora” fece gesto di chiudere la zip sulle labbra ed io continuai con il mio racconto.
“Dunque, dopo questo mi risveglio con lui nel letto, nel SUO letto...completamente frastornata, non so nemmeno come ci sia finita lì” scrollai le spalle “ah, ovviamente in tutto questo, c’è quel coglione di Adrian che ieri sera mi ha inviato un messaggio…tiè, leggi qui” presi il telefono e glielo porsi.
Passarono due minuti in totale silenzio, Ari era concentrato a leggere quelle paroline... “troppo comodo per messaggi” pensai


“Cazzo” commentò, restituendomi il cellulare “e...che hai intenzione di fare in merito?” domandò, portandosi una mano tra i capelli corvini
Sospirai, una risatina isterica partì dalle mie labbra “Che dovrei fare?” chiesi retorica, alzando gli occhi al cielo... “sono così, così indignata!!!” mi alzai improvvisamente, andando fuori, in terrazza.
“Dai Syl...” mi raggiunse lui prontamente, lanciando il drummino finito dalla ringhiera “Ignoralo. Cancella quel messaggio.” Mi consigliò, risoluto “Tu sei tornata ad Helsinki. Lui è a Londra. Fine.”

La dolce brezza di luglio cullava i miei capelli, solleticava il vello delle braccia, su quell’attico in cui parlavamo...dolce brezza che cozzava con il mio umore spento “Abbracciami Ari” spalancai le braccia, e lui fece lo stesso “Ti voglio bene Syl” mi strinse forte.
“Anche io...ma mi sento così fuori luogo qui...” aggiunsi, con un velo di mestizia “sai, oggi ho scoperto una cosa” sibilai appena, tono che preoccupò ancora di più il mio amico.
“Cos’altro è successo?”
“A raccontarlo mi viene il vomito” mi toccai istintivamente la pancia... “Stamattina” deglutii a fatica “beh, facevo colazione con Ville e insomma, mi ha detto che mio padre si vede con una donna”
“Cccccheee?” gli occhi di Ari uscirono letteralmente fuori dalle orbite “Nooo, non ci credo” rise di gusto “E non sei felice?” chiese, intrecciando le mie mani con le sue
“Felice? Scherzi!” felice. Felice di cosaaaaaa? Ma che... “Ti sei fatto una canna al posto del drum?” chiesi, cinica
“Sybil” si allontanò da me “perché reagisci così?” ecco, ora ci si mise anche lui, dopo Ville. “Penso che sia grandioso che tua padre abbia qualcuno! E’ stato solo per tanto tanto tempo...dovresti essere solo felice per lui.”


“Ari...” il ricordo di mia madre emerse più forte che mai, impedendo di fare uscire dalle labbra il più piccolo suono “quando mia madre stava morendo c’ero IO con lei, mio padre negli ultimi tempi rifiutò persino di guardarla” urlai, quasi piangendo “Io ricordo il suo dolore esacerbante...io ricordo mio padre che piangeva mentre mia madre moriva! Io ricordo il suo corpo grigio, freddo...esanime nella bara! Era mia madre...come può lui...io non lo capisco” le lacrime esplosero, mi portai entrambe le mani sul viso per coprirlo.
“Sybil...sorellina” Ari mi abbracciò nuovamente “Non stare così, ci rimetti solo in salute...Entrambi avete sofferto per una persona che non c’è più. Ma tuo padre ha diritto a frequentare qualcuno, e sono CERTO  che lui ami tua madre, l’amerà sempre...ma è giusto che anch’egli possa sorridere di nuovo, con qualcuno che lo faccia stare bene...è una persona, come tutte, come te...”
Sì, mio padre aveva diritto.
Ma l’avermelo tenuto nascosto per un anno mi aveva spezzato il cuore.

“Ari, lui e questa...questa signora nessuno si vedono da un anno, capisci? Ville mi ha detto che va avanti da un anno...sì, sono tornata da poco qui, ma in dodici mesi, anche passando da Londra come è successo, non gli è mai venuto in mente di avvisarmi? Di dirmi qualcosa? Non ha mai pensato che forse avrei potuto saperlo da qualcun altro? Dai...l’ho saputo da Ville Valo, renditi conto...scavalcata dal cantante, lo sapeva lui, lo sapranno tutti! Tutti tranne me!!”
Ari stette zitto ad ascoltarmi. Percepì sicuramente la delusione che provavo.
Mi sentii così tradita, scavalcata, come se non contassi nulla.

