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Autore: BlueSon    11/07/2014    3 recensioni
Dare esami nei mesi estivi è come si dice a Napoli davvero "na bott 'nfront"... hahahahahaha...vorrei dare fuoco a tutti i libri ma ritengo sia doveroso prima studiare. XD Però nessuno mi vieta di trovare tempo e spazio da dedicare alla mia coppia preferita. La mia prima AU in assoluto. Spero di non metterci troppo nell'aggiornare la storia e spero che questa piccola follia possa piacere....baci baci BlueSon
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Chichi/Goku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tutto quello che posso dirti di me

 
Goku sentì lo stomaco appallottolarsi e prendere le forme di una pallina da golf. Quelle parole gli risuonavano nella testa come l’eco tra le montagne. Cosa voleva quell’uomo? La sua testa tornò a girare pericolosamente preannunciando l’arrivo di una fortissima emicrania. Chichi lo vide improvvisamente bianco e avrebbe desiderato stargli vicino per tenergli la mano ma non aveva il coraggio di muoversi. Sembrava che il tempo si fosse fermato e che quindi muovere anche un solo muscolo fosse impossibile. Bulma la guardò stralunata incapace come lei di porre di seguito anche due sillabe.
“Lei conosce Goku?” gli aveva chiesto alla fine Vegeta.
Sembrava quello più tranquillo del gruppo anche se da quella mattina aveva appreso quello che era successo all’uomo. Non si capiva se fosse indifferente o preoccupato perchè dai suoi occhi non trapelava nessuna emozione. Vegeta era così: continuamente chiuso con il mondo esterno e solo Bulma riusciva a capirlo. Anche lei, che lo conosceva praticamente da quando loro due si erano fidanzati, spesse volte preferiva girare i tacchi e allontanarsi soprattutto quando captava che le cose in una giornata di lavoro non erano andate bene. Lo ringraziò mentalmente per quell’intervento anche perchè sembrava che Charles Sonford dovesse essere incoraggiato per parlare.
“Sì, ma è da tanto che non ci vediamo. L’ultima volta che ti ho visto avevi solo due anni e ci incontrammo alla villa perchè volevo darti questo.” confidò allungando il braccio per restituire a Goku il bracciale.
Quest’ultimo riuscì a prenderlo e improvvisamente sentì una fitta alla testa che quasi lo portò a urlare. Altre immagini, mai viste prima, gli stavano martoriando il cervello e non erano legate a quell’uomo.

“Bardack, perchè non parli con lui?”
“Non capirà, amore mio, non se n è mai fregato di me nè ora voglio correre da lui per chiedergli qualcosa. Deve sparire dalla mia vita.”
“A Goku sembrava simpatico” aveva detto sua madre poggiando la guancia sulla spalla di suo padre.
“Goku è un bambino fantastico ma pur sempre un bambino e non ha capito che razza di bastardo sia suo nonno.”

 
Goku portò la mano alla testa sentendo improvvisamente le tempie bruciare.
 
“Ricordati che sei un Sonford, ometto, capito?”
“Son…Sonf…”
 Un uomo dinanzi a lui rise affettuosamente scompigliandogli i capelli.
“Un giorno imparerai a pronunciarlo, ometto”

