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Autore: Clira    11/07/2014    1 recensioni
DAL CAPITOLO 11:
«Hai capito bene, Chelsea. Io… io non lo so. Viviamo sotto lo stesso tetto da tre settimane ormai, ancora un’altra e poi torneremo alle nostre vecchie vite e forse ci lasceremo alle spalle queste assurde vacanze, ma io ricorderò. Io ricorderò ogni singolo istante quando ci incontreremo nei corridoi, in atrio o alla mensa. Ricorderò la tua voce, la musica e la paura. Ricorderò com’è restare senza fiato. Ricorderò il tuo aspetto appena ti svegli la mattina e i tuoi pigiami improponibili. Ricorderò l’odore della tua pelle dopo una doccia e la luce nei tuoi occhi. Ricorderò la ruga che ti si forma sulla fronte mentre ti concentri su qualcosa e il modo buffo che hai di toglierti i capelli dalla faccia soffiandoci sopra. E per me sarà impossibile dimenticare queste settimane. Ma se tu lo vuoi, io farò finta di dimenticare».
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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cap 17  







CAPITOLO 17: LA FAMIGLIA WILLIAMS

 

Durante il tragitto dalla clinica alla casa dei miei, non feci che pensare ad una scusa da imbastire per evitare la cena di quella sera a casa della famiglia di Chris.

Soprattutto dopo ciò che era appena successo tra me ed il ragazzo, il nostro… momento di passione in quell’ufficio, il fatto che gli avevo finalmente detto di amarlo.

Come potevo guardare negli occhi Shereen e i miei genitori? Come potevo guardare negli occhi Adam e gli altri fratelli di Chris?

Cercai di calmarmi, dovevo riprendere il controllo.

Avevo bisogno di Ryan, in quel momento, o anche di Gale, ma non mi ero portata dietro la maledetta scheda del mio telefono e quindi non sapevo come contattarli.

Una chiamata con il fisso di casa era fuori questione, troppa gente intorno.

Mi distrassi dal pensarci quando arrivai in quella che per anni avevo chiamato “casa”, spensi il motore dell’auto di Gale e suonai al campanello.

Venne ad aprirmi mio padre, sorridente come un bambino quando mi vide.

«Ciao, tesoro!».

«Papà», lo abbracciai di rimando.

Lui mi fece entrare e, poco dopo, arrivò mia madre.

«Ciao, Chelsea».

Le sorrisi e abbracciai anche lei.

Quel posto era identico, dall’ultima volta che ero stata lì, ma mi sembrava tutto così diverso, come se non riconoscessi più di esserci cresciuta. Adesso in quella casa mi sentivo un’estranea.

Mi guardai intorno, di Shereen non c’era traccia.

Come se mi avesse letto nel pensiero, mamma disse: «Tua sorella è fuori con alcune sue amiche. Credo siano andate a fare shopping per stasera. Sai, abbiamo ricevuto un invito a cena e… ».

Eccola lì. Mia madre stava prendendo il giro largo per arrivare al succo della questione.

«Mamma», la fermai subito.

Lei mi osservò, così come anche papà. Non avevo mai interrotto nessuno di loro, mentre mi parlava.

«Lo so già. Voglio dire… la cena a casa di Chris, sì, lo so. E la risposta è no».

«Come fai a saperlo?», chiese lei, stupita e sospettosa al contempo.

«Perché ero alla clinica, nell’ufficio di Chris quando è arrivato suo fratello e ce lo ha detto».

«Suo fratello? Io credevo che avesse solo una sorella piccola… quella che lo chiamava ogni sera».

Risi.

«Oh, no, credimi… questa sera resterete sorpresi dallo scoprire quanto numerosa sia quella famiglia».

«Cosa intendi dire?».

«Stasera vedrete».

«No. Stasera vedremo. La signora Williams è stata perentoria: la loro famiglia al completo e  la nostra famiglia al completo. So che sarà difficile per te, Chelsea… ma questa sera verrai con noi».

«E se avessi già dei programmi?» tentai.

«Ne hai?».

Maledizione. Perché mia madre non si limitava a cedere e basta?

Sbuffai.

«Potrei».

«A questo punto, lo ritengo un no».

Papà sorrise, un po’ incerto. Aveva sempre preferito tenersi al di fuori di questi scontri tra donne.

Maschi codardi.

«Mamma, non ho neanche niente da mettere!». Tutti gli abiti decenti che avevo, li avevo portati a Santa Barbara.

«Non serve altro, così sei bellissima!».

