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CAPITOLO 17: LA FAMIGLIA WILLIAMS
Durante
il tragitto dalla clinica alla casa dei miei, non feci che pensare ad
una scusa da imbastire per evitare la cena di quella sera a casa della
famiglia di Chris.
Soprattutto
dopo ciò che era appena successo tra me ed il ragazzo, il
nostro… momento di passione in quell’ufficio, il fatto che
gli avevo finalmente detto di amarlo.
Come potevo guardare negli occhi Shereen e i miei genitori? Come potevo guardare negli occhi Adam e gli altri fratelli di Chris?
Cercai di calmarmi, dovevo riprendere il controllo.
Avevo
bisogno di Ryan, in quel momento, o anche di Gale, ma non mi ero
portata dietro la maledetta scheda del mio telefono e quindi non sapevo
come contattarli.
Una chiamata con il fisso di casa era fuori questione, troppa gente intorno.
Mi
distrassi dal pensarci quando arrivai in quella che per anni avevo
chiamato “casa”, spensi il motore dell’auto di Gale e
suonai al campanello.
Venne ad aprirmi mio padre, sorridente come un bambino quando mi vide.
«Ciao, tesoro!».
«Papà», lo abbracciai di rimando.
Lui mi fece entrare e, poco dopo, arrivò mia madre.
«Ciao, Chelsea».
Le sorrisi e abbracciai anche lei.
Quel
posto era identico, dall’ultima volta che ero stata lì, ma
mi sembrava tutto così diverso, come se non riconoscessi
più di esserci cresciuta. Adesso in quella casa mi sentivo
un’estranea.
Mi guardai intorno, di Shereen non c’era traccia.
Come
se mi avesse letto nel pensiero, mamma disse: «Tua sorella
è fuori con alcune sue amiche. Credo siano andate a fare
shopping per stasera. Sai, abbiamo ricevuto un invito a cena e…
».
Eccola lì. Mia madre stava prendendo il giro largo per arrivare al succo della questione.
«Mamma», la fermai subito.
Lei mi osservò, così come anche papà. Non avevo mai interrotto nessuno di loro, mentre mi parlava.
«Lo so già. Voglio dire… la cena a casa di Chris, sì, lo so. E la risposta è no».
«Come fai a saperlo?», chiese lei, stupita e sospettosa al contempo.
«Perché
ero alla clinica, nell’ufficio di Chris quando è arrivato
suo fratello e ce lo ha detto».
«Suo fratello? Io credevo che avesse solo una sorella piccola… quella che lo chiamava ogni sera».
Risi.
«Oh, no, credimi… questa sera resterete sorpresi dallo scoprire quanto numerosa sia quella famiglia».
«Cosa intendi dire?».
«Stasera vedrete».
«No. Stasera vedremo. La signora Williams è stata perentoria: la loro famiglia al completo e la nostra famiglia al completo. So che sarà difficile per te, Chelsea… ma questa sera verrai con noi».
«E se avessi già dei programmi?» tentai.
«Ne hai?».
Maledizione. Perché mia madre non si limitava a cedere e basta?
Sbuffai.
«Potrei».
«A questo punto, lo ritengo un no».
Papà sorrise, un po’ incerto. Aveva sempre preferito tenersi al di fuori di questi scontri tra donne.
Maschi codardi.
«Mamma, non ho neanche niente da mettere!». Tutti gli abiti decenti che avevo, li avevo portati a Santa Barbara.
«Non serve altro, così sei bellissima!».
A questo punto era chiaro, non avrei mai ottenuto niente.
Con
la scusa di volermi stendere un po’, andai in quella che era
stata la mia camera da letto, passando prima in cucina per rubare il
cordless e, una volta al sicuro tra le mura della mia stanza, composi a
memoria il numero del cellulare di Ryan.
«Ehi, Chelsea! Da dove chiami?».
«Casa dei miei. Senti, Ryan… ti devo dire una cosa».
Il suo tono si fece subito serio.
«Che cosa è successo?».
A
grandi linee, gli spiegai di ciò che era accaduto quella
mattina, ovviamente saltando il minuscolo dettaglio di me seminuda
sulla scrivania di Chris; certe cose era meglio non dirle, però
gli parlai di suo fratello e dell’invito a cena.
«Oh, maledizione».
«È esattamente quello che ho pensato io».
«Che si fa? Vengo a prenderti, lasciando un biglietto di riscatto ai tuoi? Insceniamo un rapimento?».