 
Perchè i ricordi dovevano fare così male? Chichi non ce la fece più a vederlo in quello stato: Goku fisicamente poteva quasi dirsi guarito ma la sua testa lo tormentava e il suo cuore sembrava quello più ferito. Gli fu vicino silenziosamente e poggiando la mano su quella che lui aveva alla testa la prese con dolcezza.
“Tutto bene?” chiese sempre con dolcezza. Goku non le rispose ma strinse la sua mano con delicatezza per farle capire che da lì non si doveva muovere.
“Si spieghi meglio signor Sonford.” disse lui dopo qualche minuto preso di pausa per riprendersi sia dal mal di testa che dalla rivelazione.
L’uomo sembrò stesse guardando uno spettacolo comico perchè il suo sorriso non cedeva.
“Io sono…sono tuo nonno, Goku” disse con gli occhi lucidi.
Guardarlo faceva tenerezza. Non capitava tutti i giorni avere dinanzi un portento di uomo e vederlo piangere come un bambino. Charles Sonford si era sempre presentato al pubblico come il classico tipo intelligente e carismatico, il tipo che sapeva sempre come uscire da una situazione, il tipo che da giovane ne aveva combinate di cotte e di crude prima di accasarsi, ma non era il vip che offriva soldi facili ai paparazzi. Nonostante le sue ricerche fossero in crescente progresso e le sue attività venissero sbandierate su ogni tipo di giornale, restava un tipo riservato. Il suo patrimonio era enorme ma non era questo che importava. Il fatto cruciale era il come, il quando e il perchè non lo avesse mai cercato.
“Non posso crederle, signore, mi dispiace.” disse prontamente Goku chiudendosi come un riccio nonostante il ricordo che aveva vissuto poco prima.
“Posso dimostrartelo. Guarda l’interno del bracciale.”
Goku sentì lo stomaco contorcersi. Non era mai stato debole fisicamente ma dovette fare attenzione a non vomitare. Con mani sicure che ben sapevano nascondere un tremolio costante girò il bracciale per guardarlo dall’interno. C’erano delle lettere incise sul metallo legato alle due piccole catene laterali e si poteva leggere senza problemi: “A mio nipote, Goku Sonford.” disse ad alta voce per auto convincere più se stesso che i presenti. Chichi non poteva davvero crederci. Era dalla mattina precedente che stava sospettando della signora Sonford. Lei era la nonna di Goku!
“Te lo regalai per il tuo secondo compleanno, ma tuo padre non ha mai voluto che io ti conoscessi fino in fondo, figliolo. È sempre stato così…così orgoglioso.”
“Cos’è successo?”
Charles Sonford mise le mani in tasca e ritornò in religioso silenzio. Bulma, vedendolo così spaesato e intimorito tanto da non sembrare un uomo di settantacinque anni, gli offrì una sedia per permettersi di sentirsi a suo agio e non sotto interrogatorio. L’uomo la ringraziò per il gesto e sedutosi cominciò a raccontare.
“Tuo padre, Goku, diceva sempre che nonostante il mio impero patrimoniale sarei sempre restato povero e inutile. Mi dava del farabutto, dell’egoista e tante altre cose ma non era cattivo. Lui…lui aveva ragione” disse passando una mano tra i capelli grigi.
Goku cercò di ricordare quell’uomo che il signor Sonford stava descrivendo, ma proprio non riusciva ad andare oltre: il mal di testa aveva tappato ogni passaggio al passato.
“Gli somigli come una goccia d’acqua.” disse l’uomo come se riuscisse a sentire i suoi pensieri.
“Anche tuo padre faceva pugilato, sai? Deve essere una cosa che ti ha inculcato sin dalla nascita prima…prima che quei bastardi…” lasciò cadere il discorso nascondendo il viso tra le mani.
Goku lo guardò e sentì quasi il bisogno di avvicinarsi, di abbracciarlo, di capire davvero cosa fosse successo. Lui voleva sapere.
“Cos’è successo tra lei e mio padre, signor Sonford?” gli chiese impaziente, perchè non poteva più sopportare di brancolare nel buio.
“Sì, figliolo,hai ragione, devi sapere. Devi sapere che io non sono mai stato un buon padre e avrei tanto voluto rimediare ai miei errori facendoti da nonno, ma tuo padre non me l’ha permesso.”
“Perchè?”
Il dialogo era ormai tra loro due: nessuno degli altri osava aprir bocca.