A questo punto era chiaro, non avrei mai ottenuto niente.

Con la scusa di volermi stendere un po’, andai in quella che era stata la mia camera da letto, passando prima in cucina per rubare il cordless e, una volta al sicuro tra le mura della mia stanza, composi a memoria il numero del cellulare di Ryan.

«Ehi, Chelsea! Da dove chiami?».

«Casa dei miei. Senti, Ryan… ti devo dire una cosa».

Il suo tono si fece subito serio.

«Che cosa è successo?».

A grandi linee, gli spiegai di ciò che era accaduto quella mattina, ovviamente saltando il minuscolo dettaglio di me seminuda sulla scrivania di Chris; certe cose era meglio non dirle, però gli parlai di suo fratello e dell’invito a cena.

«Oh, maledizione».

«È esattamente quello che ho pensato io».

«Che si fa? Vengo a prenderti, lasciando un biglietto di riscatto ai tuoi? Insceniamo un rapimento?».

«Calmo, James Bond, non mi sembra il caso di arrivare a tanto».

«E allora cosa facciamo? Intendi semplicemente partecipare a quella cena? Chelsea, io ammiro il tuo coraggio, ma tu sei a livelli epici di autolesionismo».

«Non è che abbia esattamente sventolato gli striscioni dall’entusiasmo, quando il fratello di Chris ci ha dato la lieta novella, qualche ora fa… ».

«Sì, posso immaginare… ».

«E poi sai una cosa? Mi ha comprato un cellulare!».

«Ma chi, Chris?».

«Sì! Giuro che all’inizio ero così incazzata, che stavo per lanciarglielo contro».

«E perché te lo ha preso?».

«Mia madre deve avergli detto che il mio si è rotto e lui sa meglio di chiunque altro che io e la tecnologia siamo su due lunghezze d’onda completamente diverse».

«Non dovevi accettarlo, Chelsea».

«Infatti, ma lui me l’ha infilato a forza nella borsa. A quel punto non ho neanche reagito, tanto sapevo perfettamente come sarebbe andata a finire. Non mi avrebbe fatto uscire dal suo ufficio senza quel dannato telefono».

Lo sentii sospirare.

«E stasera? Quali sono le previsioni metereologiche?».

«Venti glaciali» dissi atona.

«Proprio come sospettavo. Avanti, prometti che cercherai di essere il più serena possibile e che mi scriverai non appena la cena sarà finita».

«Ryan? La mia sim adesso è a Santa Barbara».

«Oh. Giusto. Beh, allora chiamami appena arrivi domani ed io sarò subito da te».

«D’accordo».

«E non farti venire attacchi di panico… o istinti omicida».

«Dici che non è il caso?».

«Sì, dico che non è il caso».

«Dannazione».

Ridemmo entrambi, poi dissi: «Ok Ryan, adesso è meglio che vada. Devo... prepararmi psicologicamente».

«Va bene e mi raccomando… cerca di stare calma».

«Ci proverò».

Detto questo, riattaccai.

Per tutto il pomeriggio, non feci altro che camminare su e giù per la mia stanza, ero così nervosa che avrei potuto rompere qualunque cosa avessi preso in mano, così, ad un tratto, andai in garage a prendere una valigia e iniziai a riempirla.

I vestiti che avevo a Santa Barbara non mi sarebbero certo bastati ora che mi ero trasferita lì stabilmente.

Quando il bagaglio fu pieno da scoppiare, non sapevo più in che altro modo potessi occupare il tempo, allora indossai un costume da bagno e andai a stendermi sulla sdraio a bordo piscina, con un buon libro tra le mani.

Lessi per un’ora e poi decisi di fare un bagno; se si fosse fatto troppo tardi, poi non avrei più avuto il tempo di prepararmi.

Shereen non era ancora arrivata quando tornai in casa per farmi una doccia, così mi rilassai sotto il getto piacevolmente tiepido dell’acqua, insaponandomi bene con un bagnoschiuma all’olio di Argan.

Mi lavai accuratamente, asciugai i capelli che ricaddero in morbide onde lucenti sulla mia schiena e fermai due ciocche dietro la testa con un fermaglio a forma di fiore.

Poi mi truccai leggermente con un filo di matita nera sotto gli occhi e un velo di ombretto color bronzo sulle palpebre. Infine colorai le labbra con un rossetto rosso cupo.

«Tesoro, sei splendida», disse mio padre non appena mi vide.

«Grazie».

In quel momento arrivò Shereen, incantevole in un abito blu notte  che le arrivava fino al ginocchio, i capelli raccolti in una treccia laterale e un paio di sandali dello stesso colore dell’abito.