«Calmo, James Bond, non mi sembra il caso di arrivare a tanto».
«E
allora cosa facciamo? Intendi semplicemente partecipare a quella cena?
Chelsea, io ammiro il tuo coraggio, ma tu sei a livelli epici di
autolesionismo».
«Non
è che abbia esattamente sventolato gli striscioni
dall’entusiasmo, quando il fratello di Chris ci ha dato la lieta
novella, qualche ora fa… ».
«Sì, posso immaginare… ».
«E poi sai una cosa? Mi ha comprato un cellulare!».
«Ma chi, Chris?».
«Sì! Giuro che all’inizio ero così incazzata, che stavo per lanciarglielo contro».
«E perché te lo ha preso?».
«Mia
madre deve avergli detto che il mio si è rotto e lui sa meglio
di chiunque altro che io e la tecnologia siamo su due lunghezze
d’onda completamente diverse».
«Non dovevi accettarlo, Chelsea».
«Infatti,
ma lui me l’ha infilato a forza nella borsa. A quel punto non ho
neanche reagito, tanto sapevo perfettamente come sarebbe andata a
finire. Non mi avrebbe fatto uscire dal suo ufficio senza quel dannato
telefono».
Lo sentii sospirare.
«E stasera? Quali sono le previsioni metereologiche?».
«Venti glaciali» dissi atona.
«Proprio
come sospettavo. Avanti, prometti che cercherai di essere il più
serena possibile e che mi scriverai non appena la cena sarà
finita».
«Ryan? La mia sim adesso è a Santa Barbara».
«Oh. Giusto. Beh, allora chiamami appena arrivi domani ed io sarò subito da te».
«D’accordo».
«E non farti venire attacchi di panico… o istinti omicida».
«Dici che non è il caso?».
«Sì, dico che non è il caso».
«Dannazione».
Ridemmo entrambi, poi dissi: «Ok Ryan, adesso è meglio che vada. Devo... prepararmi psicologicamente».
«Va bene e mi raccomando… cerca di stare calma».
«Ci proverò».
Detto questo, riattaccai.
Per
tutto il pomeriggio, non feci altro che camminare su e giù per
la mia stanza, ero così nervosa che avrei potuto rompere
qualunque cosa avessi preso in mano, così, ad un tratto, andai
in garage a prendere una valigia e iniziai a riempirla.
I vestiti che avevo a Santa Barbara non mi sarebbero certo bastati ora che mi ero trasferita lì stabilmente.
Quando
il bagaglio fu pieno da scoppiare, non sapevo più in che altro
modo potessi occupare il tempo, allora indossai un costume da bagno e
andai a stendermi sulla sdraio a bordo piscina, con un buon libro tra
le mani.
Lessi
per un’ora e poi decisi di fare un bagno; se si fosse fatto
troppo tardi, poi non avrei più avuto il tempo di prepararmi.
Shereen
non era ancora arrivata quando tornai in casa per farmi una doccia,
così mi rilassai sotto il getto piacevolmente tiepido
dell’acqua, insaponandomi bene con un bagnoschiuma all’olio
di Argan.
Mi
lavai accuratamente, asciugai i capelli che ricaddero in morbide onde
lucenti sulla mia schiena e fermai due ciocche dietro la testa con un
fermaglio a forma di fiore.
Poi
mi truccai leggermente con un filo di matita nera sotto gli occhi e un
velo di ombretto color bronzo sulle palpebre. Infine colorai le labbra
con un rossetto rosso cupo.
«Tesoro, sei splendida», disse mio padre non appena mi vide.
«Grazie».
In quel momento arrivò Shereen, incantevole in un abito blu notte che
le arrivava fino al ginocchio, i capelli raccolti in una treccia
laterale e un paio di sandali dello stesso colore dell’abito.
«E anche tu, Shereen».
Mia sorella fece un sorriso di circostanza, ma il suo nervosismo era palese.
Che
lei fosse nervosa, per me era una novità assoluta. Di solito
manteneva un distacco totale da ogni situazione. Gli unici momenti in
cui l’avevo vista vacillare, erano stati i giorni successivi alla
morte del nonno.
Scacciai quel pensiero con una fitta a stringermi il petto e, quando arrivò anche mamma, uscimmo tutti di casa.
Il
viaggio di andata fu silenzioso e teso e, quando il navigatore
satellitare ci informò che avevamo raggiunto la meta, scendemmo
per lasciare che papà si infilasse in un parcheggio tra due
macchine.