“Perchè io sono stato uno stupido. Volevo tralasciare questa parte, ma tu…tu devi sapere. Io da ragazzo sono stato con molte donne e mi vergogno come un ladro nel dirti queste cose. Ne ho avute tante e tutte bellissime, ma tua nonna…tua nonna Goku era una dea. Io l’ho amata, l’ho amata con tutto me stesso e per lei, solo per lei avrei rinunciato a tutto quello che oggi ho costruito e guadagnato e in parte mi è stato affidato. Avrei rinunciato a tutto ma i miei genitori pensavano fossi solo un ragazzo e che la mia fosse solo una sbandata come dite voi oggi. Organizzarono il mio matrimonio con Monica e da allora io non potetti più vedere il grande amore della mia vita.”
Goku ascoltava silenzioso ma Chichi dovette fare uno sforzo per non svenire. Monica non era la nonna di Goku. 
“Solo dopo qualche anno venni a conoscenza che tua nonna era rimasta incinta. Me ne feci subito carico, nonostante i tuoi bis non volevano perchè temevano lo scandalo. Monica mi ha sempre appoggiato e grazie al suo aiuto riuscii a trovare tuo padre. Allora aveva dieci anni. Io lo accolsi in famiglia come Bardack Sonford, il mio primo erede. Gli mostrai tutto quello che un giorno sarebbe stato suo e lui sembrava felice, ma non voleva lasciare la sua vita e soprattutto non voleva lasciare sua madre per venire a vivere con me e con Monica. Come biasimarlo? Era solo un ragazzino. Io cercai in tutti i modi di convincerlo ma non ci fu verso. Quando mia moglie mi annunciò di aspettare un bambino lui sparì. Seppi che rifiutò il mio cognome, che si faceva chiamare Son e che non accettò mai il mio invito a vivere nella villa di famiglia che per tradizione spettava al primo figlio maschio. O almeno non lo accettò fin quando non si sposò. Tua madre era di una dolcezza che avrebbe ammansito anche la più crudele delle belve e in parte ci fece riappacificare. Fu lei che mi permise di partecipare al tuo battesimo e di festeggiare almeno i compleanni  insieme. Fu lei a farvi trasferire alla villa in modo che più facilmente io potessi arrivare senza andare nell’occhio. Per impegni ero purtroppo sempre lontano e avevo comunque una famiglia a cui badare. Volevo solo che lui venisse con me, che mi accettasse come padre come aveva fatto anche se per poco tempo tanti anni fa. Trascorsero gli anni e tu diventasti un piccolo ometto di appena cinque,sei anni. Sarei dovuto tornare per il tuo compleanno ma una tragica notizia anticipò la mia partenza. Qualcuno era entrato in casa e aveva sterminato la famiglia. Mi sentii come se mi avessero strappato il cuore dal petto e fatto a brandelli. Arrivai con il primo volo per riconoscere i corpi dicendo che si trattava di amici di famiglia. Non ebbi il coraggio di dire che era mio figlio con mia nuora perchè mai avrei sopportato il giudizio degli altri nel sentire che avevo permesso una cosa del genere. Già non potevo sopportare la mia coscienza. Mi sentii morire quando li vidi, Goku e solo Dio sa la gioia che provai nel sentir dire che il corpo del bambino non era stato ritrovato. Sperai subito in un tuo ritrovamento e mobilitai la polizia e alcuni miei colleghi affinchè ti trovassero, ma non vi fu verso. Smisi quando quel bastardo di Freezer mi disse di averti sparato, dopo qualche settimana, quando fu acciuffato.”
“Non ha cercato abbastanza, signore. Ero proprio nell’orfanotrofio a pochi isolati dalla villa.” Lo stoppò con Goku con rabbia.
Quell’uomo stava dicendo il vero, ma il dolore saliva a galla come i pezzi di una barca distrutta.
L’uomo divenne ancora più bianco di quanto non lo fosse già. La consapevolezza di aver avuto sempre suo nipote sotto il naso e di non averlo mai potuto abbracciare e confortare per la tragica morte dei suoi genitori gli gelò l’anima. Il respiro gli si fece corto e sentì le forze mancargli. Non riuscì a distinguere più i suoni né lo spazio circostante ma sentì solo un tonfo riconoscendo che proprio lui con tutto il suo peso si era accasciato al suolo.
 