«E anche tu, Shereen».

Mia sorella fece un sorriso di circostanza, ma il suo nervosismo era palese.

Che lei fosse nervosa, per me era una novità assoluta. Di solito manteneva un distacco totale da ogni situazione. Gli unici momenti in cui l’avevo vista vacillare, erano stati i giorni successivi alla morte del nonno.

Scacciai quel pensiero con una fitta a stringermi il petto e, quando arrivò anche mamma, uscimmo tutti di casa.

Il viaggio di andata fu silenzioso e teso e, quando il navigatore satellitare ci informò che avevamo raggiunto la meta, scendemmo per lasciare che papà si infilasse in un parcheggio tra due macchine.

Ero nervosa, il cuore mi batteva forte, neanche fossi io a dovermi presentare alla famiglia Williams come la fidanzata di Chris.

Fu proprio il ragazzo a venire ad aprirci, teso almeno quanto noi. Potevo vederlo dalla sua postura rigida.

Dall’interno della casa proveniva un vociare concitato e si capiva subito che dovesse esserci un gran movimento, lì.

Chris si dileguò dopo aver preso le nostre borse, dicendo che doveva andare un momento da sua madre e a quel punto, mia madre si voltò a guardare Shereen.

«Ma quante persone ci sono in questa casa?», chiese a bassa voce; ma mia sorella, pallida, non seppe cosa risponderle.

A quel punto, mamma guardò me.

«Chelsea?».

«Chris ha cinque fratelli. Cioè… due fratelli e tre sorelle».

Shereen a quel punto sgranò gli occhi, ma non disse niente. Sembrava che avesse momentaneamente perso l’uso della parola.

Il fatto che io ne sapessi più di mia sorella sul conto della famiglia di Chris, mi diede da pensare e mi fece anche un certo effetto.

Ad ogni modo, non ebbi troppo tempo per riflettere su questo, perché un uomo e una donna sui cinquant’anni ci vennero incontro.

«Buonasera!», ci salutò allegra lei, ed io restai pietrificata… Chris era praticamente la versione al maschile e più giovane di quella donna.

Il ragazzo ci raggiunse subito e ci fecero accomodare in un salotto che sembrava dovesse contenere più persone di quante avrebbe potuto.

Le nostre famiglie si scambiarono i convenevoli di rito, le dovute presentazioni e poi, la mamma diede alla madre di Chris il dolce che aveva preparato per la serata. Lo aveva rifatto tre volte prima di esserne convinta al cento per cento.

Lei era fatta così: tutto doveva essere assolutamente perfetto, soprattutto per un’occasione del genere.

Assistere a tutta quella scena, mi fece male; anche solo guardare Chris mi faceva male, ma avrei resistito. Dovevo farlo. Cosa che comunque non risultava semplice dato che, ogni volta che mi guardavo intorno, trovavo gli occhi del ragazzo fissi su di me e le immagini di quella mattina nel suo ufficio mi tornavano alla mente. Fu quasi come risentire le sue mani sul mio corpo ed io avvampai, apparentemente senza motivo.

Fu un sollievo quando nella stanza cominciarono ad arrivare i suoi fratelli e le sue sorelle.

I primi ad entrare furono un ragazzo e una ragazza che si tenevano per mano.

Lui, biondo e dagli occhi chiari, doveva essere di certo un Williams, mentre lei presumevo fosse la sua fidanzata.

Ci avevo visto giusto perché Chris disse: «Lui è mio fratello Peter, lei invece è Julie, la sua ragazza» i due dovevano essere ancora alle superiori, probabilmente.

Dopo di loro, arrivarono Megan e Jethro, rispettivamente la prima figlia e suo marito, seguiti da Jenna, che aveva la mia stessa età ed infine arrivò Holly, che subito andò da mia sorella e le disse: «Ciao! Tu sei Chelsea? Mio fratello mi ha parlato tanto di te!».

La temperatura nella stanza calò a picco fino a raggiungere livelli glaciali.

Chris sbiancò, io m’irrigidii, così come anche Shereen ed i miei genitori.

«Holly, lei e Shereen, la mia fidanzata, mentre lei è Chelsea: la mia amica».

L’espressione di Holly, a quelle parole, parve confusa.

«Ma… ».

«Holly, perché non vai a lavarti le mani, tesoro? Tra poco si mangia… », intervenne Jenna, salvando la situazione e prendendo per mano la bambina.