Ero nervosa, il cuore mi batteva forte, neanche fossi io a dovermi presentare alla famiglia Williams come la fidanzata di Chris.
Fu proprio il ragazzo a venire ad aprirci, teso almeno quanto noi. Potevo vederlo dalla sua postura rigida.
Dall’interno
della casa proveniva un vociare concitato e si capiva subito che
dovesse esserci un gran movimento, lì.
Chris
si dileguò dopo aver preso le nostre borse, dicendo che doveva
andare un momento da sua madre e a quel punto, mia madre si
voltò a guardare Shereen.
«Ma
quante persone ci sono in questa casa?», chiese a bassa voce; ma
mia sorella, pallida, non seppe cosa risponderle.
A quel punto, mamma guardò me.
«Chelsea?».
«Chris ha cinque fratelli. Cioè… due fratelli e tre sorelle».
Shereen
a quel punto sgranò gli occhi, ma non disse niente. Sembrava che
avesse momentaneamente perso l’uso della parola.
Il
fatto che io ne sapessi più di mia sorella sul conto della
famiglia di Chris, mi diede da pensare e mi fece anche un certo effetto.
Ad
ogni modo, non ebbi troppo tempo per riflettere su questo,
perché un uomo e una donna sui cinquant’anni ci vennero
incontro.
«Buonasera!»,
ci salutò allegra lei, ed io restai pietrificata… Chris
era praticamente la versione al maschile e più giovane di quella
donna.
Il
ragazzo ci raggiunse subito e ci fecero accomodare in un salotto che
sembrava dovesse contenere più persone di quante avrebbe potuto.
Le
nostre famiglie si scambiarono i convenevoli di rito, le dovute
presentazioni e poi, la mamma diede alla madre di Chris il dolce che
aveva preparato per la serata. Lo aveva rifatto tre volte prima di
esserne convinta al cento per cento.
Lei era fatta così: tutto doveva essere assolutamente perfetto, soprattutto per un’occasione del genere.
Assistere
a tutta quella scena, mi fece male; anche solo guardare Chris mi faceva
male, ma avrei resistito. Dovevo farlo. Cosa che comunque non risultava
semplice dato che, ogni volta che mi guardavo intorno, trovavo gli
occhi del ragazzo fissi su di me e le immagini di quella mattina nel
suo ufficio mi tornavano alla mente. Fu quasi come risentire le sue
mani sul mio corpo ed io avvampai, apparentemente senza motivo.
Fu un sollievo quando nella stanza cominciarono ad arrivare i suoi fratelli e le sue sorelle.
I primi ad entrare furono un ragazzo e una ragazza che si tenevano per mano.
Lui, biondo e dagli occhi chiari, doveva essere di certo un Williams, mentre lei presumevo fosse la sua fidanzata.
Ci
avevo visto giusto perché Chris disse: «Lui è mio
fratello Peter, lei invece è Julie, la sua ragazza» i due
dovevano essere ancora alle superiori, probabilmente.
Dopo
di loro, arrivarono Megan e Jethro, rispettivamente la prima figlia e
suo marito, seguiti da Jenna, che aveva la mia stessa età ed
infine arrivò Holly, che subito andò da mia sorella e le
disse: «Ciao! Tu sei Chelsea? Mio fratello mi ha parlato tanto di
te!».
La temperatura nella stanza calò a picco fino a raggiungere livelli glaciali.
Chris sbiancò, io m’irrigidii, così come anche Shereen ed i miei genitori.
«Holly, lei e Shereen, la mia fidanzata, mentre lei è Chelsea: la mia amica».
L’espressione di Holly, a quelle parole, parve confusa.
«Ma… ».
«Holly,
perché non vai a lavarti le mani, tesoro? Tra poco si
mangia… », intervenne Jenna, salvando la situazione e
prendendo per mano la bambina.
Le
due uscirono dalla stanza, lasciandosi alle spalle un silenzio teso,
che fu interrotto da Megan, che disse: «Allora… Santa
Barbara, giusto? Chris ha detto che è davvero un bel posto.
Dovremmo andarci anche noi, vero Jethro?», sorrise rivolta al
marito, che ricambiò lo sguardo.
«Assolutamente, dovremmo proprio fare un viaggio».
Prendemmo
posto attorno al tavolo e l’atmosfera parve rilassarsi,
così iniziammo a parlare del più e del meno. La madre di
Chris faceva un po’ di via vai dalla cucina e mia madre si
offrì di darle una mano, o meglio… glielo impose. Quella
donna non riusciva proprio a stare ferma, soprattutto quando era
nervosa.
