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Autore: Iaiasdream    11/07/2014    4 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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2° capitolo: IRRITANTE COME LUI
 



Non mi ero mai resa conto di quanto fosse lungo. “Eh già, è davvero lunghissimo. Ha una forma così semplice che non mi ero assolutamente accorta della sua misura”.
<< Allora Rea, va bene? >> chiede ad un tratto Melody, distraendomi dal mio assurdo pensiero. La guardo distratta, lei mi sorride con quell’aria da suora casta. Alle volte guardare Melody, mi fa venire in mente Gertrude, la monaca de I promessi sposi, la quale nascondeva i suoi più infimi peccati dietro la veste sacra; ed è così per Melody, chissà cosa nasconderà dietro le sue vesti, oltre alle curve. Sicuramente ne avrà fatte tante in tutti i suoi venticinque anni che neanche la più importante Maître di una casa di appuntamento di lusso avrebbe mai potuto immaginare.
Sbuffo un sorriso scuotendo la testa “che idiota che sono”.
<< Non va bene? >> chiede ancora Melody dispiaciuta.
<< No, stavo pensando ad altro… ma dobbiamo chiedere anche a Nathaniel, in fin dei conti è lui l’artefice di questa cosa >> dico rivolgendo lo sguardo sul biondo che arrossisce non appena incrocia i nostri occhi. << Allora Nath? >> chiedo con un sorriso malizioso. Mi diverto a prenderlo in giro, quando lo vedo fare quella faccia. Non risponde subito, prima deve riprendersi dalle espressioni che ha visto sui nostri volti. Manco gli avessimo chiesto chissà che.
<< S-ei tu che comandi >> balbetta rivolgendosi verso di me << io non posso fare altro che obbedire >>.
Cavoli, mi sembra di stare in una camera delle torture, dove io sono la carnefice e questo biondino è la vittima delle mie malvagità. Andiamo Nathaniel, sii più uomo! Scommetto che se qui ci fosse stato Alexie, a quest’ora avrebbe urlato al mondo intero di aver ritrovato la sponda esatta del suo sesso, questo ragazzo fa ricredere tutti i gay e le ragazze etero, del mondo!
Distratta guardo l’orologio a muro, e mi accorgo che sono già le quattro, devo assolutamente scappare. Ok, non mi resta che dirigere personalmente la cosa, o la porteremo ancora per le lunghe.
<< Va bene! >> esordisco alzandomi dalla sedia << vada per la montagna… chissà che quei quattro bulletti non si perdano >>. Sento Melody sbuffare un sorriso. Mi dirigo verso la porta e prima di uscire, mi volgo ancora una volta verso i due << Ah >> attiro la loro attenzione. Nathaniel si stava per alzare dalla sedia, e Melody lo stava guardando con occhi desiderosi di qualcosa. “Sporcacciona!” le dico nella mente.
<< Cosa? >> chiede Nathaniel.
<< Alla prossima riunione, non voglio vedere più questo tavolo >>
Nathaniel mi guarda scettico << P-perché? >>, chiede volgendo lo sguardo a Melody.
<< Non mi piace >> rispondo con una smorfia contrariata << è troppo lungo >>. Detto questo esco dalla sala riunioni e, chiusa la porta alle mie spalle, sbuffo scocciata.
Sto per dirigermi velocemente verso il mio studio, quando una cosa attira la mia attenzione. Mi fermo, faccio due passi indietro, e mi giro a destra, fissando il muro. Aggrotto le sopracciglia avvicinandomi lentamente. “Hanno scritto sul muro?... va bene che non sono arpia quanto la gangster, ma scrivere sul muro! E per di più…”. Leggo quella specie di geroglifico “La preside è troppo bona!!”.
Sento il sangue pulsare nelle vene che attraversano le tempie. Stringo i pugni digrignando i denti. << Alain! Piccolo pervertito! >> esclamo tirando un pugno dritto, dritto sulla scritta.