 

Goku si era rimesso in piedi nonostante il medico gli avesse detto che i punti potevano riaprirsi con uno sforzo eccessivo. Lui se ne fregava altamente delle ferite fisiche visto che era il suo cuore a piangere in quel momento. Charles Sonford, suo nonno, aveva avuto un infarto. Era stato uno stupido ad accusarlo in quella maniera, a fargli tutte quelle domande. Perchè non si può semplicemente essere felici e godere di quello che il destino ti riserba? No, non si può essere felici quando quello stesso infame destino ti ha portato via ogni cosa bella della vita. Aveva perso i suoi genitori e l’unica persona che poteva riconoscerlo non l’aveva mai trovato. Quell’immagine che gli era venuta in mente poco prima tornava con insistenza come se volesse tormentarlo.

“Ricordati che sei un Sonford, ometto, capito?”
“Son…Sonf…”
 Un uomo dinanzi a lui rise affettuosamente scompigliandogli i capelli.
“Un giorno imparerai a pronunciarlo, ometto”


Era forse questa l'origine del suo cognome? No, impossibile, suo padre si faceva già chiamare Son. Forse era stato un desiderio suo di abbreviarlo. Forse suo padre non avrebbe mai voluto allontanrsi da quell'uomo, ma allora perchè lo aveva fatto? Troppi pensieri miravano al suo equilibrio psicologico già destabilizzato.Gli sembrava impossibile che nessuno dei poliziotti da lui citati avesse chiesto all’orfanotrofio. C’era ancora troppo mistero nel suo passato. Ancora troppe macchie scure su quella tela resa più nitida dal racconto del vecchio. Era seduto in sala d’attesa con a fianco l’unica persona di cui si fidava ciecamente: Chichi. I suoi amici erano tornati a casa per alcuni impegni di lavoro.
“Sono uno stupido. Anzi no. Sono uno stronzo.” si diceva stringendo i pugni mentre si dondolava su quella scomodissima sedia cercando di riprendere il controllo.
Chichi lo guardava e si sentiva impotente. Non sapeva cosa dirgli, cosa fare per risollevarlo dal baratro in cui era sprofondato. La storia del suo passato non era stata facile per lei, figurarsi per lui! Ancora non poteva crederci e intanto un brutto presentimento le percuoteva l’anima. Non sapeva cosa fosse. Forse un istinto, come la paura che provano i colpevoli di un crimine che sanno che prima o poi saranno arrestati e condannati. Chichi sentiva i brividi percorrerle la schiena incuranti di farla rabbrividire come se fosse inverno inoltrato.
“Chichi, tutto bene?” gli chiese improvvisamente lui sentendola silenziosa. Le poggiò una mano sulla sua e gliela strinse.
Lei lo ringraziò mentalmente per quel dolce e riscaldante gesto.
“Dovrei essere io a chiederti come stai. Scusami, non ti sono di aiuto.”
Goku trovò lo spazio per sorridere. Non lo faceva da qualche ora, da quella mattina prima che vedesse quel bracciale, prima che arrivasse quell’uomo, quell’uomo che diceva di essere suo nonno.
“Tu sei qui. Questo mi basta.”
Chichi gli accarezzò il viso ricambiandogli il sorriso. I suoi occhi spenti tornarono a illuminarsi per un attimo. Poi li richiuse e azzerò la distanza. Goku la baciò senza pensarci, aggrappandosi a quella morbidezza come se fosse l’unica ancora di salvezza in mare in balia della più orribile delle tempeste. Fu un bacio dolce, non prolungato, ma che fu in grado di donargli un calore che lo fece finalmente stare bene. Quando si allontanò giusto quel poco per riuscire a guardarla negli occhi, Chichi lo guardava tra il divertito e il meravigliato.
“Ne avevo bisogno, scusami.”
“Non devi scusarti. Se questo è l’unico aiuto che posso darti non mi tiro certo indietro.” lo ribeccò con un sorriso che fu capace di fargli dimenticare anche dove si trovavano.
Ci pensò il medico a ricordarglielo.
“Signor Son, come si sente?”
“Io sto benissimo, dottore, grazie. Il signor Sonford?”
“Certo è stata una sorpresa trovarlo qui in questo ospedale. Comunque ho trovato il suo cuore molto affaticato. Sa per caso se soffre di qualche problema cardiaco?”
Goku si sentì di nuovo sprofondare: le cose non sarebbero mai dovute andare in quel modo. Se solo…se solo i suoi genitori fossero stati lì con lui. Si sentì improvvisamente bambino, avrebbe voluto sbattere i piedi per terra e gridare che non era giusto, non era giusto per niente quello che era stato costretto a subire, ma preferì mantenere la calma. Sul ring non potevi dare di matto: dovevi restare sempre concentrato, dovevi sempre riuscire a mantenere la calma.