Le due uscirono dalla stanza, lasciandosi alle spalle un silenzio teso, che fu interrotto da Megan, che disse: «Allora… Santa Barbara, giusto? Chris ha detto che è davvero un bel posto. Dovremmo andarci anche noi, vero Jethro?», sorrise rivolta al marito, che ricambiò lo sguardo.

«Assolutamente, dovremmo proprio fare un viaggio».

Prendemmo posto attorno al tavolo e l’atmosfera parve rilassarsi, così iniziammo a parlare del più e del meno. La madre di Chris faceva un po’ di via vai dalla cucina e mia madre si offrì di darle una mano, o meglio… glielo impose. Quella donna non riusciva proprio a stare ferma, soprattutto quando era nervosa.

L’avevo vista giocherellare con il ciondolo a forma di sole, poco prima.

Accanto a me però notai un posto vuoto e, solo in quel momento, mi resi conto dell’assenza di Adam.

Chris era dall’altra parte del tavolo, un po’ distante da me, quindi non potei nemmeno chiedergli nulla.

«Manca ancora uno dei nostri figli, ma arriverà presto, è rimasto bloccato in ufficio per questioni urgenti» sentii la voce di Constance Williams, la madre di Chris, provenire dalle mie spalle.

Doveva aver notato che guardavo confusa il piatto vuoto di Adam.

«Oh, potevamo aspettarlo» disse a quel punto mio padre, seduto a capotavola.

«Non c’è nessun problema, sarà qui a momenti» rispose Traver, il padre di Chris, all’altro capo del tavolo.

Infatti, non avevamo ancora finito l’antipasto quando sentimmo la porta d’ingresso aprirsi e la familiare voce di Adam, esclamare: «Sono a casa!».

Mi balzò il cuore in petto; era come se avessi realizzato solo in quel momento che il fratello maggiore di Chris dovesse sedersi al mio fianco e, come se avessimo una connessione mentale, anche il mio amico alzò gli occhi preoccupato, guardando verso di me.

Io ero di spalle alla porta e non vidi Adam entrare.

Prima il ragazzo si avvicinò a mio padre, stringendogli la mano e poi fece la stessa cosa con mia sorella e mia madre.

Quando fu il mio turno, alzai gli occhi a guardarlo e vidi immediatamente la sorpresa nella sua espressione.

«Chelsea?».

Ora il vociare allegro intorno alla tavola si era spento e tutti ci stavano osservando.

Maledizione.

«Ciao, Adam».

«Tu… ? Che cosa ci fai qui?».

«Ricordi stamattina quando hai detto a Chris… “cena stasera con la tua fidanzata e famiglia”?».

«Sì… »

«Beh, eccomi qua… sono compresa nel pacchetto famiglia».

«Oh, io… avevo capito che saresti ripartita oggi per Santa Barbara, subito dopo aver lasciato la clinica».

«Infatti il mio programma era quello, ma poi… dato l’invito a cena, mia madre ha preferito che restassi».

Non volevo sembrare scortese, anche se probabilmente avevo appena dato quell’impressione.

«Un momento… voi due vi conoscete già? Questa mattina? Ma di cosa state parlando, Adam?», era stato il signor Williams a prendere parola.

«Niente, papà, stamattina… quando mi avete chiesto di avvertire Chris della cena, ho incontrato Chelsea nel suo ufficio. Loro lavorano insieme. Anzi… lavoravano insieme», si corresse.

Le espressioni della maggior parte dei presenti erano molto sorprese; possibile che Chris non avesse mai parlato loro del fatto che lavoravamo insieme? O forse era più probabile che gli avesse tenuto nascosto che io ero la sorella della sua fidanzata. Questa ipotesi mi sembrava più valida.

«Al passato? C’è qualcosa che devi dirci, Chris?», il tono del padre era inquisitorio, così intervenni subito in difesa del mio amico.

«No, no, signor Williams, si tratta di me. Sì, insomma… sono io, ho dato le dimissioni stamattina. Chris… è davvero bravo».

Il ragazzo abbozzò un sorriso nervoso.

«Non quanto te, pare… Jefferson mi ha quasi preso a insulti quando gli ho detto che ti saresti trasferita a Santa Barbara in modo permanente».

La tensione intorno al tavolo si attenuò.

«Stai scherzando?».

«Oh, no… mi ha afferrato per le spalle, gridando di convincerti a non farlo, anche a costo… », ma parve subito pentirsi di quelle parole, così cercai di andare in suo soccorso.