Alain, diciotto anni, ragazzo scontroso, violento, menefreghista e soprattutto pervertito. Si è trasferito in questa scuola un anno fa, e da quando è venuto lui, non ho avuto più un momento di pace. Visita il mio studio quattro volte al giorno. Una volta lo manda il professore perché è entrato tardi, un’altra volta perché ha risposto male al suo docente, la terza volta, perché prende a botte qualche suo compagno interrompendo la lezione, e la quarta volta perché ha sfilato inspiegabilmente i reggiseni alle sue compagne porgendoli sulla cattedra del professor Faraize.
Quando sentii quest’ultima, l’unica cosa che mi venne in mente di chiedergli fu << Ma come diavolo hai fatto? >>. Le spiegazioni erano due: o Alain era figlio di Arsenio Lupin, quindi riuscire a sfilare i reggiseni alle ragazze era il segreto del suo mestiere, oppure (e ho sempre optato per questa opzione) costringeva le ragazze a toglierli da sole, attuando quella che io chiamo: minaccia perversa.
Eppure, essendo odioso e irritante, quel ragazzo fa cadere ai suoi piedi l’intera mandria femminea. È un ragazzo molto affascinante, con i suoi capelli color del cioccolato che modella sempre in modo easy, gli occhi di un blu oceano e quella pelle color dell’avorio.
D’altro canto, resta il fatto che è davvero irritante almeno per me… Perché? Vi basterebbe sapere che un giorno, si presentò nel mio studio senza alcun motivo, senza essere stato punito, e quando gli chiesi scherzosamente se gli piaceva il mio studio, lui mi rispose << A dir la verità mi piaci tu Rea >> …?
Bene, togliendo il fatto che non mi diede del lei (ché questo va in secondo piano), confesso che quel giorno mi fece rimanere proprio di… in tutta la mia vita, me ne sono successe di cose, ma mai avrei pensato di far perdere la testa a un ragazzo più piccolo di me e per di più un alunno. All’inizio pensavo stesse scherzando, e invece… queste scritte sul muro, sono la prova della lealtà delle sue parole.
Tiro i pugni con foga, cercando di sfogarmi, essendo irritata fino al midollo.
<< A vederti non sembri affatto una preside >> sento una voce alle mie spalle.
<< Dov’è quel moccioso amante delle perversioni? >> esclamo girandomi incrociando lo sguardo eterocromatico di Lysandro.
<< Dovrebbe essere in palestra, oggi ci sono i club >> risponde il nobiluomo sempre in modo composto.
<< Questa volta non la passa liscia >> sibilo a denti stretti.
Sento Lysandro ridere << Permettimi di dirti che la colpa è soltanto tua… non l’hai mai voluto punire, e quel bulletto se ne approfitta >>
<< Ti informo che per lui è finita qui >> rispondo accendendo di fiamma i miei occhi. Mi giro e inizio a incamminarmi verso la palestra, quando sento il nobiluomo sussurrare qualcosa: << Alain somiglia molto a una persona >>.
Mi fermo, impietrita. Inghiottisco lentamente e mi giro verso Lysandro, che sta fissando quasi con malinconia quei geroglifici, poi mi guarda e sorridendomi dice << Forse è per questo che non lo hai mai voluto punire >>
Il cuore manca un battito. Che cosa sta dicendo? Di che parla? E poi, perché sta dicendo queste cose?
<< Vado al club di musica, le ragazze mi stanno aspettando >> conclude cambiando discorso, girandosi e salutandomi con una mano.
Lo vedo allontanarsi fino a quando scompare totalmente dalla mia vista. Tiro un profondo respiro, e scuotendo la testa per scacciare i pensieri, mi giro verso l’androne, decisa a raggiungere la palestra con un solo pensiero nella mente: uccidere Alain.
Si sta svolgendo una partita, e Alain sta giocando. Ha lui la palla e si sta dirigendo verso il canestro per segnare.
