Eccomi
ritornata con “Le
regole dell’amore” , per chi la stesse seguendo
prima mi dispiace tanto ma l’ho
dovuta togliere per vari motivi…Comunque adesso e qui e
quindi godetevela fino
in fondo XDXD Ok vi lascio subito alla storia…
Doveva
assolutamente trovare
una donna incinta, e al più presto.
Jake
Breaux non riusciva
ancora a credere di essersi cacciato in un simile guaio: solo a
pensarci
provava una stretta allo stomaco!
Spinse
al massimo il motore
della sua moto lungo l’autostrada, cercando di combattere un
forte impulso a
cambiare direzione e tornarsene a casa. No, non poteva farlo: aveva un
problema
molto grave e doveva assolutamente risolverlo.
Evidentemente,
nonostante i
suoi disperati tentativi di isolarsi dagli altri, non vi era riuscito
del tutto.
La notizia che suo nonno era in punto di morte lo aveva
inaspettatamente
sconvolto al punto di farlo reagire in modo impulsivo, e proprio a
causa di
quella reazione adesso si trovava di fronte a un vero e proprio dilemma.
Fece
un respiro profondo e
decise di concentrarsi sulla guida della sua Harley Davidson. Guidarla
suscitava in lui un situazione confortante, come se fosse in compagnia
di un
vecchio amico. La moto era la sua passione fin
dall’adolescenza, quando,
sentendosi un ribelle, aveva scelto il senso di libertà di
un veicolo che
esclude la presenza di bagagli e passeggeri. Senza impegni, senza
problemi.
Voleva vivere così, e aveva creduto di esserci riuscito.
Come aveva potuto
sbagliarsi fino a quel punto?
Improvvisamente,
Jake si
accorse di essere giunto nella piccola cittadina di Carencro, nello
stato della
Louisiana. Rallentò. Forse in un posto così
piccolo qualcuno avrebbe saputo
dirgli dove trovare la donna che era venuto a cercare. Sperava di
trovarla, ma
si augurava soprattutto che lei fosse ancora incinta.
La
moto si arrestò
rumorosamente nel cortile di fronte alla casa di Chelsey MacKenzie.
Sorpresa
da quel rumore
inaspettato, Chelsey tentò con difficoltà di
alzarsi dalla sua vecchia sedia a
dondolo di legno. Da qualche settimana, ormai, quella sedia era
diventata la
sua preferita, perché ospitava comodamente il suo corpo
rotondo e ingombrante.
Ma sapeva bene che il suo stato attuale rendeva inutile ogni tentativo
di
muoversi rapidamente.
Si
lasciò ricadere indietro,
esausta. Respirò a fondo per riprendere fiato e si disse che
proprio non doveva
cercare di muoversi così velocemente:in otto mesi il suo
peso era aumentato di
undici chili.
Tuttavia
non se ne lamentava.
L’idea di dar presto alla luce il suo bambino la riempiva di
gioia. Da qualche
tempo sapeva che si sarebbe trattato di un maschietto e, a sentire il
medico,
sarebbe stato un bimbo grande e robusto.
La
presenza di quel minuscolo
essere che dipendeva completamente da lei, le dava una sensazione di
euforia.
Suo figlio aveva bisogno di lei quanto lei ne aveva di lui. Per al
prima volta
in vita sua, avrebbe avuto qualcuno che le apparteneva veramente.
Scostò
la tende della
finestra del tinello e guardò fuori. Per qualche istante non
riuscì a vedere
molto, perché il sole abbagliante d’agosto
l’accecava, ma poi scorse un uomo
dai capelli scuri accanto a una grossa motocicletta. Lui si era tolto
il casco
e lo aveva appeso al manubrio. Doveva avere all’incirca
trent’anni, aveva i
capelli un po’ troppo lunghi sul collo e indossava un
giubbotto di pelle nera e
jeans aderenti. Fin dalla prima occhiata si accorse anche che
l’uomo che stava
osservando era attraente. Molto attraente, pensò, notando le
sue spalle larghe
e la figura slanciata. La motocicletta nascondeva la parte inferiore
del suo
corpo, ma Chelsey aveva visto abbastanza per capire di che tipo si
trattava: un
classico ribelle.