«Io te lo avevo sempre detto che quel tizio era un po’ troppo melodrammatico, ma tu non mi ascolti mai… », dissi in tono canzonatorio.

Per fortuna ero riuscita a distrarre la situazione da quell’imbarazzante momento in cui Chris aveva tentennato, chissà che cosa gli aveva detto quel pazzo di Jefferson.

Notai però la strana occhiata di Adam. Dannazione, probabilmente a lui non era sfuggito quel mio salvataggio all’ultimo secondo e anche Chris se ne accorse, perché mi lanciò uno sguardo significativo.

Finsi di non accorgermi di nulla e ripresi a mangiare; nel frattempo era arrivata la pasta, ma io ero così occupata a tenere sotto controllo tutta quella situazione, che non mi rendevo nemmeno conto di cosa stessi mangiando.

Ad un tratto, sentii la voce di Adam a pochi centimetri da me.

«E così… quando riparti per Santa Barbara?».

Mi venne la pelle d’oca quando, voltandomi, mi ritrovai il volto dell’uomo a pochi centimetri dal mio.

In quel momento, Chris stava parlando con Jenna, ma non appena notò la scena, il sorriso gli si congelò sulle labbra e l’espressione s’indurì.

«Ehm… domani, a questo punto. Credo proprio che ripartirò domani mattina».

«Tra l’altro, tesoro, adesso che mi ci fai pensare… », intervenne mia madre  in quel momento, e io decisi che le avrei costruito un monumento perché Adam si scostò, tornando ad una distanza di sicurezza.

«Ho notato l’auto con cui sei arrivata e… ne hai già presa una nuova? Insomma, la tua… ».

Ok, forse non avrei eretto nessuna statua; riportarmi alla mente il giorno dell’incidente, mi fece rabbrividire e notai che adesso anche Shereen si era interessata, tanto che disse: «Mamma… non mi sembra il momento di parlare dell’incidente... ».

Se avessi potuto, le avrei dato un bacio, ma attorno alla tavola, scese uno strano silenzio.

«La macchina è di Gale, mi ha prestato la sua».

Poi, notando le espressioni attonite della famiglia Williams, spiegai brevemente: «Ho avuto un piccolo incidente, quest’estate. Niente di che», minimizzai.

Sentii Chris emettere una risata falsa, nervosa e tutti ci voltammo a guardarlo.

«Niente di che, sì… se non si considera che sei quasi morta».

«Christian!», lo riprese sua madre.

Il cuore mi batteva forte ed io mi morsi il labbro inferiore.

«Se non è successo, è grazie a te».

Mi ero fatta audace, guardandolo dritto negli occhi e lui sostenne il mio sguardo, come a sfidarmi.

Dio, perché adesso ci comportavamo così?

A quel punto, il signor Williams cercò di riportare la conversazione su toni un po’ più leggeri, con il solo risultato di peggiorare ulteriormente la situazione, anche se inconsapevolmente.

«E così, Chelsea, hai deciso di restare a vivere con tuo nonno?».

Persi un battito e dal fondo della gola mi uscì un rumore strozzato.

«PAPÀ!», esclamò Chris, improvvisamente allarmato.

Ed io capii che dovevo allontanarmi da lì e subito.

«Scusatemi», mormorai un attimo prima di alzarmi dal tavolo e lasciare la stanza.

Nell’andarmene, avevo notato gli occhi lucidi di mia madre e lo sguardo affranto di mio padre.

Sentii solo in lontananza la voce di Chris esclamare: «Chelsea, aspetta!», prima di uscire dalla porta sul retro.

Mi ritrovai su una piccola veranda che dava su un giardinetto.

I pensieri mi si affollavano in testa ed io mi strinsi le tempie per cercare di dominarli, o sarei impazzita. I ricordi del mese appena trascorso, si stavano riversando tutti insieme dentro di me, ed era troppo. Troppo e tutto insieme.

«Chelsea… ».

La voce di Chris alle mie spalle, mi fece tornare in me.

«Io… scusami. Fai le mie scuse a tuo padre, ti prego».

«No, è lui che si scusa con te. Mi dispiace, è che… se avessi potuto, avrei impedito questa cena. Avrei dovuto dire ai miei tutto ciò che è successo, ma… il tuo incidente, il tizio con la pistola, tuo nonno, la montagna… si sarebbero spaventati a morte».

Il ragazzo parlava lentamente.

«Lo so. Se le situazioni fossero state invertite, probabilmente io avrei agito allo stesso modo».

Lo sentii sospirare forte e si avvicinò, ma lo bloccai.

«Non credo che sia una buona idea, Chris».