Lo vedo eccitato, sicuro di vincere, ma non sa che quell’eccitazione, si fermerà ancor prima di avere un finale. Mi fiondo su di lui bloccandogli il passaggio, lui mi guarda scettico e anche un po’ smarrito. Dajan, l’allenatore, vedendomi, ferma la partita con un fischio. Tutti i giocatori bloccano la loro corsa, guardando me e Alain, incuriositi. Infatti inizio a sentire mormorii.
Alain mi guarda con quel suo sorriso beffardo << Preside, qual buon vento la porta qui? >>
<< Lo vuoi davvero sapere? >> chiedo fulminandolo con gli occhi.
<< Posso anche indovinare >> ribatte lui, come se stesse accettando una sfida << mhm, vediamo… >> mormora atteggiandosi a pensieroso, poggiando la palla sul fianco << devo seguirti nel tuo studio? >> chiede malizioso.
Che pestifero! Lo afferro per un orecchio trascinandomelo dietro, lo lascio solo quando abbiamo raggiunto il corridoio con il muro scritto.
<< Ah! L’hai letto? >> chiede indifferente guardando la scritta.
<< Che diamine ti è saltato in mente? >> esclamo, portando le braccia al petto e cercando di calmare la voce che, inspiegabilmente vuole uscire a via di strilli.
<< Avresti preferito una lettera d’amore? >>
<< Smettila Alain! Sto parlando sul serio! >> urlo adirata. Lui si avvicina lentamente a me; è più alto, e per guardarlo negli occhi alzo la testa facendo, istintivamente due passi indietro.
<< Anche io sto parlando sul serio >> sussurra con voce sensuale, afferrandomi una ciocca di capelli, e portandosela alle nari.
Quel gesto. Perché fa quel gesto? Soltanto una persona lo faceva. Di scatto, gli porto via la ciocca dalla sua mano e lo guardo irritata, sentendomi però avvampare.
<< Pianatala Alain, io sono la tua preside e tu un alunno! Portami rispetto >>
<< Tzé. Mi dispiace, ma io non ti vedo come preside. Anche perché dove si è mai visto che una preside conserva il manga di Sailor Moon nel cassetto della sua scrivania? >>
<< Non sono affari… hai messo mani nel mio cassetto?! >>
<< Solo gli occhi >>
<< Alain, tu…! >>
<< Io… cosa? >>
<< Sei davvero irritante! Domani voglio parlare con i tuoi genitori >>
<< Vivo solo, ma se vuoi tra qualche giorno farà ritorno mio cugino, fa lo stesso? >>
“Non fa una grinza! Che cosa l’ho detto a fare? Tanto so che non cambierà un bel niente!”
<< Allora >> continua lui spazientito << se non vuoi punirmi o passare un’oretta con la mia parte migliore, posso andare? >>
<< Sparisci! >> esclamo allontanandomi da lui, sentendolo ridere alle spalle. Veramente! Perché mi ritrovo sempre in queste situazioni? Non voglio proprio immaginarmi all’età della decrepitazione!
Mi squilla il cellulare, senza fermarmi, mi accingo a prenderlo e guardo prima di rispondere: Rosalya. Di sicuro mi sta chiamando per sapere se sono pronta. Spero solo di fare presto altrimenti chi lo sente Etienne?
<< Rosa? >>
<< Rea, allora? >>
<< Sì, la riunione è finita. Ho avuto solo un piccolo contrattempo. Ti raggiungo subito >>
<< Ok, allora ti aspetto >>.
Chiudo la chiamata e alzo il passo verso il portone di uscita, ma non appena porto il telefono alla tasca per conservarlo, questo mi scivola cadendo per terra. Mi fermo, lo raccolgo imprecando, in quella frazione di tempo, però, succede qualcosa. Il portone si apre di scatto, vengo spinta all’indietro, ma non raggiungo mai il pavimento.
   
 
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