Cap. 1 – Two months after
Non riusciva a capire che luogo fosse… faceva
freddo ed era buio, il rumore di gocce d’acqua che s’infrangono riecheggiava
sordo… dov’era? Probabilmente sempre nello stesso posto delle altre volte.
Continuava a camminare senza meta, cercando con affanno qualcosa o qualcuno;
una forza misteriosa lo attirava e lui continuava a camminare, senza sapere
dive stesse andando. Improvvisamente cominciò a risuonare un pianto lieve e la
solita voce disgustosa e soddisfatta ammonì piano:
- Su, su, non piangere, presto finirà… e con la te
avrai presto delle amiche, tante, piccole, graziose e rare… ti faranno
compagnia…
Quanto avrebbe dato perché quella voce tacesse! La
odiava con tutta l’anima! Voleva farla sparire, distruggerla, ma perché non
capiva. E poi di nuovo quegli occhi belli e tristi che lo supplicavano…
Quiche si svegliò di soprassalto: ancora quello
stupido sogno… ormai era lo stesso ogni notte, ma ogni volta che si alzava non
riusciva a ricordare che immagini confuse e inafferrabili…
Innervosito, ben sapendo che non sarebbe più
riuscito a dormire, si tirò su e, cambiandosi, fece un giro d’ispezione per la
casa, ma nelle altre camere i letti erano vuoti e non c’erano né Pie né Tart:
“Non potrebbero aspettarmi per una mattina? Incredibili…”. Finì di vestirsi e
sospirò, uscendo nell’alba del pianeta Gaea. Respirò a fondo l’aria frizzante,
facendo scorrere lo sguardo tutt’intorno a sé: a quell’ora il suo mondo era
magnifico.
Quando erano tornati, solo due mesi prima, avevano
trovato un pianeta sconvolto e un popolo disperato e rabbioso, perché nessuno
di loro aveva adempiuto al compito di rimpossessarsi della Terra; ma con
l’aiuto della Mew Aqua, i tre amici erano riusciti a rendere vivibile
quell’ammasso di rocce e lava. Il giovane alieno sorrise, ripensando alle facce
stupite della sua gente quando potè finalmente uscire dalle città sotterranee,
all’entusiasmo con cui si erano messi a costruire dei villaggi che, in armonia
con la natura, potessero diventare la loro casa.
Tese un istante le orecchie, sentendo alcuni
mormorii provenire dalle case vicine. Pian piano si avviò verso le quattro
piccole abitazioni che formavano il villaggio di Iki, dove ora viveva; in
realtà casa sua era leggermente isolata dalle altre, ma era stata una decisione
di Pie: diceva che troppa gente intorno lo disturbava nel suo lavoro.
Effettivamente, ormai la loro notorietà era tale che non passava giorno che
qualcuno andasse da loro a ringraziarli e offrigli dei doni, se avessero
vissuto in mezzo al paese sarebbe stata la fine. Quiche camminò lentamente
sulla via principale, formando piccole nuvole di polvere intorno a sé, finchè
si fermò con sicurezza di fronte a quella che sembrava una stalla: il mormorio
salì, accompagnato da un armeggiare sommesso. Sorridendo bussò sullo stipite
dell’ingresso, appoggiandovisi:
- Buongiorno, piccoli, posso entrare?
mosse due passi senza attendere una risposta,
mentre due testate di lucidi capelli neri, una lunga l’altra cortissima,
sbucavano da una sorta di covone di fieno:
- Buongiorno signor Quiche! - dissero all’unisono
i due bambini
- Allora è venuto a trovarci davvero, signor
Quiche! ^-^ - sorrise raggiante una bambina, che doveva avere sì e no l’età di
Tart
- Beh, ve l’avevo promesso, no?
I due bambini, che erano gemelli, gli si
avvicinarono
- Te l’avevo detto – esclamò il maschietto,
rivolgendosi alla sorella – lui è un grande, mantiene sempre le promesse!
Quiche fece una smorfia che doveva essere un
sorriso: essere l’idolo dei bambini lo divertiva, ma a volte la loro eccessiva
adorazione risultava abbastanza imbarazzante e irritante.
- Meno male che è venuto – continuò il bambino –
così potrò farle vedere quanto sono diventato
bravo ad usare la spada, mi alleno tutti i giorni, sa? Così, quando voi
dovrete affrontare un altro pericolo, ci penserò io a difendere il pianeta!