«Chelsea, per favore. Non ti posso… più toccare, adesso?».

«Sarebbe veramente meglio di no. Tutte le decisioni che abbiamo preso fino ad ora, Chris, sono state le decisioni sbagliate. Ora voglio cominciare a fare le scelte giuste».

Lo capii dal suo sguardo.

Capii dal suo sguardo che lui sapeva cosa stavo per dire. Capii dal suo sguardo… che sapeva che stavo per distruggerlo.

«Noi non dovremo vederci mai più, Chris. Non mi devi scrivere, né telefonare. Non devi chiedere a mia sorella o ai miei genitori alcuna notizia su di me. Vivi la tua vita e dimenticami, perché non c’è alcun futuro».

L’espressione del ragazzo era immobile come pietra e come pietra era grigio il suo colorito. Ora veniva la parte più dura e dovevo anche mentirgli. Ero una persona orribile e avrei mentito al mio migliore amico, alla persona di cui ero innamorata.

«Io mi sono pentita di tutto quello che abbiamo fatto insieme, Chris e per liberarmi di questo peso, non posso avere a che fare con te ogni giorno».

I suoi occhi erano vuoti.

A fatica, riuscì solo a dire: «Un peso? È questo che sono per te, Chelsea?».

Deglutii a vuoto.

«Sì».

Colsi un verso appena percettibile del ragazzo, come un suono strozzato, ma mille volte peggio e mi si formò un groppo in gola.

Non era finita lì, dovevo concludere per fare davvero in modo che non potesse più credere di avere la minima possibilità.

Le ultime bugie, quelle più grandi.

«Stamattina ti ho detto che ti amo, ma… non è vero, Chris. Non so perché l’ho detto, credo che sia stato solo l’impeto del momento e non avremmo assolutamente dovuto farlo», non riuscivo a guardarlo in faccia, mi sentivo morire ad ogni parola.

«E poi… », mi venne il colpo di genio finale, come per chiudere in bellezza.

«… ricordi il notaio del testamento del nonno? Beh, lui… mi ha chiesto di uscire ed io ho accettato».

Ora avevo finito.

Attesi una reazione di Chris, che non tardò ad arrivare, anche se non nel modo in cui mi aspettavo.

Fissò i suoi occhi, adesso glaciali, nei miei e disse: «Dimmelo in faccia, Chelsea. Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami, perché fidati… stamattina sembravi credibile quando mi hai detto tutto il contrario».

Nel parlare, il ragazzo mosse qualche passo verso di me.

“L’ultimo sforzo, Chelsea… fai soltanto l’ultimo sforzo” pensai tra me.

Guardai quel ragazzo, che amavo, ma che adesso stentavo a riconoscere, e dissi: «Non ti amo, Chris. E puoi anche tenerti questo».

Detto ciò, estrassi il telefono che il ragazzo mi aveva portato quella mattina, mettendoglielo in mano.

Non potevo tenere un cellulare che mi aveva regalato lui; sarebbe stato troppo penoso.

A quel punto tornai dentro, sperando di averlo convinto.

Non appena misi piede nella sala da pranzo calò il silenzio e il padre di Chris mi venne incontro.

«Ti chiedo scusa, Chelsea. Mi… dispiace davvero molto».

Sorrisi.

«Non si preoccupi, non fa niente».

Ripresi posto al fianco di Adam, il quale chiese: «Mio fratello?».

«Penso che arriverà tra poco».

Il mio tono era freddo come il ghiaccio e Adam lo notò.

Intorno alla tavola era tornata la confusione, la cena proseguiva e, quando Chris rientrò, solo io e Adam notammo il pallore del ragazzo e il suo sguardo mortalmente serio.

«Vado a prendere il dolce che ha portato, signora Gaver… Chelsea… vuoi venire con me?».

Rimasi stupita dalle parole dell’uomo al mio fianco, almeno tanto quanto Chris, che lo osservò inarcando le sopracciglia.

«Sì, certo… », dissi con una certa riluttanza.

Lo seguii fino alla cucina, ma, quando ebbi varcato la soglia, lui si richiuse la porta alle spalle.

«Che cosa succede, Adam?».

«Perché non me lo dici tu, che cosa succede…?».

Cercai di sviare l’argomento, ma lui non me lo permise.

«Sai, magari ti ho fatto l’impressione di essere un vero idiota, oggi, ma a mio fratello voglio bene, nonostante mi verrebbe da ucciderlo con le mie mani, alle volte. E lo conosco a fondo, anche se lui si è sempre confidato più con Meg e Jenna, che con me. Lo conosco abbastanza da capire quando sta facendo qualcosa che vorrebbe, ma non può, ad esempio stamattina».