Era
proprio come suo padre:
un bell’uomo dall’aria un po’
selvaggia… In pratica, un pessimo padre. Dopo
tanti anni Chelsey ricordava ancora l’indifferenza con cui
Frankie MacKenzie
spariva e ritornava nella vita dei suoi due figli. Ricordava anche
quanto
avesse desiderato il suo amore. Ma lui era troppo egocentrico per amare
qualcuno, anche se si trattava dei suoi due figli, che già
avevano perso al
madre. La nonna di Chelsey era l’unica persona che aveva
avuto cura di loro, ma
anche lei era morta quando Chelsey aveva solo quattordici anni.
All’improvviso
si reso conto
di essere rimasta a fissare lo sconosciuto, assorta nei suoi ricordi, e
si tirò
indietro, arrossendo. Chi poteva essere? E cosa voleva da lei?
A
qual punto lui incominciò
ad avanzare verso al porta d’ingresso, che si apriva sul
tinello. Le sue lunghe
gambe si muovevano con scioltezza.
Doveva
alzarsi. Con una
lenta, complicata manovra, ci riuscì. Sistemò
l’ampio camicione che indossava
sopra la gonna di jeans e si preparò ad aprire. Tuttavia
quando sentì bussare
alla porta sobbalzò, presa da un senso di inquietudine, ed
esitò un istante.
Cosa mai poteva volere quell’uomo?
Santo
cielo, era
impresentabile! Anche
se aveva appena
lavato i suoi bei capelli corti e si era stesa un leggero velo di
trucco sul
viso, in quel momento pensò solo al proprio corpo goffo e
ingombrante. Chissà
perché, le seccava che quello sconosciuto la vedesse in
quello stato, ma d’altro
canto non aveva scelta, se voleva aprire la porta.
La
situazione rispecchiava
molto fedelmente il rapporto che aveva avuto con gli uomini. Non era
mai
riuscita a far valere le proprio esigenze: né con suo padre,
alcolista e
insensibile, né con suo marito. Nessuno dei due
l’aveva amata, ma entrambi
avevano sfruttato il suo bisogno d’affetto.
Adesso,
per la prima volta in
vita sua, viveva da sola e stava bene così. Non aveva
bisogno di un uomo. Gli
uomini erano tutti dei grandi egoisti. Salvo suo fratello Rand,
naturalmente:
lui era diverso, e Chelsey desiderava che suo figlio gli somigliasse.
Sentì
bussare con maggiore
insistenza e fece una smorfia, infastidita.
Cosa
ti prende, Chelsey? Apri
quella porta! Sicuramente
quell’uomo
voleva solo delle indicazioni sulla strada. Chelsey fece un respiro
profondo
per prendere coraggio e vide che l’uomo si era voltato per
andarsene. Aprì al
porta con decisione.
“Posso
fare qualcosa per
lei?”
Udendo
la sua voce l’uomo si
voltò di scatto e per un attimo restò a
guardarla. Chelsey ebbe la netta
sensazione di averlo già visto da qualche parte e per un
attimo si sentì quasi
mancare. Era sicura di aver già incontrato prima quegli
occhi scuri dallo
sguardo profondo, ma dove? E quando?
Strinse
forte la maniglia
della porta e ripeté:” Posso fare qualcosa per
lei?”.
L’uomo
appoggiò il piede sul
primo dei tre scalini che portavano alla soglia e la scrutò
attentamente dalla
testa ai piedi, senza rispondere. Chelsey ebbe l’impressione
di leggere
dell’ammirazione nei suoi occhi, ma doveva trattarsi della
sua immaginazione, a
meno che lui non fosse cieco, oppure completamente fuori di
sé.
“Certo”
rispose lui infine,
con un forte accento del sud. “Sei Chelsey MacKenzie,
vero?”
Chelsey
indietreggiò di un
passo, sorpresa e leggermente preoccupata. Chi poteva mai essere? Come
mai
conosceva il suo nome? “Esatto.”
Lui
la rassicurò con un
gesto. “Non devi spaventarti. Non ti ricordi di me? Sono Jake
Breaux.” Attese
invano un segno di riconoscimento da parte sua. “Sono quello
che ti ha trovata
quando hai avuto quell’incidente in autostrada, alla vigilia
di Natale.”
“Oh!
È vero… Jake Breaux. Ora
ricordo.” Chelsey arrossì, imbarazzata. Come
poteva essersi dimenticata
dell’uomo che le aveva salvato al vita? “ Mi
dispiace… Io…”
“Non
devi scusarti” disse
lui, in fretta. “Non avresti potuto osservarmi tanto bene,
quella sera, con
tutto ciò che ti era accaduto.”