L’avevo vista giocherellare con il ciondolo a forma di sole, poco prima.
Accanto a me però notai un posto vuoto e, solo in quel momento, mi resi conto dell’assenza di Adam.
Chris era dall’altra parte del tavolo, un po’ distante da me, quindi non potei nemmeno chiedergli nulla.
«Manca
ancora uno dei nostri figli, ma arriverà presto, è
rimasto bloccato in ufficio per questioni urgenti» sentii la voce
di Constance Williams, la madre di Chris, provenire dalle mie spalle.
Doveva aver notato che guardavo confusa il piatto vuoto di Adam.
«Oh, potevamo aspettarlo» disse a quel punto mio padre, seduto a capotavola.
«Non
c’è nessun problema, sarà qui a momenti»
rispose Traver, il padre di Chris, all’altro capo del tavolo.
Infatti,
non avevamo ancora finito l’antipasto quando sentimmo la porta
d’ingresso aprirsi e la familiare voce di Adam, esclamare:
«Sono a casa!».
Mi
balzò il cuore in petto; era come se avessi realizzato solo in
quel momento che il fratello maggiore di Chris dovesse sedersi al mio
fianco e, come se avessimo una connessione mentale, anche il mio amico
alzò gli occhi preoccupato, guardando verso di me.
Io ero di spalle alla porta e non vidi Adam entrare.
Prima il ragazzo si avvicinò a mio padre, stringendogli la mano e poi fece la stessa cosa con mia sorella e mia madre.
Quando fu il mio turno, alzai gli occhi a guardarlo e vidi immediatamente la sorpresa nella sua espressione.
«Chelsea?».
Ora il vociare allegro intorno alla tavola si era spento e tutti ci stavano osservando.
Maledizione.
«Ciao, Adam».
«Tu… ? Che cosa ci fai qui?».
«Ricordi stamattina quando hai detto a Chris… “cena stasera con la tua fidanzata e famiglia”?».
«Sì… »
«Beh, eccomi qua… sono compresa nel pacchetto famiglia».
«Oh, io… avevo capito che saresti ripartita oggi per Santa Barbara, subito dopo aver lasciato la clinica».
«Infatti
il mio programma era quello, ma poi… dato l’invito a cena,
mia madre ha preferito che restassi».
Non volevo sembrare scortese, anche se probabilmente avevo appena dato quell’impressione.
«Un
momento… voi due vi conoscete già? Questa mattina? Ma di
cosa state parlando, Adam?», era stato il signor Williams a
prendere parola.
«Niente,
papà, stamattina… quando mi avete chiesto di avvertire
Chris della cena, ho incontrato Chelsea nel suo ufficio. Loro lavorano
insieme. Anzi… lavoravano insieme», si corresse.
Le
espressioni della maggior parte dei presenti erano molto sorprese;
possibile che Chris non avesse mai parlato loro del fatto che
lavoravamo insieme? O forse era più probabile che gli avesse
tenuto nascosto che io ero la sorella della sua fidanzata. Questa
ipotesi mi sembrava più valida.
«Al
passato? C’è qualcosa che devi dirci, Chris?», il
tono del padre era inquisitorio, così intervenni subito in
difesa del mio amico.
«No,
no, signor Williams, si tratta di me. Sì, insomma… sono
io, ho dato le dimissioni stamattina. Chris… è davvero
bravo».
Il ragazzo abbozzò un sorriso nervoso.
«Non
quanto te, pare… Jefferson mi ha quasi preso a insulti quando
gli ho detto che ti saresti trasferita a Santa Barbara in modo
permanente».
La tensione intorno al tavolo si attenuò.
«Stai scherzando?».
«Oh,
no… mi ha afferrato per le spalle, gridando di convincerti a non
farlo, anche a costo… », ma parve subito pentirsi di
quelle parole, così cercai di andare in suo soccorso.
«Io
te lo avevo sempre detto che quel tizio era un po’ troppo
melodrammatico, ma tu non mi ascolti mai… », dissi in tono
canzonatorio.
Per
fortuna ero riuscita a distrarre la situazione da
quell’imbarazzante momento in cui Chris aveva tentennato,
chissà che cosa gli aveva detto quel pazzo di Jefferson.
Notai
però la strana occhiata di Adam. Dannazione, probabilmente a lui
non era sfuggito quel mio salvataggio all’ultimo secondo e anche
Chris se ne accorse, perché mi lanciò uno sguardo
significativo.