“Syb hai ragione” decretò lui “MA...” continuò “Tuo padre l’ha fatto per proteggerti...vedi la reazione che stai avendo ora” mi guardò sotto sopra “l’avresti avuta in ogni caso, ne sono certo. Sei una figlia gelosa del proprio padre...” fece spallucce “ma non puoi reagire in questo modo. Ha sbagliato a fin di bene, perché, guarda caso, lui ti conosce. Ed io anche. Ora calmati, sembri pazzaaa!” fece un risolino, strattonandomi un po’ tra le sue braccia possenti “Manda a fanculo Adrian, Londra, lascia stare tuo padre...al massimo glielo dici, gli chiedi perché te l’abbia tenuto nascosto, ma senza dare di matto okay?”
“...okay Ari” annuii, convinta dalle sue parole “e se è brutta? O troppo giovane? Se vuole i suoi soldi?” squittii in preda ad un nuovo attacco
“uo uo uo Syb cazzo calmati! Tanto il compleanno di tuo padre è tra quanto? Due, tre settimane? La conoscerai di certo...su, calma ora! Vieni, andiamo dentro...che mangiamo, sei a dir poco pallida” notò “E pensare che fino a due secondi fa eri paonazza ahahah”
“oooh su, non prendere in giro! Vorrei vedere te!”
“Naaah” mi tirò verso di lui “Tu hai bisogno solo di taaaanto, taaaantissimo svago! Motivo per cui, mia cara donzella, stasera la invito…e non accetto rifiuti...al Tavastia, ci sarà una serata e quindi tante ragazze per me ed altrettanti giovani e bollenti finlandesi per te, che hai bisogno di RESPIRARE” sottolineò quest’ultimo verbo “l’aria di casa” ghignò malizioso... “Su andiamo”

 
*·~-.¸¸,.-~*
 
Dopo essermi rifocillata dell’ottima paella di pesce con zucchine e piselli, ricetta che Ari aveva conosciuto durante uno stage in Spagna, tornai a casa nel tardo pomeriggio, finalmente sazia e decisamente più tranquilla, ma l’incontro-scontro con mio padre era prossimo, e ciò mi procurava una buona dose di tensione.
Non potevo mentire anche io, fare finta di  non sapere nulla...

Appena arrivata al cancello notai la sua auto posteggiata dietro la mia “Bene, è tornato” pensai, procedendo verso la porta “Come mi comporto ora? Fredda? Così si accorgerà lui e...” ma i miei pensieri furono interrotti dall’apertura improvvisa del portone di casa, da cui apparse un irriconoscibile padre “Papà” fui presa in contropiede. E nemmeno lui si aspettava di trovarmi lì “Ma perché tutto questo profumo?” domandai, tossendo, cercando di spazzare via con la mano quell’odore pungente che proveniva dal suo collo “Dove vai?” chiesi un secondo dopo, con tono indagatorio.
“Ho un incontro” mi liquidò così, senza aggiungere altro, superandomi, lasciandomi sui gradini di casa, raggiungendo l’auto.
“Okay, si sta fottendo il cervello” pensai subito “Evidentemente la persona che frequenta spaccia crack”
Entrata in casa, lasciai la mia consumatissima borsetta di cuoio sul tavolo della cucina per prepararmi per la serata al Tavastia con Ari.
Era da tanto tempo che non ritornavo lì, e pensare che da piccola, durante l’Helldone, ero l’unica minorenne a poter presenziare, o meglio, a rimanere nei camerini dei ragazzi e a farmi coccolare dalla loro musica.
Pensai distrattamente a tutto questo, cosa che mi fece sorridere...ricordai un episodio in particolare, avevo sedici, forse diciassette anni e mi ritrovai puntualmente ad addormentarmi sul divanetto verso la fine della serata.
 Quella volta Ville, che all’epoca avrà avuto trent’anni, mi si avvicinò, coprendo un’assonnata ragazzina col suo lungo cappotto nero “Ville, puzza di fumo!” obiettai, con voce assonnata. Ricordai la sua risata, sempre stranissima alle mie orecchie “Dormi, ragazzina” mi disse, più dolcemente.

E ora, a distanza di otto anni, ci eravamo trovati nella stessa – o quasi- situazione...certo che il caso, a volte...
 