“No,
infatti. Ne ho un
ricordo molto vago.”
Senza
rendersene conto
Chelsey posò lo sguardo sulle mani di Jake. Quelle mani
l’avevano liberata dai
rottami della sua automobile, in quella terribile, gelida notte di
Natale. Non
era stata in grado di riconoscere il suo viso, ma ricordava
perfettamente la
presa ferma e dolce delle sue mani. Né avrebbe mai potuto
scordare la
sensazione di protezione e di calore che aveva provato quando, dopo
averla
estratta dalle lamiere contorte, l’aveva stretta a
sé per proteggerla dal
freddo.
Il
silenzio tra loro divenne
imbarazzante. Jake si schiarì la voce. “ Capisco
che la mia visita ti sembri
strana. È solo che speravo di poterti parlare
di…”
“Scusami”
lo interruppe
Chelsey, scostandosi dalla porta e facendogli segno di entrare.
“Non volevo
essere scortese. Sono solo… stupita. Accomodati
pure.”
“Grazie”
rispose lui,
raggiungendo l’ingombrante figura di Chelsey con movimenti
sciolti e
dinoccolati. “Vedo che non hai ancora avuto il
bambino.”
“Non
ancora” rispose lei.
Mentre Jake le passava accanto notò che emanava un profumo
d’aria fresca e
sentì il leggero odore di pelle del suo giubbotto. Ma non
notò soltanto questo.
Si trattava di un uomo estremamente sensuale. C’era qualcosa
in Jake che
avrebbe fatto desiderare a qualunque donna di naufragare con lui su
un’ isola
deserta.
Ma
lei era immune a tutto
questo. Una donna nelle sue condizioni
aveva cose più importanti a cui pensare. E poi, Chelsey
aveva deciso di non
volerne più sapere, degli uomini.
“Dovrei
partorire fra tre
settimane” aggiunse, mentre lo faceva entrare nel tinello e
lo faceva cenno di
sedersi sul divano.
Aggrotto
la fronte,
chiedendosi che cosa ci facesse Jake Breaux da quelle parti, ma poi si
ricordò
che anche il suo soccorritore si trovava in Colorado per una vacanza.
Rand le
aveva detto che l’uomo viveva a Lafayette, a pochi chilometri
da Carencro, la
cittadina dove Chelsey si era trasferita per stare vicina a suo
fratello.
“Posso
farti un caffé o vuoi
bere qualcosa di freddo?” disse, chiedendosi
perché si sentisse così
impacciata. Forse era a causa di quegli occhi scuri che la fissavano
con
intensità.
“Non
vorrei disturbare”
rispose Jake, ancora in piedi.
“Nessun
disturbo.”
“Allora
accetto volentieri un
bicchier d’acqua” rispose lui, ravviandosi
nervosamente i capelli. Il suo
sguardo profondo la seguiva ovunque.
Anche
Chelsey, di riflesso,
si passò le dita tra i capelli, con al mano che tremava
leggermente. Si schiarì
al voce e, senza accorgersene, si inumidì le labbra con la
punta della lingua.
“Accomodati pure. Ti raggiungo subito.”
Chelsey
si recò in cucina,
sgradevolmente conscia dello sguardo di lui alle proprie spalle. Prese
un
bicchiere e si avvicinò al frigorifero con la sua andatura
goffa e dolorante, o
almeno così le pareva dovesse sembrare a lui.
Jake
si schiarì la voce. “ Ti
trovo molto bene. Tuo fratello mi aveva detto che ti era ripresa
completamente
dall’incidente, e sono contenta di vedere per
così.”
“Mio
fratello? Hai parlato
con Rand?”
“Sicuro.
Ah grazie” disse
quando lei gli porse il bicchiere.
Per
un attimo le loro dita si
sfiorarono e il calore di quelle di lui sembrò comunicarsi
al corpo di Chelsey,
facendola sentire all’improvviso più viva. Lei ne
fu colpita al punto che
lasciò andare bruscamente la presa e, se Jake non
l’avesse afferrato
saldamente, il bicchiere sarebbe caduto a terra. Per un attimo i loro
sguardi
si incrociarono, ma immediatamente lei guardò altrove e fece un passo indietro.
Lui
sembrò esitare un
istante, poi posò di nuovo lo sguardo su di lei.
“Quella sera, dopo averti
portata in ospedale, aspettai che arrivasse tuo fratello. Prima di
andarmene
gli chiesi di darmi tue notizie. Dopo qualche mese lui mi ha telefonato
e ci
siamo incontrati in città. È molto
simpatico.”