Finsi
di non accorgermi di nulla e ripresi a mangiare; nel frattempo era
arrivata la pasta, ma io ero così occupata a tenere sotto
controllo tutta quella situazione, che non mi rendevo nemmeno conto di
cosa stessi mangiando.
Ad un tratto, sentii la voce di Adam a pochi centimetri da me.
«E così… quando riparti per Santa Barbara?».
Mi venne la pelle d’oca quando, voltandomi, mi ritrovai il volto dell’uomo a pochi centimetri dal mio.
In
quel momento, Chris stava parlando con Jenna, ma non appena notò
la scena, il sorriso gli si congelò sulle labbra e
l’espressione s’indurì.
«Ehm… domani, a questo punto. Credo proprio che ripartirò domani mattina».
«Tra l’altro, tesoro, adesso che mi ci fai pensare… », intervenne mia madre in
quel momento, e io decisi che le avrei costruito un monumento
perché Adam si scostò, tornando ad una distanza di
sicurezza.
«Ho notato l’auto con cui sei arrivata e… ne hai già presa una nuova? Insomma, la tua… ».
Ok,
forse non avrei eretto nessuna statua; riportarmi alla mente il giorno
dell’incidente, mi fece rabbrividire e notai che adesso anche
Shereen si era interessata, tanto che disse: «Mamma… non
mi sembra il momento di parlare dell’incidente... ».
Se avessi potuto, le avrei dato un bacio, ma attorno alla tavola, scese uno strano silenzio.
«La macchina è di Gale, mi ha prestato la sua».
Poi,
notando le espressioni attonite della famiglia Williams, spiegai
brevemente: «Ho avuto un piccolo incidente, quest’estate.
Niente di che», minimizzai.
Sentii Chris emettere una risata falsa, nervosa e tutti ci voltammo a guardarlo.
«Niente di che, sì… se non si considera che sei quasi morta».
«Christian!», lo riprese sua madre.
Il cuore mi batteva forte ed io mi morsi il labbro inferiore.
«Se non è successo, è grazie a te».
Mi ero fatta audace, guardandolo dritto negli occhi e lui sostenne il mio sguardo, come a sfidarmi.
Dio, perché adesso ci comportavamo così?
A
quel punto, il signor Williams cercò di riportare la
conversazione su toni un po’ più leggeri, con il solo
risultato di peggiorare ulteriormente la situazione, anche se
inconsapevolmente.
«E così, Chelsea, hai deciso di restare a vivere con tuo nonno?».
Persi un battito e dal fondo della gola mi uscì un rumore strozzato.
«PAPÀ!», esclamò Chris, improvvisamente allarmato.
Ed io capii che dovevo allontanarmi da lì e subito.
«Scusatemi», mormorai un attimo prima di alzarmi dal tavolo e lasciare la stanza.
Nell’andarmene, avevo notato gli occhi lucidi di mia madre e lo sguardo affranto di mio padre.
Sentii solo in lontananza la voce di Chris esclamare: «Chelsea, aspetta!», prima di uscire dalla porta sul retro.
Mi ritrovai su una piccola veranda che dava su un giardinetto.
I
pensieri mi si affollavano in testa ed io mi strinsi le tempie per
cercare di dominarli, o sarei impazzita. I ricordi del mese appena
trascorso, si stavano riversando tutti insieme dentro di me, ed era
troppo. Troppo e tutto insieme.
«Chelsea… ».
La voce di Chris alle mie spalle, mi fece tornare in me.
«Io… scusami. Fai le mie scuse a tuo padre, ti prego».
«No,
è lui che si scusa con te. Mi dispiace, è che… se
avessi potuto, avrei impedito questa cena. Avrei dovuto dire ai miei
tutto ciò che è successo, ma… il tuo incidente, il
tizio con la pistola, tuo nonno, la montagna… si sarebbero
spaventati a morte».
Il ragazzo parlava lentamente.
«Lo so. Se le situazioni fossero state invertite, probabilmente io avrei agito allo stesso modo».
Lo sentii sospirare forte e si avvicinò, ma lo bloccai.
«Non credo che sia una buona idea, Chris».
«Chelsea, per favore. Non ti posso… più toccare, adesso?».
«Sarebbe
veramente meglio di no. Tutte le decisioni che abbiamo preso fino ad
ora, Chris, sono state le decisioni sbagliate. Ora voglio cominciare a
fare le scelte giuste».