Terminai di prepararmi, optando alla fine per un look abbastanza aggressivo... Capelli tirati su fermati da uno spillone, mentre per il viso uno smokey agli occhi, nero e borgogna, per conferire più sfumature e profondità allo sguardo.
Indossai al collo due giri di perle nere, un giro più piccolo ed uno più grande e ci abbinai un abitino in jersey nero, semplicissimo e a bretelline, con ampio scollo sulla schiena, un paio di sandali alla spartana, anch’essi neri, e fui pronta.


“Wow Syl” mi dissi allo specchio, con tono compiaciuto “non sembri nemmeno quella di ieri sera” ridacchiai, scrutando il vestitino blu poggiato sulla poltrona-armadio nel bel mezzo della stanza.
Inviai un messaggio ad Ari, per avvisarlo, e dopo una mezz’ora ci trovammo al klubi.
Quella sera si esibivano i Kivesveto GoGo, una band dalle sonorità punk-rock dei Ramones all’underground dei Nirvana. Niente di speciale, tutto sommato...ma quella sera il locale era straripante di gente, tanto che ci dovemmo accontentare di sederci al bancone.


“Adocchiato qualcuno?” domandai al mio amico, tutto intento a scrutare ogni minigonna nell’arco di cento metri
“mmmh” mugugnò “aspetto il mio drink e mi darò da fare” mi lanciò un’occhiata assassina “piuttosto, cerca tu qualcuno...che hai bisogno di scioglierti, regina dei ghiacciai”
“Testa di cazzo.” Commentai, sorseggiando la mia Paulaner fredda “Io non posso rimorchiare” feci una smorfietta “sono i ragazzi che devono venire da me”
“E verranno, verranno...fidati, oggi non puoi passare inosservata” mi lanciò una breve occhiatina quando arrivò il suo drink, un semplice spritz, e si defilò tra la massa, alla ricerca di qualche ragazza da portarsi a letto.

“Sei il solito!!!” gli urlai ridendo, inutile...Ari diventa un toro scatenato quando sente odore di ragazze, e la cosa più assurda è che tutte cadono ai suoi piedi!!!
Ero amica del barman, motivo per cui passai una decina di minuti assieme a lui, parlando del più e del meno, offrendomi anche un shot di vodka “Questa è roba forte” mi disse il biondo, che, dopo aver versato la bevanda nei bicchierini mi fece segno di brindisi, trangugiando, un istante dopo, l’alcolico.
“aaaah, bruciaaa” ridacchiai, massaggiandomi leggermente la gola, infuocata
“Ancora?”
“Assolutamente no” allontanai il bicchiere da me “Vengo da una nottataccia...vai a corrompere qualche altra ragazza” gli feci l’occhiolino.
Ero abituata a stare sola al bancone, qui come altrove...e l’ho sempre preferito. Perché al bancone arriva tutta la gente, e c’è sempre più possibilità di conoscere qualcuno, proprio come quella sera.

Infatti notai distrattamente che lo sgabello di Ari era stato occupato da un altro ragazzo al quale stavo per dire “Ehi, è occupato quel posto!”, ma fui interdetta dal suo sguardo, freddo e profondo come pochi “E’ libero?” domandò, prendendo già posto
“Oh sì, certo...” cosa aveva detto Ari? Rimorchio?
“Grazie” poggiò il gomito destro sul legno del bancone, tamburellando le dita dell’altro mano.
Indossava un semplice jeans attillato, e se lo poteva permettere per quanto fosse secco, ed una maglia leggermente grigia, con la scritta in nero “KING OF WOLVES”, “un lupacchiotto”, pensai tra me.
Giocammo a scambiarci sguardi per cinque minuti abbondanti, aveva gli occhi chiari...sarà stata la magrezza eccessiva, i capi d’abbigliamento scuri, ma mi ricordava decisamente qualcuno...qualcuno dai tratti spigolosi come i suoi, solo senza i dilatatori ai lobi.
Ma chi?