“Si,
Rand è davvero speciale”
Chissà perché, Jake le ricordava suo fratello. Si
somigliavano un po’,
fisicamente, ma soprattutto avevano al stessa aria taciturna. Comunque,
il
fatto che Jake avesse desiderato avere notizie di lei le fece molto
piacere.
Lui
bevve quasi tutta l’acqua
in un unico sorso e si passò il dorso della mano sulle
labbra. “Quando ci siamo
visti tuo fratello mi ha raccontato che ti sei trasferita qui da
Houston per
stargli vicino e per accelerare i tempi del divorzio, che per la legge
della
Louisiana sono più brevi che nel Texas.”
“Infatti.
Non volevo
attendere un minuto di più del necessario. Ho ottenuto il
divorzio la settimana
scorsa.”
Chelsey
si sistemò sulla
sedia a dondolo, avvertendo lo sguardo dell’uomo ancora fisso
su di sé.
“Mi
aveva anche detto che la
gravidanza procedeva bene. Vedo che
aveva ragione.”
Lei
arrossì e
lanciò un’occhiata al proprio pancione.
“Il
medico dice che il bimbo peserà almeno quattro
chili.”
“Il
bimbo?”
“Si,
è un maschietto.”
Jake
scosse il capo e le sue
labbra si schiusero in un mezzo sorriso. “Ah, certo. La
scienza ha svelato
anche questo mistero, ormai.”
“Sapere
in anticipo il sesso
di un nascituro ha i suoi vantaggi” disse Chelsey, posando
una mano sul punto
il cui il bambino stava scalciando. La sua smorfia di dolore
sembrò
impensierire Jake.
“Cosa
c’è?” le chiese.
“Nulla”
si affrettò a
rispondere lei. “Fa sempre così. Mi ha colta di
sorpresa, tutto qui.”
“Cosa
fa?”
“Si
muove” disse lei, quasi
senza fiato per la fitta al ventre. Attese pazientemente che il dolore
cessasse
e poi sorrise. “In questi giorni è molto vivace.
Credo che cominci a sentirsi
pronto per venire al mondo.”
Jake
le si avvivino con aria
stupita. “Deve farti male.”
“A
volte, un po’.”
Lui
si accovaccio di fronte a
lei e le pose una mano sul ventre, con grande naturalezza. “
è il suo piede
quello che sento?”
Chelsey
annuì in silenzio,
fissando sbigottita la mano di lui. Non si era aspettata quel gesto. Lo
guardò
in viso e vide che stava sorridendo. Aveva delle labbra davvero
invitanti,
pensò. Non che la cosa la interessasse: era una semplice
constatazione.
“Accidenti…
sento il suo
piede muoversi!” esclamò Jake con
l’entusiasmo di un bambino.
Gli
occhi di Chelsey si
colmarono di lacrime. Quell’uomo le faceva venir voglia di
ridere e piangere
allo stesso tempo. Condividere quel breve momento di
intimità con lui, un
estraneo, l’aveva toccata profondamente. Non aveva fatto che
illudersi, negli
ultimi tempi. Aveva ancora bisogno di sentire il tocco di un uomo,
proprio come
ne aveva avuto bisogno in passato.
Guardando
quello sconosciuto
che contemplava con meraviglia la vita che cresceva dentro di lei,
pensò che
doveva essere fantastico aspettare un bambino avendo accanto un uomo
così entusiasta.
Sembrava quasi che ci tenesse moltissimo a suo figlio, come se avesse
un motivo
per…
Che
assurdità! Per quale
motivo il suo bambino sarebbe potuto interessare a Jake Breaux?
“Ehi!”
esclamò lui. “Credo di
aver sentito il suo gomito. Cosa provi quando si muove?”
“Non
saprei descrivertelo. È
una sensazione strana” rispose Chelsey, sorridendo.
Sapeva
che avrebbe dovuto
dire a quell’ estraneo di allontanarsi. Non aveva il diritto
di toccarla in
quel modo. Eppure, anche se pareva una cosa sciocca, era stupendo
sentire le
sue mani forti e calde sul proprio ventre. L’istinto le
diceva che era al
sicuro.
All’
improvviso suo figlio
decise di cambiare posizione e si puntellò con un piedino
contro di lei.