Lo capii dal suo sguardo.
Capii dal suo sguardo che lui sapeva cosa stavo per dire. Capii dal suo sguardo… che sapeva che stavo per distruggerlo.
«Noi
non dovremo vederci mai più, Chris. Non mi devi scrivere,
né telefonare. Non devi chiedere a mia sorella o ai miei
genitori alcuna notizia su di me. Vivi la tua vita e dimenticami,
perché non c’è alcun futuro».
L’espressione
del ragazzo era immobile come pietra e come pietra era grigio il suo
colorito. Ora veniva la parte più dura e dovevo anche mentirgli.
Ero una persona orribile e avrei mentito al mio migliore amico, alla
persona di cui ero innamorata.
«Io
mi sono pentita di tutto quello che abbiamo fatto insieme, Chris e per
liberarmi di questo peso, non posso avere a che fare con te ogni giorno».
I suoi occhi erano vuoti.
A fatica, riuscì solo a dire: «Un peso? È questo che sono per te, Chelsea?».
Deglutii a vuoto.
«Sì».
Colsi
un verso appena percettibile del ragazzo, come un suono strozzato, ma
mille volte peggio e mi si formò un groppo in gola.
Non
era finita lì, dovevo concludere per fare davvero in modo che
non potesse più credere di avere la minima possibilità.
Le ultime bugie, quelle più grandi.
«Stamattina
ti ho detto che ti amo, ma… non è vero, Chris. Non so
perché l’ho detto, credo che sia stato solo l’impeto
del momento e non avremmo assolutamente dovuto farlo», non riuscivo a guardarlo in faccia, mi sentivo morire ad ogni parola.
«E poi… », mi venne il colpo di genio finale, come per chiudere in bellezza.
«… ricordi il notaio del testamento del nonno? Beh, lui… mi ha chiesto di uscire ed io ho accettato».
Ora avevo finito.
Attesi una reazione di Chris, che non tardò ad arrivare, anche se non nel modo in cui mi aspettavo.
Fissò
i suoi occhi, adesso glaciali, nei miei e disse: «Dimmelo in
faccia, Chelsea. Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami,
perché fidati… stamattina sembravi credibile quando mi
hai detto tutto il contrario».
Nel parlare, il ragazzo mosse qualche passo verso di me.
“L’ultimo sforzo, Chelsea… fai soltanto l’ultimo sforzo” pensai tra me.
Guardai
quel ragazzo, che amavo, ma che adesso stentavo a riconoscere, e dissi:
«Non ti amo, Chris. E puoi anche tenerti questo».
Detto ciò, estrassi il telefono che il ragazzo mi aveva portato quella mattina, mettendoglielo in mano.
Non potevo tenere un cellulare che mi aveva regalato lui; sarebbe stato troppo penoso.
A quel punto tornai dentro, sperando di averlo convinto.
Non appena misi piede nella sala da pranzo calò il silenzio e il padre di Chris mi venne incontro.
«Ti chiedo scusa, Chelsea. Mi… dispiace davvero molto».
Sorrisi.
«Non si preoccupi, non fa niente».
Ripresi posto al fianco di Adam, il quale chiese: «Mio fratello?».
«Penso che arriverà tra poco».
Il mio tono era freddo come il ghiaccio e Adam lo notò.
Intorno
alla tavola era tornata la confusione, la cena proseguiva e, quando
Chris rientrò, solo io e Adam notammo il pallore del ragazzo e
il suo sguardo mortalmente serio.
«Vado a prendere il dolce che ha portato, signora Gaver… Chelsea… vuoi venire con me?».
Rimasi
stupita dalle parole dell’uomo al mio fianco, almeno tanto quanto
Chris, che lo osservò inarcando le sopracciglia.
«Sì, certo… », dissi con una certa riluttanza.
Lo seguii fino alla cucina, ma, quando ebbi varcato la soglia, lui si richiuse la porta alle spalle.
«Che cosa succede, Adam?».
«Perché non me lo dici tu, che cosa succede…?».
Cercai di sviare l’argomento, ma lui non me lo permise.
«Sai,
magari ti ho fatto l’impressione di essere un vero idiota, oggi,
ma a mio fratello voglio bene, nonostante mi verrebbe da ucciderlo con
le mie mani, alle volte. E lo conosco a fondo, anche se lui si è
sempre confidato più con Meg e Jenna, che con me. Lo conosco
abbastanza da capire quando sta facendo qualcosa che vorrebbe, ma non
può, ad esempio stamattina».