“Ehi Jesse” fece Tommi, il barista biondo, allungando il braccio per salutarlo calorosamente.
Ah, quindi è conosciuto il ragazzo...
“Come sta tuo fratello?” domandò poi al misterioso ragazzo dai capelli biondo cenere
“Lo sto aspettando” ammise con un sorrisino, guardandomi per qualche secondo... “Così glielo potrai chiedere tu personalmente”aggiunse poi, girandosi completamente verso di me, continuando a squadrare ogni lembo della mia pelle.
Se fossi stata la solita, non ci avrei dato caso, l’avrei ignorato come sempre ho fatto in questi casi, ma era talmente bello, ed io talmente sfrontata quella sera, che alzai lo sguardo, acciaio, incontrando i suoi “Per quanto continuerai a guardarmi?” chiesi, con tono malizioso, mentre la musica continuava a risuonare per tutto il locale
“Oh beh” si portò dietro un ciuffo dei capelli, lisci, dietro l’orecchio “L’avrei fatto fin quando non te ne fossi accorta”
“Ed ora che me ne sono accorta cosa pensi di fare?” la mia attenzione era completamente rivolta a lui
“Provo a rimorchiarti” si passò la lingua sulle labbra, compiaciuto.
“Viva la sincerità!” sorrisi, stuzzicata dalla completa mancanza di inibizioni del bel ragazzo di fronte a me “E...come facciamo se arriva tuo fratello?” chiesi, riferendomi all’asserzione di prima
“Può aspettare.” Si limitò a dire “Tanto fa sempre ritardo, e questa volta sarà ben gradita la cosa” alzò un sopracciglio, in segno di sfida.
Dire che l’atmosfera si era fatta intrigante, è dir poco.
Le sue labbra rosse, carnose, il buon profumo che emanava, i capelli poco lunghi che gli incorniciavano il viso... notai dei cerotti colorati sulla mano sinistra “Sei un musicista...” sorrisi, tornando a guardarlo
“Opsss” ridacchiò “scoperto”
“Chitarrista?”
“Assolutamente no” fece una smorfia, schifato “Io suono il basso”, corrugò leggermente le labbra verso destra “Come ti chiami?” domandò subito dopo “il mio nome già lo sai”
“Sybil” sibilai, di proposito
“Sybil...” ripeté, schioccando la lingua contro il palato “è un bel nome” sorrise
“Oh, lo so, Jesse.”
Ma quanto era bello quel ragazzo?
E quanto era bello sentirsi di nuovo libera, desiderata da qualcuno?
“Hai un ragazzo che ti aspetta? Sai, non vorrei fare a botte...”
"Se lo avessi starei qui?" chiesi, ovvia 
"Buon per me allora..." si avvicinò, giocherellando con una delle mie ciocche sfuggite allo spillone
"Sybil..." Ripeté "e tu che fai nella vita?” domandò poi incuriosito
"Sono in pausa estiva...con l'università, sono appena tornata da Londra, dopo cinque anni" gli spiegai brevemente "in autunno mi iscriverò alla specialistica...ah, sono un medico, o quasi" 
"Un medico?" Mi fece eco, ridendo...la stessa risata che avevo sentito un milione di volte, un po' sincopata, singhiozzata, eppure contagiosa 
"Sei piccolina. Quanti anni hai? 30? Forse meno..." Si portò una mano al mento 
"Mi fai così vecchia!" Ridacchiai "mi offendo eh"
"ahahah no dai...facciamo, ventisei?"
Oscillai con la testa "c'eri quasi" feci spallucce "venticinque" 
"Sembri più grande. E intendo più grande, non più vecchia" mi canzonò. Che voce sexy.
"Sì sì ma ormai hai toppato" gli feci notare con finto disdegno
"Posso recuperare in corner?" Chiese con le mani giunte, come a supplicarmi "dai, mi faccio perdonare con un cicchetto..." 
"Ah no no" alcol, basta ti supplico "offrimi un analcolico, quello lo accetto...sennò mi dovrò far ricoverare d'urgenza" 
"E analcolico sia!" mi regalò un sorrisone, dopodiché ordinò per entrambi.
Tommi ci servì le rispettive ordinazioni, con un enigmatico sorriso in viso..."ma che avrà da ridere?" mi chiesi...stavolta non ero ubriaca, né malconcia o altro...

Le luci si erano pian piano accese, data la pausa di venti minuti della band, ed era partita una rilassante musica dalle casse sparse per tutto il club, contribuendo innocentemente a rendere l’atmosfera più elettrica di prima.

La magia fu però interrotta quando vidi, mentre parlavamo, una figura maschile raggiungerci, o meglio, raggiungere Jesse, un uomo con tanto di coppola e camicia..."con questo caldo, è pazzo" pensai mentre lo vidi di sfuggita, e solo dopo qualche istante realizzai chi fosse davvero.


"Ehi fratellino" disse Ville, sì, proprio lui, quel Ville, al ragazzo.


Era lui suo fratello? Non potevo crederci.
Era una maledizione, qualcosa tipo "anatema Valo"?