Le
mani di Jake seguivano i
suoi movimenti. “è forte come un torello! Hai
già deciso che nome dargli?”
Quella
domanda riportò
Chelsey alla realtà. Aveva pensato spesso di dare a suo
figlio il nome
dell’uomo che li aveva salvati dopo l’incidente,
alla vigilia di Natale.
Ma
adesso che quell’ uomo era
lì, accovacciato di fronte a lei, non trovò il
coraggio di dirglielo. Cosa
avrebbe pensato di lei?
“Non
ho ancora deciso. Povero
bambino, non ha nemmeno un cognome.” Chelsey si
stupì delle sue stesse parole.
Perché aveva detto una cosa simile?
Jake
le lanciò un’occhiata
penetrante. “Dov’è suo padre?”
“Non
vuole avere nulla a che
fare né con me né con lui. Del resto, per me va
bene. Non è giusto che mio
figlio porti il cognome di uno che non lo vuole.”
“Sembri
amareggiata.”
Chelsey
distolse lo sguardo e
sorrise lievemente. “No. Sono solo più
disincantata di quanto fossi un tempo,
per quanto riguarda gli uomini.”
“Capisco”
disse Jake,
alzandosi in piedi. Indietreggiò di un passo e si
passò le dita tra i capelli,
nervosamente. “Suppongo, allora, che non otterrei molto, se
ti chiedessi un
favore.”
Chelsey
lo fissò, stupita. “
A me? Come potrei aiutarti?”
Lui
inspirò profondamente.
“Ho un grosso problema, e penso che tu potresti darmi una
mano.”
“Bè…”
disse Chelsey, cercando
di riorganizzare i proprio pensieri. Avrebbe dovuto immaginare che Jake
voleva
qualcosa da lei. Altrimenti, perché sarebbe venuto a
cercarla? Si appoggiò allo
schienale della sedia a dondolo. “Ti devo la vita. Credo che
il minimo che io
possa fare sia farti un favore.”
“è
che si tratta di un grande
favore.”
Chelsey
sospirò. “Jake, mio
figlio nascerà tra tre settimane. Se puoi aspettare fino ad
allora, sarò felice
di darti una mano.”
“è
questo il punto” disse
lui, avvicinandosi alla finestra e guardando fuori un attimo, prima di
voltarsi
di nuovo verso di lei. “Ho bisogno che tu sia
incinta.”
Lei
lo guardò al bocca
aperta. “Come hai detto?”
“Senti,
si è fatto tardi”
disse lui, avvicinandosi di un passo. “E si tratta di una
lunga storia. Perchè
non vieni a cena con me, stasera, in modo che ti possa spiegare tutto
con
calma?”
Ancora
stupita, Chelsey esitò
un istante. “Bé… Non saprei. Ci
conosciamo appena.”
“Hai
ragione. Ecco perché
dovremmo conoscerci meglio, s vogliamo che il piano che ti voglio
proporre
funzioni.”
Di
nuovo gli occhi di Chelsey
si dilatarono per lo stupore e l’apprensione. Dopo tutto, non
sapeva nulla di
quell’uomo. Avrebbe potuto fidarsi di lui? “Santo
cielo, non mi vorrai proporre
una rapina in banca, vero?”
Jake
scosse il capo. “No, non
si tratta di questo.”
“Ma
si tratta di una cosa
legale?” chiese lei, ancora preoccupata.
Jake
sorrise, per la prima
volta da quando era arrivato. “Certo che lo è. Non
mi caccio più in certi
pasticci.”
“Non
ti cacci più…?”
“Stavo
solo scherzando.”
Adesso era di nuovo serio. “Scusami, è il mio modo
di fare. Mi piace
sorprendere la gente.” Scrollò le spalle.
“In questo modo, le persone si
innervosiscono e si tengo no a distanza. Però non
è giusto che mi comporti così
con te, nelle tue condizioni.”
“Sono
incinta, Jake, non sono
in punto di morte.”
Lui
sorrise di nuovo e provò
una strana sensazione allo stomaco. “Devi scusarmi. Non ho
nessuna esperienza
di donne incinte.”
Era
troppo attraente, decise
lei. Attraente e… decisamente pericoloso. “Che
cosa vuoi che faccia?”
Lui
divenne serio. “Non te lo
chiederei, se non fosse davvero importante. Mio nonno sta morendo, e ho
bisogno
del tuo aiuto, prima che sia troppo tardi. Credimi, mi rendo conto che
sembra
una cosa pazzesca, ma sono davvero disperato.”