“No, dottore, non lo so.”
“Capisco. L’importante è che non si affatichi. Mi raccomando, massima cautela.”
“Grazie dottore.”
“Io devo fare un giro per altre stanze. Chiamatemi se c’è bisogno di un aiuto.”
“Grazie dottore.” ripetè questa volta lei con un sorriso.
L’uomo con il camice bianco si allontanò. Goku aprì silenziosamente la porta notando che l’uomo stava riposando. Non voleva disturbarlo e per questo si allontanò tornando a sedersi. Chichi gli fu vicino.
“Sei più tranquillo adesso?”
“Ora che so di non aver ucciso l’ultima persona della mia famiglia sì, posso dirmi tranquillo” provò a scherzare ma il suo sorriso non aveva nulla di divertito.
“Goku, hai sentito il dottore. Tuo no…il signor Sonford è molto debilitato. Non è stata colpa tua. Immagina che dev’essere stato un colpo anche per lui. Ti credeva morto e invece ti ha trovato.”
“Vorrei solo capire perchè Chichi. Perchè ci hanno fatto questo? Perchè ci volevano morti?”
“Vorrei tanto saperlo anch’io. Spero davvero che quei tre parlino perchè altrimenti la galera non basterà.” disse con rabbia.
Rabbrividì al solo pensiero della pistola che quel porco le aveva messo alla testa e lo sguardo che l’aveva denudata dandole il voltastomaco. Goku si accorse di quel brivido. Le afferrò un braccio costringendola a guardarlo negli occhi.
“Giurami che non ti hanno fatto niente, Chichi. Giurami o io…”
Chichi lo guardò.
“O tu?”
“Hai capito. Allora?”
“Goku non mi hanno fatto niente.” disse abbassando lo sguardo. Il solo ricordo le strappava le membra a morsi.
Goku le issò il viso per il mento.
“Tu mi stai mentendo.”
“No, Goku, io…io ho avuto solo paura. Ti sapevo giù a fare a pugni con quel bastardo e avevi due ferite d’arma da fuoco. Sanguinavi a vista d’occhio prima ancora che salissi le scale. Non me ne fregava di quei due. Io ero preoccupata per te.” ammise con foga tenendo però il tono  quanto più basso possibile.
Goku rallentò la stretta al braccio.
“Ecco perchè faresti bene a starmi lontano.” disse prima di stringerla forte.
Chichi poteva sentire il cuore di lui attraverso il petto e il fatto che cercasse di battere il suo in una corsa all’ultimo battito era un qualcosa che la preoccupava e la emozionava allo stesso tempo. 
“Non ti starei mai lontano. Non ce la farei.” disse dimenticando di tenerselo per sé. Goku si allontanò per guardarla negli occhi. I suoi occhi avevano ripreso a brillare. Scioccamente pensò che fosse per merito suo. Goku le baciò teneramente le labbra.
“E io ti riempirei l’ufficio e la casa di fiori pur di farti tornare.” le confidò con un viso da bambino intimidito ma con un sorriso che non aveva nulla di innocente. 
“Vorrei stargli accanto quando si sveglia.”
“È una bellissima idea.”
“Tu vieni con me?”
“Voglio chiamare un attimo Bulma. Scendo un attimo all’entrata perchè sicuramente prenderò linea. Qui non lo so.”
“D’accordo. Ti aspetto presto.”
“Ci metto poco. Fidati.”
Goku  la baciò ancora prima di lasciarla andare. Aspettò di vederla sparire nell’ascensore prima di entrare nella camera del signor Sonford. Quella donna gli aveva letteralmente sconvolto la vita per la facilità con cui il suo cuore l’aveva accolta. Ancora ringraziava il cielo per non averla persa a causa di quegli assassini, ringraziava il cielo per averla a fianco. Avrebbe tanto voluto dirle come lo faceva sentire quando gli stava accanto e come lui adorasse quelle dolci rilevazioni come quella di poco prima. “Non ti starei mai lontana” gli aveva detto e lui per questo era ancora frastornato. Entrò nella stanza senza fare troppo rumore e prendendo una sedia si accomodò accanto al letto. Si promise che quando tutto quello sarebbe finito avrebbe parlato con lei e le avrebbe detto ciò che provava, quello che sentiva…quel sentimento che aveva sempre rinnegato, allontanato per timore che potesse ferirlo, per paura di non esserne all’altezza. Aveva dimenticato come si facesse ad amare e lei glielo aveva ricordato.
 