 
Non appena Ville si staccò dal fratello, posò gli occhi su di me, non riconoscendomi per i primi istanti, dato il trucco pesante ed i capelli raccolti, diversamente dalla sera prima "Sybil" fu l'unica cosa che emisero le sue labbra.
Era decisamente...sorpreso.


"Me l'hai detto anche ieri sera" gli feci notare, riferendomi allo scontro per strada della sera precedente.


"Vi conoscete voi due?" Chiese poi, Jesse, incuriosito dalla reazione del fratello maggiore.


"Beh sì" ammisi io, tornando a guardare il più piccolo dei fratelli, sentendo però gli occhi di Ville puntati su di me.


"È la figlia di Seppo" continuò lui, monotono


"Bel colpo, fratellino..." Mormorò poi "attento, è una vipera" disse, sfidandomi con gli occhi improvvisamente non verde giada, ma verdi di invidia.
Sì, invidia, gelosia.
Era palpabile nell’aria...non potevo davvero credere che gli desse così tanto fastidio la cosa.


Gli riservai uno sguardo di biasimo "sei suo fratello" dissi a Jesse "saprai bene che dice stronzate" risi.
Scacco matto Ville.

 
Il cantante alzò gli occhi al cielo, Jesse invece rise "Ah" disse Ville con tono non curante "ci sono dei tuoi amici infondo, ti vanno cercando" fece cenno con la mano, indicando qualche ragazzo quasi sull'uscio della porta.


"Ah sì..." fece il fratello con tono rammaricato "torno subito Sybil, non scappare" mi fece l'occhiolino, alzandosi.


"Non ne ho intenzione" lo guardai maliziosa, restando da sola con Ville, che aveva preso il posto del fratellino al bancone. 
 
"Se il mio timidissimo fratellino sta qui a parlare con te, devi avere fatto proprio colpo" indicò, sollevando il mento, la mia scollatura, decisamente profonda.


"Non si chiamano tutti Ville, Ville" risposi, con tono acido 


Il cantante ghignò "però non legge Jane Austen, penso non ti divertirebbe quanto me" aggiunse, rivolgendomi uno sguardo carico di sesso "non trovi?"


"Trovo che puoi divertirti con Sandra." Feci stizzita "dove l'hai lasciata?" Risi "sei sicuro che esista?" Chiesi con tono da analista. 


"Eccomi" Jesse tornò, così Ville non ebbe il tempo di rispondere "stanno riprendendo a suonare, vieni?" Mi dette la sua mano, che presto si unì alla mia "andiamo a ballare" sorrise dolcemente


"Certo" sorrisi felice, sfilandomi la borsa "me la mantieni tu, Ville?" Gliela misi tra le mani, con sguardo fortemente ironico e provocatorio.


Il cantante non ebbe il tempo di rispondere che Jesse mi trascinò via con lui, con passo andante, schioccando le dita e facendo gesto di avvicinarmi a lui.


 Scorsi Ville guardarci, guardare ME per tutto il tempo. 





Il corner dell'autrice demente


Dunque dunque dunque...
Innanzitutto ringrazio tutte coloro che mi hanno recensito, qui e privatamente, mi fate sentire davvero orgogliosa e felice per questa storia *-*
Ringrazio Heaven_Tonight per i consigli sul font -senza la sua illuminazione annaspavo ancora in cerca di programmi, titoli e font xD-

Quanto alla storia invece, spero di non avervi sconvolto troppo ahahah
Non so, stavo scrivendo ed ho avuto un'illuminazione su Seppo "mmmh, mettiamo che ha un flirt?" ho pensato, così, dopo averci riflettuto un po', ho pensato bene di farlo! Cosa che, vi assicurò, avrà risvolti interessanti.

E poi c'è Ari <3 il mio cuoricino bello, in lui vi è l'essenza del mio migliore amico a cui voglio un bene pazzesco!
Quanto poi all'episodio di Sybil della sbronza di Halloween, ebbene sì, è una cosa che ho vissuto io e i postumi sono durati un bel po'!!!

Infine, come già avevo detto alla mia fedelissima Laura tempo addietro, qui Villina92, avevo pensato all'entrata del piccolo Jesse in scena :D E ci sarà da ridere, credetemi, questo è SOLO l'inizio.

Ringrazio tutti coloro che leggono/recensiscono la storia :) Mi fate davvero molto felice! :* P.S. Laura grazie per la copertina, è BELLERRIMA :3

 

   
 
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