Alzò le spalle. “Comunque, mi
piacerebbe raccontarti tutto durante la cena. Allora, che ne
dici?”
“Bé…”
Chelsey esitò un
istante. Da settimane suo fratello Rand, che lavorava come tecnico, era
su una
piattaforma petrolifera. Dato che lei non conosceva ancora nessuno a
Carencro
si sentiva un po’ sola, e l’idea di chiacchierare
con qualcuno la attirava.
Inoltre, doveva la vita a quell’uomo. “Il minimo
che io possa fare è ascoltare
ciò che hai da dire” disse infine.
Un’
espressione di sollievo
apparve sul viso di Jake, seguita da un altro affascinante sorriso.
“Sai, il
mio piano potrebbe anche funzionare, dopo tutto” le disse.
Chelsey
gli lanciò
un’occhiata mentre cercava di alzarsi dalla sedia. Lui le
porse una mano per
aiutarla, soffocando una risatina.
“Cosa
c’è da ridere?” chiese
lei, irritata.
Lui
scosse il capo. “Niente.
È solo che… mi ricordi un piccolo
bigné.”
“In
questo momento non mi
sembra di essere proprio piccola” ribattè.
Lui
la scrutò con i suoi
occhi scuri e profondi. “Oh, io invece credo di
sì. Quanto sei alta? Un metro e
sessanta?”
“Quasi”
disse lei, in fretta.
Jake
sorrise di nuovo.
“Quasi, eh?”
Anche
se si sentiva sciocca e
infantile, Chelsey alzò il mento con aria di sfida.
“Esatto. E tu, quanto sei
alto?”
“Quasi
un metro e
ottantatrè.”
“Quasi,
eh?”
Mi
ricordo che, quando ti ho
tirata fuori da quell’auto, continuavo a pensare quanto fossi
minuta. Potevo
circondarti la vita con le mani.”
Il
ricordo del suo corpo
infreddolito stretto con quello caldo e forte di lui le
passò rapidamente per
la mente. “Bè, adesso non credo che i riusciresti
più” disse con finta noncuranza.
Si sentiva improvvisamente vulnerabile.
Doveva
essere per colpa di
quegli occhi scuri e attenti, ora intensi ora attraversati da un
sorriso. “Sarò
pronta alle sette” disse infine.
Lui
le sfiorò una guancia.
“Sarò puntuale.”
“Dovremo
usare la mia auto”
lo avvertì lei mentre lui faceva per andarsene.
“Non posso salire su una moto.”
Jake
si avviò verso al porta.
“ No, suppongo di no” rispose, come se avesse
appena capito che e condizioni di
Chelsey rendevano quell’impresa impossibile. “Non
ti preoccupare, ci penso io.”
Prima
di uscire si voltò a
guardarla e la vide passarsi una mano tra i capelli, con aria
preoccupata.
“Stai tranquilla” le disse. “Non ti
chiederò di fare nulla di dannoso per te o
per il bambino.”
“Oh,
lo so” rispose Chelsey,
accorgendosi di essere sincera. Jake Breaux era enigmatico, ma sentiva
con
certezza che con lui non avrebbe corso alcun rischio. Almeno, non in
senso
fisico.
Eppure,
nessuna era mai
riuscito a destare in lei le sensazioni che quell’ uomo
risvegliava con tanta
facilità. Che cos’ era che lo rendeva speciale?
“Non
avevi i capelli più
lunghi?” chiese lui, all’improvviso.
“Si”
rispose Chelsey,
portandosi una mano alle chiome scure e ondulate tagliate a baschetto.
“Li ho
tagliati perché pensavo che fosse più pratico,
durante la gravidanza.”
“Ti
stanno molto bene.”
“Bè…
Grazie” rispose lei,
arrossendo di piacere.
Jake
ci sapeva certamente
fare, con le donne, e probabilmente se ne rendeva perfettamente conto.
Doveva
avere un gran successo, con loro.
E
allora, perché mai aveva bisogno
di una donna incinta?
Se
non altro, valeva la pena di
andare a cena con lui per avere una risposta a quella domanda.
Ecco
finito il primo cappy XDXD…spero
che vi sia piaciuto e spero anche di ricevere numerose recensioni X33
Vabbè che
dirvi se non al prossimo capitolo e mi raccomando, recensite ( XD Ok
và non ve lo
chiedo più, altrimenti vi scocciate e poi non mi recensite
XDD)