 

“Bulma, tutto bene in ufficio?”
“Certo tesoro mio, non preoccuparti. Il signor Sonford invece? Come sta?”
“Il dottore ci ha detto che…”
“Chichi, non ti sento bene.”
“Aspetta mi sposto.” 
Chichi si allontanò dall’entrata e si diresse quasi senza accorgersene verso il parcheggio.
“Mi senti?”
“Sì.”
“Il dottore ci ha detto che ha avuto un infarto. Il suo cuore era molto affaticato ma probabilmente si tratta di situazione che capita spesso purtroppo.”
“Poverino, mi dispiace. Sarà stato un vero e proprio shock per lui scoprire che il nipote che ha creduto morto in realtà è vivo e vegeto.”
“Spero che questa brutta situazione passi presto. Vorrei tanto capire chi è il bastardo che ha mandato quei tre.”
“La polizia?”
“Non sappiamo nulla. Non ci hanno informati.”
“Cavolo, che brutta storia. Chichi, ascoltami. Vegeta è sotto la doccia. Il tempo che si cambia e torniamo ok?” “Fate con calma, davvero. C’è tutto il tempo.”
“A tra poco, allora. Un bacione.”
“A dopo, Bulma.”
Chichi concluse la chiamata e sospirò sconsolata. Tornò indietro con il morale sotto i tacchi. Aveva il vizio di camminare quando si intratteneva a telefono e si era allontanata di parecchio dall’entrata dell’ospedale. Un brivido freddo le percorse tutta la colonna vertebrale penetrandole la testa. Si guardò intorno volgendo lo sguardo. Non c’era anima viva. Si fermò come se fosse sotto effetto di un incantesimo, una magia che le aveva piantato i piedi a terra. Prese il cellulare. Aveva ancora il numero di Bulma inserito. Cliccò per mandarle un messaggio. I piedi ripresero a muoversi. Un altro brivido e notò che si era messa a correre. Avrebbe solo dovuto svoltare per trovarsi all’entrata. “Aiutami” scrisse. Inviò e di nuovo non riuscì più a muoversi. Ma non fu la magia a bloccarla. Qualcuno la teneva stretta impedendole il respiro. Non potette ne urlare ne mordere la mano che le aveva tappato la bocca perchè prontamente un fazzoletto imbevuto di cloroformio iniziò a fare il suo sporco lavoro. Il corpo le si intorpidì in pochi istanti e non ricordò più nemmeno dove doveva dirigersi, a chi avesse chiesto aiuto.

 

Buonasera gentili donzelle,
scusate la mia prolungata e sofferta assenza ma è stata una settimana di studio matto e disperatissimo. Aspetto con ansia il giorno che finisca questa maledetta tortura. Uff… :(
Comunque…parliamo di cose belle e che soprattutto ci fanno stare bene XD vi è piaciuto questo capitolo? Spero con tutto il cuore di sì. Si iniziano a intravedere anche un po’ i sentimenti di Goku ma cos’è successo alla nostra Chichi? Chi l’ha rapita. La situazione si fa sempre più spinosa. Cosa succederà? Lo scopriremo presto. Un bacio ragazze. Un ringraziamento a tutte voi che come sempre mi seguite e recensite. Vi voglio troppo bene :D

  
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