A quelle parole raggelai.

«Solo quando vi siete guardati stasera però, ho collegato che tu dovevi essere la Chelsea di cui l’ho sentito parlare una volta con Jenna. Non ricordo molto di quel discorso, forse stava raccontando di una serata al cinema, ma ricordo di avergli sentito dire che si era innamorato di te, quella sera. Per questo, quando ha annunciato di partire per un mese con la sua ragazza, sono rimasto sorpreso di sentire il nome “Shereen”, e seppi che qualcosa non era andato per il verso giusto. Non so come funzionino le cose nella tua famiglia, Chelsea, ma qui ci copriamo; quando si è in tanti, diventa quasi un istinto di sopravvivenza. Per questo, stamattina, ho ignorato il fatto di averlo trovato con la camicia ridotta in condizioni pessime, abbottonata mezza storta e i pantaloni che sembrava stessero per scoppiare dall’erezione che aveva».

A quelle parole trattenni il respiro, e lui mi guardò con un mezzo sorriso.

«Posso dire la parola “erezione”, o ti scandalizzi?», il suo sorriso era furbo.

Adesso mi stava prendendo in giro. Ero confusa; un attimo prima era come se mi stesse facendo la predica sulla sacralità della famiglia, l’attimo dopo cercava di mettermi in imbarazzo.

Quando vide che non avevo nessuna intenzione di parlare, o forse io stessa avevo perso l’utilizzo della parola, ero piuttosto provata in quel momento, aggiunse: «Chelsea… io non ti giudico, davvero. So cosa vuol dire essere traditi dalla persona di cui ti fidi, ma so anche cosa vuol dire tradire. E in ogni caso ti senti a pezzi, se hai un briciolo di coscienza. Io non so cosa sia successo tra te e mio fratello, ma quella specie di cadavere che prima è entrato di là, non è lui».

Fece una pausa, probabilmente aspettandosi che dicessi qualcosa, ma in quel momento mi sentivo davvero… stupida, cosa che mai era capitata prima, in vita mia.

«La storia tra me e tuo fratello è troppo complicata perché io riesca a spiegartela tutta adesso. Ci vorrebbero come minimo delle ore».

«E allora penso proprio che verrò davvero a fare quel viaggio a Santa Barbara».

Rimasi attonita. Si stava autoinvitando da me, per caso?

«Adam, io non credo che sia una buona idea».

«Io proteggo la mia famiglia, Chelsea. E, essendo così forte il tuo legame con Chris, perché lo è, ed io lo vedo, anche tu fai parte della famiglia. Non perché sei la sorella di Shereen, ma perché tra te e lui c’è quel qualcosa. E puoi cercare di negarlo quanto vuoi, ma… ».

«Non lo nego. È vero, un legame c’è, ed è forte. O almeno lo era, credo di averlo distrutto circa mezzora fa. Per questo lui aveva quella faccia. Ho spezzato quel legame per impedire, sia a me, che a lui, di fare una cosa tanto stupida. Gli ho spezzato il cuore».

«Amarsi è stupido, secondo te?».

«Quello che abbiamo fatto, il momento in cui lo abbiamo fatto… è questa la cosa stupida».

Lui sospirò, ma fummo interrotti dall’aprirsi della porta e Chris entrò in cucina, la sua espressione era furente.

«Per caso il dolce ve lo state mangiando voi due?».

Io m’irrigidii, ma l’espressione di Adam rimase distesa; sembrava che niente potesse turbare quell’uomo.

«No, ci eravamo solo fermati a fare due chiacchiere, fratellino».

«Sì, certo… beh… di là stiamo aspettando», detto questo si richiuse la porta alle spalle e tornò da dove era venuto.

«Meglio tornare, prima che mi ammazzi», disse Adam a quel punto.

Tornammo nell’altra stanza con il dessert in mano ed io sperai soltanto di tornare a casa il prima possibile; quella cena era stata troppo… carica di emozioni, per quanto mi riguardava.

Ad un tratto, la piccola Holly, che era uscita dalla stanza per non so quale ragione, tornò dentro dicendo: «Mamma… c’è un tizio strano nel vialetto».

«Un tizio strano?».

Il signor Williams si alzò subito in piedi, così come anche Adam, Chris e mio padre.

«Chelsea, che cosa stai facendo?», chiese mio padre vedendo che anch’io mi ero alzata.