A quelle parole raggelai.
«Solo
quando vi siete guardati stasera però, ho collegato che tu
dovevi essere la Chelsea di cui l’ho sentito parlare una volta
con Jenna. Non ricordo molto di quel discorso, forse stava raccontando
di una serata al cinema, ma ricordo di avergli sentito dire che si era
innamorato di te, quella sera. Per questo, quando ha annunciato di
partire per un mese con la sua ragazza, sono rimasto sorpreso di
sentire il nome “Shereen”, e seppi che qualcosa non era
andato per il verso giusto. Non so come funzionino le cose nella tua
famiglia, Chelsea, ma qui ci copriamo; quando si è in tanti,
diventa quasi un istinto di sopravvivenza. Per questo, stamattina, ho
ignorato il fatto di averlo trovato con la camicia ridotta in
condizioni pessime, abbottonata mezza storta e i pantaloni che sembrava
stessero per scoppiare dall’erezione che aveva».
A quelle parole trattenni il respiro, e lui mi guardò con un mezzo sorriso.
«Posso dire la parola “erezione”, o ti scandalizzi?», il suo sorriso era furbo.
Adesso
mi stava prendendo in giro. Ero confusa; un attimo prima era come se mi
stesse facendo la predica sulla sacralità della famiglia,
l’attimo dopo cercava di mettermi in imbarazzo.
Quando
vide che non avevo nessuna intenzione di parlare, o forse io stessa
avevo perso l’utilizzo della parola, ero piuttosto provata in
quel momento, aggiunse: «Chelsea… io non ti giudico,
davvero. So cosa vuol dire essere traditi dalla persona di cui ti fidi,
ma so anche cosa vuol dire tradire. E in ogni caso ti senti a pezzi, se
hai un briciolo di coscienza. Io non so cosa sia successo tra te e mio
fratello, ma quella specie di cadavere che prima è entrato di
là, non è lui».
Fece
una pausa, probabilmente aspettandosi che dicessi qualcosa, ma in quel
momento mi sentivo davvero… stupida, cosa che mai era capitata
prima, in vita mia.
«La
storia tra me e tuo fratello è troppo complicata perché
io riesca a spiegartela tutta adesso. Ci vorrebbero come minimo delle
ore».
«E allora penso proprio che verrò davvero a fare quel viaggio a Santa Barbara».
Rimasi attonita. Si stava autoinvitando da me, per caso?
«Adam, io non credo che sia una buona idea».
«Io
proteggo la mia famiglia, Chelsea. E, essendo così forte il tuo
legame con Chris, perché lo è, ed io lo vedo, anche tu
fai parte della famiglia. Non perché sei la sorella di Shereen,
ma perché tra te e lui c’è quel qualcosa. E puoi cercare di negarlo quanto vuoi, ma… ».
«Non
lo nego. È vero, un legame c’è, ed è forte.
O almeno lo era, credo di averlo distrutto circa mezzora fa. Per questo
lui aveva quella faccia. Ho spezzato quel legame per impedire, sia a
me, che a lui, di fare una cosa tanto stupida. Gli ho spezzato il
cuore».
«Amarsi è stupido, secondo te?».
«Quello che abbiamo fatto, il momento in cui lo abbiamo fatto… è questa la cosa stupida».
Lui
sospirò, ma fummo interrotti dall’aprirsi della porta e
Chris entrò in cucina, la sua espressione era furente.
«Per caso il dolce ve lo state mangiando voi due?».
Io m’irrigidii, ma l’espressione di Adam rimase distesa; sembrava che niente potesse turbare quell’uomo.
«No, ci eravamo solo fermati a fare due chiacchiere, fratellino».
«Sì,
certo… beh… di là stiamo aspettando», detto
questo si richiuse la porta alle spalle e tornò da dove era
venuto.
«Meglio tornare, prima che mi ammazzi», disse Adam a quel punto.
Tornammo
nell’altra stanza con il dessert in mano ed io sperai soltanto di
tornare a casa il prima possibile; quella cena era stata troppo…
carica di emozioni, per quanto mi riguardava.
Ad
un tratto, la piccola Holly, che era uscita dalla stanza per non so
quale ragione, tornò dentro dicendo: «Mamma…
c’è un tizio strano nel vialetto».
«Un tizio strano?».
Il signor Williams si alzò subito in piedi, così come anche Adam, Chris e mio padre.