- Ha ragione, ma anch’io sono brava, sa? Riesco
già a teletrasportarmi!>>
- Sul serio? - il giovane ridacchiò, in fondo
ispiravano davvero tenerezza - Sentite, non è che per caso avete visto quegli altri
due? Stamattina a casa non c’erano…
- Intende il signor Pie e Tart? Non lo so…
- Io sì, Tart è passato sotto casa nostra
prestissimo, andava verso le colline laggiù…
- Bene, allora andrò a prenderlo. – l’alieno notò
gli sguardi delusi dei due bimbi – Ma tranquilli, dopo ritorno, così giocherete
insieme, che ne dite?
- Certo! Fantastico, signor Quiche!
Sorridendo, l’alieno fece un cenno con la mano e
si volse verso ovest, quando d’un tratto sentì i passetti veloci della bambina:
- Aspetti un momento, signor Quiche!
- Cosa fai ancora qui? Guarda che se scoprono te e
tuo fratello in piedi così presto saranno guai…
- E’ solo che volevo chiederle una cosa prima di
dimenticarmela. – rispose affannata – Senta, la mamma mi ha detto che hanno
chiesto a lei di dare il nome a questa città, ma perché proprio “Iki”? E’
strano…
Quiche si fermò di botto, la ragazzina a fissarlo
stupita. Già… perché quel nome? Quando gli avevano proposto di battezzare quel
gruppo di casupole, fu il primo che gli venne in mente. Eppure… Da due mesi
aveva lasciato la Terra e da due mesi tentava invano di dimenticare, di
dimenticarla, ma non ci era riuscito: nei suoi pensieri c’era ancora l’unica
persona dalla quale non avrebbe mai potuto avere l’amore che desiderava,
l’unica per cui aveva tradito perfino Deep Blue: Strawberry, lei, la sua
micina.
- Ecco.. solo perché “Iki” significa “gatto“,
nulla di più.
E senza aggiungere altro si allontanò.
- Due mesi… - sussurrò Tart - E’ già passato così
tanto tempo, da quando siamo tornati a casa?
Sdraiato su un prato, il piccolo alieno
contemplava le nuvole di Gaea, sempre di un colore più roseo rispetto a quelle
a cui si era abituato sulla Terra, a causa della debole luce del loro sole,
Disga. “ La Terra…” Meccanicamente, Tart si portò a sedere con lentezza, a
gambe incrociate, infilò una mano nella tasca e ne estrasse un oggetto piccolo
e rotondo, tutto colorato: una delle caramelle dategli da Paddy. Era l’ultima
che gli era rimasta, ma non l’aveva ancora mangiata; rigirò con cura il
dolcetto tra le mani, ripensando a tutto quello che era successo, alla Terra,
alle Mewmew… e a Paddy. Nella mente si affacciò l’immagine del visetto tondo e
sorridente della bambina, i suoi tentativi di portarlo dalla loro parte, il suo
sguardo triste quando loro dovettero ripartire “Forse è per questo – pensò –
che è meglio che non mangi questa… Non credo di poter…”
- Ciao Tart,
cos’hai?
- Umh? Ah, sei tu Quiche. No, niente, è solo che…
- Che?
- Ecco… No, niente… - rispose lui, guardando di
sottecchi la caramella che stringeva ancora nel pugno semi-chiuso. Quiche notò
che cosa aveva l’amico in mano e sorrise malinconico:
- Ti manca, vero?
- Chi?
- Come chi? Su pensaci: capelli biondi, muso da
scimmia, insomma la tua fidan…
- Non ci provare, non è vero >\\\\
- Ma non sai neanche cosa volevo dire.
- Invece sì, e NON E’ come pensi! E’ solo che,
insomma, siamo diventati amici, no? E un po’ mi manca, e poi – aprì il piccolo
pugno – se mangiassi questa, dovrei mantenere la promessa di tornare e non
posso.
Il piccolo alieno chinò un po’ la testa, mentre
Quiche gli faceva un buffetto sulla testa, in silenzio.
- Tart! Quiche! Vi ho trovati finalmente!
- Yo, Pie! ^-^
Da dietro la collina apparve il più anziano dei
tre amici, lo sguardo di solito impassibile ora corrucciato:
- Ragazzi, abbiamo un problema. C’è qualcosa che
si sta avvicinando a tutta velocità su Gaea, e non capisco cosa sia!
- Ma cosa stai dic…
Quiche non riuscì a terminare la frase, perché una
tremenda esplosione coprì le sue parole, facendo tremare l’intera Gaea.
<< Devo trovarle… così ci ha ordinato il
padrone… dobbiamo trovarle… sono qui, c’è qualcosa di loro qui… devo trovarle… >>