Alle parole della sorellina di Chris, infatti, avevo improvvisamente avuto una orribile sensazione, un presentimento. Come se fosse appena accaduto qualcosa di cosmicamente sbagliato ed il mio cuore cominciò a battere forte nel petto.

Chris mi si piazzò davanti, ma lo scansai, avviandomi verso la porta e, quando l’aprii, seguita da tutti quegli uomini, vidi una sagoma che vagava per la strada, come senza meta, senza scopo.

Avrei distinto quei capelli neri ovunque.

«RYAN!», sentendo la mia voce il ragazzo si voltò, ma rimase fermo, immobile sul posto. Era orribilmente pallido.

In quel momento, arrivò mio padre.

Essendo il migliore amico del signor Kenyon, si era decisamente preoccupato sentendomi gridare il suo nome, ma ormai tutta la famiglia di Chris era praticamente radunata sulla porta.

Corsi in strada, verso il mio amico, che non capivo come accidenti fosse arrivato, dato che non c’era ombra della sua macchina, e lo scossi con vigore.

«Ryan! Ryan, dimmi che cosa è successo!».

Mi sentii afferrare un braccio e la voce di Chris che diceva: «Chelsea, piantala! Non vedi che è sotto shock? Megan!».

La sorella maggiore venne avanti, ora molto seria, mentre Peter e Julie riportavano in casa Holly.

Intanto, mia madre ci aveva raggiunti, mettendo una mano sulla spalla di Ryan e accarezzandogli piano i capelli. Restai sbalordita; mamma non era mai stata una persona molto espansiva e le uniche a cui aveva mai riservato quel gesto, eravamo io e Shereen.

«È decisamente sotto shock» confermò Megan. A giudicare dal suo tono risoluto doveva essere un medico.

Poi Ryan mi afferrò un polso.

«Devi tornare, Chelsea, subito», il suo tono era flebile, ma fermo. I miei genitori lo avevano fatto sedere su un muretto, così mi piegai alla sua stessa altezza per parlargli.

Avevo il cuore che mi martellava fortissimo nel petto, sembrava quasi che dovesse scoppiare.

Tutto, quella sera, stava andando maledettamente male.

«Ryan… ce la fai a dirmi che cosa è successo?».

Chris era ancora alle mie spalle, rigido, e poco dopo si avvicinò Shereen, stringendogli un braccio, ma quella fu l’unica volta in cui non m’importò niente.

«Torna a casa, è… », ma si bloccò. Infilò una mano in tasca e ne tirò fuori un orologio. Era un oggetto familiare, molto delicato, sicuramente femminile, con un cinturino in oro bianco e… completamente ricoperto di sangue.

Tutti, intorno a Ryan, trattennero il respiro per diversi istanti, perfino Megan si portò una mano alla bocca e suo marito le venne subito vicino.

Poi ricordai dove avevo visto quell’orologio: era di Gale. E lui seppe, dalla mia espressione, che avevo capito.

«È stato quell’uomo, Chelsea… quello da cui lei è scappata. Non so come abbia fatto, non so come abbia saputo che lei viveva da te, ma… l’ha trovata. È entrato in casa oggi pomeriggio e… Chelsea… Gale sta morendo».

 

 

Note dell’Autrice:

Eccomi qui con il capitolo 17! Direi che è stato abbastanza movimentato, ma, cosa ancora più importante, abbiamo fatto la conoscenza della famiglia di Chris che, da questo momento in avanti, avrà un ruolo molto importante.

Nel prossimo capitolo si saprà la sorte di Gale e verrà spiegata ogni cosa!

Vi lascio con l’estratto dal prossimo capitolo e con la famiglia Williams!

 

DAL CAPITOLO 18:

Chris puntò i suoi occhi chiari dritti nei miei.

«Davvero? Non saprei… ».

Fece una pausa, poi riprese. «E perché mi avresti mentito?».

«Non è ovvio, Chris? Per farti demordere da qualunque tuo intento. Quindi ora devi capire: torna a casa, non pensare a me e vivi la tua vita con mia sorella».

«In modo che tu potrai vivere la tua con mio fratello?».

A quelle parole rimasi esterrefatta.

«Che cosa, scusa?!».

 

Traver Williams – Stephen Collins

 

Constance Williams – Patricia Wetting

 

Megan Williams – Katherine Heigl

 

Adam Williams – Sam Claflin

 

Jenna Williams – Kaley Cuoco

 

Peter Williams – Louis Hunter

 

Holly Williams – Kylie Rogers

  
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