«Chelsea, che cosa stai facendo?», chiese mio padre vedendo che anch’io mi ero alzata.
Alle
parole della sorellina di Chris, infatti, avevo improvvisamente avuto
una orribile sensazione, un presentimento. Come se fosse appena
accaduto qualcosa di cosmicamente sbagliato ed il mio cuore
cominciò a battere forte nel petto.
Chris
mi si piazzò davanti, ma lo scansai, avviandomi verso la porta
e, quando l’aprii, seguita da tutti quegli uomini, vidi una
sagoma che vagava per la strada, come senza meta, senza scopo.
Avrei distinto quei capelli neri ovunque.
«RYAN!»,
sentendo la mia voce il ragazzo si voltò, ma rimase fermo,
immobile sul posto. Era orribilmente pallido.
In quel momento, arrivò mio padre.
Essendo
il migliore amico del signor Kenyon, si era decisamente preoccupato
sentendomi gridare il suo nome, ma ormai tutta la famiglia di Chris era
praticamente radunata sulla porta.
Corsi
in strada, verso il mio amico, che non capivo come accidenti fosse
arrivato, dato che non c’era ombra della sua macchina, e lo
scossi con vigore.
«Ryan! Ryan, dimmi che cosa è successo!».
Mi
sentii afferrare un braccio e la voce di Chris che diceva:
«Chelsea, piantala! Non vedi che è sotto shock?
Megan!».
La sorella maggiore venne avanti, ora molto seria, mentre Peter e Julie riportavano in casa Holly.
Intanto,
mia madre ci aveva raggiunti, mettendo una mano sulla spalla di Ryan e
accarezzandogli piano i capelli. Restai sbalordita; mamma non era mai
stata una persona molto espansiva e le uniche a cui aveva mai riservato
quel gesto, eravamo io e Shereen.
«È decisamente sotto shock» confermò Megan. A giudicare dal suo tono risoluto doveva essere un medico.
Poi Ryan mi afferrò un polso.
«Devi
tornare, Chelsea, subito», il suo tono era flebile, ma fermo. I
miei genitori lo avevano fatto sedere su un muretto, così mi
piegai alla sua stessa altezza per parlargli.
Avevo il cuore che mi martellava fortissimo nel petto, sembrava quasi che dovesse scoppiare.
Tutto, quella sera, stava andando maledettamente male.
«Ryan… ce la fai a dirmi che cosa è successo?».
Chris
era ancora alle mie spalle, rigido, e poco dopo si avvicinò
Shereen, stringendogli un braccio, ma quella fu l’unica volta in
cui non m’importò niente.
«Torna
a casa, è… », ma si bloccò. Infilò
una mano in tasca e ne tirò fuori un orologio. Era un oggetto
familiare, molto delicato, sicuramente femminile, con un cinturino in
oro bianco e… completamente ricoperto di sangue.
Tutti,
intorno a Ryan, trattennero il respiro per diversi istanti, perfino
Megan si portò una mano alla bocca e suo marito le venne subito
vicino.
Poi ricordai dove avevo visto quell’orologio: era di Gale. E lui seppe, dalla mia espressione, che avevo capito.
«È
stato quell’uomo, Chelsea… quello da cui lei è
scappata. Non so come abbia fatto, non so come abbia saputo che lei
viveva da te, ma… l’ha trovata. È entrato in casa
oggi pomeriggio e… Chelsea… Gale sta morendo».
Note dell’Autrice:
Eccomi
qui con il capitolo 17! Direi che è stato abbastanza
movimentato, ma, cosa ancora più importante, abbiamo fatto la
conoscenza della famiglia di Chris che, da questo momento in avanti,
avrà un ruolo molto importante.
Nel prossimo capitolo si saprà la sorte di Gale e verrà spiegata ogni cosa!
Vi lascio con l’estratto dal prossimo capitolo e con la famiglia Williams!
DAL CAPITOLO 18:
Chris puntò i suoi occhi chiari dritti nei miei.
«Davvero? Non saprei… ».
Fece una pausa, poi riprese. «E perché mi avresti mentito?».
«Non
è ovvio, Chris? Per farti demordere da qualunque tuo intento.
Quindi ora devi capire: torna a casa, non pensare a me e vivi la tua
vita con mia sorella».
«In modo che tu potrai vivere la tua con mio fratello?».
A quelle parole rimasi esterrefatta.
«Che cosa, scusa?!».
Traver Williams – Stephen Collins
Constance Williams – Patricia Wetting
Megan Williams – Katherine Heigl